|
Educazione alla legalità: alcune considerazioni generali
di Renzo Remotti |
4. La giustificazione sociologica
La
società contemporanea è caratterizzata essenzialmente da due fenomeni: il tramonto
dellautorità fondata esclusivamente su un ordine gerarchico e il pluralismo
culturale.
Fin
dal 1873 Aristide Gabelli sognava una pedagogia capace di suscitare negli allievi la
forza dellassociazione. Secondo il suo pensiero era importante superare
ogni forma autoritaria nellinsegnamento, e conferire alle lezioni la capacità di
sviluppare lo spirito di osservazione e di discussione contro ogni forma di dogmatismo
rigido.
Da queste e molte altre idee è iniziato linesorabile declino del potere gerarchico
puramente formale.
Daltra
parte la cultura ha sempre rappresentato un forte strumento di riconoscimento sociale. Un
italiano si distingueva, per esempio, da un cittadino degli Stati Uniti perché aveva una
lingua differente, una letteratura con caratteristiche ben identificabili tradizioni
popolari distinte. In una bella scena del film Caos, intitolata laltro figlio, realizzata dai fratelli Taviani, tratta dal un
racconto di Pirandello, si percepisce la tensione che provoca lincontro di due
culture diverse. Alcuni immigrati in partenza per lAmerica tentano di imitare, senza
riuscirvi, alcune canzoni americane. Dovrebbero essere motivi allegri, ma dai canti,
gesti, parole ne scaturisce uninfinita malinconia, sentimento provato dai
protagonisti del brano, che sanno di non essere più italiani e di non poter diventare mai
americani. Il conflitto si traduceva in una sorta di sradicamento. Questa sensazione è
perfettamente giustificato in una società mono-culturale. A quel tempo la famiglia, la
scuola, le agenzie di svago presentavano allincirca gli stessi valori, il medesimo
contenuto culturale. La coesione sociale non era minacciata, perché il fatto stesso di
appartenere a una medesima cultura determinava le regole di azione reciproca. Era naturale
che ogni irrompere di modelli diversi creasse questo clima.
Molto
diverso il discorso con laffermarsi dei mass-media. Oggi la cultura pluralista
impone una migliore attenzione alle regole, in quanto di fronte a una forte contraddizione
di valori, cè il pericolo di un rinnegamento di tutte le regole.
Un
luogo ormai comune, e non si può escludere che una buona responsabilità di
questidea debba essere ricondotta alle scienze sociali, ritiene che la società dei
mass-media abbia creato una sorta di omogenizzazione culturale. Si ritiene che la
televisione, il cinema, le comunicazioni via INTERNET, siano così ordinate e originate da
una stessa fonte, da aver creato una specie di grande cultura.
Tutto
ciò non si è verificato ed è dimostrabile dai cartoni animati, veicolo privilegiato di
comunicazione con i bambini. Non esiste solo una fonte creativa dei cartoni animati. Ve ne
sono di matrice giapponese, americana e infine europea. E evidente che chi crea
queste storie non lo può fare al di fuori della propria cultura. In qualche modo i valori
della cultura giapponese vengono riversate nelle storie provenienti da quel paese e stesse
considerazioni potrebbero essere svolte per storie di differente origine. In altre parole
in un solo giorno, forse nellarco di poche ore, il bambino assorbe valori di
differenti culture. Con questa breve premessa si può concludere che la cultura dei
mass-media non ha affatto omogenizzato il mondo, ma più modestamente ha favorito lo
scambio di culture. Lidea delluniformità culturale presuppone da parte degli
organi di comunicazione la capacità di modificare la cultura. Alcuni studi hanno, per
esempio, dimostrato che linfluenza dei mass-media almeno sulle opinioni politiche è
molto più debole di quanto si potesse immaginare. Da una parte questo fenomeno
può essere positivo, ma dallaltra, specialmente per i bambini, che ancora stanno
formandosi una struttura culturale, vi è il pericolo che nella mente infantile e poi,
conseguentemente, adulta la società perda la propria coesione. Il fenomeno della
criminalità infantile è un chiaro segno di questo aspetto.
