Le streghe preludio alla grande caccia

 

L'antica conoscenza delle erbe e della magia, appannaggio delle donne fin da1 Paleolitico, dopo l'avvento dei Cristianesimo impensierì le autorità ecclesiastiche, che vedevano in essa la sopravvivenza dei riti pagani, fino al punto di spingere l'inquisizione a combattere le presunte alleate del maligno con mezzi che sarebbe poco definire diabolici.
Qualche anno fa, nel corso di una dimostrazione studentesca all'università di Chi ago, si assisté a una scena insolita: un gruppo di giovani donne stranamente vestite, con tanto di cappelli a cono, cappe nere e scope, inalberavano una serie di cartelli su cui era scritto 'Women's Interational Terrorist Corps from Hell' ('Corpo - terrorista femminile internazionale del inferno'), ossia, come si rilevava dalle iniziali delle parole stesse, WITCH, inglese significa strega. Anche al di qua dell'oceano, nella vecchia Europa, il movimento femminista era sceso allora nelle piazze (è successo ieri, eppure pare già
preistoria), scandendo ad alta voce, davanti ai maschi perplessi, motti in cui siaffermava: "Tremate tremate, le streghe son tornate". Intanto, ancora in America, Sibyl Leek che sfornava volumetti in cui illustrava a tutti le sue arti magiche e compariva in televisione, nel corso di trasmissioni fortunatissime, sostenendo apertamente: "Sono una strega". Lo stesso accadeva in Inghilterra:-qui era Maxime Sanders, per nulla intimorita dalle telecamere, ad affermare la sua appartenenza a una 'coven', una congrega di streghe i cui rituali si rifacevano all'antica religione celtica.
Sempre negli Stati Uniti, in California, Anton Lavey, autonominatosi 'papa dell'inferno', aveva fondato una sua 'chiesa', raccogliendo circa diecimila adepti, tutti molto interessati alle messe nere che vi venivano officiate. Meno pubblici, anzi circondati da un rigoroso riserbo, erano cerimoniali simili che si celebravano a Pa-rigi, a Londra e in parecchie città della Germania Occidentale.
Molte circostanze fanno pensare che le streghe sono tornate di moda. Accanto a quelle che non esitano a definirsi tali, c'è l'immenso sottobosco di maghe, indovine, chiromanti. Ci sono anche le necromanti, cui l'era moderna ha posto accanto un re-gistratore per catturare le voci dall'aldilà, con le medium, rimaste affezionate alle sedute spiritiche.
Dobbiamo, tuttavia, sottolineare un particolare. Tutte queste streghe, dalle femministe che vorrebbero interpretare in chiave di oppressione della donna il periodo storico della 'grande caccia', alle altre che si proclamano seguaci della tradizione, fino alla maga di paese o di città, non fanno assolutamente paura, non sono evocatrici del terrore che serpeggiò nei loro confronti nei secoli scorsi.
Le streghe del nostro tempo, così ben inserite e accettate, appaiono simili a quelle di una remota antichità, quando nell'epoca precristiana, veniva affidato loro il compito di occuparsi di tutto ciò che era considerato magico.

(A lato una foto di Leila Waddell, una delle "streghe" della corte di Aleister Croley, "mago del nostro tempo!" foto della BBC)

