CELIBATO SI- NO

Il problema che ci proponiamo di studiare e' di vedere se nel passo di 1Cor. 9:5 e' incoraggiato il celibato, oppure attestato il contrario, fermo restante la volonta' della Chiesa su tale legge (Sacerdotalis caelibatus).Voglio precisare che non ho niente contro il celibato dei servitori di Dio. Quello che si vuole mettere in luce e' che tale celibato, sebbene tutt'ora valido, non e' sostenuto scritturalmente (1Cor. 9:5; 1 Tim. 3:2-5; Tito 1:6).

Tale conclusioneoggi la Chiesa lo ammette tranquillamente con le seguenti parole : "Certo , il carisma della vocazione sacerdotale, rivolta al culto divino e al servizio religioso e pastorale del popolo di Dio, e' distinto dal carisma che induce alla scelta del celibato come stato di vita consacrata(cfr. nn.5,7); ma la vocazione sacerdotale, benche' divina nella sua ispirazione, non diventa definitiva e operante senza il collaudo e l'accettazione di chi nella Chiesa ha la potesta' e la responsabilita' del ministero per la comunita' ecclesiale; e quindi spetta all'autorita' della Chiesa stabilire, secondo i tempi e i luoghi, quali debbano essere in concreto gli uomini e quali i loro requisiti, perche' possano ritenersi adatti al servizio religioso e pastorale della Chiesa medesima"(Sacerdotalis caelibatus, 24 giugno 67, n. 17).

Dal concilio vaticano II (anni '60) la Chiesa lo ammette in vari documenti conciliari(Presbiter Ordinis n. 16, Sacerdotalis caelibatus n. 17 ecc....).

Il fatto che sia S. Paolo, uomo celibe, a fare i ragionamenti riportati in tutto il contesto di 1Cor. 9:5, ci fanno forse capire che nel passo in questione il termine gune'-aikos non possa essere la propria moglie cristiana? Siccome le parole di condurre intorno una donna cristiana (adelfen gunaika periagein) sono di S. Paolo, uomo celibe, e si riferiscono a lui, sicuramente non si trattera' di gune'=moglie, ma di gune'=donna in genere , con la quale non si convive sessualmente.Ma se noi leggiamo attentamente tutto il contesto ci accorgiamo subito che l' apostolo non sta parlando di se' in quanto celibe, ma sta parlando a nome di tutti i servitori di Dio, che annunziano il vangelo agli altri ed hanno responsabilita' nelle comunita' che loro stessi hanno erette.(Ritorneremo piu' avanti su questo punto)

Riguardo al problema del sacerdozio ad uomini sposati la scrittura biblica di 1° Corinti 9:5 e' basilare ove si parla che uomini sposati come Pietro portavano con se' la propria moglie nel ministero sacertotale e pastorale.

Nell'umanita' ci sono talenti, doni e carismi diversi ( 1 Cor. 14:1,12; Rom. 12:6-8; 2Tim. 1:6; 2:15; Efes. 3:2,7;4:11-16;1Pietro 4:11) ed e' giusto non soffocare tali doni che vengono dallo Spirito Santo e che vengono cosi' diversamente sparsi in ognuno di noi. E cio' ci sprona a metterci all'ascolto del fratello che sicuramente vorra' aprirci il suo cuore, farci conoscere le sue angoscie, la sua felicita', il suo amore.

Personalmente, nonostante tantissime difficolta', sono un uomo felice, perche' ho Dio nel cuore. Sono uno studioso di Dio e questi studi li ho sempre fatto con gioia e sempre li faro' perche' e' cio'che sento entro il mio cuore e sono sicuro che il tutto e' per il nostro bene e che i tempi ( vedi i documenti del Concilio Vaticano II, ove ci sono tante aperture che prima la Nostra Madre Chiesa non aveva : un esempio, fra tanti, che ci sono nei documenti, e' il diaconato che non piu' permesso nei secoli seguenti il cristianesimo primitivo, e' stato ripreso oggi e ,come nella chiesa dei primi tempi , e' dato anche ad uomini sposati viventi nmel matrimonio) daranno via libera a queste piccole cose che oggi sono un vincolo, come lo e' per il sacerdozio ad uomini sposati.

Esaminiamo per ordine il testo originale.

