Ihsan
Karatas, un ex studente, varcando il
cancello per entrare alla Bermuda,
un'azienda tessile di Kagihtane, scoprì dei
bambini che erano intenti a lavorare. Erano
più di 250.
Al
mattino questi bambini escono, non per
andare a scuola, ma per andare a letto:
infatti, i cocuklar (gli operai
bambini) finiscono il turno di lavoro la
notte.
Era
un giorno di inizio settembre e da
quell'incontro è nato il caso che ha messo
alle corde l'immagine e le strategie di
comunicazione di un colosso multinazionale
come il gruppo BENETTON.
Un
colpo durissimo, la scoperta di quei
lavoratori-bambini, per una società che
della trasparenza e della correttezza ha
fatto una bandiera.
I
sindacalisti stimano che i bambini costretti
a lavorare in Turchia siano almeno un
milione e mezzo. Una cifra impressionante.
Il
segretario generale del Tekstil,
Suleyman Celebi, sostiene che il problema
non riguarda solo la Benetton, ma
anche altre filiali multinazionali come Levis,
Lee, Adidas, Reebok e Nike.
I
bambini operai di Istanbul costano davvero
poco: venti milioni di lire turche al mese
(circa 130 mila lire italiane), e come se
non bastasse, lavorano anche in nero e senza
contributi.
In
tutte le officine e i negozi di Istanbul,
lavorano bambini che cuciono magliette,
pantaloni e felpe firmate Benetton.
La
denuncia fa tremare la Benetton e company. |