Un filo sottile pare dunque legare

le streghe di ieri e di oggi, un filo brutalmente spezzato soltanto nel medioevo, quando si scatenarono gli orrori che tutti conosciamo.
Perché questo avvenne? Che cosa avevano di tanto terribile, di tanto condannabile, le streghe vissute in quel periodo?
Per trovare la risposta a queste domande bisogna andare molto a ritroso nel tempo, al primo millennio della nostra storia e ai primi secoli del secondo: è qui che pian piano nasce, cresce e matura il nocciolo della questione, che si vedrà esplodere poi in tutta la sua virulenza proprio come le malattie che conoscono una troppo lunga incubazione.
Abbiamo detto che le streghe dell'antichità (come avviene ai nostri giorni) erano per lo più benevolmente tollerate all'interno della società: in qualche caso erano persino esaltate. Delle loro doti si parlava con stupore e meraviglia, mai con raccapriccio: ce lo dimostrano le stupende figure della mitologia ellenica come Circe e Medea, l'archetipo e il prototipo, se vogliamo, di tutte le streghe belle e maliarde, capaci di incantesimi straordinari.
Le cose cambiano più tardi, presso i Romani, come sempre pratici e dissacratori: ce lo conferma Orazio presentandoci la sua Canidia, una strega orribile dalle unghie adunche e dai capelli scarmigliati in cui si annidano serpenti. Canidia è necromante ed esperta in filtri d'amore, ma le sue pratiche ci vengono descritte in tono satirico e irriverente, come a significare: vale la pena di avere fiducia in megere come questa?
Si era ai tempi di Augusto e Roma pullulava di personaggi come Canidia, cui il popolo, si rivolgeva per ottenere responsi ed incantesimi di ogni tipo. L'imperatore (come, del resto, gli intellettuali romani) ave-va verso il dilagare delle arti magiche un atteggiamento di scherno. Non era un rifiuto della magia in sé, ma del modo in cui veniva praticata (e ancora troviamo un parallelo con la nostra realtà: anche i maghi e gli indovini d'oggi non godono una fama troppo buona). Augusto cercò di ripulire l'ambiente, spedendo tutti coloro che esercitavano l'occultismo fuori di Rom-a, ma non ottenne risultati apprezzabili. Negli anni, nei secoli seguenti, anzi, la magi-a conquistò tutte le classi.
Nel frattempo era intervenuto qualcosa di nuovo, un avvenimento destinato a sconvolgere il corso della storia: il Cristianesimo si stava imponendo come la religione dominante, spazzando via gli dei pagani. Fino allora il politeismo aveva consentito di non inquadrare esattamente il Bene ed il Male: con le divinità, spesso caratterizzate da tratti spiccatamente umani, si poteva trattare, giungere a compromessi; e si riconosceva appunto che maghi e streghe, con le loro doti particolari, potevano mediare più facilmente dei comuni mortali favori e intercessioni.
Con il Cristianesimo questa visione cambia radicalmente. Il Dio Onnipotente del Vecchio Testamento è l'Essere Supremo, al quale ci si deve rimettere del tutto. Bisogna seguirne le leggi e pregare per implorare l'assistenza e ottenere il perdono delle colpe commesse. Non c'è possibilità di appellarsi altrove. Le pratiche magiche diventano così uno dei più gravi peccati contro Dio, poiché coloro che ne fanno uso cercano di opporsi alla Sua volontà. La Bibbia, in proposito, è esplicita: "Non sopporterete che vivano gli stregoni" (Esodo, 22,18). Il re Saul, in effetti, "scacciò i maghi dal paese": tuttavia egli stesso, quand'era gravemente afflitto, ricorreva alla pitonessa di Endor. Tanto ci suggerisce che non si negava l'efficacia della magia, ma che, piuttosto, era male servirsene. E Saul dovette accorgersene personalmente. La Bibbia stessa ci informa che un giorno il re si recò dalla strega di Endor perché evocasse lo spirito di Samuele, al fine di sapere in anticipo quali sarebbero state le sorti di una battaglia che avrebbe avuto luogo il giorno dopo. Sarnuele si presentò, ma era visibilmente seccato di essere stato disturbato: con voce rabbiosa profetò senza mezzi termini una sconfitta e la morte di Saul. Così fu.
L'episodio contiene un ammonimento implicito: coloro che si rivolgono alla magia non finiscono bene. Il Cristianesimo fece proprio l'atteggia mento rigoroso ebraico verso l'occulto, e quando Costanlino, nel 313, dichiarò la nuova fede religiosa di Stato, ordinò pene severe verso coloro che "incantano la mente delle persone modeste". Ma la magia era troppo radicata nella società romana per essere estirpata Si presentava, inoltre, un altro problema:
continuavano a sopravvivere riti e culti profani', che nella loro estrinsecazione contemplavano il ricorso a spiriti e divinità che dovevano ormai essere banditi: le autorità ecclesiastiche si resero conto che maghi e streghe, in sostanza, tenevano in vita il paganesimo. Nacque così il peccato di eresia, esteso a tutti i praticanti dell'occulto.
(A fianco un immagine delle 'streghe' del Macbeth shakespeariano appartengono piuttosto alla categoria delle visioni premonitrici. Come si vede, col vocabolo 'strega' si comprendeva di tutto un po': dall'erborista quanto mai utile in passato quando la medicina era meno progredita all'avvelenatrice professionista... foto Mary Evans Picture Library).
