Il Giornale

 

 

UNA BREVE CHIACCHIERATA SUL FORMAGGIO

di Gianfranco Scanferlato con la collaborazione di Mario Nisoli

 

Lo ammetto: ho la fissa del formaggio.

Mi ha sempre incuriosito il fatto che, con gli stessi ingredienti di base (latte, sale e caglio), si possano ottenere formaggi tanto diversi di gusto e caratteristiche.

Questo pensiero, un paragone ardito tra storia, cultura e formaggio, mi venne per la prima volta in una circostanza abbastanza particolare.

Mi trovavo con mia moglie in una piccola cittadina del Laos, era la notte di Capodanno ed eravamo un gruppo di sei europei incontratisi da poco (in quelle circostanze si fa in fretta a fare amicizia). Decidiamo di festeggiare assieme al "ristorante": tovaglie di plastica, cucina locale, alla buona,…..e relativo bottiglione di champagne cinese.

Io, voilà, sfodero un pezzo di Parmigiano (si, con la maiuscola) che mi ero portato dall’Italia….Festa Grande.

Italia – Resto del Mondo 1 a 0.

Un australiano che era lì da anni, a costruire strade con un progetto di cooperazione, dal bancone dove stava bevendo una birra, letteralmente si "fionda" al nostro tavolo e, pacche sulle spalle, con la scusa di cementare l’amicizia tra i popoli, trangugia i nostri pezzi di formaggio man mano che li taglio: poveretto, erano anni che non ne mangiava .

E ho pensato: come mai in Australia, Sudamerica, Africa, Arabia, Cina, India ed in quasi in tutto il mondo, esistono pochissimi formaggi? Per non parlare dell’Asia, dove parecchi paesi come Laos, Vietnam, Cambogia, Birmania, Thailandia addirittura non esiste produzione alcuna (non hanno gli enzimi per digerirlo). Il solo parco dell’Alto Garda Bresciano produce più qualità di formaggi che tutti questi paesi messi insieme.

E che dire degli Stati Uniti, dove con tutti i pascoli che hanno e il latte che producono, esiste un solo tipo di formaggio , da consumare (verbo orribile, ma in questo caso giusto) fuso o dentro i famigerati "Cheese Burger": il Cheddar, anch’esso di origine inglese, molto simile alla nostra "fontina con la carta rossa".

Evidentemente, per come la vedo io, in questi paesi, nessuno ha sentito la necessità di un prodotto diverso, originale, non…."omologato".

Ho letto da qualche parte che Charles De Grulle, ad una domanda sulle difficoltà del governo di Francia abbia detto:"E’ difficile governare un paese che produce più di 300 tipi di formaggio" (e l’Italia non è da meno, aggiungo io).

Probabilmente alludeva al fatto che, nelle decisioni di governo, come in tutte le cose, è difficile mettere tutti d’accordo, perché ognuno ha le sue preferenze; comunque salta all’occhio l’enorme differenza di produzione tra l’Europa ed il resto del mondo.

Un recente numero del periodico AB Atlante Bresciano, interamente sui formaggi, mi ha dato la curiosità di approfondire la realtà gargnanese. Così mi sono messo alla ricerca raccogliendo alcune informazioni sui "nostri" produttori.

 

Ó GATA’ CÖL DEL FURMAI…..

 

Giacomo Festa, sulla quarantina, da sempre agricoltore e allevatore, vive con sua madre nella vallata della Costa. Con la siccità dell’anno scorso e l’erba che scarseggiava, il latte ricavato dalle poche "bestie" non ripagava il costo del fieno: per questo ha dovuto abbattere le mucche più vecchie. Nonostante magri guadagni e grandi sacrifici non si perde d’animo e continua nella sua dura attività.

Grazie alla sua pazienza e disponibilità abbiamo scoperto i primi rudimenti di quella che è una vera e propria arte, e non è una cosa fatta da tot temperatura, tot tempo, tot peso; ma tutta di ….naso e sensibilità.

Durante una breve chiacchierata ci ha spiegato parecchie cose che non immaginavamo; la differenza tra il latte fatto da mucche alimentate a fieno, ad erba "soliva" (quella che cresce sui pendii che prendono più sole) o a erba "del vacc" (meno soleggiata, più umida, più amara) e che i pascoli in alta quota, sono più pregiati perché lì l’erba prende il sole dalle 5 di mattina, mentre in valle, molto più tardi. La quantità e la qualità del latte possono essere molto differenti: una vacca può produrre, salvo rare particolarità, dai 10 ai 20 litri di latte, più o meno grasso, a seconda se è estate o inverno, se è pregna o no, di cosa e di quanto mangia, se è in stalla o se pascola libera.

