Roma, 27 luglio 1998


Sulla bozza di decreto di riordino del CNR
presentata dal Ministro Berlinguer
al Consiglio di Presidenza del CNR il 22/7/98



Il 22 luglio scorso il Ministro Berlinguer ha presentato al Consiglio di Presidenza del CNR una bozza (v. URL http://www.agora.stm.it/ANPRI/Riordino/bozza_riordino_CNR_220798.html) dell'atteso decreto legislativo di riordino del CNR. Il Ministro ha manifestato l'intenzione di sottoporre quanto prima la bozza all'approvazione preliminare da parte del Consiglio dei Ministri. Ricordiamo che, come prescritto dalla legge delega, l'emanazione effettiva del decreto legislativo da parte del Consiglio dei Ministri avverrà dopo il parere della Commissione bicamerale sulla riforma amministrativa sul testo approvato in via preliminare.

La bozza presentata da Berlinguer, alla quale la sede e le modalità di presentazione conferiscono una certa autorevolezza, definisce la "missione" del CNR, i nuovi organi di Governo, la procedura per l'emanazione dei nuovi regolamenti di organizzazione, i "paletti" di tali regolamenti, le linee della nuova organizzazione della rete scientifica, il rapporto di lavoro dei dipendenti, la mobilità dei ricercatori da e per l'Università.

Al riguardo l'ANPRI-EPR formula le seguenti osservazioni.


CONSIDERAZIONI GENERALI

Sul quadro del "nuovo" CNR che emerge dal documento, peraltro scritto con stile involuto, "ministeriale" e con alcune offese alla sintassi, il giudizio non può che essere fortemente negativo: infatti la sua caratteristica principale è quella di cancellare completamente l'autonomia riconosciuta al CNR dalla legge 168/89 in applicazione dell'art. 33 della Costituzione, prevedendo che l'Ente sia retto da due organi, il Presidente e il Consiglio Direttivo, tutti di nomina politica e che determinano tutte le scelte relative all'organizzazione interna.

Il Presidente, ai sensi del comma 2 dell'art. 6 del D.Lgs. 204/98, è nominato dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro URST.

Del Consiglio Direttivo fanno parte, oltre al Presidente, 6 membri nominati dal Ministro URST, due dei quali su proposta del Presidente (che essendo di nomina politica dovrà necessariamente proporre dei nomi graditi al Ministro) e due scelti in una rosa di cinque nominativi designati dall'Assemblea della scienza e della tecnologia. In prima applicazione, poichè prevedibilmente l'AST non sarà ancora costituita, il Ministro potrà nominare senza vincoli anche questi due membri.

I membri saranno di "alta qualificazione", senza ulteriori aggettivi; nulla si dice quindi sulla loro competenza scientifica.

Il Consiglio Direttivo seleziona anche i direttori degli Istituti che costituiranno la rete scientifica del CNR, così che anche i direttori saranno, sia pure indirettamente, di nomina politica.

Poichè il Consiglio direttivo delibera i regolamenti di organizzazione e funzionamento, nonchè quelli di amministrazione, contabilità e finanza, ne consegue che anche l'organizzazione interna del CNR viene determinato dal potere politico. L'autonomia del CNR, riconosciuta a parole, è quindi intesa come l'autonomia del Ministro e del Presidente da lui nominato di plasmare l'Ente a loro piacimento!

Il potere del Consiglio Direttivo è assoluto: infatti il Comitato scientifico previsto dall'art. 7 sarà istituito per via regolamentare e quindi sarà di livello subordinato; il Comitato avrà vaghi compiti di "consulenza sulla programmazione scientifica e sul monitoraggio delle attività" e sarà costituito a maggioranza da esperti esterni all'ente, anche di cittadinanza non italiana (anche qui non ci si pronuncia sulla competenza scientifica degli esperti) Ci sono tutte le premesse quindi perchè un simile organismo non abbia alcun potere reale ed in ogni caso entrerà in funzione dopo un lungo periodo di transitorio iniziale, durante il quale Presidente e Consiglio Direttivo faranno tutto quello che vorranno.

