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CARLO
 

UN MENDICANTE

 

    I giovani della città gli sollevavano attorno un gran baccano. Egli sedeva sul muricciolo del sagrato, povera larva d'uomo perduta nell'ampiezza d'un giacchettone sbrindellato, senza sorriso sull'immonda bocca, senza luce nelle sue pupille stanche.
    La scimmietta, sua compagna inseparabile, che viveva con lui e per lui, rizzatagli sulla spalla in un atteggiamento di minaccia, il musino nero fremente, gli occhietti scintillanti, faceva gli sberleffi ai passanti.
    Egli, un povero mendicante, l'abbandonato, che tutti credevano cretino, che quasi non parlava, aveva dei risvegli d'intelligenza e di tenerezza, dei sorrisi d'indulgenza, delle carezze delicate che sfioravano dolcemente il corpicino tremante della bestiola.
    D'estate, appariva ogni venerdi al cancello delle ville: si fermava, grondante di sudore, sotto il sole di luglio che infocava le strade, bianco di polvere nei panni laceri, nelle scarpacce informi, persino nei capelli ispidi. Anche Lolla, la scimmietta, ansava, mostrando fra i piccoli denti la lingua penzolante.
    L'autunno scioglieva le sue nebbie in acquazzoni? Egli giungeva gocciolante, tutto lordo di schizzi di fango, avvolti grottescamente lui e Lolla in un sol sacco.
    Quando, insieme con la monetina, si lasciava cadere un pò di noccioline per la scimmia, come poteva trasformarsi la faccia di quel rifiuto umano! Lolla con un riso squillante di giubilo, gorgogliava qualche cosa all'orecchio del suo amico, e certamente egli capiva, poichè le rispondeva in quella lingua senza suoni ch'è la voce dell'istinto e dell'affetto...
   Ma quel giorno accadde una cosa orribile.
   Certe volte l'umanità è crudele, forse accecata da non so cosa, di quel cieco, ruinoso torrente che mugge in certi tempi fatali e sommerge nel fiotto nero esistenze, propietà, diritti!
   Forse odiavano il mendicante perchè era debole e incapace di difendersi. Gli uomini amano la forza, anche brutale, anche violenta: i piccoli li calpesta e li schiaccia.
   La piazza era affollata di curiosi, che si pigiavano intorno ad un gruppo di giovani schiamazzante, mezzo ubriachi.
   Il mendicante, seduto in disparte, non pareva accorgersi di nulla e sbucciava una nocciolina per la sua piccola amica; ma Lolla, eccitata dalle grida, volgeva verso la folla il musino impertinente, sgranando gli occhi e facendo schioccare la sua linguetta rossa.
   Uno dei giovani, che più degli altri aveva affogato nel vino la tristezza, tese verso la bestiola il pugno muscoloso, con una imprecazione di minaccia. Lolla, irritata ed offesa, diede un guizzo, tremò tutta, gettando nell'aria uno scroscio di risa impertinenti, che parevano umane, mentre colla zampina nera abbozzava un gesto canzonatorio... Il giovane si avvicinò, raccattò un sasso, colpì...uccise.
    Il corpicino dal lungo, morbido pelo, scivolò a terra, rimase sul selciato, ancora palpitante, nella pozza di sangue.
   I giovani ubriachi levarono un urlo, stringendosi, più incuriositi che commossi intorno alla pietosa scena. Allora  l'uomo si scosse: il pigmeo s'attaccò al gigante, il vecchio al giovane...e se gli accorsi non gliel'avessero tolto di mano, forse si sarebbe svolta una tragedia. Avvertiti i carabinieri, fu arrestato, ammanettato, condotto via, salvato a stento da quei bravi ragazzi...Ma egli era tornato già
fiacco e inerte; pagato l'ultimo tributo alle passioni umane, rientrava nella cupa notte del suo nulla. Non ebbe brividi e proteste, nemmeno una lacrima negli occhi impietriti da cretino. Solo quando passò dinanzi alla pozza di sangue rappreso, si voltò a guardare...ma i lazzaroni avevano già fatto sparire il corpo della scimmietta...
   L'altro giorno è cominciato il processo contro il mendicante: sarà assolto, o verrà condannato per tentativo d'omicidio? ...Ecco a me pare che il processo si dovrebbe fare anche a quell'altro o no ?

