Uno straniero all'Università di Shanghai



Shanghai, 1999
Sono le 7:30 di mattina e come tutti i giorni una musica in lontananza mi sveglia. E' una specie di marcia militare: dai vetri vedo i bambini allinearsi nei cortili delle scuole e marciare come dei veri soldatini. Tutti con la divisa, pronti ad iniziare una lunga giornata.
La luce del sole attraversa le sottili tende ed entra insieme ad uno spiffero dalla finestra che non si chiude bene. Dal cortile arrivano le voci del maestro di Tai Chi Quan: questi scandisce i movimenti degli studenti che si preparano, fisicamente e mentalmente, ad affrontare le lezioni. La stessa scena si può vedere in qualsiasi parco dove, fin dalle prime luci dell'alba, gli anziani eseguono gli stessi movimenti, spesso privi di un maestro.

E' ora di alzarsi. La mattina ha un sapore molto scolastico: ignoro la vita là fuori, ciò che succede, che si dice. Dai vetri vedo le macchine passare e suonare agli studenti che attraversano senza guardare. Gli autobus si fermano alcuni metri più avanti della fermata, a volte sembrano fermarsi a caso, come se a furor di popolo fosse stata invocata una sosta propizia. I taxi, di colore rosso e dalla forma inconfondibile, fanno salire il cliente. Sembrano contrattare un attimo, cliente e tassista, dopo di che via. Se guardo bene vedo che tutti, bene o male, portano con sé una specie di vasetto in vetro, che in realtà è un thermos. Al suo interno esclusivamente del tè, con le foglie che galleggiano e sempre privo di zucchero. Svitano il tappo, un sorso di quella bevanda fumante, e via. Sembra non finire mai quel tè. Nessuno beve l'acqua. L'acqua: quella scorre nei fiumi. Ed è inquinata. E' nel mare: ed è inquinata. Esce dai tubi dei rubinetti: anche quella non è potabile. A volte mi domando se basta farla bollire per fare il tè.
Ma una volta che l'hai bevuto non ci pensi più.
E se proprio non ti fidi compri le bottiglie d'acqua, più costose che qui in Italia. D'altronde non ci sono delle sorgenti particolari in Cina: l'acqua va depurata. E quindi costa.
Il tempo passa e vieni a sapere che a disposizione di tutti c'è una sorta di boiler che riscalda l'acqua fino a 100 gradi, rendendola così utilizzabile. Subito. Poi vieni a sapere, o meglio, vedi che nell'edificio per gli stranieri questo boiler è sufficiente. Se c'è qualcuno che lo sta usando aspetti qualche secondo che finisca e poi anche tu puoi riempire il thermos e andare a preparare il tuo tè.
Per gli studenti cinesi è diverso. Loro devono sempre fare una lunga coda. Sono tanti. E i boiler sono pochi. Ma loro non dicono niente: stanno in coda, aspettando il proprio turno. Non si direbbe, ma sono sempre all'erta: qualcuno potrebbe scavalcarli nella fila. Capita ed anche molto spesso. Per loro è un fatto stranamente normale. Quasi non si protesta. Siamo noi stranieri a scandalizzarci.
Ovunque, se non stai attento, ti passano avanti: al mercato, alla stazione, al boiler. Ovunque trovi i "furbi".
A volte qualcuno si ribella a questa forma di sopruso: ne nasce una discussione. A volte degenera in rissa.
Come quando cammini per strada e all'incrocio due persone in bicicletta si scontrano. Nulla di grave, qualche graffio nel peggiore dei casi. Però cominciano a discutere: "dovevi fermarti tu!", "ma come hai fatto a non vedermi!". Dopo pochi minuti si crea una folla di spettatori dei due poveretti che hanno ormai iniziato a malmenarsi. Uno accenna delle mosse di una qualche arte marziale: l'altro, per nulla intimorito, gli risponde con un semplice ma più efficace calcio. Poi arriva un poliziotto che non sembra neanche voler fermare i due contendenti. Ma come tutore della legge ha pur sempre diritto alla prima fila! E così si mette a un metro da loro e osserva l'evolversi dello scontro.
I due riprendono una lotta che nonostante tutto vede rispettate alcune regole fondamentali: attendere che l'avversario si tolga gli occhiali o che si rimetta la scarpa, rispettare la richiesta di una pausa di pochi secondi e così via. Gli astanti si sono subito schierati a favore dell'uno o dell'altro. Ma raramente intervengono: è una loro questione.
Siamo noi stranieri a scandalizzarci.

