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Mutamenti antropologici 
della percezione testuale
Al di là delle considerazioni sulla natura della testualità e delle dispute semiologiche, mi sento di proporre una mia personale utopia: mi auguro che in futuro una nuova generazione di autori di ipertesti si impegni ad elaborare e realizzare una  forma di ipertestualità più radicale, a suo modo rivoluzionaria. Non credo vi sia ancora da parte degli autori e dei fruitori di ipertesti un approccio radicalmente innovativo agli strumenti ipertestuali, "l'estetica dell'ipertesto è ancora in costruzione" nota a questo proposito Miguel Angel Garcia. Posso auspicare che la reiterazione delle esperienze fruitive e creative renda gli autori più consapevoli delle peculiarità dell'ipertesto e gli utenti capaci di coglierne  tutta l'essenzialità. 

E' dunque in un senso radicale che credo andrebbero riviste e riconfigurate la scrittura e la fruizione ipertestuale, ma questo può avvenire solo in seguito ad un vero e proprio mutamento antropologico che ridefinisca gli elementi necessari della stessa struttura del testo, il quale, nella nostra percezione, è ancora legato allo svolgimento diacronico-sequenziale, figlio del libro tradizionale stampato. Il modello che prefiguro è un ipertesto sempre più metatesto, un patchwork, una costruzione deipostatizzata rispetto alle convenzioni formali e strutturali dei testi tradizionali, immagino uno spazio anarchico, elastico, mutevole, in parte rete, in parte spirale, in parte albero, uno spazio in grado di rispondere al meglio, adattandovisi, alle esigenze del fruitore, uno spazio in cui gli unici confini sono segnati dalle strategie conoscitive dell'utente. Penso ad un ipertesto come organismo vivo, reso instabile dai flussi delle reti, dalla ridondanza delle interconnessioni intra ed extratestuali, una struttura disomogenea, disaggregata, multilineare e multisequenziale. D’altronde oggi è proprio la cultura stessa a non essere più qualcosa di omogeneo, unitario, lineare, ma la stessa si presenta come un oggetto frammentario, sincretico, ibridato. L'inflazione delle comunicazioni  massive, la globalizzazione, le ibridazioni dell'era post-moderna creano uno spazio culturale simile ad un ipertesto, non c'è un centro, un confine, un riferimento stabile, ma un reticolo di nodi locali, di comunità, di dialetti culturali in perenne contatto, di flussi frammentari, una realtà glocal, in cui la riscoperta di identità particolari si salda con l'esigenza di un'apertura totale ai processi comunicativi globali. 

L’ipertesto si configura pertanto come la mappa ideale di questo territorio culturale pieno di contaminazioni, frammenti, sincretismi, nomadismi, in una realtà di questo tipo la scrittura non può che essere essa stessa un qualcosa di frammentario, di indefinito, qualcosa più vicina al montaggio che alla sequenza lineare, qualcosa perennemente "under construction".
 
 

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