Dalle cronache si sa che i riti pagani continuano fino a tutto il V secolo, sempre puniti dalle leggi. Poi le notizie si fanno più rare, mentre si registra una certa tolleranza verso i 'dissidenti': probabilmente or mai abbastanza sicura di sé, la Chiesa lascia vivere in tranquillità coloro che con arti magiche e pozioni di erbe pretendono di alleviare dolori, di guarire malattie. Ma all'orizzonte si stanno addensando grosse nubi. La parola 'eresia' riprende a circola re: dopo il Mille si, sente sempre più spesso parlare di sette scismatiche come quelle dei Catari e dei Valdesi. Persino i Crociati, tornando dalle loro missioni in Terra Santa, contribuiscono a diffondere tesi contrarie alla fede cattolica. I Templari ne sono una prova lampante, e la fine sul rogo del gran maestro dell'Ordine, Jacques de Molay, ci dice che il tempo per i grandi processi dell'Inquisizione è ormai maturo.
Questo tribunale speciale era stato fondato nel 1184, quando il papa Lucio III aveva chiamato intorno a sé i vescovi per ordinare una sistematica inchiesta (inqui-sitio) nei confronti delle deviazioni che si andavano registrando circa gli insegna-menti della Chiesa cattolica. Chi non pote-va provare la propria innocenza veniva scomunicato e consegnato alle autorità secolari per la condanna, a morte nella maggior parte dei casi. In effetti l'eresia prevedeva la pena capitale fin dai primi secoli della nostra era, ma raramente la legge aveva trovato applicazione. Questa volta doveva essere diverso.
La relazione tra eresia e magia era già stata stabilita in tempi lontani, come abbiamo accennato. Qui venne riproposta, con una terribile aggravante: si avanzò l'i potesi che streghe e stregoni stringessero patti con il diavolo o che, comunque, per raggiungere i loro fini, si fossero votati alle forze del male.
Satana, con il trascorrere del tempo, era diventato una presenza concreta per i cristiani, un temibile avversario di Dio che ostacolava l'affermarsi del principio del Bene. I fedeli ne avevano avuto nozioni astratte dalla Bibbia, ma poi lo avevano conosciuto meglio attraverso le sue effigie, riprodotte sulle vetrate delle chiese, nei bassorilievi dei cori, con incredibile profusione, in una fauna fantastica, o attraverso simboli esoterici erroneamente interpreta ti, come il Baphomet scolpito nella pietra delle cattedrali. Il re degli inferi (come tut ta la sua coorte di demoni) poteva infatti prendere sembianze umane ma più spesso prediligeva presentarsi sotto l'aspetto di un caprone, di un lupo, di un gufo, o in forma semiumana. Era agli abitanti dell'inferno (moltissimi, nell'ordine di milioni e milioni, come scrissero alcuni 'specialisti' medievali) che si dovevano tutte le miserie che affliggevano questo mondo. Ed erano tante.
Per inquadrare esattamente i motivi che portarono alla caccia alle streghe non si possono dimenticare le particolari condizioni che caratterizzarono il periodo stori co da cui tutto prese avvio, così riassunte dal periodico Storia Illustrata: "Le vicissi tudini economiche che contrassegnarono il basso medioevo e l'inizio dell'età moderna furono forse le più travagliate nella storia dell'uomo. "A partire dall' XI sec. l'Europa fu sconvolta da crisi ricorrenti, determinate dalla dissoluzione dello Stato ad opera del feudalesimo e, soprattutto, dall'incapacità della produzione agricola di tenere il passo con i bisogni di una popolazione in tumultuoso aumento. Basterà ricordare a questo proposito che il depauperamento degli scarsi terreni coltivabili (la pratica della rotazione agraria era sconosciuta), l'uso dell'aratro a chiodo e la trazione affidata unicamente al bue permettevano, da mezzo millennio, una resa di due quintali e mezzo di grano per ettaro, mentre gli abi tanti crescevano dai 42 milioni circa dell'anno 1000 ai 73 milioni del 1300.
"Le frequenti carestie provocarono il fenomeno della sottoalimentazione e questa favorì l'insorgere della mortalità infantile, giunta a tassi spaventosi di oltre il cinquecento per mille, e delle epidemie".
Per quanto riguarda queste ultime, ricordiamo che nel 1089 il 'fuoco di S. Antonio' (oggi curabilissimo) sterminò milioni di persone, mentre un'altra ecatombe si ebbe dal 1347 al 1350, con il flagello della peste nera.
In queste condizioni catastrofiche il Diavolo divenne il simbolo di un altro potere, quello 'nero' e malvagio, che dimostrava di poter avere la meglio sul Bene. Stregoni, streghe e fattucchiere ebbero il loro momento d'oro: la gente, disperata, si rivolgeva a loro, supplicandoli di interce-dere presso le entità infernali per guarire da una malattia, per avere salvo il bestia-me, per fare un buon raccolto. Forse i pra-ticanti delle arti occulte assecondarono un po' troppo gli interpellanti e sfruttarono la situazione, creandosi la fama di essere ad-detti alla magia nera e non sospettando che tutto ciò si sarebbe in seguito ritorto contro di loro.
La Chiesa si stava infatti preparando a intraprendere la sua battaglia contro il Male. E, con gli eretici e gli stregoni, furo-no soprattutto le donne a farne le spese. Non potevano che essere le femmine, in-fatti, le preferite dai diavoli, poiché essi, come maschi, ambivano ad avere alleate del sesso opposto, formando 'coppie nere' che si venivano a opporre alla famiglia cristiana.
E così le 'spose degli inferi', le streghe, vi-dero maturare la loro tragedia.

