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Educazione alla legalità: alcune considerazioni generali
di Renzo Remotti

6. L'Educazione ai diritti umani

La comunità internazionale ha predisposto molti strumenti per diffondere un più diffuso senso della legalità.

La seconda Conferenza Mondiale [1] sui diritti dell’uomo tenuta a Vienna nel 1993 elaborò tra il 14 e il 25 giugno la Dichiarazione sull’educazione ai diritti umani. Nel documento si legge: “la Conferenza Mondiale sui Diritti dell’Uomo riafferma l’impegno solenne di tutti gli Stati a realizzare i propri obblighi, a promuovere il rispetto universale, l’osservanza e protezione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti in accordo con la Carta delle Nazioni Unite, ed altri strumenti concernenti i diritti umani e il diritto internazionale.”

I diritti dell’uomo sono definiti come “[…] il faro di tutti gli esseri umani; la loro protezione e promozione è la prima responsabilità dei Governi.” Essi sono universali, indivisibili, interdipendenti e correlati. La Dichiarazione considera, inoltre, interdipendenti la democrazia, lo sviluppo e il rispetto dei diritti dell’uomo. Si tratta di un passaggio molto importante, anche se non del tutto nuovo, perché lo spirito democratico viene identificato con la realizzazione effettiva dei diritti universali. Non vi può essere stato autenticamente democratico senza il diritto di stampa, di associazione e via discorrendo. Di conseguenza è dovere di tutti gli Stati, che vogliano rimanere in seno alla Comunità internazionale, diffondere con ogni mezzo la cultura dei diritti dell’uomo. E’ questo il passaggio che fonda su un piano giuridico il diritto\dovere all’educazione ai diritti umani, inserito direttamente nel dovere di cooperazione internazionale previsto dall’art. 55 della Carta delle Nazioni Unite e alla Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei Civili in tempo di guerra del 14 – Agosto - 1949. “La promozione e protezione di tutti i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali deve essere considerata come una priorità oggettiva delle Nazioni Unite in accordo con i suoi propositi e principi, in particolare il proposito della cooperazione internazionale.”

Con la risoluzione 49\184 del 6 – Marzo - 1995 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il periodo compreso tra il 1 – gennaio - 1995 e il 31 – dicembre - 2004 il Decennio dedicato all’educazione ai diritti umani nella convinzione che “l’educazione ai diritti umani contribuisce a un concetto di sviluppo in armonia con la dignità delle donne e degli uomini di tutte le età, dignità che tenga conto dei differenti segmenti di società, quali bambini, popoli indigeni, minoranze e persone disabili” e che “ciascuna donna, uomo e bambino, al fine di realizzare pienamente il proprio potenziale, devono essere consapevoli dei loro diritti umani – civili, culturali, economici, politici e sociali”. L’educazione non diventa solo dovere su un piano meramente conoscitivo, ma tecnica in senso stretto per l’effettività stessa dei diritti.

Il 20 – ottobre – 1997 infine venne approvato il Piano d’Azione, che getta le linee guida per la realizzazione di un tale ambizioso progetto. Il Piano fissa cinque obiettivi:

-         individuazione dei bisogni e formulazione delle strategie;

-         delineazione e elaborazione di programmi di educazione ai diritti umani a livello internazionale, di organizzazioni a vocazione regionale, nazionale, e locale;

-         Elaborazione del ruolo dei mass media;

-         Diffusione globale della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

 Il coordinamento dell’intero Piano è stato affidato all’Alto Commissariato per i diritti dell’uomo. Esso ha compiti essenzialmente di coordinamento e promozione di tutti i progetti relativi all’educazione dei diritti umani.

Tutti gli Stati aderenti alla Dichiarazione sono invitati a tracciare propri piani d’azione nel rispetto di questi principi. I principi sono volutamente generici. Il Piano d’Azione si pone solo come suggestione per i singoli Stati o Organizzazioni Intergovernative, lasciandoli, però, del tutto liberi per ciò che concerne l’attuazione pratica di tali obiettivi. Nel documento si può leggere: “Poiché lo organizzazioni governative o non governative e gli individui devono giocare un ruolo rilevante nell’assicurare che i diritti umani siano rispettati, le strategie nazionali che hanno per oggetto l’educazione ai diritti umani e i piani d’azione dovrebbero essere sviluppati e realizzati attraverso una mistura creativa di tutti questi soggetti.” In effetti l’educazione non è un processo pianificabile a priori, essendo piuttosto un’attività strettamente correlata alla dimensione culturale di ciascun Stato. Su un piano giuridico si è preferito fondare l’intera attività educativa sul principio della collaborazione internazionale tra tutti gli Stati sulla base del già citato art. 55 dello Statuto delle Nazioni Unite. Perciò il Piano d’azione enfatizza l’attività nazionale. Ciò per permettere che quest’azione possa essere adeguata alle singole realtà locali. Per “nazionale” il documento intende significare tutte le entità locali, comprendendo in essa non solo gli Stati, ma anche Regioni, Cantoni, Comuni e semplici comunità locali, come le minoranze linguistiche. In conclusione le Nazioni Unite hanno tratteggiato solo le linee guida, ma saranno poi le singole comunità che stabiliranno propri piani d’azione. Le linee guida sono estremamente ampie e rappresentano per lo più dichiarazioni d’intenti. I governi dovrebbero:

 

