Costantino
Nivola
nato
a Orani (Nu) nel 1911, ebbe la sua formazione artistica in quell'ambiente
particolarmente stimolante che fu l'Istituto Superiore d'Arte
di Monza negli anni Trenta. Dopo aver diretto l'ufficio grafico
della Olivetti, si trasferisce negli Stati Uniti, dove si ferma
sino alla morte, nella primavera del 1988.
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Costantino
Nivola
di
Henry Geldzahler
prefazione
del volume "Nivola, sculture"
edizione
Jaca Boock ISBN
88-16-60120-5
A
pochissimi artisti è data la capacità di inventare
due "tipi", due "soggetti" universalmente
comprensibili, come ha potuto fare Costantino Nivola. I Letti
e le Vedove, ciascuno intensamente personale e archetipico
nel senso junghiano, costituiscono la prolungata ricerca del
mondo vissuto e descritto da Nivola. Anche se non l'ho mai conosciuto,
ero devoto al suo lavoro dal primo momento che vidi le sue opere
nella Galleria Charles Byron a New York, negli anni Sessanta.
L'immaginazione lirica e l'eccellenza tecnica dell'opera di Nivola
non è mai stato un segreto, la sua vera statura era conosciuta
dagli artisti suoi colleghi -molti di loro, infatti, condividevano
il suo amore intenso per la luce ed il paesaggio sabbioso di
Long Island orientale. Con grande tristezza ho visitato lo studio
di Nivola solo dopo la sua morte. Per compensare la mia conoscenza
incompleta, Ruth, la sua vedova, è diventata istantaneamente
ed intuitivamente amica e collaboratrice. Ho spesso notato che
nessuna mostra e nessun saggio può suscitare molto entusiasmo
se non è, almeno in parte, un viaggio di scoperta per
il curatore. Ciò si è verificato durante la mia
selezione dei lavori di Nivola per un'esposizione nella galleria
della Fondazione Dia a Bridgehampton nel settembre del 1988,
appena pochi mesi dopo la scomparsa di Costantino Nivola. Nel
lavoro di Costantino Nivola la qualità intima è
una delle sue più notevoli caratteristiche. I Letti,
una delle maggiori occupazioni negli anni Sessanta, hanno un
aspetto di intimità brillantemente spersonificata. Ogni
letto di terracotta è alto circa 7,5 cm, largo 12,5 cm
e lungo 18 cm, modesto in dimensioni ma mitico in impulso ed
effetto. Una volta visti li riteniamo per sempre, come con certi
canti popolari, dove è difficile credere che qualcuno
li abbia veramente composti, che ci sia mai stato un tempo in
cui non erano già stati inventati. Diversi elementi radicali
si uniscono per creare i Letti: per prima cosa, sono immaginati
dall'alto, dal punto di vista di un lampadario, una "vista"
normalmente non accessibile nel corso della nostra vita, tanto
da forzarci a ripensare in maniera nuova le nostre fantasie più
intime. Il Letto, dove noi siamo stati concepiti e nel
quale passiamo un terzo della nostra vita, non potrà mai
essere un soggetto indifferente. Un'altra qualità radicale
dei Letti è la loro scala, non basata sull'approssimazione
naturale di cose viste, ma sulla misura e scala della mano stessa,
che preme la creta per modellare il letto ed i suoi occupanti.
Dove , altrimenti, nel regno del quotidiano vediamo un modellato
in questa scala, questo colore e questa superficie? La risposta,
inaspettata, è nel pane, quando Nivola ci racconta
una parabola sulla sua infanzia in un piccolo paese della Sardegna:
"Una
manciata alla volta il grano veniva disteso su un asse di legno...
A tarda notte, malgrado lo scricchiolio dei mobili attentamente
attutito, i passi a piedi scalzi, e le voci bisbiglianti, noi
bambini ci svegliavamo. Segreto e mistero pervadevano la casa.
