Questo articolo è stato occasione di un cordiale scambio di vedute tra l'autore Walter Belloni e Giorgio Vizioli Direttore del Centro Informazioni Champagne per l'Italia. L'oggetto del contendere è l'appartenenza al popolo che ha ideato le tecniche che poi hanno condotto alla produzione degli spumanti. A noi che beviamo può solo far piacere che entrambi i prodotti siano così squisiti.... ma è istruttivo leggere delle rispettive posizioni.
di Walter Belloni di Giorgio Vizioli

CHAMPAGNE LATINO
di Giorgio Vizioli

Chi scrive è il Direttore del Centro Informazioni Champagne per l'Italia, emanazione del Comité Inteprofessionnel du Vin de Champagne, l'organismo che riunisce i vigneron e le maison produttrici di Champagne (per informazioni ulteriori, segnalo i siti www.champagne.fr e www.studiovizioli.it, per le attività del Centro Informazioni Champagne per l'Italia).


Gentili signori,


Ho letto con interesse il vostro sito, anche in virtù degli ottimi rapporti che legano le inteprofessioni champenoise e franciacortina, ambedue impegnate nell'affermazione dei vini spumanti di qualità, su un mercato troppo spesso disorientato e facile preda di bollicine assai meno nobili (e per questo meno care).

E' da questa premessa - di amicizia e stima - che desidererei intervenire sulla questione dell'origine del metodo champenois, o classico, in riferimento al testo di Walter Belloni, che compare nel sito.

La prima considerazione che vorrei fare è la seguente: gli antichi romani sono antenati a egual titolo sia degli italiani che dei francesi di oggi (non a caso infatti, assieme a spagnoli e portoghesi, ci definiamo popoli "latini"): all'epoca dell'impero romano, non esistevano Francia e Italia, Spagna e Portogallo, ma solo numerose regioni, tutte sotto lo scettro di Roama antica. Gli antichi romani sono perciò, secondo me, da considerare avi tanto dei napoletani quanto dei milanesi, dei trentini come dei parigini e per questo tutte le scorperte e le acquisizioni scientifìche che sono avvenute in epoca e in ambito imperiale, sono da considerare eredità comune dei popoli che dell'impero facevano parte. Compresi i rudimentali sistemi per generare bollicine nei vini dell'epoca.

In secondo lugo, mi sembra fuorviante l'idea di paragonare i vini di mille o diuemila anni fa a quelli di adesso: l'unica cosa che li accomuna infatti è la provenienza dall'uva, ma è palese (e questo si evince anche dal testo di Walter Belloni) che si tratta di prodotti estremamente lontani gli uni dagli altri.

Infine, anche in Champagne non si sostiene che sia stato Dom Perignon a inventare lo Champagne: nella sua figura, in gran parte ammanata di mito, si riassume però una sorta di "genius loci" che ha fatto sì che, assemblando una serie di elementi diversi e di origine internazionale (i tappi di sughero, spagnoli e italiani, le bottiglie inglesi etc) si desse vita a quello che è - questo sì, va detto - il progenitore e il leader di tutti gli spumanti moderni, ossia quelli che effettivamente possiamo trovare, degustare e confrontare sulle nostre tavole.

In conclusione, il nostro punto di vista è che se è vero, come è vero, che gli spumanti in qualche modo sono sempre esistiti, è altrettanto vero che esso ha trovato in Champagne una delle sue massime espressioni, anche se certamente non l'unica: produzioni altrettanto valide, anche se molto differenti, si riscontrano in altre parti del mondo a cominciare dalla Franciacorta. L'indagine storica sull'origine delle varie metodologie, quindi, ancorché molto interessante, non ha secondo noi relazione diretta con la qualità e le peculiarità dei prodotti che troviamo nelle bottiglie. 

Spero che da quanto precede risulti chiaramente che lo scopo del mio intervento è quello di partecipare - in modo assolutamente non polemico - a un dibattito che ritengo interessante e utile per tutti colori i quali operano nel campo delle magiche bollicine.

Sono a vostra disposizione per qualunque informazione sullo Champagne e colgo l'occasione per porgere cordiali saluti.


Giorgio Vizioli