IL DESERTO DEI TARTARI

Scritto da Dino Buzzati, è un romanzo che inizialmente portava il titolo La fortezza, ma per evitare che il titolo lasciasse al pubblico l’idea di un romanzo di guerra ( era scoppiata quando uscì il libro, nel ‘40, la seconda guerra mondiale), fu suggerito l’attuale titolo.

Il deserto dei Tartari narra in trenta brevi capitoli la storia-non storia dell’ufficiale Giovanni Drogo. Appena uscito dall’accademia militare, Giovanni è comandato alla fortezza Bastiani, una fortezza che deve proteggere il paese dai nemici del nord e lascia la sua città per raggiungere a cavallo la fortezza. Dopo un lungo e incerto cammino attraverso luoghi solitari e rupestri, incontra il capitano Ortiz, uscito dalla fortezza per una corsa a cavallo, e da lui riceve le prime notizie sulla sua destinazione, sulle montagne che circondano la fortezza e sul deserto impenetrabile che le si stende innanzi; la leggenda vuole che un tempo fosse percorso dalle orde dei Tartari. Normalità, quotidianità assoluta si mescolano nelle parole di Ortiz, con una sorta di malnascosto fervore e tensione, quasi di inconfessabile attesa e speranza.
Così, sin dall’inizio si precisa l’intento dello scrittore: descrivere un’esperienza di vita non segnata da alcun avvenimento eccezionale e tuttavia tesa verso un’assurda speranza del “fatto” , che riempia di significato l’esistenza. Il deserto che si apre infinito dinanzi alla fortezza, diventa il luogo di questa possibile rivelazione, che data l’assunzione della metafora militare, si dovrebbe concretizzare ( ma non sarà mai ammesso), nell’apparizione dei Tartari, dell’esercito nemico da sconfiggere. La fortezza è lì per questo.
All’arrivo il tenente Drogo prende contatto con il senso diffuso e impalpabile di attesa, che si manifesta attraverso segnali banali. Drogo decide d’impulso di chiedere immediatamente il trasferimento, e per quanto nulla vi si opponga, una serie di considerazioni di opportunità, e di rinvii finisce per ostacolare la decisione, fino a che sarà lui stesso a rinunciare e a “votarsi” al servizio della fortezza. La vicenda è segnata appena da qualche avvenimento: l’apparizione sconvolgente di un cavallo di ignota provenienza nel deserto; la morte del soldato che per catturarlo aveva indugiato oltre il dovuto fuori della fortezza e, volendo rientrare era stato ucciso dalla sentinella; la spedizione per la demarcazione del nuovo confine oltre le montagne, nella quale muore il tenente Angustina, vero eroe di stile ed eleganza militare.
Il tenente Simeoni, in possesso di un canocchiale fuori ordinanza, scopre lontanissimo segnali imprecisi di movimenti e la fantasia sua e di Drogo, si scatena immaginando costruzioni di strade, per aprire la via alle artiglierie in vista della discesa dell’esercito del nord verso la fortezza Bastiani.

Il momento atteso viene dopo anni e anni; Drogo ormai cinquantenne, comandante in seconda, , mentre la fortezza si riempie di truppe e artiglierie, ammalato, senza più forze, è costretto dal comandante Simeoni a lasciare la fortezza, proprio nei giorni della gloria. La disfatta di una vita è totale. La carrozza lascia Drogo a pernottare in un'ignota trattoria e qui muore.
Ma proprio in questa estrema esperienza vince la sua vera battaglia; Drogo si assesta il colletto della divisa, per accogliere la morte con tutta la sua dignità e fierezza di uomo.

Si pensa che questo romanzo sia una metafora della vita di Buzzati, delle sue attese alle redazioni dei giornali in cui ha lavorato, alla ricerca di un fatto degno di nota.