1 Cor. 9:5 dice in greco : "me ouk echomen exousian adelfen gunaika periagein, os kai oi loipoi apostoloi kai oi adelfoi tou koriou kai kefas";

La sacra Bibbia del prof. F. Nardoni, ediz. Paoline traduce : "Non abbiamo noi il diritto di condurre con noi una donna sorella, come fanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?" *

*Nella nota spiega cosi' : Gli apostoli portavano con se' qualche pia cristiana per potersene servire nei contatti con le donne pagane, nel battesimo delle donne ecc..

La Bibbia di Gerusalemme in italiano, edizione cattolica della EDB, traduce :"Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?*

*Nella nota spiega cosi': una donna credente: altra traduzione: "una sposa cristiana".In ogni modo , per questo compito, consistente nell' alleggerirli dai problemi materiali, gli apostoli sposati, come Cefa (Pietro), sceglievano normalmente la loro sposa.

Chiunque ha familiarita' con il greco s'accorge subito che :

me= particella esortativa o interrogativa : (non) vi pare? ;

ouk= negazione : non ;

ecomen=verbo avere da echo 1° pers. plur. indic. pres. : abbiamo ;

exousian= nome comune, accusativo sing. da exousia-as,e : liberta', diritto, potere, possibilita' ;

adelfen = nome copmune, accusativo, sng. da adelge-es,e : sorella, credente ;

gunaika = nome comune, accusativo sing. da gune-aikos,e : donna, moglie ;

periagein = verbo da peri-ago, infinito presente indicativo : di condurre attorno ;

os = avverbio : come ;

kai = congiunzione : e, anche ;

oi = articolo determinativo maschile plurale da o,e,to caso nominativo : gli ;

loipoi = aggettivo nominativo plurale maschile da loipos,e,on : restanti, altri ;

apostoloi = nome comune da apostolos-ou, o nominativo maschile plurale : apostoli, messaggeri, inviati ;

kai = come sopra ;

oi = come sopra ;

adelfoi = nome comune nominativo maschile plurale da adelfos-ou : fratelli ;

tou = articolo determinativo da o,e,to genitivo maschile, sing. : del ;

kuriou = nome proprio derivante dall'aggettivo kurios,a,on Genitivo sing. maschile : Signore ;

kai = come sopra ;

kefas = nome proprio da kefa-as, Genitivo sing. : Cefa, Pietro.

Ebbene il problema che qui' si presenta e' vedere se gune'-aikos, sostantivo femminile(e') ha il significato di donna o moglie.

Sfogliando la Bibbia, possiamo imbatterci nei seguenti significati di gune'-aikos :

1) nel significato universale di donna di qualunque eta', sia una vergine, una sposata o una vedova :

Matt. 9:20;13:33;27:55

Luc.13:11;2:5;4:26

att. 5:14

rom. 7:2

1Re 7:14;17:9

2) nel significato di moglie :

1Cor. 7:3-13;7:2;5:1

ef. 5:22,28

matt. 5:31;19:3,5;1:20,24;14:4;22:28;15:28

att. 5:1,7

riv. 2:20

lev. 18:8

marco 6:18;12:23

lucaq 20:33;22:57;13:12

giud. 4:21;19:25

Hom. Il 3,204; Od. 19,221; Giusep. Ant. 1,16,3

Come si vede, imbattendoci nel termine gune'-aikos, siamo liberi di tradurre con donna (termine generico) o con moglie o sposa (termine piu' impegnativo che esprime la qualita', lo stato di una donna).

Prima di completare il nostro giudizio, diciamo subito che 1 Cor. 9:5 il greco" adelfe' gune'" indica una "sorella sposa": sarebbe senza senso dire una "sorella donna" poiche' in tal caso il "donna" sarebbe superfluo (cfr. 1 Cor. 7:12-15). Anche Clemente Alessandrino riconosce che qui' "donna" non puo' significare altro che "moglie", soltanto vi aggiunge senza alcun motivo, che i due non convivevano maritalmente (Stromata 3,6,53). Infine daremo anche il parere del Magistero sulla questione collegata a questo problema, sacerdozio-celibato dei secoli della Chiesa primitiva.