La mattina passa in fretta e così anche l'ultima ora di lezione finisce. E' mezzogiorno, il momento più importante della giornata. E' l'ora di pranzare.
Il pasto è tutto: mangiare è ciò che i cinesi amano di più. Non importa dove, non importa cosa o quando. L'importante è mangiare. C'è la mensa per noi stranieri, ma vedi sempre le stesse facce: i tuoi compagni di classe, i tuoi professori e quel cuoco gentile che se sai essere convincente non ti nega mai un mestolo di riso in più.
Ci sono i ristoranti: delle bettole dove l'igiene è un caro ricordo, dove al posto dei tovaglioli ti danno la carta igienica e spesso la devi espressamente richiedere. Cucinano davanti a te e ti domandi, mentre attendi il tuo piatto di tagliatelle o di carne, se tutte le vaccinazioni che hai fatto prima di partire siano sufficienti. Tutto costa poco e così ti puoi sedere ai tavoli, magari berci sopra una bella birra cinese e ordinare altri piatti. Sei lì con altri stranieri, di varie nazionalità. Con gli occidentali la lingua comune è l'inglese. Con gli orientali il cinese.
Si brinda, si scherza, si parla degli esami sempre più vicini, della festa in programma per il weekend.
Poi guardi per strada: e vedi gli studenti cinesi. Loro vanno in mensa, perché è il posto più economico e devono essere veloci perché a breve cominciano le loro lezioni pomeridiane. Alcuni sono talmente di fretta che mangiano per strada, in una mano le bacchette, nell'altra il libro e una scatoletta in polistirolo per il take-away. Al suo interno riso bianco con qualche verdura. Da bere ovviamente tè.
Ed ecco il pomeriggio: dopo aver svolto diligentemente i compiti assegnati la mattina dai professori, per noi stranieri comincia il vero divertimento. Ci sono varie possibilità: chi ama lo sport può giocare a basket, a calcio, a ping pong o cimentarsi nel maoqiu, uno sport a metà tra il volano e il calcio. Tutti i bambini lo fanno ed alcuni adulti riescono a fare incredibili acrobazie con quel pesetto legato a una piuma. In genere si gioca tutti in cerchio, evitando di farlo cadere per terra: inutile dire che per noi stranieri all'inizio è una vera disfatta. Anche un bambino di cinque anni è in grado di darci una dura lezione, ma è tutta questione di pratica.
Chi ama invece lo shopping va in città, nelle vie più famose, dove si trova di tutto, sempre a prezzi "a buon mercato" per noi occidentali. Fermiamo un taxi, perché andare con i mezzi è più lento e c'è troppa gente. E poi in quattro si divide la spesa.
A questo punto comincia la cosa più divertente che si può fare in Cina: trattare. Qualsiasi cosa ha un prezzo, ma il prezzo è spesso solo una indicazione. Qui entra in gioco la capacità del singolo, la tenacia, la propria ars oratoria e il modo in cui si cerca di fingere di non avere più soldi. Diminuzioni del 50% sul prezzo di base non sono miraggi così irraggiungibili. I cinesi hanno un solo pensiero in testa: vendere, merci o servizi. Prendere il taxi in cinque era quasi una consuetudine e non serviva nemmeno promettere la mancia.
E quando compri scarpe, vestiti, libri o altro, prima ancora di vedere o provare il prodotto, si inizia una lunga trattativa per pagare il meno possibile. Molte volte non serve parlare la loro lingua: sono tutti muniti di calcolatrice o di carta e penna. Così ogni straniero può sbandierare i propri "successi": sconti del 50% e più, merci regalate, ecc.
Ma non sempre è tutto oro quel che luccica.
I prezzi vengono spesso aumentati a dismisura quando il negoziante vede i "ricchi stranieri" avvicinarsi: sa che comunque vada ci guadagnerà. E ciò che si compra non sempre corrisponde a ciò che si voleva comprare: i venditori sanno camuffarsi prontamente in imbonitori, imbroglioni o spietati mercanti senza scrupoli. Le merci sono spesso scadenti, difettose, non corrispondenti alla confezione. Si è talmente preoccupati del prezzo che a volte si trascura il vero oggetto d'interesse.
Il mio primo acquisto è stato esemplare: la felicità per aver comprato una sveglietta con lo sconto del 30% è svanita tre ore più tardi quando, senza spiegazioni plausibili, la sveglietta ha smesso di funzionare...