 

La grande caccia alle streghe

La strega è una figlia di Satana: l'associazione che veniva ad accomunare fattucchiere, indovine e guaritrici con le potenze infernali non nacque da un giorno all'altro, ma si sviluppò pian piano. La stregoneria, nella sua accezione più stretta, che contemplava l'applicazione della magia nera, con l'aiuto appunto del diavolo, era tutta da inventare. Questo spiega perché persino Giovanna d'Arco, salita al rogo nella piazza del mercato a Rouen, in Francia, nel 1431, portava al momento del suo sacrificio una scritta che suonava così: "Eretica recidiva, apostata, idolatra". Ma non "Strega". Quest'ultima accusa era in effetti stata formulata durante il processo, ma costituiva ancora un'imputazione minore. Con il trascorrere del tempo, la presenza di Satana si fece più ossessiva, determinata anche e soprattutto dalle carestie e dalle pestilenze che tormentarono l'Europa e che facevano presagire il trionfo del Maligno.

L'Inquisizione era al lavoro già da un bel po', ma l'attività procedeva a tentoni, dato che i suoi scopi non erano spesso esattamente chiari neppure agli inquisitori stessi. Nel 1375 qualcuno si era persino lamentato "che non c'erano più molti eretici come fosse un peccato che una simile istituzione corresse il pericolo di essere in futuro sciolta". Gli investigatori, in effetti, sapevano di dover perseguire ogni forma erano di stregoneria e magia, ma erano incerti nel procedere quando queste pratiche comprendevano anche l'eresia. I dubbi si chiarirono definitivamente verso la fine del 1400. Con la sua bolla del 1484, Summis Desiderantes, Innocenzo III fece un preciso riferimento al fatto che gli stregoni operavano con il favore del diavolo per seminare il male nel mondo: "P pervenuto alle nostre orecchie", dice la bolla nel punto che ci interessa, "e non senza causarci gran pena, che in certe regioni della Germania e nelle province, città, territori, distretti, diocesi di Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo, Brema, parecchie persone di entrambi i sessi, dimentiche della loro stessa salvezza e deviando dalla fede cattolica, si sono date ai demoni incubi e succubi, per mezzo di incantesimi, fatture, scongiuri e altre superstiziose infamie ed eccessi magici con cui fanno deperire ed estinguersi la progenie delle donne, i piccoli degli animali, le messi della terra, i grappoli delle vigne, i frutti degli alberi. Ne sono vittime gli uomini e le donne, il bestiame di ogni genere, i vigneti, i giardini, i prati, i pascoli, il frumento, le granaglie, i legumi. Queste persone afflig-gono gli esseri umani, le bestie da soma, le mandrie, i greggi, con ogni sorta di crudeli tormenti. Esse impediscono agli uomini di generare, alle donne di concepire; esse rendono impossibile alle coppie sposate di compiere il loro coniugale dovere, e con bocca sacrilega rinnegano persino quella stessa fede che hanno ricevuto con il bat-tesimo. Esse non temono di commettere crimini ed eccessi ancora più infamanti sotto istigazione del nemico del genere umano, con pericolo per la loro stessa ani-ma, con offesa alla maestà divina e danno un esempio pernicioso a molti".