Perche' qui' e' piu' giusto e logico tradurre con moglie e non con il termine generico di donna?.Perche' il contesto stesso lo giustifica. Infatti l'apostolo Paolo sta parlando del fatto che chi annunzia il vangelo agli altri deve vivere del vangelo (1Cor. 9:14), ossia a spese della comunita' che serve e porta come paragone le necessita' degli apostoli che sono quelle di qualunque uomo. Infatti l'apostolo di Dio, Paolo, si chiede "solo io e Barnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?"(1Cor. 9:6), ossia si chiede se solo lui e Barnaba devono andare a lavorare per procurarsi il cibo o anche gli altri i quali sono ammogliati(1Cor. 9:5, Matt. 8:14) ed hanno una famiglia e quindi un peso ben piu' grande di portare (1Cor. 7:28 parte b,32-35) devono andare a lavorare per mangiare. E risolve il problema richiamando alla memoria degli abitanti di Corinto che e' un diritto per chi annunzia il vangelo (il presbiteros) vivere dei frutti di questo ministero (1Cor. 9:7-17), ma cio' nonostante egli e Barnaba, che era un levita di Cipro (att. 4:36), essendo non sposati, quindi senza il peso della famiglia (ma questo valeva anche per gli sposati : ne' da' credito l'enfasi con cui e' pronunciato cio', cioe' la forma interrogativa[mi] che e' nel testo originale greco), erano disposti a fare un lavoro alternativo per vivere e sostenere la propria famiglia e non essere di inciampo ai fratelli che servivano (1Cor.9:15-18) o erano disposti a ricevere aiuti materiali da altre comunita' cristiane, in cui avevano servito (2Cor. 11:7-10).

Quindi come si vede nessuna delle traduzioni e' soddisfacente o per lo meno, anche se vogliamo accettare le traduzioni cosi' come ce l'hanno dato gli studiosi prof. Fulvio Nardoni e l'equipe di biblisti italiani diretti dal prof. Francesco Vattioni, certamente il significato del testo non e' quello riportato nelle note in calce alle stesse Bibbie.

Il significato esatto e' " condurre con se' nel servizio cristiano la propria moglie(senso letterale) o di sposare una credente(traduzione possibile, ma non letterale)". Quindi il testo deve essere tradotto cosi' "Non abbiamo noi il diritto di sposare una credente(letteralmente : di condurre intorno una sposa credente), cosi' come fanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?". Il cui significato dovrebbe essewre : non abbiamo noi il diritto di avere delle responsabilita' familiari, il diritto di crearci e mantenere una famiglia, cosi' come fanno gli altri apostoli gia' ammogliati? e quindi con il carico delle famiglie, provvedere al loro mantenimento? Tanto e' vero che il passo precedente non si riferisce a Paolo in qualita' di vergine, lo si capisce dal versetto successivo ove l'apostolo si chiede che forse solo lui e Barnaba, che sono celibi hanno percio' il diritto di lavorare proprio per il fatto di essere piu' liberi.

Bisogna anche dire che la nota della Bibbia di Gerusalemme, sebbene ammette che in quel passo altri traduttori traducono "una sposa cristiana" spiega il caso contraddicendo un'altra errata opinione al riguardo del matrimonio di Pietro ( e cosi' di tutti i primi cristiani presbiteri sposati), la quale opinione direbbe che Pietro avrebbe lasciato tutto ( anche la propria moglie) per seguire il Signore; mentre qui' si capisce chiaramente che non avrebbe lasciato la moglie,l'avrebbe condotta con se' , a queste parole qualcuno aggiunge, "pero' non unendosi sessualmente piu' con lei" (altro concetto errato e non sostenibile da fonti scritturali, ma e' cio' che , dopo averlo detto Clemente Alessandrino, troviamo in un concilio piu' tardi) .

Quindi tutto cio', sebbene riferito da studiosi di un certo rilievo, non e' esatto. Tale affermazioni vengono fatte perche', secondo me, ci si sente ancora condizionati dai secoli passati, quando si pensava che il sacerdozio e la continenza sessuale , o se vogliamo, la sessualita' in genere , fossero intimamente legate tra di loro.

