Firenze
8 luglio 2002
L’ascetico collaboratore di Battiato protagonista di un intensissimo concerto che ci ha lasciati senza parole.
Quando si parla di artisti veri,di reali asceti del suono come
Juri Camisasca diventa superfluo e quasi fastidioso tirare in ballo le
categorie di “bello” e “brutto”.
Assistere ad un suo concerto non equivale a essere spettatori di una opera
(intesa come lavoro compiuto) esteticamente graziosa e gradevole,ma semmai a
lasciarsi trasportare in un flusso magnetico di emozioni e vibrazioni
positive.
Chi si trovava come me tra gli eletti che hanno partecipato al concerto
dell’8 Luglio dell’oratorio dei Vanchetoni a Firenze sa di essere stato
dolcemente preso per mano e dunque condotto con sapienti trame in un viaggio
onirico e metafisico fuori da noi,ma al contempo dentro di noi:è per questo
che ritengo che un’esperienza simile non solo ci riconsegni alla vita
quotidiana,ai clacson delle automobili immancabili,trasformati,ma addirittura
più partecipi e sensibili al dettaglio,al particolare.
Quello di Juri Camisasca,musicista noto (sempre e comunque troppo poco…) per
le collaborazioni con Battiato ed Alice,è stato un concerto che molto aveva
dell’esperienza vissuta collettivamente,un concerto intensissimo,da
brividi,senza alcuna pausa o concessione all’abbellimento negli
arrangiamenti…Non una nota,non un suono in più di quelli che era necessario
vi fossero in una serata in cui finalmente la musica non si è fatta ascoltare
ed il pubblico ha ritrovato il suo ruolo attivo.
L’esibizione è stata divisa in canti gregoriani riproposti con l’ausilio
delle tastiere del bravo Francesco Calì e alcuni dei lavori più
rappresentativi dello stesso Camisasca,il quale al solito ci ha donato la sua
voce sensazionale,terapeutica,in contatto con gerarchie superiori.
L’inizio è da brividi:viene riproposto per intero il “Te Deum” brano
cardine dell’omonimo lavoro datato 1988 e subito la sala si riempie di una
cristallina purezza sonora;alla fine si ha quasi resistenza ad applaudire per
paura di rompere un tale clima.
Seguono perle come l’ “Exultet” e “O Redemptor” e poi alcuni brani
spogliati di ogni orpello come “Nomadi” o “Il Carmelo di Echt”
bellissime in questa come in altre versioni a causa della loro intrinseca
magia a sostegno di testi veramente notevoli.
A chiusura un mantra improvvisato che crea (per chi è riuscito a captarlo) un
vortice di vibrazioni incredibile;l’esecuzione vocale è, al
solito,semplicemente perfetta.
Dispiace doversela prendere sempre con “i direttori artistici e gli addetti
alla cultura” (pensionabili secondo una canzone di Battiato),ma il poter
vedere Camisasca in concerto così raramente,vedere le sue opere discografiche
stritolate da una distribuzione infame ci fa veramente male.
Artisti simili sono un orgoglio per il desolante panorama italiano pronto
sempre a prostrarsi di fronte all’ultimo dei sicofanti.
Una proposta:puntate sulla qualità e alla lunga non ve ne pentirete.
Altre foto:
Foto errantistelle 2002 e Febit 2002