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Il calcolo dei costi secondo il metodo "Activity Based Costing”
un
sistema che supera il problema della ripartizione dei costi indiretti
(sistema tradizionale) e dà efficaci informazioni alla direzione strategica per la
rilevazione dei costi unitari aziendali.
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Per un’ azienda che produce e vende un solo prodotto
non esistono, dal punto di vista della determinazione del costo unitario e in
prospettiva del futuro prezzo di vendita, problemi
di calcoli particolari; basta sommare i singoli componenti: materie prime,
manodopera, ammortamenti, spese generali, oneri finanziari e successivamente
dividere il totale dei costi per le quantita’ ottenute; il calcolo si complica
se da un prodotto si passa alla lavorazione e quindi alla determinazione del
costo dei diversi prodotti.
Infatti, com’ e’ di norma, se si producono e
vendono piu’ prodotti, sorge l’ annoso problema dei costi comuni e della
scelta del criterio di ripartizione.
I procedimenti tradizionali ( Direct Costing, Riparto su base multipla ) di
contabilita’ industriale per il
calcolo dei costi non sono in grado di rispecchiare la realta’ aziendale
quando si è in presenza:
1. di
quote elevate di costi indiretti rispetto ai costi diretti;
2. di
una grande varieta’ di prodotti;
3. di
diverse fasi di lavorazione per
ottenere il prodotto finito.
La questione e’
di
vitale importanza in quanto a seconda della base di ripartizione prescelta varia
il costo unitario del prodotto e quindi il livello del prezzo di vendita: ovvie
le conseguenze in termine di politica finanziaria e di strategia commerciale.
Di conseguenza, l’analisi relativa al problema dei
costi, costituisce una delle più importanti risposte all’
esigenza di rinnovare i sistemi di contabilità direzionale in quanto l’evoluzione
in atto nelle aziende industriali ha reso obsoleti i concetti tradizionali della
contabilità analitico-gestionale i quali non rispecchiano le nuove
problematiche operative ( multifunzionalità nei processi produttivi, ricerca
della qualità totale, automazione degli impianti, specializzazione
polifunzionale dei dipendenti, riduzione dei tempi di risposta sul mercato,ecc.
).
Verso la fine degli anni ottanta , due studiosi
americani di contabilita’ R. Kaplan e R. Cooper, hanno definito un nuovo
modello di rilevazione di costi, sempre piu’ adottato in Italia, che passa
sotto il nome di “ activity based costing “ .
L’ activity based costing parte dalla constatazione che
i costi non sono generati dai prodotti
ma dalle attivita’ (selezione dei fornitori, preparazione del
processo di produzione) sia dirette che indirette, che consumano risorse
(materiali, umane, tecnologiche, strutturali, ecc.), ed i prodotti incorrono in
questi costi per effetto delle attività
di cui necessitano per essere realizzati.
Più precisamente, per attività si intende una
aggregazione di operazioni elementari (
studi, pianificazione, programmazione) che risulta essere significativa per il
calcolo dei costi e in prospettiva per il miglioramento delle “performance”
aziendali, sia economico-finanziarie che competitive.
Questo modello (ABC)
supera le discussioni sulla validita’ di vari criteri di ripartizioni dei
costi comuni ( indiretti o fissi ) per porsi il tema del valore delle
informazioni contabili ai fini del processo decisionale e delle future strategie
che il “ management “ aziendale dovra’ adottare .
Perche’ sia utile al ” decision maker ” il
sistema della contabilita’ direzionale deve essere rivolto alle esigenze degli
utenti ai vari livelli manageriali e fornire informazioni qualitativamente
valide ai fini delle decisioni strategiche riguardanti prezzi di vendita,
analisi di redditivita’ , innovazione tecnologica e di prodotto, soddisfazione
del cliente.
