LAURA FORTINI [ 1] 

“Secondo se stessi,

in un mondo di donne e uomini”

Nella grande pozzanghera che Gian Luca all’uscita di scuola indica a Rosa Maria sono iscritte le ragioni del titolo dell’ultimo romanzo di Marina Jarre, Un altro pezzo di mondo (Bollati Boringhieri, pp. 218, £. 35.000): in essa, limpidissima, si rispecchia il cielo, i rami degli alberi, gli alti finestroni illuminati della scuola. E, osserva il bambino abbassandosi fino quasi a toccare con la fronte l’acqua, “più guardi in là e più vedi. Non finisce mai”. Non si tratta di un sovvertimento della visione, della scoperta di un nuovo squarcio prospettico, quanto di un allargamento dei confini del mondo conosciuto: simile ad un animale marino che timidamente saggia con i tentacoli il terreno limitrofo per accertarsi di pericoli ignoti acquattati nell’ombra, il vivere in questo romanzo di Marina Jarre assume i connotati pacati di un faticoso e incerto processo di conoscenza che saggia continuamente i propri limiti, i propri perché. Così come pacata ma ferma risulta essere la voce di Marina Jarre, scrittrice forse appartata nel panorama della letteratura italiana contemporanea ma non per questo meno salde sono le coordinate che la guidano e l’hanno condotta sugli impervi sentieri della scrittura.

Le scrittrici italiane, infatti, vivono attualmente un periodo che ha tutti i tratti della transizione: per un verso sono spesso le protagoniste anche se discusse di un mercato editoriale che cavalca un successo di pubblico che solo oggi esce dal sommerso per approdare alle pagine culturali dei quotidiani, ma i cui esiti non sempre risultano essere soddisfacenti in modo pieno; per un altro molte di esse lavorano (come da sempre per altro, viene da osservare) in modo sommesso ma determinato ad una scrittura che apra prospettive su un altro pezzo di mondo. Che non vuole essere però semplicemente aggiuntivo, come non lo è in questo romanzo di Marina Jarre, tutto teso a scavare il saper vivere secondo se stessi, secondo le ragioni di un mondo fatto di uomini e donne. Un romanzo a più voci, dove si intrecciano le storie di Rosa Maria e Marianna, sorelle gemelle identiche ma dissimili, insieme a quelle dei loro figli, dei loro uomini, delle loro ave, in una contemporaneità fortemente intessuta di un passato dal peso specifico eccessivo, ingombrante: l’ebraismo e i campi di sterminio, ma anche gli indiani d’America specularmente rappresentanti di un mondo senza memoria di cui sono rimasti solo i sogni, così come le oscure trame marginali di fascisti sconfitti all’indomani della seconda guerra mondiale e il passato prossimo del terrorismo vissuto tramite la clandestinità di un figlio in esilio che forse non si vedrà mai più; e, ancora, la guerra nella ex-Iugoslavia, il confronto/conflitto città-campagna, nord-sud del mondo. Un passato presente anche troppo affollato, verrebbe da dire, ma che si pone come obiettivo la rappresentazione di una vita quotidiana quale è quella di ognuno, intessuta di tutto questo e di molto altro ancora, difficile da sceverare, da rendere nella sua complessità senza perderne le fila essenziali.

Marina Jarre mette così in campo una sorta di grandangolo che parte dal passato ma si apre sul futuro: il gesto del bambino che fa vedere alla zia un altro pezzo di mondo è infatti metafora conclusiva di una narrazione svolta metonimicamente, in cui ogni storia è parte di un tutto le cui possibilità di conoscenza, e di felicità, sono incognite ma non disperanti. La storia, osserva Marianna, una delle voci narranti, “è in realtà un plurale, un insieme fittissimo e intrecciato di fatti piccoli, grandi, momentanei o prolungati, fatti in cui si sceglie”. In cui si sceglie: la possibilità di scelta per la propria vita, la possibilità di accesso alla felicità sono strettamente irrelate alla nitidezza della propria visione interiore. E non si può quindi, a conclusione del romanzo, che consentire con la frase di Isaac Newton posta dall’autrice in calce al volume: “Il Paradiso, la felicità, non sono un luogo, ma una condizione”. Tutta da conquistare, come i protagonisti, le protagoniste di “Un altro pezzo di mondo” provano e riprovano incessantemente, caparbiamente presi dall’oscuro mestiere di vivere.

 

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03/01/01


 [ 1]Laura Fortini: “Secondo se stessi, in un mondo di donne e uomini”, La talpa libri (Il Manifesto), 24/7/97