“a) Promuovere il rispetto per e la protezione di tutti i diritti umani attraverso le attività educative per tutti i membri della società;

b) Promuovere l’interdipendenza, l’indivisibilità e universalità dei diritti umani, incluso i diritti civili, culturali, economici, politici e sociali e il diritto allo sviluppo;

c) Integrare i diritti della donna come diritti dell’uomo in tutti gli aspetti del piano nazionale;

d) Riconoscere l’importanza dell’educazione dei diritti umani per la democrazia, lo sviluppo sostenibile, il ruolo del diritto, del progresso e della pace;

e) Riconoscere il ruolo dell’educazione ai diritti umani come strategia per la prevenzione delle violazione dei diritti umani;

f) Incoraggiare l’analisi dei problemi cronici e emergenti dei diritti umani, che dovrebbero portare a soluzioni consistenti in rispetto ai diritti umani;

g) Favorire la conoscenza delle tecniche all’uso globale, regionale, nazionale degli strumenti dei diritti umani e dei meccanismi per la protezione dei diritti umani;

h) Rafforzare le comunità e gli individui a identificare i loro bisogni concernenti i diritti umani e assicurarsi che siano rispettati;

i) Sviluppare pedagogie e includere conoscenza, analisi critica e tecniche per azioni concernenti i diritti umani;

j) Promuovere ricerche e lo sviluppo di materiali educativi destinati a realizzare questi principi generali;

k) Favorire il libero sviluppo di insegnamento per incoraggiare la partecipazione, la gioia dei diritti umani e il pieno sviluppo della persona umana.”

 Tutti i soggetti sono pertanto coinvolti nel progetto. I soggetti che sono stati espressamente chiamati in causa dalla Convenzione sono i più vari, ma tutti coinvolti in azioni che incidono sotto diversi aspetti nella concreta realizzazione ai diritti dell’uomo. Tra questi vi sono: tutti i gruppi che operano nel campo della cultura, le associazioni che operano all’interno delle persone a rischio di marginalità (anziani etc.), le scuole di ogni grado.

L’educazione non è un concetto nuovo e molti documenti internazionali sanciscono espressamente il diritto all’educazione. Per esempio l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti Umani, l’art. 13 della Convenzione dei diritti economici, sociali e culturali e in ultimo l’art. 29 della Dichiarazione Universale dei diritti del fanciullo.

Questi articoli, tuttavia, introducono piuttosto il diritto all’educazione e istruzione non il diritto all’educazione ai diritti umani. Si può affermare che il diritto all’educazione previsto dalla risoluzione del 1997 si configuri piuttosto come un nuovo diritto che comprende tutti gli altri. E’ il tassello mancante nel quadro della Dichiarazione Universale. L’esperienza dimostra che l’enunciazione di un diritto è del tutto vana, se non è accompagnata da un’ampia opera di divulgazione e soprattutto di educazione.

La seconda Conferenza Mondiale di Vienna, tuttavia, compie un ulteriore passo in avanti. Non viene posto, perciò, tanto l’accento sull’educazione scolastica, quanto sull’educazione al valore universale e, si può affermare, quasi etico dei diritti dell’uomo. Secondo il piano d’azione l’educazione dovrebbe contribuire alla riduzione delle violazioni ai diritti, costruire una società basata sulla libertà e sulla pace. L’educazione diventa veicolo di promozione della persona. Essa deve mirare a rendere consapevole ciascuno degli strumenti giuridici che possiede per dare ampio spazio alle proprie potenzialità, a realizzarsi nel modo più ampio e armonioso possibile. Da un punto di vista giuridico il diritto all’educazione non è altro che la conseguenza immediata dell’art. 1 della Dichiarazione. Il carattere eminentemente razionale di ciascun essere umano, implica il dovere dell’intera Comunità di educarlo e renderlo sempre più libero e capace di azione autonoma.

La Comunità internazionale con questo documento mira a garantire a tutti gli uomini la possibilità di vivere nella prassi quotidiana i principi dettati dai diritti umani. In base all’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e al complesso della Dichiarazione di Vienna sull’educazione pare che l’educazione debba essere diretta soprattutto alla valorizzazione della personalità e alla promozione della partecipazione sociale e culturale di tutti in modo da superare lentamente ogni forma di discriminazione. Peraltro la filosofia dei diritti dell’uomo è improntata proprio su questi aspetti. Il diritto all'educazione può essere realizzato senza dubbio prima di tutto in seno alla famiglia, dove verranno determinerà le scelte future in senso più lato: culturali, etiche, religiose. Tuttavia essa per essere completa e efficace deve proseguire lungo tutto l’arco della vita di un individuo e altre istituzioni dovranno farsi carico dell’educazione ai diritti dell’uomo. La Convenzione chiama in causa le scuole, le pubbliche amministrazioni, lo stato e via discorrendo.

Qualche parola merita l’analisi dei metodi che si possono adottare. Il programma dedica ampio spazio a un tema che non è del tutto indifferente, considerando che l'educazione è efficace solo se adotta strumenti capaci di giungere a tutti. Viene raccomandata la distribuzione di questionari, interviste, raccolta di materiali. Si sottolinea il metodo bottom-up attraverso cioè un sondaggio dei bisogni, propri di ciascuna persona. Dovranno essere gli stessi discenti che indicano i bisogni di insegnamento. Anche questo metodo è educazione, perché insegna a ciascuno la piena partecipazione alla vita della comunità, a cui si appartiene.

 



[1] La prima si tenne a Teheran il 13 – maggio – 1968

 

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