Il sistema contabile non e’ piu’ considerato come
strumento di misura del valore delle risorse impiegate nel ciclo produttivo
annuale, bensi’ come strumento indispensabile per proiettare nel tempo l’
attivita’ aziendale. Il modello (ABC)
e’ per l’ appunto indirizzato a essere utilizzato nei processi decisionali
riguardanti il medio-lungo periodo: processi di cambiamento.
Nel sistema contabile tradizionale, invece, i costi
vengono suddivisi in due classi: diretti ed indiretti. I primi rappresentano
costi variabili ( materie, prodotti ) i secondi, in genere, costi fissi (costi
d’impianto, ammortamenti ecc.. ). Mentre l’attribuzione ai singoli prodotti
dei costi diretti e’ naturalmente ovvia, quella dei costi indiretti crea, come
detto, il problema della ripartizione. Non solo: i costi fissi sono anche costi
di periodo e la loro allocazione prescinde dal volume dei singoli prodotti
ottenuti dal processo.
La tecnica contabile attualmente utilizzata per
aggirare tale problema e’ quella del “direct costing “ il cui punto focale
e’ il margine di contribuzione: il risultato economico prima dell’
attribuzione dei costi fissi, in base al quale vengono effettuate le scelte
direzionali. Ma il direct costing e’ un modello per il breve periodo e non e’
adattabile a tutti i settori produttivi.
Pertanto, la complessità della diversificazione del
prodotto e la sempre maggiore incidenza dei costi indiretti rende sempre più
elevati e crescenti i costi per cui bisogna eliminare quelli “inutili” cioè
non generatrici di valore.
Ad esempio, il reso di materie difettose comporta
lettere o telefonate di protesta, la spedizione dei materiali di ritorno, la
registrazione degli accrediti, spese di amministrazione ecc.; tutte queste
operazioni sono costose ma non aggiungono valori; potrebbero essere eliminate
con la selezione a priori dei fornitori con cui rapportarsi.
Ai fini del calcolo dei costi, va tenuto presente che
le attività di supporto
(direzione generale, affari legali, finanza, sviluppo di carriera dei
dipendenti ecc.) secondo recentissime statistiche, rappresentano oggi più del
50% del costo totale; la manodopera impegnata nella produzione incide invece per
livelli inferiori al 18% del costo di produzione.
Inoltre la distinzione tra manodopera diretta e
manodopera indiretta perde sempre più significato. Nella fabbrica automatizzata
in cui il ritmo di lavoro non dipende dall’ uomo ma dall’ impianto e dalle
macchine, i costi di manodopera non sono più considerati come componenti di
costo a sé stanti ma entrano a far parte (unitamente agli ammortamenti, ai
costi di attrezzaggio , di manutenzione e di riparazione) dei costi riferibili
all’ utilizzo degli impianti.
La notevole incidenza dei costi comuni e generali,
legata agli investimenti e alle prestazioni di lavoro ad alto contenuto
professionale, riduce l’ area dei costi diretti mentre aumenta la parte dei
costi da imputare indirettamente con criteri soggettivi.
Per quanto comcerne i costi allocati per celle produttive, si abbandona il criterio delle ore di manodopera diretta e si assumono criteri più significativi ( n. pezzi prodotti, n. saldature effettuate, quantità di superfici verniciate, ecc..)
L’ ABC supera la distinzione tra costi
variabili e costi fissi cercando di trasformare tutti i costi aziendali in costi
variabili.
Lo fa rapportando i costi delle singole attivita’
operative lungo la catena della creazione del valore, al volume dei singoli
prodotti ottenuti, attraverso unita’ minime, delle
attivita’ medesime.
Per effettuare il controllo di gestione è necessario
disporre di informazioni sui processi produttivi che consistono in indicatori
fisico-quantitativi, come il numero di ordini ricevuti , le linee di produzione
attivate, il numero di attrezzaggi (setup) delle macchine da compiere ai cambi
di produzione o per effettuare varianti dei prodotti, il numero di unità da
controllare, il numero di lotti e commesse inserite in produzione, il numero di
ordini ricevuti dai clienti, il numero di spedizioni, il numero di fatture
emesse, il numero di ordini evasi, e così via.