Il contenuto della bolla è molto impor-tante: contiene, in sintesi, quasi tutti i capi d'accusa che saranno rivolti alle streghe; gli stregoni, che pure se la passeranno brutta, vengono in second'ordine, poiché si diffonde il concetto secondo cui sono le donne le prescelte di Satana, il quale cerca seguaci del sesso opposto.
C'era ancora un problema. Come sco-prire in maniera inequivocabile le adepte del demonio? A spiegarlo pensarono due domenicani tedeschi, Jacob Sprenger e Heinrich Kramer, che nel 1486 pubblicarono il Malleus Maleficarum (il martello delle streghe), "il testo fondamentale", come scrive Serena Foglia, "che stabiliva l'indissolubile legame tra stregoneria e sesso femminile. Divenne anche il testo che, definendo il crimine religioso-sociale compiuto dalle streghe, ne autorizza la soluzione finale (exterminium malefica rum) ". Il Malleus non tralasciava nulla: vi erano descritti tutti i metodi atti a riconoscere le infami streghe, da allora perseguitate ovunque con un incredibile accanimento. Per i primi sospetti bastava la deposizione di un cittadino, di un marito (che si presume fosse ansioso di liberarsi della moglie), di un parente: rivalità tra vicini e gruppi familiari ebbero così modo di trovare imprevedibile e terribile sbocco. Al di là delle denunce effettuate per odio, rancore, risentimento, c'erano però quelle, molto più numerose, collegate a tutta una vasta gamma di fenomeni nefasti attribuiti a una determinata donna per i motivi più banali, assurdi. Il Malleus riferisce il caso di una vecchia di Baldhust la quale, offesa per non essere stata invitata a una festa di nozze, pregò il diavolo di scatenare una tempesta e rovinare l'allegra riunione. Tanto bastò a farla condannare. Essere anziane e sole, del resto, era già un indizio, secondo le antiche immagini della strega, vecchia e laida che, rifiutata dal mondo, si votava alle potenze infernali, le quali, almeno, le davano la soddisfazione di tenerla in considerazione. Tratta in arresto l'accusata, si procedeva agli interrogatori e, poiché di solito la poveretta negava quanto le veniva addebitato (il commercio con Satana, i malefici), si passava alla ricerca del 'bollo', il marchio particolare che il diavolo avrebbe impresso alle sue adepte. Anche se si giunse persino a riconoscere in un semplice neo, in una voglia, il famigerato segno, esso fu per lo più identificato in un particolare punto del corpo che, perforato con un ago-spillone, avrebbe dovuto mostrarsi insensibile e non emettere sangue. Luisa Muraro, nel suo interessante volume La signora del gioco, ci dice però che questo procedimento veniva effettuato dai tribunali laici, poiché "gli uomini di chiesa lo consideravano una pratica superstiziosa".

La prova più evidente della dedizione al diavolo era tuttavia fornita dalla confessione, che poteva essere ottenuta volontariamente o mediante tortura; la più usata, con la bruciatura delle piante dei piedi, era quella della corda, detta anche 'del curlo': all'imputata si legavano le braccia dietro la schiena, dopo di che una carrucola la solle-vava mentre ai piedi si appendeva un peso. Ciò aveva quasi sempre come con-seguenza la slogatura delle articolazioni delle braccia e delle gambe. E' ovvio che le presunte streghe, continuamente interroga-te con ripetute, ossessive domande sui loro misfatti, finivano con il rendere la confessione voluta, purché il supplizio avesse fine.