Poi ci ha portato sul luogo dove produce il suo formaggio, non moltissimo, per la verità, ad uso familiare e per gli amici. Nella stanza, oltre alla zangola meccanica per fare il burro, troneggia il grande paiolo di rame e gli attrezzi per la lavorazione. La stagionatura avviene in un’altra stanza, fresca e buia, coi salami: un’atmosfera del passato. Ci invita poi ad assaggiare il suo formaggio e, davanti al rituale bicchiere di vino ci spiega con orgoglio il procedimento per ottenerlo: cottura, salagione del siero (il trucco della patata che galleggia solo se il "bagno" è salato al punto giusto), temperature, attrezzi….gesti antichi.

Ci spiega che per dare più gusto al suo formaggio, lui gli lascia parte della panna di affioramento, "la grassina", che rende il cacio più morbido, anche se più bisognoso di stagionatura.

Il tempo scorre e penso a quanto sia dura ed incerta la sua vita, ma lui la prende con filosofia: anche se lo sa che è una vitaccia, a lui va bene così.

Fuori piove e la mamma di Giacomo, con lo scialletto sulle spalle, fa la maglia, ci ascolta parlare e ogni tanto interviene. Sono passate due ore quando ci lasciamo. La promessa è quella di tornare, e lo faremo sicuramente.

Il giorno dopo torno "in quota" per visitare l’altro produttore, che si chiama Cozzaglio detto "Brasì". Abita con la famiglia nella grande casa circondata da macchinari agricoli, posta sulla destra prima di arrivare alla chiesetta degli Alpini di Briano. Fa formaggi di vacca, capra e misto, e li vende, tra gli altri, alla Casa del Formaggio della Manuela, oppure a chi si ferma da lui.

Mi accoglie la moglie, sorridente, e subito dopo, arriva lui. Attorno al tavolo , per cominciare, gli chiedo se ha avuto problemi, con la siccità dell'anno scorso.

I suoi occhi vivaci hanno un guizzo.....e parte la tirata sul fatto che l'anno scorso, i contributi per la siccità li hanno ricevuti le aree che avevano avuto pioggia, mentre a Gargnano........:" Va, va a védèr èl boletino dela Comunità Montana.......". Ci racconta anche delle sue difficoltà per la realizzazione del suo caseificio, del prezzo del fieno :" .. Ma io non ne compro tanto, ho il mio." Ritiene necessaria la costituzione di una cooperativa che razionalizzi la commercializzazione del prodotto locale, ma allo stesso tempo è disincantato, consapevole delle difficoltà di far collimare gli interessi di tutti. Gli chiedo quale è la sua produzione ma, comprensibilmente, non si scopre. Ci devo arrivare da solo: ogni capra produce dai 5 ai 7 litri di latte al giorno ma, mentre da 100 litri di latte di vacca si ricavano 7/8 kg di formaggio, da quello di capra, più magro, se ne ottengono solo 5/6 kg. Ha circa trenta capi di bestiame e quasi cento capre, quindi una produzione di tutto rispetto. Mi dice anche che le deve tenere in stalla perché se gliele vedono nel bosco, prende la multa.

Apprendo così, che un Regio Decreto di cento e passa anni fa, impediva il pascolo delle capre nei boschi, perché mangiavano le smérse, i germogli delle piante in crescita, ma ora, mi dice, farebbero solo bene al bosco, perché lo terrebbero pulito, mangiando i rovi e le erbacce.

Anche il calpestio delle mucche nei prati ha la sua funzione: "rompendo" il terreno, fanno sì che l'acqua piovana non formi rigagnoli e, scorrendo troppo velocemente a valle, provochi danni.

Il locale di produzione del formaggio appare meno legato al passato, il pentolone del latte è in alluminio e viene scaldato a gas, più costante e senza le impurità della cenere; gli attrezzi sono in plastica o in metallo. A differenza del Festa, lui i formaggi li sala direttamente, su entrambe le facce; dopo un lasso di tempo variabile a seconda dello spessore e del tipo di formaggio, la forma va lavata per eliminare l'eccesso di sale, poi viene messo a stagionare: 2/3 mesi, quello di capra; quello di vacca anche di più.

Il tempo di fare due foto ed è già ora di ritornare.

Compero anch'io una formaggella di capra e appena arrivo a casa faccio merenda.

Però,........mica male questo formaggio.

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