Il
mondo dove possono convivere molte regole, spesso contraddittorie tra di loro, è uno
spazio anomico, primo di ogni forma di legame. Le società contemporanee sono così
diversificate, eterogenee, prive di punti di coesione, che spesso, specie il bambino,
ancora in formazione, si trova come proiettato al centro di una sfera così grande da
impedirgli ogni punto di riferimento. Questa percezione non rara nella società della
comunicazione globale ricorda la sensazione che il poeta Giacomo Leopardi descrisse in una
lettera a Carlo Leopardi il 6 dicembre 1822 quando arrivò a Roma: In una grande
città luomo vive senza nessunissimo rapporto a quello che lo circonda, perché la
sfera è così grande, che lindividuo non la può riempire, non la può sentire
intorno a sé, e quindi non vha nessun punto di contatto fra essa e lui.
La
soluzione ingenua è tentare di riportare il mondo sociale al momento pre-industrale,
dove, per esempio, la tradizione, lautorità esercitavano ancora un ruolo molto
forte. Questa idea rispecchia le classiche teorie nostalgiche che si incontrano in tutti i
tempi e comunque è ormai del tutto improponibile.
Non
è possibile richiamarsi alla tradizione, in quanto questa aveva senso, in una realtà
sociale, in cui la trasmissione del sapere poteva avvenire solo da padre in figlio. Ciò
perché la cultura era molto stabile e perciò si trasmettevano allincirca le
medesime conoscenze. Oggi, invece, la velocità del mutamento tecnologico è tanto veloce
che spesso quando la conoscenza delle nuove tecnologie giunge nei luoghi di formazione
(scuola etc.) queste sono in qualche modo superate.
Nemmeno
lautorità può essere un motivo di coesione sociale e il motivo lo possiamo trovare
proprio attraverso Internet. La conoscenza è potenzialmente accessibile a chiunque abbia
unabilità di base concernente linformatica. Così attraverso un personal
computer chiunque può accedere alluniverso del sapere. La rivoluzione sociale
dellera informatica sta proprio in ciò. Da una società gerarchica si è passati a
una società a rete. Ogni nodo di questa rete può interagire con tutti gli altri e creare
o stimolare nuove conoscenze. In altre parole la comunicazione non è più unilaterale
(dallalto al basso), ma policentrica (da nodo a nodo).
Le
implicazioni di questo mutamento sono molteplici, ma in questa sede tratteremo solo gli
aspetti che abbiano delle connessioni pedagogiche.
Fromm
ritiene che il disagio della civiltà contemporanea non deriva tanto da
mancanze intrinseche della società, quanto da un sistema errato di educazione. Oggi
occasioni di rapporti interpersonali sono tuttaltro che rari, ma il senso di
solitudine che si prova molto frequentemente è lassenza di un punto di riferimento,
un appoggio. La responsabilità secondo Fromm è rintracciabile
nelleducazione autoritaria ricevuta. E venuta meno
lautorità, che ci guidava, ci consigliava, talvolta ci faceva ribellare, ma ci
offriva sempre sicurezza. La società di INTERNET in qualche modo ha cancellato tutto ciò
e gli adolescenti, molto sensibili a questi profili del vivere sociale, sentono questa
mancanza. Siamo dunque condannati a vivere in un mondo sempre più caotico, al limite
dellanarchia? Se non vale più il modello delleducazione autoritaria, quale
alternativa è possibile percorrere?