Il quadro di totale controllo politico sull'Ente si completa con il fatto che i regolamenti, e quindi il Consiglio Direttivo, istituiscono anche il nucleo di valutazione delle attività dell'Ente, composto da esperti esterni all'ente (naturalmente anche di cittadinanza non italiana, per non passare per provinciali ... ).

Totale è l'emarginazione della comunità scientifica interna all'Ente. Di essa non si fa mai menzione nei primi 9 articoli, relativi alla nuova organizzazione del CNR. Non è prevista la sua presenza nel Consiglio Direttivo, si esclude implicitamente la sua presenza, come componente maggioritaria, nel Comitato scientifico, non è previsto il suo coinvolgimento nella nomina dei direttori degli Istituti. Non solo quindi c'è la negazione esplicita del principio dell'autogoverno inscindibilmente connesso con quello dell'autonomia, ma pure l'esclusione della comunità scientifica interna da qualsiasi forma di partecipazione al governo dell'Ente!

Come foglia di fico per questa indecente situazione, si prevede che i i regolamenti di organizzazione e funzionamento stabiliscano una procedura per la definizione di nuovi regolamenti o la modifica dei regolamenti esistenti, nell'ambito della quale ci sia "la facoltà per il "personale" di formulare osservazioni e proposte di modifica" sui regolamenti, nuovi o modificati, prima della loro approvazione da parte del Consiglio Direttivo. In altri termini il "personale", ricercatore in particolare, potrà dire la sua, senza peraltro garanzia di essere ascoltato, solo dopo la fase di prima applicazione del decreto - quella decisiva, nella quale si determineranno le nuove "regole del gioco".

Anche per quanto riguarda gli altri aspetti del quadro, emergono forti elementi di perplessità. Nel dettaglio:


MISSIONE DEL CNR (art. 2)

La bozza insiste molto sulla collaborazione con l'università (mentre nulla dice sull'esigenza di sviluppare e potenziare la rete di ricerca); essa tuttavia si dovrebbe espletare in forme confuse (finanziamenti attraverso la rete, "presenza del CNR nelle attività di ricerca svolta nelle università mediante la stipula di convenzioni", "lo svolgimento presso gli Istituti di attività di ricerca nelle quali operino professori e ricercatori universitari, ricercatori di altri enti o di imprese"), che prefigurano un ruolo subalterno del CNR nei confronti della ricerca universitaria (o meglio di una parte di essa, quella che saprà guadagnarsi i favore del "principe").

Da notare anche che le attività di formazione da parte del CNR sono previste solo in convenzione con le università.

Al CNR non viene riconosciuto alcun ruolo circa le relazioni internazionali, che costituiscono al momento una componente importante delle attività dell'Ente.

Traspare poi in alcuni punti l'idea di un CNR che si pone sul "mercato", realizzando "sviluppo precompetitivo dei risultati" e "trasferimento tecnologico", anche attraverso fantomatiche "società di diritto privato" (senza accenno ai problemi che questo porrebbe per quanto riguarda la proprietà delle conoscenze e dei risultati). Alla luce dello stato della ricerca privata italiana, tale prospettiva è quanto meno ingenua, o, peggio ancora, prefigura (v. anche il riferimento all'autofinanziamento degli Istituti) una strumentalità del CNR nei confronti del "sistema produttivo".


PIANO TRIENNALE DI ATTIVITA` (art. 5)

Anche dall'art. 5 traspare una impostazione limitativa del ruolo della comunità scientifica nel "nuovo" CNR; infatti si prevede che il piano triennale delle attività del CNR sia "in conformità" al Programma nazionale per la ricerca previsto dal D.Lgs. 204/94 e (sic!) ai programmi di ricerca dell'Unione Europea. Un arretramento rispetto persino a quanto previsto dallo stesso D.Lgs. 204/94 (art. 1 c. 4): "Le pubbliche amministrazioni, nell'adottare piani e programmi che dispongono, anche parzialmente, in materia di ricerca, con esclusione della ricerca libera nelle università e negli enti, operano in coerenza con le finalità del PNR".

In tema di attività di ricerca, si rileva anche la formulazione poco chiara dell'art. 7 c. 1 lettera a) n.5 "selezione dei progetti da ammettere ai programmi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a) con procedure trasparenti di valutazione complessiva", che può far pensare a delle limitazioni dell'autonomia scientifica degli Istituti (anche per la confusione dei ruoli di sviluppo e promozione sopra richiamata).


