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Educazione alla legalità: alcune considerazioni generali
di Renzo Remotti

1. Efficienza, efficacia, obiettivi nella scuola

Gli anni novanta hanno visto un forte impegno politico per il rinnovamento della pubblica amministrazione italiana. L’articolo 1 della legge 7 – agosto – 1990, n. 241 ha reso operativo il principio della buona amministrazione, già previsto dall’articolo 97 della Costituzione, con la conseguenza che concetti quali “obiettivi”, “risultati”, o “programmazione” dovrebbero diventare comuni nella vita di ogni Ente pubblico.[1] L’aspetto più rivoluzionario di questo difficile processo di riforme è l’individuazione della necessità di “misurare” il prodotto della burocrazia. Da un approccio all’attività di gestione del bene pubblico eminentemente logico-formale (caratterizzato da un’osservanza minuta alle norme giuridiche), si sta passando, non senza forti contraddizioni interne, a un metodo di lavoro manageriale, tutto orientato sui risultati e sui programmi, piuttosto che sulle procedure.

La riforma della pubblica amministrazione non poteva non coinvolgere un settore tanto importante per lo sviluppo democratico di un paese, quale ha sempre rappresentato la scuola. E’ ovvio, tuttavia, che in seno alla scuola termini quali efficienza o efficacia debbano assumere significati diversi e sempre comunque legati al miglioramento della formazione. Una scuola efficiente non può essere né una scuola che esclude inesorabilmente tutti gli allievi che trovano difficoltà nello studio, né tanto meno una scuola che premia tutti solo per dimostrare a livello meramente quantitativo le capacità degli insegnanti. L’efficienza scolastica è piuttosto in relazione agli obiettivi formativi che vengono fissati. Il prodotto della scuola è la formazione e in relazione a questa deve misurarsi l’efficienza delle istituzioni scolastiche.

Pertanto una scuola è efficiente se è capace di programmare bene e realizzare al meglio i fini prefissati. [2]

Con un’analogia all’epistemologia generale si può affermare che l’obiettivo sta all’attività amministrativa come il postulato alla teoria. Tutte le teorie scientifiche, anche le più complesse, pongono il proprio fondamento in proposizioni non dimostrate, quando non siano addirittura non dimostrabili. L’obiettivo è esattamente questo quid relativo all’attività scolastica. Una volta che venga fissato, i risultati – come la coerenza della teoria – verranno verificati in ragione di questi ultimi.

Il problema, dunque, principale di ogni programmazione educativa è l’individuazione degli obiettivi. Anzi si potrà concludere che il programma è stato efficace, se e solo se ha raggiunto gli obiettivi iniziali. Prima o poi qualsiasi insegnante, se vuole che il proprio insegnamento abbia senso, deve fissare in modo chiaro e univoco degli obiettivi. Non si tratta solo di dare un significato logico allo svolgersi dell’attività, ma soprattutto di permettere la misurazione e, in ultima analisi, la verifica della propria professione.

E’ evidente che si può concludere che il proprio lavoro ha avuto successo, se sono stati raggiunti gli obiettivi, che ci si prefiggeva. In altre parole fissare gli obiettivi significa preparare il buon esito dell’insegnamento.

Come Visalberghi, tuttavia, ha scritto, è necessario evitare di individuare da una parte macro – obiettivi, con il rischio di definire linee ambigue e suscettibili di molteplici interpretazioni, anche contraddittorie; dall’altro lato fissare micro – obiettivi e per loro stessa natura trasformarli in gabbie normative, che poco spazio lasciano alla creatività del singolo insegnante e, ancor più grave, alla spontaneità degli allievi. Al contrario l’obiettivo dell’educazione deve individuare con chiarezza il contenuto e le finalità di un corso. [3] In questo saggio tenteremo di tracciare alcune linee di riflessioni sull’educazione alle legalità, argomento che non può essere ignorato anche da un punto di vista pedagogico.

 



[1] L’articolo citato è solo il primo di una lunga serie di provvedimenti legislativi successivi, che, peraltro, non fanno altro che chiarire meglio l’applicabilità dello stesso nei vari ambiti della pubblica amministrazione.

[2]  Galimberti U., Dizionario di psicologia, UTET, 1994, voce programmazione.

[3] Visalberghi A., Pedagogia e Scienze dell’educazione, Mondadori, 1990, p. 114 ss.

 

 

 

 

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