Cosi’ , ad esempio, se in un dato periodo sono state
spedite 150 ordinazioni, il costo del reparto spedizioni relativo a quel periodo
viene rapportato alle 150 ordinazioni calcolando l’ incidenza su ogni
ordinazione e se queste sono differenti nel loro contenuto si cerca un’ unita’
omogenea di riferimento (componenti della spedizione, numero di righe dell’ordine,
e cosi’ via ).
In tal modo,ogni prodotto ha un suo costo di spedizione
in funzione dei volumi spediti, cosi’ come avviene nel sistema tradizionale
per l’ attribuzione dei costi diretti di produzione ( materie prime e
manodopera ). Per ogni attivita’ viene individuato un “ generatore di costo
“ ( cost driver ).
Nell’
esempio del reparto spedizioni questo e’ l’ ordine del cliente ( o un
componente del lotto di spedizione o il rigo dell’ordine, ecc. ). Per ogni
attivita’ viene individuato un “ generatore di costo “ ( cost driver ).
Nell’ esempio del reparto spedizioni questo e’ l’
ordine del cliente ( o un componente del lotto di spedizione o il rigo dell’ordine,
ecc. ).
Il generatore di costo non e’ altro che il momento
esecutivo di una certa attivita’ operativa che consuma risorse ( umane,
materiali, finanziarie, tecnologiche ).
La funzione del generatore di costo si traduce
sostanzialmente nell’ adeguare il livello di costo di una certa attivita’
alla quantita’ di accadimenti aziendali rappresentati dai generatori medesimi
Tornando all’ esempio precedente: se il costo del
reparto spedizioni e’ di 75 milioni ed il numero degli ordini evasi ( generatori di costo
) e’ di n.150 ( 100 del prodotto A
e 50 del prodotto B ), il costo di una spedizione e’ di £ 500.000,
che rappresentano l’ incidenza del costo per generatore ( un ordine di
spedizione ).
Il costo di spedizione di A sara’ di 50
milioni e quello di B di 25 milioni. Se nel periodo considerato le
spedizioni di B sono zero, il costo di 75 milioni viene attribuito tutto
ad A.
Con
il sistema tradizionale, invece , una parte dei 75 milioni sarebbe stata in ogni
caso attribuita anche a B in base, ad esempio, alle ore di manodopera
diretta per produrre A e B o ad altro criterio di
ripartizione, rientrando i costi di spedizione nel mare magnum dei costi comuni. L’ innovazione sta proprio
qui: le risorse impiegate mediante le attivita’ operative vanno attribuite
direttamente ai prodotti ottenuti in funzione del numero di generatori di costo
che sono coinvolti lungo la “ pipe-line “ (linea di lavorazione) del ciclo.
Questa intuizione e’ fondamentale ai fini strategici:
se si collega il processo di rilevazione dei costi alla logica della capacita’
produttiva presente e futura, e’ evidente che la flessibilizzazione dei costi
fissi o di periodo permette di prendere decisioni in ordine alla
ristrutturazione o allo sviluppo delle varie attivita’ costituenti la catena
del valore. Sarebbe, ad esempio, controproducente mantenere in vita un reparto
spedizioni capace di evadere il doppio di ordine rispetto a quelle
effettivamente acquisibili.
Si potrebbe pensare all’ ovvieta’ del
ridimensionamento del reparto a prescindere dal sistema di rilevazione dei costi
adottato, ma non e’ cosi’ : la comunanza dei costi nel sistema tradizionale,
per sua natura ne “ nasconde “ una buona parte, lasciando emergere
chiaramente solo quelli diretti. Molti costi comuni si disperdono tra i vari
prodotti, complici i differenti criteri di ripartizione e il riflesso sui prezzi
di vendita che ne segue, avvantaggiando alcuni prodotti a danno di altri.
