I Faraoni Neri

 

 

La casta sacerdotale tebana chiese l’intervento armato dei Nubiani per frenare lo strapotere del principe Tefnakht sulla parte occidentale del Paese e sul Delta.

Perché, ci si potrebbe chiedere, proprio i Nubiani? Le risposte possibili sono diverse: a un'indubbia abilità mili­tare essi associavano da sempre una fede certa nel dio Amon che la tradizione voleva originario di NAPATA, la montagna pura, il rilievo nubiano su cui si sarebbe posa­to alle origini del cosmo.

 

 

La stele di Gebei Barkal cui il faraone PIYE affidò il re­soconto della sua difficile lotta contro Tefnakht riporta nel dettaglio le fasi dello scontro, presentandolo come una battaglia della fede oltre che delle armi. I soldati im­pegnati nelle fila del suo eser­cito dovevano infatti attenersi a precisi rituali purificatori e di preghiera prima della batta­glia; solo così avrebbero potu­to essere certi di una vittoria gradita al dio. Il successo ar­rise puntuale ai seguaci di Amon: sulle acque del Nilo, la flotta di Tefnakht fu battuta; seguirono la battaglia nei pressi del canale di Bahr Youssef e l'assedio di Ermopoli.

 

I reperti


Dall’alto: le rovine del palazzo reale di Piye, a Gebel Barkal.

Immagine di Nag el-Hagar nella regione Nubiana ai giorni nostri.

La resistenza della roccaforte avversaria fu accanita; per questo Piye ordinò ai suoi uomini di erigere una torre da cui cadde sulla città una tempesta di dardi. La conquista fu completata con la presa di Menfi dove, presso il tempio locale di Ptah, Piye ottenne dal dio il riconoscimento al ti­tolo di nuovo faraone. Quanto a Tefnaktah, chiese il per­dono che il devoto sovrano gli concesse.

 

Non mostrò uguale benevolenza verso i vinti il suo suc­cessore, il faraone SHABAKA, che destinò al figlio dell'ex rivale, BOCCHORIS, una sorte crudele: dopo essere stato battuto e catturato, fu bruciato vivo. D'altra parte il nuovo sovrano fu diverso da Piye quasi in tutto; trasferì la propria sede da Nabata a Tebe e sostenne un vero e proprio rina­scimento egizio, promuovendo la costruzione e il restauro di molti monumenti.

 

In politica estera il suo successore, SHABATAKA, dovet­te sostenere il confronto con gli assiri che si erano estesi ai danni degli Ebrei e alla cui richiesta di aiuto il faraone nero non poté sottrarsi. La vicenda della difesa di Gerusalemme è avvolta nella leggen­da: sembra che Sbabataka non si sia congiunto con le truppe del fratello Taharka richiamate per l'occasione.

Che cosa allora avrebbe convinto gli Assiri a desistere dall'assedio? Secondo la Bibbia fu l'intervento di un angelo sterminatore; secondo Erodoto fu l'arrivo di un esercito di topi roditori, che in una notte privò gli Asiatici dell'occorrente per la battaglia; altri propendono per i dan­ni prodotti da un'improvvisa epidemia di peste. Certo è che Gerusalemme si salvò, ma non grazie a Sbabataka che, scomparso nel nulla, fu sul trono sostituito dal fratello.

 

 

La carta

Copyright © 1999-2000 Valerio Ciriminna