INEDITI

SIMONETTA

POESIA

 

IL VECCHIO E LA RAGAZZA

 

C’era una volta un vecchietto dall’aria buffa che si divertiva a passare il suo tempo appostato su una panchina di una fermata dell’autobus.Guardava la gente scendere e salire, sceglieva una persona fra le tante, leggeva il suo sguardo, il suo passo, veloce o lento, i suoi abiti e le vedeva svanire pian piano; quando scomparivano del tutto s’inventava una storia su quelle persone.
Un giorno sono scesa io dall’autobus, “Come no Leonardo, cosa? Improbabile?” ma ascolta erano anni che non prendevo l’autobus, ma quella volta papà aveva preso la mia macchina perché la sua, come il solito era dal meccanico per qualche piccolezza da un milione di dollari; il nonno aveva prestato tutte le vetture in sostituzione e quindi non avendone una per me mi aveva consigliato di prendere l’autobus.
Così ho fatto, è stato un viaggio nel tempo e nei ricordi dei più belli degli ultimi anni, non prendevo il bus da quando avevo diciassette anni e andavo a ballare il pomeriggio (i terribili anni del castigo).
Allora, stavo dicendo dopo un viaggio di circa venti minuti sono arrivata a destinazione e sono scesa dall’autobus. Lui mi ha guardata, dapprima con discrezione, poi con insistenza, io ho pensato “il solito vecchio porco”, ma poi lo ho osservato e aveva l’aria dolce e buffa insieme e mi ha ispirato simpatia.
Gli ho sorriso, lui ha ricambiato e ci siamo dati la buona sera
Io ho proseguito esitante il mio cammino, con lentezza, quasi pentita di non essermi fermata a parlare con quel vecchio solo.
Quante volte avevo pensato di chiedere alle persone anziane che incontravo: ”Mi scusi signore, mi potrebbe raccontare la sua vita? Quali sono le cose importanti che le sono capitate? E’ vissuto veramente o è solo esistito?”
E ora perché non lo facevo? Perché no Leonardo? Al limite mi avrebbe dato della pazza e mi avrebbe detto di farmi gli affari miei, sai che novità?
Così mi sono fermata, ho fatto dietrofront e mi sono seduta accanto a lui.
Lui non aveva smesso di osservarmi e aveva già iniziato a creare la mia storia. E’ rimasto stupito, era la prima volta che uno dei suoi personaggi non svaniva ma gli si sedeva accanto e diventava reale.
Io non sapevo come iniziare e gli ho sorriso di nuovo. E’ stato lui a parlare per primo.
“Brutta giornata, vero? Il cielo si è annuvolato e piove da mezz’ora, la pioggia scende lenta e leggera come neve, ma subito smetterà e allora sarà stupendo respirare il profumo della terra bagnata, della natura”.
Io pensavo esattamente le stesse cose e gli ho risposto “Sì è vero, è proprio così”.
E’ stato come se avessi incontrato un vecchio amico dopo anni di silenzio e alla prima parola entrare di nuovo, subito in empatia, capire che il tempo è relativo.
Allora gli ho fatto quella domanda che da anni custodivo dentro di me nell’attesa del momento propizio, del vecchietto disponibile e di un po’ di coraggio.
Lui ha sorriso “Bella domanda, hai tempo per ascoltare la risposta ?"
“Sì”. E così sotto la pioggia, su una panchina alla fermata dell’autobus un vecchietto e una ragazza se ne stavano a chiacchierare sotto i loro ombrelli colorati di raggi di sole.
“Prima ti voglio raccontare la tua storia che mi sono inventato quando ti ho vista, sai è il mio passatempo fabbricare vite di persone sconosciute”.

Elisa e una ragazza di venti anni o poco più, una chioma mora e riccioluta su un’esile figura, ha l'aria triste, ha asciugato le lacrime prima di scendere dall’autobus, non voleva che qualcuno le vedesse, forse si sarebbero potute confondere con la pioggia, forse no.
Il suo ragazzo l'ha appena lasciata e lei è confusa e arrabbiata e si domanda perché.
Perché il ragazzo che lei amava e ama ancora e credeva sincero quando le diceva di amarla qualche giorno prima, le ha appena confessato di essersi innamorato di un’altra.
Come tutto può cambiare nel giro di poco tempo, da una felicità paradisiaca si può precipitare in una disperazione abissale.
Che farai Elisa adesso?
Ti crogiolerai nella tua depressione fino a quando le lacrime ti corroderanno il cuore o volterai pagina, non prima però di avergli spaccato in testa quel pesante volume di cui tu eri solo al primo capitolo.
Ah, l'amore, l'amore. Sei troppo giovane per girare pagina così facilmente.