Il modello (
ABC) tende a far emergere tutti i costi
aziendali: il management ha informazioni contabili piu’ corrette e
qualitativamente piu’ efficaci per prendere decisioni sia sulla formazione dei
prezzi che su interventi riguardanti ristrutturazioni o innovazioni.
Cosi’ , se il reparto spedizioni evade un numero di
ordini inferiore rispetto alla propria capacita’ produttiva e il maggior
costo non puo’ essere riversato su tutti i prodotti, ma attribuito secondo il
numero dei “cost drivers" coinvolti in ciascun prodotto spedito, e’
chiaro che il management sara’ immediatamente indotto a prendere le decisioni necessarie a eliminare il
maggior costo del reparto spedizioni, anche perche’ tale maggior costo, non
essendo compreso nel costo unitario dei singoli prodotti non entra nella
formazione del prezzo di vendita.
Cio’
risulta un bene per l’ azienda, dato che eliminare o ridurre un costo rende il
prodotto piu’ profittevole o piu’ competitivo. E’ un altro dei vantaggi
del modello (ABC).
L’ activity based costing punta all’ attuazione e
al controllo delle azioni che comportano miglioramenti nei processi e nelle
attività che li compongono, attraverso la responsabilizzazione del personale a
tutti i livelli. L’analisi delle attività evidenzia come le risorse vengono
realmente impiegate, favorisce un’ottica interfunzionale e la collaborazione
tra persone operanti con funzioni diverse, fa comprendere come nell’azienda si
forma la catena del valore, sottolinea l’esigenza di puntare non solo sull’efficenza
ma anche sull’efficacia, essenziale per determinare la qualità e il livello
di servizio corrispondente al valore percepito dal cliente.
I calcoli iniziano partendo dalla movimentazione dei
materiali sino ad arrivare alla spedizione dei prodotti finiti, passando per la
programmazione della produzione, l’ attrezzaggio delle macchine, la
lavorazione con macchine automatiche, il finissaggio.
Ciascuna di queste attivita’, assume le
caratteristiche del centro di costo ( reparto, ufficio, commessa ) nel quale si
utilizzano le risorse.
Il passo successivo e’ l’ individuazione dei
generatori di costo ( cost drivers ). Nel caso: per la movimentazione dei
materiali il generatore e’ rappresentato dal componente: il numero dei
componenti di ciascun prodotto costituisce i generatori di costo di quel
prodotto. Il numero totale dei componenti e’ la somma dei generatori di
tutti i prodotti, che rappresenta il divisore del costo relativo all’
attivita’ movimentazione materiale.
Allo stesso modo, per la programmazione della
produzione il generatore e’ l’ ordine di produzione; per l’attrezzaggio il
setup; per le macchine automatiche l’ora macchina; per il finissaggio l’ora
uomo; per le spedizioni l’ordine di spedizione.
Occorre tenere presente che i generatori “ componenti
“ , “ore macchina “ e “ore uomo “ sono legati ai volumi di produzione
dei singoli prodotti ( unita’ prodotte ). Il totale dei generatori e’ quindi
dato dalla somma del prodotto di ciascun generatore per le unita’ di
produzione dei singoli prodotti.
Il rapporto tra il costo di ciascuna attivita’ (
centro di costo ) e il numero totale dei generatori ( di tutti i prodotti ) da’
l’ incidenza del costo per generatore ( costo unitario di generatore ).
Moltiplicando il costo unitario di generatore per il numero dei generatori di
ciascun prodotto si ottiene il costo di ogni singola attivita’ da attribuire
ai vari prodotti.
Aggiungendo ai costi cosi’ attribuiti il costo delle
materie prime, si ottiene il costo pieno totale dei singoli prodotti e quindi,
dividendolo per le unita’ prodotte, il costo unitario.
Il lettore, osservando la penultima tabella potra’
rendersi conto della differenza tra i costi ottenuti con il metodo ABC
e quelli determinati con il metodo
tradizionale e delle intuibili conseguenze sul piano della formazione
dei prezzi e quindi sulle politiche commerciali della societa’.