Elementi di storia della Criptografia dall’Antichità al Rinascimento


L’evoluzione delle scritture segrete

I più antichi esempi di scritture segrete si trovano nelle Storie di Erodoto. Questi libri trattano le guerre dei Greci contro l’Impero Persiano. Per comunicare, i Greci usavano delle strategie molto particolari: toglievano la cera da due tavolette e annotavano sulla parte lignea le informazioni segrete, così le tavolette venivano recapitate ricoperte di cera senza insospettire le guardie. Un’altra tecnica era quella usata da Demarato che si basava sull’occultamento del messaggio. Questo tipo di comunicazione prende il nome di steganografia; un esempio di steganografia è quello di Istico, il quale voleva incoraggiare Aristagora di Mileto a ribellarsi al re persiano. Per far giungere il messaggio in modo sicuro egli fece rasare il capo ad un corriere, gli scrisse il messaggio sulla cute e aspettò che gli ricrescessero i capelli, cosicché il corriere giunto a destinazione nel territorio persiano si rasò il capo e lo rivolse al destinatario.

La steganografia aveva un punto debole: se scoperta, poteva essere immediatamente e facilmente compresa. Ci fu bisogno così di scrivere in codice. Nasce la criptografia:  che tende a nascondere il significato rendendolo incomprensibile e alterandone il procedimento di lettura. A differenza della steganografia, il messaggio intercettato rimane segreto, quindi essa risulta molto più efficace della steganografia.

La criptografia può essere suddivisa in due tipi:

Un esempio di tecnica di trasposizione usata in campo militare fu la “scitala” spartana del V sec a.C., un’asta lignea oblunga d’uguale diametro sia per il mittente sia per il destinatario. La scitala era avvolta da una striscia di pelle o pergamena sulla quale il mittente scriveva il messaggio. Il messaggio veniva poi svolto dalla scitala e veniva inviato al destinatario a cui era sufficiente riavvolgere la striscia su una scitala dello stesso diametro per leggere il messaggio altrimenti incomprensibile.

Un esempio di tecnica di sostituzione usata in campo militare si trova nel “De Bello Gallico” di Giulio Cesare, nel quale il condottiero racconta di un riuscito invio di un messaggio a Cicerone. In questo messaggio fu usata una cifratura che consisteva nello spostare a destra di tre posti le lettere dell’alfabeto.

I criptoanalisti arabi

La religione mussulmana fu predicata da Maometto dal 610 d.C.; le sue parole furono riunite nelle 114 sure del Corano, il testo sacro degli arabi. Le guerre sante arabe portarono ad un’estensione del territorio mussulmano che era governato dai califfi, uomini che dovevano custodire e proseguire l’insegnamento di Maometto. Un successivo sviluppo di tutte le arti portò anche allo studio della crittografia. La crittografia veniva impiegata soprattutto per i trattati di amministrazione, come viene spiegato ne ”Il manuale del segretario” (Adabal-Kutab). Per i documenti amministrativi  si usava, di solito, un alfabeto cifrante a sostituzione monoalfabetica  (a = #, b = + ) che consisteva nel sostituire una lettera con un'altra dell’alfabeto tramite una parola chiave. Agli Arabi va attribuita l’invenzione della crittoanalisi, la scienza dell’interpretazione di un messaggio di cui si ignora la parola chiave; questa disciplina poté sorgere solo quando la civiltà araba ebbe raggiunto la sufficiente maturità in discipline come matematica, statistica e linguistica.

Il principio della decifrazione di testi cifrati, un sistema che da secoli resisteva  ad ogni assalto, è stato attribuito ad uno studioso del IX secolo che per primo descrisse il metodo per la decifrazione di un crittogramma, Abu Yusuf ibn Ishaq al-Kindi “il Filosofo degli arabi” ( fu soprannominato in tale modo perché scrisse più di 290 opere su argomenti disparati). La sua opera riguardante la crittoanalisi si intitola “Sulla decifrazione dei messaggi criptati”. La decifrazione di un testo cifrato viene riassunta in due brevi paragrafi:

1.     Un modo per svelare un messaggio criptato, se si conosce la lingua originale, consiste nel trovare la diversa frequenza di tutte le lettere dell’alfabeto; si chiama “prima” la lettera che compare più volte, poi bisogna fare la stessa cosa per tutte le altre lettere.

