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Secondo due medici inglesi
l'anima esiste ed è immortale
Secondo due medici inglesi la mente è indipendente dal
cervello e l'anima continua a vivere dopo la morte cerebrale. I due, Peter
Fenwich, neuropsichiatra all'Istituto di psichiatria di Londra, e Sam
Parnia, ricercatore clinico all'ospedale di Southampton, hanno chiesto a
63 pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco cosa ricordavano del
periodo in cui erano rimasti senza conoscenza. Cinquantasei hanno risposto
«nulla», sette qualcosa ricordavano, ma di questi solo quattro avevano
sperimentato quella che i medici chiamano "quasi morte". Tutti e
quattro hanno raccontato di sensazioni di pace e di gioia, di tempo
accelerato, di perdita di percezione del corpo, di una luce brillante e
dell'ingresso in un altro mondo. Parnia: «Hanno avuto queste esperienze
in una condizione in cui il cervello non avrebbe dovuto essere in grado di
sostenere processi lucidi o consentire loro di avere ricordi duraturi. Ciò
potrebbe fornire una risposta alla domanda se la mente o la coscienza
siano prodotte dal cervello, o se il cervello non sia invece una specie di
intermediario della mente, la quale esiste indipendentemente». Fenwik: «Se
la mente e il cervello sono indipendenti, allora la coscienza sopravvive
al corpo».
Su La
Repubblica del 23/10/00 a pagina 25.
Far decidere ai medici se esiste
o no l'anima è improprio
Rosso Malpelo replica a Galimberti che già Omero parla
spesso di anima, ad ogni modo il miglior commento gli pare quello di
Alberto Oliverio: "Non mescolate fisica e metafisica". «Far
decidere ai medici se esiste o no l'anima è improprio. E su "Il
Messaggero"? Rischio opposto. Pieno di entusiasmo Antonino Zichichi -
"Per capire il mondo c'è bisogno di Fede e Ragione" - spazia
tra numeri, particelle, tempo, leggi della fisica, entropia, per arrivare
a dimostrare che quasi di necessità la scienza porta alla fede. Con tutto
il rispetto: va affermato con forza che la fede cristiana, in senso pieno,
non è irragionevole, ma farne un punto d'arrivo razionale obbligatorio di
scienza e ragione pare troppo. Qualcuno è venuto apposta a "mettere
la sua tenda" in mezzo a noi. Filosofi e scienziati non sarebbero
bastati. Non sempre l'entusiasmo è autosufficiente».
Rosso Malpelo
su Avvenire del 25/10/00 a pagina 23.
Gli scienziati inglesi hanno dimostrato
semplicemente questo: ancora non sappiamo quando il nostro corpo davvero
muore
«Ora che le parole "anima",
"coscienza", "mente" sono entrate nel nostro
linguaggio e si sono radicate nelle nostre abitudini linguistiche,
usiamole pure, ma, ricordandone la loro genesi, evitiamo di pensarle come
"entità" o come "sostanze" che sopravvivono alla
morte del nostro corpo. Perché se proprio vogliamo dare alla parola
"anima" un significato, l'unico possibile è quello che nomina
il rapporto che il nostro corpo (e non il nostro organismo) ha con il
mondo, essendo il nostro, un corpo impegnato in un mondo dove veicola le
sue intenzioni e da cui riceve risposte che poi rielabora per ulteriori
azioni, finché è corpo vivente. Estinta la relazione col mondo, il corpo
diventa cadavere, e l'anima, questa parola che nomina la nostra relazione
con il mondo, si estingue con lui. I casi riportati dai neuropsichiatri di
Londra non dimostrano che l'anima o la coscienza sono indipendenti dal
cervello e quindi possono vivere dopo la morte cerebrale, ma solo che
ancora non sappiamo quando il nostro corpo davvero muore (encefalogramma
piatto? arresto cardiaco?) e quindi interrompe la sua relazione col mondo
in cui la cosiddetta "anima" consiste».
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