Posate a terra, spesso ritrattavano, e questo era un guaio per i giudici, che non potevano trascurare l'opinione pubblica, la quale sovente non accettava di buon grado la condanna di una strega che "non fosse costante", ossia che non mantenesse ammissioni già fatte. Nel periodo più feroce della 'grande caccia', comunque, non si andava troppo per il sottile. Si ri-prendeva con la tortura, e la nuova commi-ssione era ritenuta valida. Anche negando ogni addebito (ma ben poche incriminate, non sopportando gli strazi, riuscirono a sostenere la propria innocenza), per le streghe non c'era scampo: se non riconoscevano le loro colpe si diceva infatti che era il demonio a indurle a tacere; se parlavano, era invece Dio che interveniva a far scoprire le loro malefatte.

Dai resoconti dei processi giunti sino a noi si sa che i dibattiti non erano sommari: svolti per lo più d'inverno, nel caldo dei tribunali, diventarono una specie d'industria oltre che un sistema per trascorrere con tali diversivi i lunghi mesi rigidi. Soprattutto nei primi tempi della grande caccia, mancavano i testimoni a favore dell'imputata, ma le udienze si trascinava no normalmente per giorni e giorni. Ogni volta si tornava sulle solite domande, per accertarsi che la strega non cadesse in contraddizioni: i giudici desideravano ottenere una panoramica il più possibile completa delle azioni compiute dalle 'figlie del diavolo', poiché ogni documentazione sarebbe servita per altri analoghi processi. Esaminando nel loro insieme i dibattiti, se ne trae quindi un'impressione di omogeneità: tutte le streghe affermano di essersi votate a Satana, il quale le avrebbe marchiate con il 'bollo', tutte sostengono di esseri unite carnalmente con lui, anche se "il suo sperma è come il ghiaccio" (troviamo quest'affermazione già esposta nel Malleus, i cui stessi autori erano stati inquisitori), tutte dicono di aver partecipato accorrendovi in volo, ai famosi sabba, cantando e ballando e commettendo le più turpi azioni. Per quanto riguarda i malefici, poi, sono in sostanza quelli esposti nella bolla Summis Desiderantes: a questi dobbiamo aggiungere una pratica misteriosa di cui si trova riferimento in tanti processi svoltisi in Italia. Si tratta della 'consuma-zione', così spiegataci da Luisa Muraro: "La vittima - bestia, bambino o uomo veniva prelevata in stato di incoscienza e portata al sabba. Dopo che le era stato succhiato (non sempre) il sangue, veniva bollita e mangiata a parte. I resti, ossa, pelle e altro, erano poi ricomposti con arte magica: in luogo delle parti mancanti si metteva paglia o stracci. Se per caso mancava un osso, si metteva un legno di qualità appropriata. La vittima riacquistava così una parvenza di vita. Quando qualcuno deperiva e moriva, la gente diceva che le streghe l'avevano consumato". Non era dunque per la denutrizione che allora si dimagriva, ma per l'azione delle streghe, queste maledette streghe colpevoli di tut-to: persino se si rovesciava il latte. la colpa era attribuita a una di loro, che se ne ap-propriava con le sue arti malefiche.

I lunghi processi erano, oltre che segnati ciascuno da un dramma personale e da sofferenze che possiamo soltanto pallidamente immaginare, molto costosi per l'imputata. Se costei aveva la fortuna di possedere beni propri, poteva a ogni modo sempre sperare che il prolungarsi del dibattito vedesse insorgere qualche elemento a suo favore. In caso contrario, se era povera, dovevano intervenire i parenti, i quali, naturalmente, avevano tutto l'interesse a far si che si giungesse al più presto alla sentenza. Ogni spesa, dalle colazioni dei giudici ai panni forniti alla detenuta, dalla legna usata per la stufa alla depilazione e alla visita del corpo per la ricerca del 'bollo', dall'assistenza religiosa fino al trasporto al luogo del supplizio, nel caso che la tortura l'avesse resa incapace di camminare, era conteggiata all'imputata.