Le prime illusioni, le prime delusioni, non hai ancora una corazza. Bambina fragile affonderai in quel letto di disperazione e non crederai più a niente. Gli uomini saranno tutti maiali schifosi da cui prendere le distanze. E quando un’amica ti dirà - Col tempo passerà - chiuderai anche con le amiche perché la vita è adesso, è ora che soffri da cani, che hai il cuore spezzato, che nessuno comprende il tuo dolore, è ora che non sai più se ci sarà un domani, perché non desideri più vivere, perché il mondo ha perso i suoi colori, la sua musica.
Ti chiuderai nel buio della tua stanza, diventerai un riccio e sentirai il dolore trafiggerti perché solo tu puoi sapere quanto amavi quel ragazzo.
Ti mancherà l'aria, ti sentirai franare il mondo addosso, ma la cosa peggiore è che vivrai tutto questo da sola, non ci sarà nessuno vicino a te perché penseranno che sono sciocchezze da ragazzini.
Vivrai la depressione sulla tua pelle e ti rimarranno i segni dentro per sempre.
Ti chiederanno perché piangi, ma non andranno oltre di fronte il tuo mutismo.
Quando poi tutto sarà passato, dopo due o tre anni ti diranno che eri un po’ strana.
E tu prenderai sempre più le distanze da quella gente che non ha cuore per sentire ma solo la logica di un cervello banale.
Sarai più forte Elisa, vivrai altri amori, perché non tutti gli uomini sono maiali schifosi. Ma adesso ragazza di vent’anni o poco più non ti resta che asciugarti le lacrime.”

Ecco aveva finito la sua, la mia storia e mi guardò, si stupì quando vide scorrere sulle mie guance calde lacrime; e me ne domandò il motivo.
“Avevo diciassette anni, non venti o poco più quando è successo”.
Il vecchio mi prese le mani e mi domandò se adesso ero felice.
"Sì moltissimo e so che è grazie a tutto quello che è accaduto allora che sono così come sono oggi".
Pausa, silenzio di mille parole, pensieri che si rincorrono veloci come bimbi nei prati.
"E ora vorrei sapere la sua storia, la sua vita".
“Sì certo, mi chiamo Francesco, sono un professore in pensione e sai non è facile abituarsi al silenzio dopo lunghi anni di ragazzi chiassosi.
Insegnavo italiano, era la mia vita. Non mi sono mai sposato, sono rimasto fedele alla mia fidanzata di gioventù, morta in un incidente prima del matrimonio. E certo ho conosciuto altre donne, ma mancava sempre quella magia e ho preferito rimanere solo, ho scelto la strada più difficile. Ci sono giorni in cui non mi alzerei nemmeno dal letto, in cui la mia decisione mi pesa come un macigno sulle spalle.
Ma preferisco mangiare una minestra da solo piuttosto di dividere la mia vita con qualcuno “niente di speciale” fingendo di amarlo. Fingere mi riesce difficile, impossibile e farlo per tutta la vita sarebbe stato impensabile, triste e più faticoso.
Stare in mezzo ai ragazzi mi piaceva moltissimo e mi sentivo uno di loro. Ho imparato molto da quei “cuori ribelli”. Sono stati come figli.
E poi? E poi i viaggi, vedere, conoscere culture diverse, gente diversa, religioni diverse, mi ha aperto la mente, ho visto molto e molto vorrei ancora vedere. Ma non mi resta più molto tempo e le mie energie non sono più quelle di una volta, così mi limito a viaggiare con la fantasia, su questa panchina, inventando storie su persone sconosciute.
E’ fantastico, mi diverto e passo le mie giornate così, riempiendo di personaggi irreali la mia vita, e sai mi fanno compagnia.
E poi sei arrivata tu ed è stata la prima volta che il mio personaggio si è reso concreto, grazie.
“Grazie a te Francesco, se vuoi io scriverò tutte le storie dei tuoi personaggi, a me piace scrivere, adoro farlo, mi fa sentire così viva e creativa.
Potremmo iniziare una collaborazione, ci divertiremmo. Che ne dici?"

Il tempo scorreva leggero, in punta di piedi, non pioveva più, ma la ragazza e il vecchio non se n’erano accorti e continuavano a chiacchierare sotto i loro ombrelli colorati di raggi di sole mentre la gente che passava li guardava sbigottita e il profumo della terra si diffondeva nell’aria.

 

 


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