La riproduzione è forse la proprietà fondamentale degli
esseri viventi. Ma può un essere artificiale o addirittura una macchina
riprodursi? Von Neumann si pose questa domanda alla fine degli anni quaranta
e per rispondere ad essa utilizzò un modello realizzato dal suo
collega Stanislaw Ulam: il cosiddetto Automa Cellulare. Von Neumann voleva
investigare la logica della riproduzione, ma bisogna considerare che a
quei tempi non era stato ancora scoperto il DNA. Descriviamo ora l’Automa
Cellulare. Formalmente esso non è altro che un insieme di celle,
simile a una scacchiera, in cui ogni cella ha un suo stato, rappresentato
ad esempio da un colore. Lo stato della cella a ogni istante successivo
dipende dallo stato attuale di quelle vicine secondo delle regole che valgono
per qualsiasi cella. Ad esempio per un automa nel quale ogni cella ha due
stati (bianco/nero), il colore all’istante successivo è nero se
il numero dei vicini neri e dispari oppure bianco se il numero è
pari. Chiamiamo macchina un insieme di celle che possono essere considerate
come operanti all’unisono. Von Neumann ha definito un modello di costruttore
universale di macchine, il quale legge le istruzioni di assemblamento di
una qualsiasi macchina e la costruisce in accordo ad esse. Queste istruzioni
non sono altro che insiemi di celle di vari colori (V.N. ha usato celle
con 29 possibili stati). Questo costruttore può costruire qualsiasi
macchina, quindi può anche creare una coppia di sé stesso
se gli vengono date le appropriate istruzioni, cioè è in
grado di riprodursi. La discendenza dovrebbe anch’essa essere in grado
di riprodursi, perciò bisogna copiare in essi le istruzioni di assemblamento.
In questo modo V.N. ha mostrato come una macchina può riprodursi.
La dimostrazione è molto elaborata ed è contenuta in un libro
pubblicato postumo da un suo collega. Una delle conclusioni fondamentali
è che il processo riproduttivo usa le istruzioni di assemblamento
in due modi diversi: come codice interpretato (durante l’assemblamento)
e come dati non interpretati (quando vengono copiate le istruzioni di assemblamento
nei figli). In seguito si è scoperto che anche in natura il processo
avviene allo stesso modo: le istruzioni di assemblamento corrispondono
al DNA che contiene le “istruzioni” per la crescita di un organismo.
Descriviamo ora il più famoso Automa Cellulare: il Gioco della
Vita di John Horton Conway nel 1970. In questo modello ogni cella può
avere due stati che può essere vuota o piena, viva o morta, 0 o
1 … e così via. Conway si pose tre obiettivi:
1) Assicurarsi che nessun semplice modello cresca facilmente all’infinito
2) Assicurarsi che alcuni semplici modelli crescano molto
3) Ci dovrebbero essere dei modelli che si evolvano per mosto tempo
prima di stabilizzarsi.
Quelle che seguono sono le tre regole del gioco:
1. Stasi: se per una data cella il numero di vicini (in stato vivo)
è esattamente due la cella mantiene lo stato attuale.
2. Crescita: se il numero di vicini è esattamente tre
la cella sarà piena all’istante successivo indipendentemente dallo
stato attuale.
3. Morte: se il numero di vicini è 0,1,4-8 la cella sarà
vuota nella generazione successiva.
Possiamo mostrare allora il risultato di queste regole con la seguente tabella:
n° vicini: 0 1 2
3 4 5 6 7 8
Stato 0: 0 0
0 1 0 0 0 0
0
Stato 1: 0 0
1 1 0 0 0 0
0
Nel Gioco della Vita compaiono dei modelli che hanno dei comportamenti particolari. Gli oscillatori sono delle figure che assumono negli istanti successivi solo due configurazioni una consecutiva all’altra all’infinito.
I glider sono delle figure che si muovono cambiando forma man mano che si muovono. Il movimento avviene in quattro fasi. Due fasi sono le immagini speculari delle altre due e ogni fase è riprodotta esattamente quattro generazioni dopo traslata.
Per provare il Gioco della Vita si può caricare il programma Win Life.