Alfine la sentenza arrivava. Nel frattempo gli inquisitori avevano raccolto mate riale a sufficienza per avviare ulteriori processi, in base alle indicazioni fornite dalla presunta strega: costei, ripetutamente sollecitata sotto tortura a fare il nome di
altre 'colleghe', finiva con l'indicare a caso questa o quella donna, spesso una sua stessa parente. Vigeva, infatti, la convinzione secondo cui l'insegnamento stregonesco veniva tramandato di madre in figlia, da nonna a nipote, e giudici e carnefici non risparmiavano gli sforzi per fare ammettere all'accusata che proprio così erano andate le cose. Ogni causa veniva in talmodo a costituire la maglia di una lunga catena, ampliando via via il numero delle 'figlie di Satana' sottoposte a giudizio.

Emessa la condanna, la strega veniva consegnata al braccio secolare, ossia ai governanti delle città, e arsa sul rogo: la solenne proclamazione ed esecuzione delle sentenze emesse dall'Inquisizione era chiamata autodafé ed era svolta per lo più sulle piazze, alla presenza dei cittadini. L'uso del rogo venne instaurato perché la Chiesa si raccomandava che fosse evitato lo spargimento di sangue: alcuni vi hanno voluto vedere un significato di purifica-zione, mentre altri ritengono che si inten-desse così agevolare il viaggio dell'anima della strega verso l'inferno, notoriamente avvolto dalle fiamme.
Nei primi tempi le maleficae venivano bruciate vive, poi l'orrore di questi spetta-coli, quando la 'grande caccia' andò sce-mando d'intensità, suggerì che venissero prima effettuati la decapitazione o lo strangolamento, per noi non meno ag-ghiaccianti. C'erano, comunque, altri si-stemi, tra cui ricordiamo quello della 'mu-ratura' e della 'propaggine'. Il primo con-sisteva nell'incatenare la condannata den-tro una nicchia dinanzi alla quale si innal-zava ogni giorno un pezzo di muro, fino alla completa chiusura. Con la 'propaggi-ne , la strega era invece calata in una fossa che veniva poi riempita di calce viva: l'ori-na della donna (di cui restava scoperto so-lo il capo) 'accendeva' la calce stessa, il che dava luogo a una morte tra spasimi atroci.
Nessuno sa con esattezza quante donne perirono in seguito all'ossessione della presenza di Satana che dominò l'Europa a partire dalla seconda metà del 1400 fino a buona parte del 1700. Qualcuno parla di milioni: certamente furono centinaia di migliaia, con 'code' ed episodi sporadici che continuarono fino alla metà del secolo scorso, come dimostra la storia di una donna di Hela, nella baia di Danzica, ucci-sa nel 1836 da alcuni pescatori che l'ave-vano sottoposta a una 'prova' per consta-tare se fosse o no una strega.

A quel tempo, comunque, la ragione era tornata in Europa, sia dalla parte del clero sia dei governanti laici. Si cominciava, anzi, ad esaminare cos'era avvenuto, a chiedersi perché quella follia avesse imperver-sato così a lungo. La Spagna, la Francia e la Germania furono tra le regioni mag-giormente contagiate, mentre, per quanto riguarda l'Italia, si parla in genere di 'pic-cola caccia alle streghe'. Quanto piccola sia stata, non è dato sapere: verso la fine del 1400, nella sola diocesi di Como, erano già trecento le presunte maleficae mandate sul rogo: altri luoghi che divennero triste-mente famosi al riguardo furono il Mila-nese, il Bresciano (nel 1518, nelle prigioni locali, erano rinchiuse più di cinquemila sospette in attesa di giudizio), alcune zone del Piemonte, della Val di Fiemme, nel Trentino, della Valtellina: qui l'ultima strega fu arsa a Tirano nel tardo 1796.
Mentre le fiamme dei roghi si andavano spegnendo, ci si avviava a riflettere sulle storie di malefici e stregonerie udite nei tribunali, chiedendosi quanto vi fosse stato di vero e quanto di fantastico. Era fuor di dubbio che tantissime accusate si convin-cevano di essere streghe, tanto da descri-vere nei particolari le loro trasformazioni, le orge sataniche, i sabba. Ma questo ar-gomento merita un'analisi a parte.

 

 

 


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