Il
17 febbraio 1986 nacque un bel bambino: IO.
A
molti era sembrato che quel giorno fosse l’inizio
della fine; magari non si sono sbagliati.
Era
un giorno in cui la neve la faceva da padrone, e
alle 11,30 del mattino lasciai la casa che mi
ospitava da 9 mesi! I miei genitori erano indecisi
sul nome da darmi: arrivavano proposte affinché mi
chiamassero Simone, Francesco, Luca.... ma alla fine
optarono per Andrea.
Avevo
rischiato grosso quella volta perché un amico aveva
suggerito: “Chiamiamolo Camillo; Camillo: bambino
tranquillo!” Ma ve lo immaginate? Camillo Ladisa:
A scuola mi avrebbero preso per i fondelli anche le
Proff. Per fortuna i miei genitori lo scartarono
subito.
Non
volli mai il ciuccio e se mi prendevano in braccio o
mi mettevano sul passeggino io volevo sempre
guardare nella direzione di marcia, mai indietro.
Siccome
mia madre lavorava, io fui affidato ad una baby
sitter.
Da
piccino ero un tipo minuto, con tanti riccioli
biondi, e adesso... come ti cambia la crescita, eh!
Fino
a quando avevo un anno e mezzo siamo andati in
vacanza in Puglia, poi abbiamo cambiato campeggio e
ora andiamo in uno vicino a La Spezia. Proprio a
Bari mi sono ustionato con del té caldo; dopo
avermi medicato al pronto soccorso mi hanno messo
una garza sulla parte interessata, che purtroppo mi
ha lasciato il segno ed ora lì ho la pelle “a
quadrettini”.
A
3 anni sono andato all’asilo; trattandosi di un
istituto gestito dalla chiesa mi avevano assegnato
come educatrice una suora. Una volta, per sbaglio,
ho rovesciato un bicchiere pieno d’acqua e quella
“tiranna” della suora mi ha mollato un ceffone.
Era così cattiva, ma così cattiva, che quando se n’è
andata abbiano “fatto festa”. Comunque, a parte
il primo giorno un po’ strano, mi sono divertito
un sacco, fo rse anche due.
Quando
avevo 5 anni, durante un week-end al mare andai a
fare una passeggiata sugli scogli, ma proprio contro
uno di questi mi sono tagliato ad un ginocchio. Un’altra
corsa al pronto soccorso e lì mi hanno ricucito il
taglio con 3 punti.
L’anno
dopo, andai a scuola, dove cominciarono le mie
sfortune: cambiai circa 31 maestre in 5 anni, mentre
un alunno "normale" ne ha 4 che mantiene
in tutto il quinquennio.
In
quinta è arrivato il mio compagno di tanti
pomeriggi invernali: il computer. E, se mi è
concesso, vorrei dire che quella è stata la mia
rovina, perché da allora ho dato priorità al P.C.
rispetto allo studio.
Sempre
in quell’anno ho cominciato a giocare a calcio in
una squadra con dei miei compagni di classe. Quel
nostro primo campionato si chiuse con appena due
pareggi e due vittorie nostre, tutte le altre perse!
Compresi vari 11-0, 10-0, 12-0, e un 14-2, cioè
più che a calcio sembrava di giocare a tennis
(purtroppo ci giocavano solo gli avversari). Col
passare degli anni vi posso però assicurare che le
cose sono migliorate e adesso solo poche volte
perdiamo.
Col
passaggio dalle elementari alle medie ho perso di
vista molti amici ma ne ho conosciuti di nuovi.
Il
primo anno è andato tutto bene, i problemi sono
iniziati in seconda, quando ho cominciato a far
battute, cosa che alle Proff. non piaceva perché,
secondo loro, le disturbavo; così mi abbassarono le
valutazioni.
Quella
punizione, che “solo a me” sembrava ingiusta
perché per tutti gli altri, genitori compresi, era
meritata, mi è servita perché negli ultimi
colloqui le Proff. non si sono più lamentate. Ma
non sarà forse che ci hanno fatto l’abitudine e
si sono rassegnate anche loro?
Beh,
tra scuola, giochi, amici e tanto altro sono
arrivato ai miei 14 anni, ... altri 100 di questi
anni (magari è meglio 200)!.