Sentivamo rumori simili a quelli di una lotta e di schiaffi,
come di un bambino grasso che, punito, si rifiutasse cocciutamente
di piangere. L'impasto della pasta, il lavorarla in piccole forme
tonde, l'appiattirla in dischi sottili, il piazzarla tra i larghi
nastri di lino per un nuovo lievitarsi -ascoltavamo tutto questo,
quando avremmo dovuto essere addormentati. Attraendo mendicanti
come le mosche, l'odore del pane si spargeva attraverso tutto
il paese... I bambini spostavano i quartieri generali dei loro
giochi primitivi entro il raggio fragante della casa benedetta.
L'equilibrio di tutto il paese era ristabilito per un momento."
Pane
e Letto sono mai stati più strettamente avvicinati?
Così Nivola stesso ci ha lasciato la spiegazione più
chiara sull'origine del suo lavoro e della sua sensibilità.
Buona parte delle qualità del carattere di Nivola come
uomo e della sua personalità come artista sono esposte
spiritosamente nell'encomio di Saul Steinberg. Della sua persona
Steinberg ci racconta: "Era un uomo piccolo di proporzioni
eroiche, una bella testa dove l'allegria si univa alla melanconia,
un torso potente, un gigante visto a distanza e ridotto in scala
dalla prospettiva... Titino era uno dei pochi uomini genuini
che erano buoni senza cercare di sembrare migliori." E Steinberg
continua: "Ci siamo incontrati a Milano nel 1936, e, dopo,
a New York, dove lui ha scoperto che la città era fatta
di piccole case e di povera gente (noi ci aspettavamo una New
York di miliardari che vivevano nei grattacieli)." Nivola,
non meno spiritoso e preciso, nelle sue parole esprime il fascino
di un autocritico, poco disposto a prendersi troppo sul serio:
"Quando stavo crescendo, mi pensavo estremamente raffinato.
Sognavo di andare in America dove le strade brillavano e gli
alti edifici erano di vetro. Vedevo me stesso non più
piccolo e scuro, com'ero, ma alto e biondo...". E "ho
bussato alle porte di questa città meravigliosa e centinaia
di porte, finestre e cuori si sono aperti. Il doganiere era sconcertato
dal mio bagaglio composto di naïveté, gioventù,
talento ed accento straniero".
Negli
ultimi anni della sua vita, dalla metà degli anni Settanta
fino alla sua morte, nel 1988, Nivola raggiunse una distinzione
rara tra gli artisti, che troppo spesso finiscono col essere
confinati a una singola idea o forma. Mi riferisco all'invenzione
delle Vedove, una nuova e feconda ricerca dell'"eterno
femminile", e, dopo i Letti, una più serena
e mitica preoccupazione per l'estensione e la lateralità,
il manto aperto della Mater Misericordiae. Queste sono
traslucide effigi di marmo, fragili, ma allo stesso tempo costanti
e sicure nel sollievo che offrono. Se è nell'allegria
e nella scherzosità dei Letti che possiamo collocare
le preoccupazioni sensuali di Nivola, nei suoi anni di vigore,
allora è nelle Vedove che possiamo collocare qualcosa
di più sereno, più elegiaco. Una vedova è
abbandonata ed è definita in termini di un maschio assente,
è un soggetto che incute timore, un soggetto concepito,
forse, per strappare tranquillità a dispetto della propria
imminente scomparsa. Siamo commossi dal coraggio di Costantino
Nivola e gli siamo grati per il delicato equilibrio che ci ha
lasciato con le Vedove, come lo siamo per l'intelligenza
a la concisione della sua opera sorprendentemente vasta.
Come
un grande attore o musicista, ha creato la massima risonanza
con un gesto minimo.
Links
correlati:
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ca.1961-1965
, Lettino vuoto, terracotta
1971, Lettino,
terracotta
1983, Pittore
(della serie dei Lavoratori Sardi), bronzo
ca. 1981-1986,
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1985, Collage,
carta su carta
1985, Figura
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1987, Figura
femminile (Vedova), travertino
Figura femminile
(Vedova), bronzo
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