Fromm
ha ragione nel porre in luce la caduta dellautorità, ma il limite della sua
impostazione e concludere che sia crollato anche ogni punto di riferimento. In questa
società vi può essere solo un legame e questo è la legge. Lautorità che è
venuta meno è solo la prevalenza di una persona su unaltra. In un sistema
democratico lunica autorità che può esserci è costituita dalla volontà di tutti
e, nel suo massimo grado espressivo, dalla legge. Alla pedagogia legale è dunque affidato
questo delicatissimo compito. Se leducatore ha svolto al meglio il proprio ruolo, il
bambino al termine del processo educativo dovrà essere consapevole che la propria
soggettività potrà manifestarsi al meglio solo nei limiti delle regole. Il fatto che
attraverso i vari canali di comunicazione siano date molteplici informazioni anche in
contraddizioni tra di loro, non significa che non esistano norme comuni, al cui rispetto
tutti sono tenuti. Il sistema educativo può pertanto diventare il veicolo per la coesione
sociale.
Un
altro mito della società di massa è credere che il continuo contatto con ambienti
differenti, con culture diverse, con mentalità opposte abbia creato una maggiore
consapevolezza del diverso, dellaltro. Quasi che lera della comunicazione
globale abbia stimolato un più elevato sentimento di tolleranza. Tutto ciò è smentito
dallevidenza dei fatti. Anzi si può affermare che la società globale ha acuito
lintolleranza e la paura del diverso. Si pensi conflitti, anche a livello politico,
tra Nord e Sud, agli stereotipi della società di massa che costringono ad agire in seno
alla società sempre con modelli pre-confezionati. La violenza interraziale segna un trend
in crescita e gli adolescenti seguono con un rinnovato e preoccupante interesse ideologie
neo-fasciste. Questo volto della società contemporanea dimostra che la tolleranza,
sentimento che nasce anche dal rispetto del diritto,
non è un valore interiorizzato dalla comunicazione globale. Senza dubbio un modo
per acuire lintolleranza è il disconoscimento delle diversità. Quando un individuo
non viene riconosciuto nella sua individualità, nella sua diversità è come se si
negasse la propria esistenza. Questa è lorigine dellintolleranza. Si tratta
di un meccanismo di difesa per non naufragare in un universo di indistinti. Questa è
anche la spiegazione dellapparente paradosso tra laumentare dei processi di
globalizzazione e le spinte razziste di cui è piena la cronaca nera contemporanea. Il
principio della reciprocità, che è alla base di ogni rapporto giuridico, potrà essere
un mezzo per attenuare le tensioni sociali sotto questo aspetto. I ragazzi devono
comprendere lidea che un proprio diritto (diritto ad associarsi) è legato al
medesimo eguale diritto di altre parti ad associarci, magari per portare avanti idee
differenti. Leducazione dovrà in altre parole a mettere in evidenza come il diritto
non sia mai una libertà individuale, ma collettiva. Ciò che permette di vivere
serenamente in una classe, in seno alla quale convivono opposte istanze, non è
laggressività (lintolleranza), ma il dialogo (la ragione delle leggi di un
gruppo). In questo senso è estremamente educativo il federalismo della classe
scolastica.
Pluralismo
ed unità sono del resto il contenuto del federelismo, in modo da permettere da un lato
una più efficace difesa senza daltra parte intaccare lautonomia dei singoli
soggetti. E chiaro che lo Stato di questo genere regge sulla capacità di ciascuno
di auto-organizzarsi.
La
scuola può diventare unimportante palestra di preparazione per un più effettivo
federalismo giuridico e per quanto detto prima anche una fondamentale agenzia di
educazione alla tolleranza. La possibilità per i giovani di organizzarsi, di darsi degli
statuti, di fondare propri movimenti, di presentare istanze al Direttore Didattico, sono
tutte attività che introducono i giovani al discorso della legalità. A poco a poco i
giovani non solo diventano più responsabili solo se lasciati agire in modo più
autonomo possono davvero sentirsi responsabili di ciò che realizzano - , ma anche
imparano a contattare le proprie istanze all'interno di un sistema normativo. In questi
casi ciascun insegnante può diventare promotore di pedagogia legale.
