L'ugello

Ugelli Tornado

Attraverso l'ugello di scarico ("il turbogetto" - Luglio '99), l'energia entalpica e di pressione disponibile allo scarico della turbina (o della camera di combustione nel caso di uno statoreattore) viene convertita, attraverso un processo d'espansione, in energia cinetica in modo da avere una velocità d'efflusso del fluido che consente di ottenere un'opportuna spinta.

I problemi fluidodinamici nel caso di un ugello sono meno gravosi di quelli che s'incontrano nel caso del diffusore e questo sia perchè nel caso dell'espansione i gradienti di pressione che s'incontrano sono favorevoli (e questo consente di costruire ugelli divergenti con angoli di divergenza molto più grandi che nel caso delle prese d'aria), sia perchè nel caso dell'espansione il passaggio attraverso le condizioni soniche non presenta particolari difficoltà (il fluido accelera da subsonico a supersonico senza il problema dell'urto).

Un ugello, dunque, in genere è costituito da un condotto la cui sezione, variando lungo l'asse, produce variazioni di velocità (accelerazioni) e diminuzioni di pressione.

Gli ugelli di scarico possono essere distinti in due categorie fondamentali: ugelli convergenti e ugelli convergenti-divergenti.

Ugelli convergenti

Il flusso subsonico (così come esce dalla turbina) viene accelerato facendolo passare attraverso questo condotto convergente, con conseguente diminuzione di pressione.

Molto importante per capire il funzionamento di un ugello è capire come tutto sia legato alla differenza di pressione che c'è tra il fluido all'uscita della turbina (p0) e il fluido dell'ambiente esterno (pE) in cui avviene lo scarico, cioè la pressione atmosferica.

Nel caso in cui pE = p0, cioè non ci sia questo salto di pressione, non si avrebbe alcun flusso attraverso il condotto.

Se però esiste una piccola differenza di pressione (ovviamente p0 > pE), allora lungo il condotto la pressione diminuisce gradualmente fino a raggiungere il valore pE all'esterno. Si ha così un'accelerazione del flusso lungo il condotto tanto più grande quanto grande è il salto di pressione.

Questo continua ad essere vero finchè non si raggiunge il valore Mach=1 nella sezione dove il fluido ha maggior velocità, cioè nella sezione di uscita che è la più stretta. Oltre questa velocità il fluido non può accelerare all'interno del convergente, poichè per proseguire la sua espansione (supersonica) avrebbe bisogno di un tratto divergente.

Quindi, per salti di pressione superiori il flusso rimane identico all'interno del nostro ugello convergente, raggiungendo il valore limite M=1 (risultato limite per l'ugello convergente) nella sezione di uscita. Dovendo poi per forza di cose raggiungere il valore pE della pressione dell'ambiente esterno, il fluido continuerà l'accelerazione e l'espansione all'esterno dell'ugello. Perderemmo così una parte importante del salto di pressione, cioè di energia, che viene dispersa senza poter essere sfruttata al fine di incrementare la spinta.

Ugelli convergenti-divergenti

Come accennato, per proseguire l'espansione oltre Mach=1 bisogna dotare l'ugello di un tratto divergente (3) collocato dopo il convergente (1). In tal caso è possibile ottenere accelerazioni del fluido oltre la velocità del suono.

Per capire bene i vari regimi di funzionamento, immaginiamo di tenere fisso il valore della pressione all'ingresso del convergente (p0) e di poter far diminuire progressivamente la pressione esterna (pE).

Per piccoli salti di pressione il divergente non lavora come ugello, bensì come diffusore, ricomprimendo fino a pE il fluido precedentemente accelerato nel convergente (a).

Abbassando progressivamente pE si arriverà al punto in cui il convergente espande al massimo il fluido (cioè M=1 nella sezione di gola (2)), ma poi viene ricompresso nel divergente fino a pE (b).

Per valori di pE ancora un po' più bassi, il fluido continua ad espandersi nel divergente oltre M=1, ma, dovendosi poi ricomprimere fino al valore pE, si ha la formazione di un urto in un punto determinato del divergente: il fluido passa bruscamente da supersonico a subsonico per venire poi compresso ancora nell'ultimo tratto del divergente fino a raggiungere il valore pE nella sezione di uscita (c).

Al diminuire di pE l'urto si sposta progressivamente verso la sezione d'uscita dell'ugello, finchè non raggiunge proprio questa sezione (d). In tal caso il fluido, accelerato fino a Mach 1 nel convergente, prosegue la sua espansione supersonica in tutto il divergente, per venire poi bruscamente riportato ad un valore subsonico attraverso l'urto, il quale ne riaumenta la pressione fino al valore pE.

Abbassando ulteriomente pE l'urto esce dall'ugello (e), la pressione nella sezione d'uscita risulta più bassa della pressione esterna e la ricompressione avviene esternamente all'ugello attraverso un complesso sistema di urti obliqui (in un modo o nell'altro la pressione del fluido che esce deve sempre raggiungere il valore pE dell'ambiente esterno!). In queste condizioni di funzionamento l'ugello viene detto "sovraespanso".

Solo per un preciso valore di pE (f) si ha il funzionamento ideale, cioè espansione isentropica completamente all'interno dell'ugello, senza la formazione nè di urti, nè di onde d'espansione all'esterno.

Queste onde d'espansione sono invece presenti qualora si riduca ancora il valore di pE: l'espansione continua all'esterno del divergente (g). In queste condizioni l'ugello viene detto "sottoespanso".

Conclusioni - Ugello a geometria variabile

La migliore condizione di funzionamento al fine di ottenere il massimo della spinta è quella ideale di avere un preciso valore del salto di pressione tale da evitare urti (interni o esterni) o espansioni esterne, ma accelerare il fluido interamente all'interno dell'ugello.

Non potendo ovviamente intervenire sulla pressione dell'ambiente esterno pE, si deve fare in modo che la pressione nella sezione d'uscita dell'ugello sia proprio uguale a quella atmosferica, cioè che il fluido sia accelerato fino ad un valore ben preciso. Questo deve essere verificato in ogni condizione, cioè qualora cambi per qualche ragione la pressione all'ingresso dell'ugello (p0), oppure cambi il valore di pE, così come accade col variare della quota di volo.

Questa condizione ottimale, che consente di ottenere il massimo delle prestazioni da un propulsore, può essere raggiunta intervenendo in maniera continua sulla geometria della sezione d'uscita dell'ugello: un restringimento di questa sezione permette di fermare l'espansione un po' prima (evitando così la formazione di urti), mentre un allargamento aumenta l'espansione nel divergente (onde evitare il caso di flusso sottoespanso).

Nasce così l'ugello a geometria variabile, mostrato nelle foto seguenti e nella foto di apertura.

 

 

Ugelli F-15 Strike

 

 

 

 

 

Ugello F-16

La particolare geometria dell'ugello poi, con raccordi particolarmente curati, è frutto di uno studio ben preciso atto ad assicurare l'uniformità del flusso all'uscita. Diverse geometrie sono studiate secondo il tipo d'impiego dell'ugello: dimensioni ridotte per l'uso propulsivo aeronautico, maggiore qualità del flusso all'uscita per l'uso in gallerie del vento (naturalmente a scapito delle dimensioni).

 

 

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