FRANCESCA LAZZARATO [ 1] 

“Galambra”

In che senso i quattro racconti di questo Galambra sono “storie di fantasmi”? Non certo in quello più classico, legato agli stilemi del gotico tradizionale. Piuttosto a essi si adatta molto bene il concetto di “perturbante”, illustrato da Freud in un saggio del 1919.

Il “perturbante” tende a coincidere con ciò che suscita genericamente paura, dice Freud, ma nello stesso tempo esprime il disagio e il turbamento legati alla “stranezza”, all’improvviso apparire del dubbio e dell’ombra in un contesto familiare e noto.

Ecco, nei racconti di Marina Jarre succede proprio questo: situazioni minime, comuni (una vacanza, un pomeriggio in palestra, il tranquillo scorrere di una giornata estiva) rivelano l’insidiosa presenza dell’altro - sia esso un’immagine riflessa in uno specchio o il ricordo di un ragazzo morto. L’innesto di questi impercettibili spettri nel quieto svolgersi di una giornata qualunque, descritto attraverso una somma di dettagli concreti, con la minuzia di un quadro iperrealista, produce un effetto di singolare straniamento.

Un’autrice sobria e rigorosa come la Jarre si dimostra ovviamente capace di gestire in maniera impeccabile quel tanto di “perturbante” che i suoi racconti contengono, costruendo quattro narrazioni in bilico tra il quotidiano e l’angoscia. La più interessante e compiuta è comunque la prima, “Galambra”, dove si narra di una giovane coppia che s’insedia, in un paese quasi disabitato, nella casa acquistata per le vacanze e amorosamente ristrutturata. Ma se per uno dei due la casa e il paese sono soltanto il luogo in cui invitare gli amici per il week-end, per l’altro Galambra è molto di più. Tra il soffiare incessante del vento che fa sbattere le porte delle case vuote e le poche parole misteriose di un vecchio contadino, il protagonista scoprirà, tra sonno e veglia, che il villaggio deserto è animato da presenze antiche che non l’hanno mai abbandonato: sono “lur”, loro, i veri padroni di Galambra.

 

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02/01/01


 [ 1]Francesca Lazzarato: “Galambra”, Noi Donne, 4/88