Le
cronache registrano assai frequentemente proteste di una determinata classe per come viene
tenuto, per esempio lo spazio di incontro per i giovani. Il metodo più facile e comodo è
la protesta non concludente, magari proposta in modo scandalistico sui giornali o sui
media. Il primo passo è, invece, pensare alla scuola come a uno spazio comune, un
ambiente che appartiene a tutti indistintamente. Infatti, se per un qualsiasi motivo, un
certo ambiente non può essere utilizzato, evidentemente una libertà di tutti
non può essere usata. Invece di dare sfogo a quella privazione di libertà, con
uno scandalo, un educatore accorto inizierà a organizzare giuridicamente,
cioè secondo regole ben precise, la protesta.
Si
potrà formare un comitato, un gruppo, che cercherà soluzioni fattibili. Successivamente
potrà iniziare la fase della contrattazione. Tutto il gruppo scrive una petizione da
portare al Direttore. Fondamentale il coinvolgimento di tutti nella gestione della
proposta. Il diritto che si fonda sui principi del federalismo, infatti, presuppone la
capacità dei singoli cittadini di auto-organizzarsi. Senza questa capacità nessuna
riforma in senso federale potrà mai avere successo. Queste forme di associazione interne
alla scuola daranno un notevole aiuto al diritto federale, ormai alla base delle
democrazie moderne.
Compito
di ricostituire, perciò, i legami sociali non può che essere affidato alla legge, sola
istanza in grado di ristabilire un ordine sociale.
Del
resto un indizio di questo nuovo corso della scuola italiana lo si può trovare negli
stessi programmi per la scuola elementare del 1985. A un bambino è stato
scritto molto acutamente tutto <<fantasia-sentimento-intuizione>> a
cui, con una definizione ormai classica, corrispondeva limmagine di bambino dei
programmi del 1955, si contrappone efficacemente il <<bambino competente>> dei
programmi del 1985. Un bambino che entra nella scuola elementare con un proprio specifico
bagaglio di conoscenze e di esperienze, di idee e di valori accumulati nei suoi precedenti
anni di vita vissuti in due contesti apprenditivi altrettanto importanti: la famiglia e la
scuola materna. Un bambino che manifesta il suo diritto ad avere esperienze significative
dal punto di vista relazionale, ma soprattutto dal punto di vista cognitivo, trovando
nella scuola elementare il luogo specificamente organizzato per lapprendimento
rispetto alla famiglia e al contesto ambientale. Ci si è accorti di questo
pluralismo educativo in ragione di questo fenomeno. Non
vi è dubbio che vi sia un rapporto molto stretto tra scuola e società. Il problema è stabilire quale atteggiamento debba
assumere listituzione scolastica di fronte alla società. In un saggio Dewey pone un
interessante dilemma: la scuola deve subire il sociale, nel senso di non intervenire nel
processo informativo, limitandosi a presentare la cultura, ovvero ha lobbligo di
assumere un atteggiamento di responsabilità e addirittura di audacia intellettuale?
Leducazione alla legalità ci fornisce una risposta ovvia. La scuola non può
esimersi dal dare risposte, discutibili sempre, ma certe. Bombardelli discutendo un
argomento simile leducazione civica - ha concluso: Se la nostra
società è densa di insufficienze, ciò dipende in parte anche dalla scuola, che non si
dimostra in grado di concorrere ad un opera continua di rieducazione morale e civile. Essa
può cadere nella tentazione di scaricare nella società la sua insufficienza in questo
ambito, come non sarebbe del tutto fuori luogo fare, ma in tal modo non si risolverebbe il
drammatico problema della carenza di educazione civico-politica, che rischia di portarci
verso una società invisibile. E esattamente questo ruolo di filtro svolto
dalla scuola, da cui scaturisce la necessità di una formazione legale, intesa come
educazione alla coesione.
|