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Vincenzo Stratigò: tra cronaca e storia

Molto è stato scritto su questa  figura che svolse un ruolo molto importante nella lotta degli Arbëreshë per l’Unità d’Italia.

Nacque a Lungro il 17 dicembre del 1822: Suo padre, Angelo Stratigò, era magistrato; la madre, Matilde Mantile, apparteneva ad una nobile famiglia napoletana. Compì gli studi classici nel Collegio italo-albanese di S. Adriano in San Demetrio Corone, mentre a Napoli iniziò quelli universitari in giurisprudenza. Nel 1844, dopo i moti degli studenti contro il Borbone, è costretto a ritornare nel suo paese natio con l’interdizione di continuare gli studi in quell’Ateneo. Nel 1855 per cause politiche fu costretto a trasferirsi a Badolato.

Il padre morì in questo stesso anno a Muro Lucano dove era stato trasferito da Tiriolo. In Lucania il magistrato Stratigò aveva trovato il colera e rimase colpito dal terribile morbo. Questo trasferimento era stato preso per le idee antiborboniche del figlio ormai avviato a dedicare anima e corpo alla causa della libertà dell’Italia.

Ed ecco Vincenzo Stratigò impegnato in un susseguirsi di avvenimenti importanti per preparare la strada al passaggio della spedizione garibaldina.

1848 – battaglia di Campotenese e Monte S.Angelo, con Domenico Damis, generale d’Armata, suo compaesano e duecento volontari di Lungro sbarra la strada alle truppe borboniche.

1859 – incita i suoi concittadini a ribellarsi ai Borboni nella piazza antistante la sua dimora e che oggi ricorda l’avvenimento essendo intitolata "Piazza 16 luglio 1859". Tale moto di ribellione (riportato dal Giornale delle Due Sicilie n° 156 del 19 luglio di quell’anno) fu represso col sangue e con l’arresto di vecchi e di donne, fra cui due fratelli e la madre settantenne dello Stratigò. Questa così poi scriveva al figlio latitante con una taglia sul suo capo di 2500 ducati: "Io sono nelle prigioni di Lungro insieme ad altre donne…i tuoi fratelli godono e cantano nelle prigioni di Cosenza con i fratelli di Agesilao Milano".

1860 – con Domenico Damis e ben 500 volontari lungresi si unisce a Garibaldi nella sua vittoriosa marcia verso Napoli. Il 1° e il 2 ottobre scrissero una gloriosa pagina nella battaglia sul Volturno tanto da meritare l’elogio dell’eroe Nizzardo. In quello stesso anno, nella Napoli ormai liberata dai borboni, nella Piazza S. Francesco (oggi del Plebiscito) arringa il popolo, assieme a Padre Gavaggi, additando la via di Roma.

1866 – è chiamato alle funzioni di capo di Stato Maggiore sotto il generale Durante.

Queste le tappe più significative del patriota Vincenzo Stratigò.

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Fu decorato con cinque medaglie d’argento, ebbe la cittadinanza onoraria dal Consiglio Comunale di Lagonegro il 27 maggio 1864 per avere fondato una scuola assieme ad altri ufficiali, fu giudice del Tribunale di Guerra per la repressione del brigantaggio e nel 1872 pose termine alla vita militare ritirandosi in seno alla sua famiglia e dedicandosi allo studio dell’economia politica e componendo poesie in Italiano ed in albanese. Due anni dopo, incolpato di prendere parte attiva all’internazionale socialista, durante una perquisizione si pensò che gli fosse stato sequestrato tra altre carte anche la bozza di una Geografia politico-comparata, che in seguito fu poi ritrovata nel suo archivio. Tra i vari suoi scritti, ricordiamo "Protesta" e "Disquilibri fra lo scambio e la produzione" ma soprattutto la poesia a carattere sociale, quella in lingua albanese   che oggi ancora molti declamano. Zoti Anxhull ci ricorda: "Il Proletario" e "Il Bersagliere".

Altri suoi scritti: "Il problema albanese del 1848", "L’apostrofe agli avi miei", "Orazione in morte di Garibaldi", "Il primo amore", "In morte di Alessandro Poerio" e "Gli Amanti".

Morì in Lungro il 29 settembre del 1885.

 

 

Un frammento di poesia di Vincenzo Stratigò scritto nel 1857

Dal suol materno del dolce Epiro

i miei grand’avi un di partiro

partir piangendo dal bel paese

Sono Albanese.

O cara Italia, o Italia bella

tu mi accogliesti come sorella

nel dolce seno del bel paese

Sono Albanese.

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