RETE SCIENTIFICA (art. 8)

Nel quadro del totale annullamento dell'autonomia del CNR, il decreto individua anche con precisione il nuovo modello organizzativo della rete scientifica:

Istituti di grosse dimensioni e in grado di autofinanziarsi, che possono nei loro ambiti di competenza "finanziare ricerche esterne, nonchè operare come incubatori di nuove attività di ricerca e di sviluppo tecnologico".

Quanto non rientra in questo schema, viene aggregato in Istituti "anche operanti su più sedi e a termine, di dimensioni variabili (sic!)", che risultano quindi vere e proprie "anticamere della morte" per le strutture di dimensioni ridotte, indipendentemente dal loro valore scientifico.

Del tutto oscura risulta poi la clausola che prescrive "il rispetto di una specifica proporzione tra il personale di ruolo e personale a tempo determinato come condizione per la costituzione di Istituti"

Nessun riferimento invece a strutture intermedie (Dipartimenti) tra gli Istituti e gli organi di governo del CNR, dei quali peraltro si è ampiamente dibattuto negli ultimi tempi. Poichè è previsto che la scelta diretta dei direttori degli Istituti avvenga da parte del Consiglio direttivo, la mancanza di riferimento a tali strutture intermedie, uno dei cui compiti più naturali sarebbe proprio quello di designare i direttori degli Istituti che a esse afferiscono, non appare casuale.

La previsione di Istituti di grosse dimensioni e con le competenza sopra riportate, nonchè le procedure di nomina dei direttori, aprono la strada alla disgregazione del CNR in Istituti Nazionali controllati direttamente dal MURST o da altri Ministeri.


PERSONALE DEL CNR

In contraddizione con il D.Lgs. 29/93, come recentemente modificato dal D.Lgs. 396/97 e 80/98, secondo il quale le materie della contrattazione decentrata sono stabilite dai contratti nazionali, e quindi con dubbia applicabilità, la bozza prevede che in sede di contrattazione decentrata il CNR possa derogare dal contratto nazionale!

In sede di contrattazione decentrata il CNR potrebbe:

Si tratta come si vede di materie delicatissime, che è incredibile si pensi di affidare addirittura alla "contrattazione decentrata".

Nessun accenno, a parte la chiamata di esperti stranieri nelle commissioni di concorso, al problema della nomina delle commissioni di concorso, in particolare quelle per i livelli di ricercatore e di tecnologo. Si pensa forse di affidare la nomina delle commissioni al Consiglio Direttivo o al solo Presidente, o di fare oggetto a sua volta di trattativa decentrata?

Nessuna neppure di quelle "misure che valorizzino la professionalità e l'autonomia dei ricercatori", che il Governo e` delegato ad adottare dalla legge 59/97, ma di cui nei provvedimenti via via adottati non si vede traccia; anzi abbiamo qui delle norme che sviliscono la professionalita` dei ricercatori e ne annullano l'autonomia!


MOBILITA` DA E PER L'UNIVERSITA` (art. 11)

Si tratta di un articolo nella sostanza condivisibile, ma il cui contenuto innovativo è abbastanza limitato. Non si tratta innanzitutto di una vera mobilità, in quanto non è previsto, né potrebbe essere previsto per la diversità di stato giuridico, problema che si continua a non volere affrontare, il passaggio, temporaneo o definitivo, dei ricercatori CNR a pieno titolo nei ruoli di una università sulla base di una equiparazione tra i tre livelli dei ricercatori e quelli dei ricercatori e docenti universitari. Per quanto riguarda l'insegnamento universitario, non risulta poi chiara la novità rispetto al recente d.m. 242 del 21/5/98 (Regolamento per la disciplina dei professori a contratto).

L'attuazione di quanto previsto è comunque demandata a modifiche degli statuti delle università e quindi il tutto potrebbe restare lettera morta o quanto meno non avere un'attuazione generalizzata.

Suscitano forti riserve i seguenti due punti specifici:



La Segreteria Nazionale ANPRI-EPR