Ormai nel Concilio Vaticano II e' stato affermato chiaramente la differenza che c'e' . Dopo tale concilio c'e' stato una riscoperta dello studio della Scrittura e un avvicinamento al mondo protestante per cui tale riserve non dovrebbero piu' condizionare nella lettura della Bibbia, anche perche', e qui' riporto il pensiero del Magistero: con un solo colpo il decreto conciliare "Presbiterorum Ordinis" del 7 dicembre 1965 al cap. III°, n. 16, parlando del celibato sacerdotale, taglia la testa al toro, dicendo : "Esso (la continenza) non e' certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva(35) e alla Tradizione delle Chiese Orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che e' legittimamente in vigore nelle Chiese Orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale e perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosita' la propria vita per il gregge loro affidato (36)

35 - 1 Tim. 3:2-5;Tito 1:6

36 - Pio XI, Enciclica "Ad Catholici sacerdotit" del 20 dicembre 1935; AAS28,1936, pag.28.

Le note che stanno segnate(35 e 36) sono riportate dal documento conciliare stesso!

Concludendo possiamo dire che il versetto 1 Cor. 9:5 si riferisce innanzitutto a Paolo i 1° persona e poi anche a tutta la classe dei predicatori del vangelo. Al versetto 4 dice "Non abbiamo noi il diritto (la liberta') di mangiare e bere?". C'e' qui' qualche relazione al fatto che lui e' un uomo celibe?.No, ma sta solo mettendo in evidenza una necessita', un diritto che come essere umano gli spetta, ossia sta parlando del diritto del sostenersi materialmente. Poi continua, proprio volendo mettere in evidenza la responsabilita' e i pesi che anche loro come uomini ed essere umani hanno: "Non abbiamo noi [me personalmente, sebbene celibe e poi anche tutti gli altri che sono sposati] il diritto(la liberta') di condurre intorno con noi una moglie cristiana, come anche gli altri apostoli e i fratelli del Signori e Cefa?". Come per dire "non siamo noi tutti (come classe di evangelizzatori) operai delle messi del Signor Iddio e non abbiamo quindi noi come esseri umani il diritto di formarci una famiglia con le responsabilita' e gli oneri che comporta come abbiamo il diritto di mangiare e bere ?".

E' chiaro che Paolo si espresse cosi' perche' voleva illustrare ai suoi ascoltatori che egli , sebbene liberamente aveva scelto di rimanere celibe , cio' nonostante , aveva sempre, in qualita' di uomo ed essere vivente, il diritto o la possibilita' di portare con se' una moglie ( qualora lo ritenesse opportuno ) e creare una famiglia e quindi essere alla stregua di quelli sposati, cosi' come era un suo diritto mangiare, bere, vivere del frutto della sua predicazione. Ma cio' nonostante egli non voleva per forza far applicare tale diritto, in quanto poteva benissimo provvedere diversamente. Ossia in quel versetto si parla della possibilita' che tutti gli apostoli (la classe degli inviati ad annunziare il vangelo) avevano, sposati (come i fratelli del Signore e Cefa) e non (come Paolo, Barnaba ed altri), di vivere dei frutti del vangelo che con tanto ardore e impegno si erano impegnati a portare alle persone. Tanto e' vero cio' che, dopo aver voluto sottolineare che il diritto era uguale sia per gli sposati che per i celibi , al versetto seguente (v.6) aggiunge " o forse solo io e Barnaba ( che siamo celibi e quindi piu' liberi da certe responsabilita' del matrimonio) dobbiamo andare a lavorare altrove , dopo aver predicato e quidi lavorato per voi affinche' cresciate nella fede, per vivere? mentre invece gli altri apostoli come i fratelli del Signore e Cefa, per il fatto di essere sposati e di portare quindi con se nel servizio la propria moglie e quindi essendo in un certo qualmodo piu' difficcoltosi a procurarsi da mangiare, sono autorizzati a vivere del vangelo, ossia ad essere aiutati materialmente, mentre noi no? E poi continua, spiegando come in effetti devono essere visti certi diritti dell'operaio che presta la sua opera nel servizio del Signore. Paolo voleva sottolineare con quelle parole di 1Cor. 9:5 che anche lui aveva il diritto, se lo voleva, di crearsi una famiglia e quindi di essere aiutato materialmente. A Paolo preme illustrare che il diritto di vivere del vangelo valeva al di fuori del fatto se era sposato o celibe.Quindi o si ha il peso della famiglia o si e' libero da tale responsabilita' spetta al servitore di dio di vivere del vangelo.

