la Repubblica

Mercoledì, 30 maggio 1990


Meglio i referendum
di Paolo Barile

[...] Una politica costituzionale nessun governo finora ha osato condurla avanti, anche se timidamente ne sono stati proposti alcuni spezzoni. Di qui la proposta dei tre referendum abrogativi sulle leggi elettorali politiche e sulla legge per le elezioni amministrative. I comitati promotori sostanzialmente, come è abbastanza ovvio, contano sulla forza deterrente del referendum, che in nessun caso potrebbe aver luogo prima della primavera dell'anno prossimo. Il Parlamento, se si rendesse conto della forza dirompente che soprattutto il referendum sulla legge elettorale senatoriale potrebbe avere, ha tutto il tempo per provvedere a modificare la legge stessa.

I lettori conoscono già i termini di tali referendum. Basti qui ricordare che col referendum sulla legge elettorale amministrativa si propone di estendere il sistema maggioritario dai comuni inferiori a 5.000 abitanti a tutti i comuni della Repubblica; col referendum sulla legge elettorale della Camera si propone di ridurre le preferenze ad una sola, per evidenti ragioni di moralizzazione della campagna elettorale; col referendum sulla legge elettorale del Senato si propone di trasformarla cancellando il tetto del 65% per l'elezione diretta in ciascun collegio senatoriale, ottenendo cosí che i senatori siano eletti a maggioranza semplice, salvo una quota di essi (77 su 315) che resterà in ogni caso da attribuire secondo il residuo sistema proporzionalistico. E' ovvio che l'approvazione di tale referendum porterebbe ad una fisionomia del Senato profondamente diversa dall'attuale, con un sostanziale ripudio (anche se non totale) della proporzionale a favore dello scrutinio uninominale.

Si potrebbe dire in via preliminare che il referendum è di dubbia ammissibilità e che quindi i promotori affronteranno la Corte costituzionale in condizioni di debolezza: e taluni lo affermano esplicitamente (con mia sorpresa, anche Antonio Maccanico).

Ma la Corte costituzionale si è limitata a dire finora che gli organi previsti dalla Costituzione non possono essere privati delle norme elettorali che servono alla loro formazione; cioè che il referendum abrogativo è strumento insufficiente laddove produca "un mero effetto ablatorio".

E' facile replicare che nel caso dell'approvazione del referendum senatoriale (ancor piú nel caso dell'approvazione degli altri due referendum) non si impedirebbe in alcun modo il funzionamento del Parlamento. Solo un'abrogazione totale di una di quelle leggi elettorali sarebbe sicuramente inammissibile, non un'abrogazione parziale che ne permetta il regolarissimo funzionamento sia pure in forme diverse, come avverrebbe nel caso in esame.

Certo, il quesito all'elettore presenterà un aspetto molto tecnico. Ma il quesito referendario è di per sé sempre difficile a tradursi a livello di pubblica opinione. Sono sempre norme di legge che vengono sottoposte al giudizio degli elettori: occorre sempre spiegare loro di che cosa si tratta, e soprattutto qual è lo scopo sostanziale che i promotori intendono perseguire. Uno dei due referendum anticaccia, ritenuto pienamente ammissibile dalla Corte costituzionale, contiene un lunghissimo elenco di specie di animali che non si vuole che siano piú cacciabili: ma l'obiettivo è chiaro: l'abrogazione della caccia sportiva.

Il quesito deve essere facilmente spiegabile in parole comuni. Nessun problema per i quesiti sulla legge elettorale della Camera e sulla legge elettorale amministrativa: ma anche il quesito sulla legge senatoriale è facilissimamente spiegabile, dicendo agli elettori che si chiede un loro voto che porti all'abolizione parziale della proporzionale al Senato.

E neppure potrà dirsi che questo è un uso distorto e manipolatorio del referendum abrogativo. Tale referendum è l'unica arma che ha l'elettore contro l'attività o l'inattività del Parlamento. Vale sempre un criterio rigorosissimo: il quesito deve mirare esclusivamente a cancellare leggi o parti di leggi. Ma il risultato della cancellazione - qualora abbia una sua logica - non è un problema che riguarda l'ammissibilità del quesito. Del resto, la stessa Corte insegna come attraverso le sue sentenze, che anch'esse sono puramente negative, di annullamento, una disposizione giuridica possa essere trasformata in una nuova e diversa norma, che assumerà nell'ordinamento una figura ed un significato totalmente nuovi. I referendum abrogativi parziali e le sentenze "manipolative" della Corte costituzionale creano sempre novità nell'ordinamento, hanno tutti una carica anche positiva, possono legittimamente creare situazioni giuridiche nuove.

Le obiezioni politiche saranno vivacissime. Il Psi sostiene che il sistema favorirebbe soprattutto il Pci. Altri temono che esso viceversa favorisca la Dc, almeno in prima battuta. Ma il movimento "trasversale" che ha dato inizio alla procedura referendaria attraversa i vari partiti, ed è sostenuto, oltre che dal Pci (con riserva da parte di taluni), dalla grande maggioranza delle organizzazioni cattoliche, esclusa soltanto Comunione e liberazione. Siamo in tanti a dire, con Pietro Barrera, "sulla Grande Riforma dieci anni di chiacchiere. Meglio i referendum".

 

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