LA COSCIENZA DI ZENO

Scritto da Italo Svevo, ha come protagonista Zeno Cosini, benestante borghese triestino, che, su consiglio del suo psicanalista, scrive il diario della sua vita, ripercorrendone gli episodi salienti e più significativi. Attraverso essi si disegna la figura, centrale per molta letteratura europea del ‘900, di un uomo inetto alla vita, “malato” di una malattia morale la quale spegne ogni impulso all’azione e qualsiasi slancio vitale o ideale: Zeno Cosini si consuma in una statica indifferenza, illuminata da una lucidità intellettiva e introspettiva che si esaurisce per lo più in un’acuta ma sterile capacità di auto-analisi, in una ironia corrosiva che rende impossibile ogni adesione e rapporto diretto con la realtà.

Emblematiche, sono, in questo senso, le pagine iniziali, intitolate “Il fumo”, ricca di una sottile autoironia, in cui il protagonista parla del proprio pigro soggiacere al vizio del tabacco, e dei continui tentativi per liberarsene: ogni sigaretta dovrebbe essere l’ultima, ma a questa ne segue poi sempre un’altra, costellando la sua vita di decisioni prese e mai mantenute.

Nel capitolo “La morte del padre” vi è l’analisi di un difficile rapporto, fatto spesso di silenzi e malintesi: fino all’ultimo, quello estremo, quando in punto di morte il padre, avendo male interpretato un gesto del figlio, lo colpisce con uno schiaffo; un equivoco che pone un doloroso sigillo alla vicenda, ma che si stempera e si allontana nella memoria. Zeno passa poi a narrare la storia del suo matrimonio e di come, innamoratosi di una delle tre sorelle Malfenti, Ada, corteggiata goffamente ( gli preferisce Guido Speier), si trovi poi, passivamente, a sposare quella meno desiderata, Augusta alla quale egli rimane comunque legato da un tiepido ma sincero affetto. Ciò non gli impedisce di trovarsi un amante, un’avventura insignificante con una povera ragazza, Carla Gerco, che come tutto, non riesce a coinvolgerlo profondamente. La “storia di un’associazione commerciale” è la narrazione dei rapporti tra il protagonista e Guido Speier divenuto suo cognato.Dopo un periodo di reciproca diffidenza (Zeno sembra geloso di Guido che gli ha sottratto Ada), i due diventano amici, pur essendo profondamente diversi per indole e carattere: Guido si rivela infatti persona espansiva ma debole, fatua e incapace.

L’azienda che essi costituiscono,ben presto va in completa rovina, causa l’inadeguatezza e la disattenzione dell’uno e la pigrizia e l’incertezza del secondo; Guido finge un suicidio, per salvare l’onore e ottenere un ulteriore prestito dalla famiglia della moglie: purtroppo sbaglia la dose del sonnifero e, per errore, per caso (e il caso, l’errore hanno gran parte in questo romanzo, dove le cose sembrano accadere al di fuori di ogni decisione e volontà), muore. Occupandosi dell’azienda, e dei debiti del defunto cognato, Zeno si avvicina nuovamente a Ada, e fra loro sembra rinascere qualche sentimento, ma è solo un gioco della memoria che ancora una volta non raggiunge la realtà.

Nelle pagine finali, “ Psicoanalisi”, il protagonista dichiara di voler abbandonare la terapia psicoanalitica, fonte di nuove malattie dell’anima (nella finzione romanzesca è infatti lo psicanalista che pubblica questo diario, per vendicarsi del suo deluso paziente), e incapace di restituire all’uomo la sua salute: quella salute che sembra ormai diventata, nel pensiero di Svevo un bene alienato all’uomo disperso nella crescente inautenticità e impersonalità dell’esistenza. Celeberrima è la pagina che chiude il romanzo, anticipatrice di moderni terrori: l’immagine dell’uomo che, in possesso di un “esplosivi incomparabile”, lo collocherà al centro della terra; “Ci sarà un’esplosione enorme…e la terra, ritornata alla forma di nebulosa, errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.

La Coscienza di Zeno è l’opera che, a giudizio pressochè unanime della critica, meglio esprime i tratti distintivi della crisi di un sistema di valori e di credenze che va perdendo la sua compattezza di fronte a nuove istanze e tensioni culturali ed esistenziali. La pubblicazione de La Coscienza di Zeno passò quasi inosservata. Fu Joyce , amico ed estimatore di Svevo, che fece leggere il romanzo a letterati francesi e nel 1926 la rivista “Le navire d’argent” dedicò un intero numero allo scrittore triestino , che già in Italia, però, l’anno precedente aveva avuto un riconoscimento attraverso un articolo di acuta intelligenza interpretativa, di Eugenio Montale. Nel dopoguerra la fama è andata sempre più allargandosi, con numerose edizioni e traduzioni; la stessa polemica sul prolungamento dell’esclusiva dei diritti d’autore (accesasi nell’ottantacinque) testimonia un interesse anche commerciale per questo classico della letteratura contemporanea.