2.  Bisogna, poi, esaminare il testo in cifra, ordinando in base alla frequenza anche i suoi simboli. Successivamente troviamo il simbolo più comune e lo rimpiazziamo con la “prima” lettera dell’esempio in chiaro e poi anche la “seconda”e continuando così seguendo la frequenza. 

La spiegazione di al-Kindi può essere resa ancora  più chiara se applicata all’alfabeto italiano. Se esaminiamo un testo italiano possiamo notare che la lettera piu’ frequente è la “E”, la seconda è la “A”. Si esamina poi un testo in  cifrato e si determina la frequenza dei caratteri. Se, ad esempio, il carattere più frequente è la “L” è probabile che si possa sostituire la “E”, se la seconda è la “P” è probabile che sia la “A”. 

Il testo italiano da cui abbiamo ricavato la frequenza delle lettere deve essere un testo standard dove la frequenza delle lettere sia normale.(Es: nel 1969 uno scrittore francese Georges Perec scrisse un romanzo intitolato “La Disparition”  in cui non comparivano parole contenenti la lettera “E”).

Crittoanalisi di un testo cifrato

Per decodificare un testo cifrato ci sono vari metodi, uno di questi è la proprietà delle frequenze. Per prima cosa dobbiamo supporre che A, E, I, O (le quattro lettere dell’alfabeto italiano più frequenti) corrispondano alle quattro lettere più frequenti del testo da cifrare. Bisogna, poi, trovare una lettera del testo da attribuire alla Q e alla Z  (le lettere più rare dell’alfabeto italiano): si prenderà la lettera più rara nel testo, ma si deve calcolare se la lettera che la segue abbia una percentuale di comparsa simile a quella della U dell’alfabeto italiano. Se questo non succede, a questa lettera si attribuirà la lettera Z. Per le altre lettere si procederà per esclusione: non ci devono essere percentuali troppo diverse fra quelle  del testo da cifrare e quelle dell’alfabeto italiano. 

Il Rinascimento in Occidente

In Occidente i monaci incoraggiavano un approfondimento della criptografia attraverso la ricerca di significati nascosti e brani criptati all’interno dell’Antico Testamento. Un esempio di brano criptato era l’Atbash, una tradizionale forma ebraica di cifratura per sostituzione che si basava sul principio seguente: presa una lettera si determina la sua distanza dall’inizio dell’alfabeto e la sostituzione della lettera posta alla stessa distanza dalla fine. Durante il Rinascimento la criptografia si sviluppò anche in Italia  perché la penisola era divisa in entità politiche simili alle città-stato, quindi la diplomazia prosperava e tutte le corti si scambiavano ambasciate con particolari politici e diventava importante criptare i messaggi: così ogni Stato si munì di “segreterie alle cifre” e ogni ambasciatore era accompagnato da un segretario cifrista. Il primo grande decriptatore europeo fu Giovanni Saro, nominato segretario alle cifre a Venezia nel 1506. Nel resto d’Europa con l’arrivo dei decriptatori pervennero delle difficoltà nel mantenere segreti i messaggi, in particolare i messaggi spagnoli venivano spesso decriptati dai francesi. Si venne così a creare una fase di transizione tra le due forze esistenti a quel tempo: criptografi e criptoanalisti. I primi ricorrevano ancora alla sostituzione monoalfabetica, mentre gli ultimi con crescente successo all’analisi delle frequenze.

Codici e frequenze

Uno dei più semplici  espedienti che accrebbe in modo significativo la sicurezza della sostituzione monoalfabetica furono le nulle.

Le nulle non sono di ostacolo al destinatario, che si limita ad ignorarle, ma complicano l’interpretazione di un messaggio intercettato rendendo arduo un attacco basato sul calcolo delle frequenze. Un altro semplice stratagemma adottato dai crittografi consiste nel violare di proposito le norme ortografiche, prima di crittare il messaggio. Un altro tentativo di rinforzare la cifratura per sostituzione è l’introduzione di parole in codice; nonostante questi accorgimenti i crittoanalisti riuscivano a risalire facilmente al testo in chiaro, per questo furono aggiunte le nomenclature.


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