L’ISPIRAZIONE

 

L’insolita mancanza di una precisa documentazione storica sulla paternità di un’opera di cosi eccezionale concezione, indusse molti studiosi a ritenere che proprio il duca fosse stato in definitiva il vero ideatore e l’unico regista del giardino. L’ispirazione a predisporre entro il bosco un chimerico mondo di pietra venne certamente procurata all’Orsini dalla conoscenza di alcune famose opere letterarie a quel tempo diffuse nelle corti principesche ed assai confacenti al suo gusto ed alla sua fantasia: racconti mitologici della classicità latina, romanzi cavallereschi medioevali, l’Hypnerotomachia di Polifilo, nonché i poemetti del contemporaneo Bernardo Tasso, quali l’Amadigi ed il Floridano, i cui temi della "foresta incantata" ove si aggirano "mostri e giganti" ebbero diversi riscontri e sorprendenti analogie con taluni aspetti del giardino orsiniano. Non sono da escludere anche varie influenze derivate dai patrimoni culturali delle civiltà nordiche con le quali il duca era venuto a contatto durante i viaggi, le spedizioni militari ed i forzati soggiorni della prigionia trascorsi ad Anversa, Bruxelles, Namur ed Enghien. Alla creazione di insoliti elementi iconografici debbono inoltre aver concorso osservazioni e rilevamenti archeologici condotti su necropoli etrusche esistenti nella zona, come pure la visione di immagini, disegni ed oggetti esotici portati da missionari gesuiti al ritorno dai loro viaggi in India e dal più lontano Oriente asiatico. Una leggenda volle far credere che le enormi figure sbozzate nei massi tufacei fossero state opera di numerosi schiavi turchi fatti prigionieri nella battaglia di Lepanto (1571) e qui condotti in catene per lavorare sotto la direzione dell’Orsini. L’aneddoto risulta chiaramente un’invenzione, anche se storicamente e stato accertato che molti prigionieri turchi vennero impiegati a Roma nei lavori per le fortificazioni di Borgo Pio.

Back