Gianfranco
Pintus
Senza
titolo,1999, installazione, grafite, ferro, acqua
di
Mariolina Cosseddu
dal
catalogo della mostra "Stanze" 1999
Centro Culturale
Man Ray,
Cagliari
Una
scia di segni come una grande onda di ritorno attraversa il soffitto
della stanzamentre un ampio riquadro d'acqua è posto al
centro del pavimento. Sul limite tra invisibile e visionario
si colloca l'opera di Gianfranco Pintus, liquida e fluttuante
come un alito che si addensa nello spazio. Sulla volta si danno
in cerchi concentrici i versi di una poesia volutamente anonima,
illeggibile perché trascritti in senso contrario e inafferrabili
nei significati che custodiscono. Ma per chi percorre il perimetro
della stanza e si affaccia sullo specchio d'acqua i versi si
ricompongono nella loro linearità: la verbalizzazione
perde l'esclusivo potere semantico e si fa invece fremito infinitamente
circolare. Giocando con l'immagine anamorfica e costringendo
lo spettatore a guardare e riguardare in un continuo svolgersi
di sguardi dall'alto in basso, dall'immagine reale a quella riflessa,
Pintus trasforma lo spazio della stanza in un luogo di meditazione
sulla natura stessa dell'arte, specchio segreto di sottesi narcisismi.
Ma l'opera richiede, ancora, di essere assecondata nei percorsi
multipli che le traiettorie grafiche spingono a seguire, in una
lenta e incessante poetica dell'environment. Lo spazio percettivo
perde pian piano i suoi connotati, si spoglia della propia fisicità
e si offre come spazio straniante dove l'io, nel rallentato e
spaesante cinetismo, può giungere all'annullamento della
coscienza e dell'autocontrollo. L'intervento è dunque
orientato all'esaltazione del valore di perdita, che riguarda
chi si avventura nelle spirali della poesia e dell'arte, e chi,
quelle spirali, le ha percorse nei tempi lunghi dell'esecuzione.
In perfetta sintonia con le produzioni figurali e oggettuali
compiute in questi ultimi anni, Gianfranco Pintus spinge l'operazione
estetica fino al limite estremo per toccare la discesa zero dell'esperienza
sensoriale.