Voglio comunque sottolineare che coloro i quali dicono che il passo di 1Cor.9:5 sta semplicemente ad elencare i diritti dell'apostolo: come al v. 4 il mangiare,il bere, ed al v. 5 il portare una donna cristiana con se', come fanno tutti glli apostoli, i fratelli del Signore e Cefa, non avrebbe senso perche' il contesto stesso al versetto seguente ci proibisce di intendere cosi' in quanto tale versetto si esplica in funzione del v. 4 e 5 la relazione che c'e' tra di loro. Se vi diamo tale significato , faremo dire al v. 5 cosa che il contesto stesso non vuole. Inoltre che non e' un semplice elenco di diritti, si capisce dall'aggiunto dell'aggettivo adelfe'. Ossia se si tratta della sola donna cristiana per me sarebbe stato sufficiente usare adelfe' senza il termine gune'-aikos che sta a qualificare la adelfe' che si porta con se'. In sostanza gia' adelfe' indica una sorella, in fede, quindi una persona di sesso femminile, che avrebbe dovuto accompagnare l'apostolo e non sarebbe stato necessario aggiungere il termine gune'-aikos. Invece si e' voluto aggiungere la qualifica di questa sorella in fede cioe' una moglie e ancora specificare la relazionme che passa tra questo tipo di adelfe' e quello che passa tra Cefa. Da questo versetto non capiamo se la relazione che passa tra Cefa e la gune' e' quella di marito e moglie, lo si capisce dal contesto di tutta la sacra Scrittura, perche' in questo 1Cor. 9:5 se noi tolleriamo il termine gune' e lo traduciamocon il generico significato di donna saremmo liberi di intendere che la donna che ha Pietro sia una qualsiasi donna, come vogliono far intendere alcuni, che potrebbe essere d'aiuto a Paolo, uomo celibe. Ma cio' ci e' vietato dalla stessa scritturae quindi dobbiamo affermare che la donna che segue Pietro e ' sua moglie. Qualcuno insiste ancora sul fatto e vuole dire che tale moglie segue Cefa ma non usufruira' del diritto matrimoniale. Questa e' una affermazione gratuita, non trova nessun sostegno nella scrittura. Qualcuno vuol vedere nelle parole di Gesu "lasciare moglie e figli e seguirlo" come una giustifica del fatto che Cefa ha lasciato la moglie ed abbia seguito pienamente il Signore, ma cio' non e' vero , perche' e' contraddetto da 1Cor. 9:5 ove si vede che Cefa conduce con se' la moglie nel servizio.Se poi ci ostiniamo a dire che li' si tratta di una donna in genere che aiuta gli apostoli nei probklemi materiali, dobbiamo poi dimostrare che, non dico, riguardo agli altri apostoli o ai fratelli del Signore, ma riguardo a Cefa, che quella che l'accompagna sia una donna qualsiasi e non sua moglie(In matteo si parla della suocera di Pietro).Qualcuno potrebbe dire che benissimo si puo' intendere che Pietro , da sposato, porti sua moglie, mentre paolo ed altri, portino una sarella qualsiasi, ma bisogna dire che tale interpretazione sarebbe giustificata solo se noi vi togliamo il termine gune'-aikos e il versetto suonerebbe cosi: "Non abbiamo il diritto di portare con noi una credente(sorella in fede), come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?", mentre con gune'-aikos ci si mette per forza in relazione con la gune' di Cefa e quindi il versetto deve suonare per forza cosi' "Non abbiamo il diritto di portare con noi una credente moglie(gune'-aikos), come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?" (consultare J.B. Bauer, "Uxores circumducere" in Biblische Zeitschrift 3(1959)94-102; F. Cothenet, Les apotres etaient-ils maries? in Esprit et vie 81(1971) 719-721)

In sostanza possiamo affermare, alla luce di questi fatti che tradurre il termine gune'-aikos di 1 Cor. 9:5 con moglie non dovrebbe piu' destare scandalo o turbamento nelle coscienze dei veri adoratori del nostro Signore Gesu' Cristo.

P. de G.