E' quasi sera: ormai è ora di cenare. Ristorante o mensa, basta scegliere. A volte si va nei ristoranti stranieri: si spende un po' di più ma si mangia molto e meglio. I clienti bene o male sono sempre gli stessi: stranieri e cinesi benestanti. E gli studenti cinesi? Che fine hanno fatto?
Il mio solito amico questa volta non è prodigo di spiegazioni. Non servono. Dei ragazzi cinesi mi dicevano che la loro vita è molto dura: all'inizio non capivo perché. Poi mi hanno spiegato che loro cenano alle 16:30 circa. Dalle cinque in poi ci sono le lezioni serali.
Quando te lo dicono hanno sempre quell'espressione un po' rassegnata, come dire "non ci possiamo fare niente". E poi dicono che una volta abituati riescono ad arrivare tranquillamente al giorno dopo, senza bisogno di ulteriori pasti. Più che studenti sono forse dei martiri...L'espressione può sembrare eccessiva, ma basta dare un'occhiata agli appartamenti in cui vivono per capire cosa provano. Edifici fatiscenti, camere con quattro letti, a volte anche otto! E poi alle 22:30 spengono la luce e come d'incanto si accendono tante piccole lampade. Se vuoi leggere, ascoltare la radio, studiare dopo le 22:30 hai poche possibilità: o ti compri una lampada o dormi. Dicono sempre che non possono scegliere: loro devono solo studiare, altri scelgono per loro. E' così, non vogliono molto discutere a proposito: sanno che le cose non cambierebbero. Tanto vale parlare d'altro. Siamo noi stranieri a scandalizzarci.

E' ora di uscire, di andare a divertirsi. Discoteche, pub, locali: quasi tutti stranieri. Là trovi sempre gente, tutti cinesi benestanti o studenti stranieri. Spesso un solo locale non ti basta: allora due, tre, quattro. La notte è lunga. I taxi sono molti e sempre disponibili, a qualsiasi ora. La vera preoccupazione è riuscire a divertirsi al meglio. Nulla di più. I palazzi sfrecciano veloci quando sei in taxi, lungo una specie di tangenziale che attraversa la città e che ti porta ovunque. I lampioni, gli incroci, i negozi del centro. Tutto ha un aspetto familiare, quasi rassicurante. Ogni via che percorriamo ormai la conosciamo e se l'autista cerca di imbrogliarci facendo una strada più lunga, cosa che succede spesso, subito ci arrabbiamo e cerchiamo di far valere le nostre ragioni. A volte capita invece che la strada sia giusta ma quei lampioni e quelle strade sono così uguali e così diversi. Noi ci confondiamo e pensiamo di essere truffati: subito nasce una discussione "voi stranieri che ne sapete del traffico di Shanghai?" "sono 20 anni che guido: saprò bene qual è la strada più veloce!"

In pochi minuti si ritorna al vecchio e caro dormitorio, soddisfatti della giornata trascorsa, stanchi ma contenti. Il portone è sempre aperto e il guardiano è lì che dorme su una poltroncina, ancora vestito, con una torcia al fianco del suo improvvisato giaciglio, il thermos e gli occhiali sul tavolino su cui appoggia i piedi. Ha un'aria addirittura più stanca della nostra: non svegliamolo, dato che anche questa notte dormirà solo 4 ore.
Buona notte Shanghai.



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