PERICOLO VOLONTARIATO
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"PERICOLO" VOLONTARIATO

 

Brevi riflessioni sul tema della Carta Etica e sulla carta dei Valori del volontariato realizzati dalla FIVOL e dal gruppo Abele.

La nostra è una società in profonda trasformazione che ha perduto i suoi valori di riferimento e stenta a trovare i nuovi valori con cui sostituire i precedenti.
Con la caduta delle ideologie, sono venuti meno i collanti che permettevano i grandi movimenti di massa. Evidente che chi si pone il problema del Governo, deve porsi il problema della gestione delle grandi aggregazioni di consenso, tra le quali il volontariato è sicuramente una di quelle più interessanti.
Il rischio che temo è quello di un'azione che non vuole far sviluppare questa forma di partecipazione sociale nel suo ruolo di protagonista, ma di relegarla ad una funzione sussidiaria.
Recentemente ho avuto modo di leggere un documento sul volontariato prodotto dalla Fondazione Italiana del Volontariato e dal Gruppo Abele, che mi ha sollecitato alcune riflessioni che vorrei condividere con voi. Il documento in questione è composto da due elaborati: la carta dei valori e la carta etica.
Il documento contiene enunciazioni di principio e morali apparentemente condivisibili. Sono tuttavia frutto di una visione buonistica della vita, legata principalmente ad una concezione cattolica del volontariato.
Il nodo centrale della riflessione contenuta nel documento verte su due punti: la gratuità dell'azione; il ruolo di testimonianza e mediazione, del Volontario.
Partendo dal primo punto, che è quello della gratuità, mi chiedo se l'elemento principale per qualificare un mondo di persone che opera per il bene sociale, possa essere questo e non l'azione innovativa che esso porta. La scelta di posporre a tutto la gratuità non è casuale. Affermare la centralità della gratuità significa introdurre un mezzo potente di controllo del fenomeno. In questo modo, si introduce nell'ordine sociale la sanzione della "riprovazione sociale" per chì viola tale precetto e, d'altra parte si determina una impossibilità materiale di sviluppo autonomo. E' di per sé evidente che per crescere c'è bisogno di risorse. Per avere risorse qualcuno te le deve dare e allora perdi la tua libertà, o le reperisci sul mercato offrendo i tuoi servizi. Ma la vendita è considerata un fatto socialmente riprovevole per il Volontariato e così il cerchio è chiuso. Potranno svilupparsi soltanto coloro che si asservano al potere politico ed economico, gli altri, quelli che portano con sé la vera carica innovativa sono destinati a rimanere al palo.
Nel documento la gratuità viene intesa nel senso di "assenza di lucro" e testimonianza positiva di libertà rispetto alle logiche dell'utilitarismo economico e dell'assolutezza del profitto, che rende credibile l'agire volontario. L'affermazione mi appare come demagogica, ci si chiede: da dove arrivano allora le risorse per tenere in piedi strutture nazionali fortemente articolate sul territorio? Evidentemente da finanziatori privati che non sono le famiglie, ma gruppi sociali potenti. Ho recentemente approfondito il tema del Fund Raising per vedere se veniva proposto un sistema alternativo ed efficace per reperire risorse.Ma anche in questo caso si ribadisce la presenza di filantropi finanziatori, che, ovviamente, possono essere soggetti della classe politica o economica.
Anche quando nel documento si parla di "alleanze con altri settori della società", non si ribadisce null'altro che la sottomissione del Volontariato agli attuali soggetti della politica e della classe economica, ed a evitare esso possa diventare soggetto veramente attivo del cambiamento, avendo con se valori sociali che sono in contraddizione con l'attuale essere della società economica e politica.