 

UN GRILLO E I SILFI

 

    Ricordo quel tempo, tanti e tanti anni fa, tinto nel colore dei sogni, quando figlio di poveri contadini avevo per madrina una fata; quando in un cece o in un pisello i beniamini delle fate avevano sempre, a un caso o una carrozza, o un esercito, o uno splendido abbigliamento; quando per ogni bosco dimorava un eremita, che dava buoni consigli; quando insomma il mondo era fatto per i buoni, e i cattivi presto o tardi venivano sconfitti.
    Vi ricordate niente voi?
    Bene: siamo in quel tempo lì. In una prateria lontana, lontana verso misteriosi luoghi di montagna, cheta, deserta, a mezza di una notte serena, che la luna s'affacciava appena alle balze, errava solitario un grillo. Se noi fossimo stati il grillo, che apprensione in quel ora, per quei luoghi deserti! Pensate, la prateria alta, immensa; il firmamento profondo, pieno di mondi; il rombo dei pianeti e il fruscio delle erbe; e noi soli, un atomo nell'universo, negli intrighi delle erbe, sotto le ombrelle delle malve e dei trifogli. Ci saremmo stati lì fermi, fino all'alba, quando tutto ripiglia un'aria più solita, più rassicurante, più naturale.
    Ma il grillo, che pensa alle erbucce che bruca, e andava su e giù per steli, tra gambi, di buca in buca attendeva a godersi la voluttà di andarsene per il gran mondo, all'avventura.
   Se ne andava dunque su e giù, monta e cala, sempre in paese nuovo, quando gli parve udire poco discosto una musica lontana; proprio così, come le cose in sogno; una musica d'aria non colorita di suono, eppure di ricchissimo ritmo, una musica fantasma, se uno potesse arrischiarsi a dire così.
    Il nostro grillo non era femmina, ma poteva per molto meno essere curioso.
drizza le orecchie, guarda attorno, addocchia un bel gambo di lavanda, più alto e prosperoso degli altri, e su su a forza di gambe e di braccia, finchè riesce alla...cima del campanile.... cioè, vale a dire, della spiga fiorita. Ed ecco, che a quatro salti di là, presso un rio, sotto una macchia di ontani, vede un lume diffuso, una fosforescenza, una ...ma il grillo non s'adagia neanche a cercare di capire quel che vede, tanto è strano, attraente. Dalla spica di lavanda a un mentastro, dal mentastro a un cardo selvatico, dal cardo selvatico a un botton d'oro, a slanci, a salti con la bramosia del cacciatore, che balza a raccogliere la selvaggina colpita, casca là, piatto sugli zampini proprio dov'era quel luccichio.
    Rimase attonito. Sul margine del rio in un pò di spazio, a mo' di un piccolo anfitreatro, dove l'erba era più fresca e fina, una brigatella di silfi erano intenti in una graziosissima festa. Tra le frasche degli ontani, mosse da una leggera brezza, si vedevano frastagli di luna, raggi filiformi, e l'erbe, i fiori, i licheni e i muschi sui sassi e le distorte radici traspiravano, a quel lume come gemme e cristalli, si che, allo stormir delle frasche, ondulando e variando i bizzarri screzi d'ombra e di luce, di varie colorazione si tingeva la scena e sul verde smeraldo dell'erba e nei luccichii opalini del rio si riflettevano cangianti illuminazioni auree, zaffirine, rosee.
    E i silfi? i silfi, vestiti dei colori e delle forme dei fiori, apparivano in giubboncelli squamati d'amaranto, in cappelluzzi bianchi a calice di mugerini, in giustacuori e maniche a buffi e spiche di lavanda, in verdi calze su per le gambucce, in rosee nudità semivelate di chiaro di luna. Da una parte, in gruppo su un tappeto di muschio ai piedi di un ceppo, le strane armonie udite dal grillo saltavano fuori dai fiori: dalle margheritine percossi a mo di piattelli, da grappi di mugherini scrollati a mo di cennamelle squillanti, da flauti in fili d'erba, da cornette di delfini.Si stava celebrando un olimpiade di ginnastica aerea: la danza sulla corda tesa attraverso il rapido rio, come attraverso l'immane cascata e le rapide correnti del Niagara ; il ciondolo, il dondolo da due punte d'erba curvate, lo sdrucciolo giu per un obliquo raggio di luna, i rimbalzi i volteggi, gli equilibri, i voli.
    Per un pò il grillo resto fermo a guardare, senza che i silfi paressero curarsi di lui. Mai era stato a una simile festa, ad un certo punto però scaldandosi d'entusiasmo a veder prove si belle, e con un grido d'anima sciocca e presuntuosa ripetendo il grido dell'anima nobile " anch'io sono un artista " s'avventò egli come quei silfi, a far le sue prove in quel campo di luce e come a lui parve di...Gloria.
    Fu visione di pochi istanti quella nera e disadatta sagoma tra quel volgersi agile, vario, brillante dei silfi; che avventurandosi il grillo in punta a un giuncherello, che sporgeva sul rio, questo crollò dal peso in acqua e il grillo fu presto rapito dai flutti.
  Il latino Persio scrisse tanto tempo fa:

La ragione ci dice in un orecchio:
Non fate quello, che fareste male.
Ed ha natura in sua legge un articolo:
Il disadatto... lasci fare agli altri.

 

 


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