Il Sole 24 Ore Online

Martedí, 23 febbraio 1993


Il referendum contro il minotauro
di Valerio Zanone

Nel '48 fu un compromesso tra Dc e Pci a creare il sistema elettorale per il Senato ora sottoposto a voto popolare. Fu Togliatti a decidere di accogliere la proposta di Dossetti di elevare il quorum necessario all'elezione diretta

Ora che si avvicina il referendum sul Senato, rivivono gli spiriti della Costituente che proprio sul modo di eleggere il Senato si divisero fra proporzionalisti e maggioritari. Maggioritari erano vecchi liberali come Orlando e Lucifero, proporzionalisti i democratici come Jemolo e De Ruggiero; ma forse, per modernità di intuizioni, i campioni dei due campi furono per il proporzionale Sturzo e per il maggioritario Einaudi.

Di Einaudi, fra le tante notazioni del tutto attuali, va ricordata l'avvertenza che il parlamentare del collegio uninominale si presta al servizio degli interessi locali presso il governo, lasciandosene attrarre; e perciò l'elezione uninominale del Parlamento richiede per correttivo l'autonomia dei poteri decentrati. Quanto a Sturzo, appunto in polemica con i liberali maggioritari all'Einaudi, suona oggi purtroppo profetico il suo ironico avvertimento: "I liberali sono caldeggiatori del maggioritario e ne saranno ben pagati…". La composizione ed elezione del Senato, inizialmente definito "Camera dei senatori", fu nell'assemblea costituente tra gli argomenti piú dibattuti.

Nel settembre 1947 il presidente della Commissione per la Costituzione Ruini apriva il ventaglio delle opzioni anzitutto in materia di bicameralismo: c'era chi voleva una sola Camera, chi una seconda Camera soltanto consultiva, chi una seconda Camera con funzioni limitate rispetto alla prima. Alla fine prevalse il bicameralismo perfetto che ora si cerca di riformare.

Molteplici opzioni riguardavano poi la composizione della seconda Camera: o riservata a certe categorie sociali; o in parte eletta dalle regioni; o in parte eletta dalla Camera dei deputati e in parte cooptata; oppure parzialmente composta da senatori di diritto per specifici titoli; o da senatori nominati dal Capo dello Stato, con mandato o vitalizio o temporaneo.

Tutte queste varianti si ridussero infine all'articolo 59 della Costituzione, che riserva il posto di diritto in Senato soltanto a chi è stato Presidente della Repubblica; e restringe i senatori a vita al numero di "cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario". Come è arcinoto, quella norma è stata penosamente stiracchiata sia nel numero, perché i presidenti Pertini e Cossiga si sono attribuiti il potere di nominare cinque senatori ciascuno; sia anche nella qualità degli "altissimi meriti", in vari casi identificati con il puro mandarinato politico.

Ma torniamo al 1947: Ruini esponeva infine alla Costituente le diverse opzioni circa il sistema elettorale: elezione di secondo grado oppure elezione diretta, ed elezione diretta uninominale, oppure proporzionale. Inizialmente infatti l'ipotesi poi realizzata di un uninominale con effetto proporzionale non era venuta in mente a nessuno. Passò, il 7 ottobre 1947, un ordine del giorno presentato da Nitti e sottoscritto fra gli altri da Togliatti, che affermava l'elezione del Senato "a suffragio universale e diretto, con il sistema del collegio uninominale".

Agli inizi di dicembre il ministro dell'Interno Scelba presentò un disegno di legge che prevedeva, in anticipo di quarantacinque anni su De Mita e Mattarella, un ibrido di maggioritario e proporzionale; ma la Costituente non lo ritenne conforme al "sistema del collegio uninominale" affermato con l'ordine del giorno Nitti.

Scrivendo quell'ordine del giorno, Nitti pensava all'uninominale con ballottaggio dell'Italia prefascista; e quando il disegno di legge elettorale venne in discussione nella Assemblea costituente, Nitti sostenne con forza che "la proporzionale sarà sempre cosa diversa dal collegio uninominale".

L'ottuagenario Nitti aveva del Senato un'idea aulica e classica di Camera "conservatrice", cioè intesa al culto delle istituzioni; eletta da cittadini oltre i venticinque anni, perché i giovani fino ai venticinque anni sono propensi alla violenza; "stabile fuori dalle crisi", in modo da garantire la stabilità legislativa con una "potente immobilità nella continuità"; e perciò anche Nitti voleva, ma non ottenne, un Senato "che non scadesse mai", cioè si rinnovasse parzialmente per gradi, come il Senato americano.

Le reminiscenze nittiane urtavano però nell'insuperabile avversione democristiana contro il ballottaggio, considerato fomite di divisione per blocchi e di accordi coatti.

Le tesi proporzionalistiche di Mortati fecero breccia nel mutevole pensiero di Togliatti, sebbene su democristiani e comunisti ormai incombesse l'urto del 18 aprile. Il povero Nitti fu lasciato in minoranza a difendere, con i liberali e qualche socialista, l'uninominale storico. L'accoppiamento fra Dc e Pci fu descritto mitologicamente come il concepimento di un minotauro: e ostetrico del minotauro fu Dossetti, che alzò il quorum per l'elezione diretta nel collegio fino al tetto del 65 per cento. È il tetto tuttora esistente, con ogni probabilità destinato a cadere in primavera sotto il maglio del referendum. Da quel fatidico voto del 24 gennaio 1948 sull'emendamento Dossetti (243 voti contro 127), il Senato della Repubblica italiana è stato un caso da manuale di sistema uninominale a effetto proporzionale, fino a quando la crisi dei partiti ha spostato i termini della questione tanto dibattuta dai costituenti.

Essi avevano ben chiaro che il proporzionale facilita l'associazione dei cittadini in partiti, mentre il maggioritario indebolisce il vincolo di appartenenza ai partiti e spinge piuttosto la scelta elettorale verso il giudizio nei confronti del governo. Ma allora i partiti erano protagonisti della giovane Repubblica, e ancora non avevano accumulato le tocquevilliane passioni fredde e disincantate della vecchiaia.

Il 1992 ha posto davanti alla decadenza dei partiti uno specchio impietoso e ora il referendum si appresta a ripristinare (con imperfezioni) l'intento originario di Nitti.

 

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