Il concetto della "trasparenza" proposto, acquista, in quest'ottica un significato democraticamente pericoloso. Secondo tale concetto "Trasparenza" significa disponibilità a sottoporsi ad un controllo diffuso di coerenza tra l'agire quotidiano e i principi enunciati. I controlli sono necessari e condivisibili quando il Volontariato riceve finanziamenti pubblici, cioè da parte della collettività pubblica, la quale ha il diritto/dovere di controllare l'utilizzo del denaro pubblico. Ma questo non significa ammettere controlli sul modo di essere di una associazione. Un'azione di tal senso determinerebbe una illegittima ingerenza dei pubblici poteri, una sostanziale restrizione di libertà.
Con le premesse fatte, particolare significato assume il termine "Testimonianza" per indicare il ruolo del volontario. Il volontario, non potendo avere un ruolo veramente efficace di cambiamento della società, per evitare che la frustrazione possa produrre effetti di abbandono dell'impegno, si rimedia con il principio della testimonianza. In questo caso si motiva il singolo non a cambiare la società, ma portare il suo piccolo contributo per migliorare la qualità della vita sociale. Operare in piccolo significa soprattutto avere e vedere dei risultati immediati e perciò soddisfacenti, che non hanno alcun potere di cambiare il sistema o le cose. La povertà non si combatte dando lavoro ad una famiglia, quando la disoccupazione rappresenta il problema di un popolo. Ma questo mette a posto le coscienze e non preoccupa chi ha responsabilità di governo
Il documento prosegue indicando che "il volontariato svolge un'azione di mediazione". Anche questa è una visione parziale e di sudditanza del Volontariato. La mediazione è di per sé un concetto che porta a cercare un equilibrio tra due interessi contrapposti. Nella maggior parte dei casi che noi trattiamo, ci troviamo di fronte ad un diritto sancito violato. Un interesse già affermato e giuridicamente protetto. Su questo non può esserci un'attività di mediazione, ma bensì di affermazione, perché il diritto o c'è o non c'è.
Nel documento, i concetti di Giustizia e Legalità, considerati come strettamente connessi nell'agire del volontariato, non sono seguiti da quello di Certezza del diritto. Ma in questo modo come può pensare realmente di dare rappresentanza a quella richiesta di cambiamento che viene dalla società. La fondata preoccupazione è che si stia offrendo il fianco ad una normalizzazione, introducendo criteri etici che aprono la strada a regole giuridiche, che limitano e relegano il Volontariato in un ruolo di sudditanza e dipendenza dal potere costituito.
Mi chiedo se invece il volontariato non debba percorre strade nuove, strade che garantiscano la sua autonomia. Non possiamo ridurre il Volontariato ad un'azione di testimonianza di buoni principi, che serve solo a testimoniare l'esistenza di valori positivi della società, in una realtà sociale che invece utilizza criteri aggressivi e di sottomissione dei deboli. Il volontariato è novità, libertà e autonomia. L'agire senza fini di lucro, non deve significare che l'organizzazione non pone in essere strumenti economici finalizzati al reperimento delle risorse da utilizzare per lo scopo sociale. Più lo scopo sociale risponde alle esigenze della società, più quest'associazione potrà crescere. Chi invece vive dei sussidi pubblici perché subordinato al potere, è giusto che sparisca.
Introdurre una carta dei valori e una carta etica significa classificare il volontariato riducendolo e limitandolo alle forme che la maggioranza impone. Il Volontariato è ricchezza di forme e di pensiero, per sua stessa concezione svincolata da forme predefinite e restrittive. Introdurre una carta etica significa introdurre una griglia da utilizzare per il controllo. Essa diventerebbe null'altro che un codice, realizzato dapprima attraverso il sentire comune, poi, una volta aperta la strada alla "giustezza" della regolamentazione, attraverso la codificazione giuridica e la conseguente sanzione istituzionale.
Il Volontariato è una delle manifestazioni del diritto di libertà del cittadino. Il valore aggiunto del Volontariato è proprio nella sua potenza innovativa, che perciò non può essere relegata ed imbrigliata da vincoli e regole restrittive, ma ammette solo regole generalissime, che garantiscono il corretto vivere sociale, ma che non intervengono nella sua autonomia di pensiero e organizzativa.
Roma 18.6.01
Segretario Nazionale
Ivano Giacomelli