La Mediazione PedagogicaLiber Liber

La "Escuela Moderna" di Francisco Ferrer y Guardia
di  Maria Assunta Romaniello

5.1 La pedagogia razionalista

Secondo Smith[56], possiamo cogliere alcune idee ispiratrici dell’intero percorso culturale di Ferrer, in una lettera da lui scritta, ancor prima dell’apertura della prima scuola. Nel piano di Ferrer, sempre a parere di Smith, la scuola doveva servire di giorno ai bambini e di sera agli adulti. Al suo interno si dovevano disporre spazi per conferenze, riunioni sindacali, che non si sarebbero dovute occupare d’elezioni né di migliorare le proprie posizioni di classe. La loro attività doveva essere piuttosto finalizzata ad ottenere la completa emancipazione dell’individuo e della società, in particolare modo della classe lavoratrice. Ferrer, pur facendo leva sul concetto d’auto-educazione del proletariato, desiderava che frequentassero la sua scuola, bambini provenienti da tutte le classi sociali in modo da superare la divisione tra le stesse. L’antagonismo di classe, infatti, era impensabile per persone razionali. Il Nostro aveva scommesso molto sulla razionalità delle persone, considerandole un cardine della sua concezione filosofica e pedagogica. Questa impostazione razionalistica dell’educazione, mirava a formare individui autonomi ed indipendenti, capaci di costruire una società libera che avrebbe permesso di liberare l’uomo e non la classe. Ferrer espresse nei confronti della coeducazione delle classi sociali, le stesse opinioni che ebbe a favore della coeducazione dei sessi. La “Escuela Moderna” doveva porre a contatto bambini ricchi e poveri nell’innocente uguaglianza dell’infanzia. Nonostante considerasse la ribellione contro l’oppressione fondamentale per creare un pieno equilibrio tra gli uomini, perfettamente uguali, egli riteneva che la “Escuela Moderna”, preparando i bambini ad essere uomini, non dovesse anticipare né odi, né ribellioni. Nell’Ideale[57] , Ferrer tenne a precisare che a spingere l’umanità sulla via del progresso non vi era l’aspirazione a vedere il trionfo di un determinato partito, né a realizzare un’età dell’oro, ma a raggiungere un regime sociale, privo d’ogni privilegio e in grado di mettere l’individuo nella condizione di godere per suo diritto all’educazione naturale, libero da ogni impegno economico e politico. Secondo Ferrer, l’insegnamento doveva essere privo di dogmi e tradizioni, in quanto imprigionavano la vitalità mentale in limiti imposti dalle esigenze provenienti dalle fasi transitorie dell’evoluzione sociale. Dommanget[58] fa riferimento ad una lettera di Ferrer, dove questi affermava che il cervello dell’individuo deve essere lo strumento della sua volontà. In un suo articolo[59], Ferrer dichiarava di preferire la spontaneità di un bambino che non sapeva nulla a chi aveva subito l’educazione dell’epoca. Inoltre, riteneva fondamentale il ruolo della scuola nel coordinare l’insegnamento pedagogico basato sulle scienze naturali, senza fare nessuna concessione ai procedimenti tradizionali. Nel fare questo essa si scontrava con molte difficoltà di vario tipo: sociale, culturale, pedagogico. Il vero educatore, secondo Ferrer, non doveva violare, costringere, ma piuttosto difendere le energie proprie del bambino, anche contro la propria volontà. Egli desiderava uomini capaci di rinnovare l’ambiente e se stessi e con il tempo acquisire le idee delle persone a loro vicine, modificandole attraverso la conoscenza e l’esperienza. L’educazione andava quindi rinnovata radicalmente e si doveva rifiutare ogni impostazione pedagogica fondata sull’istruzione teorica, ossia sull’acquisizione di conoscenze che non avevano nessun significato per il bambino; al suo posto andava favorita invece, un’istruzione pratica. Per effettuare un’educazione integrale era necessario inoltre, convertire le rappresentazioni intellettuali suggerite dalla scienza, in sentimenti. Il concetto di educazione integrale dell’uomo, già presente in Bakunin, Proudhon, Kropotkin, in Ferrer ha assunto delle caratteristiche diverse. I suoi sviluppi pratici, inoltre, si sono differenziati da quelli di Robin e Faure, i quali consideravano l’istruzione integrale come un’apprendistato politecnico che doveva servire a preparare i lavoratori indipendenti ed autonomi. Ferrer, invece, quando parlava di educazione integrale si riferiva allo sviluppo delle diverse potenzialità; per questo nella Escuela Moderna non c’era apprendistato, non esisteva un laboratorio, ma si privilegiava il rapporto tra teoria e pratica. Attraverso la sperimentazione, infatti, si doveva giungere alla teoria, seguendo le indicazioni del razionalismo scientifico dell’epoca. Questo avrebbe liberato l’uomo dalle molteplici schiavitù, ossia da tutti i dogmi che impedivano l’emancipazione dell’umanità e dal pregiudizio religioso, ritenuto da Ferrer come elemento centrale dell’oppressione e del condizionamento. Ferrer sosteneva che la Escuela Moderna, adottando il razionalismo umanitario, infondeva nell’infanzia il desiderio di conoscere l’origine delle ingiustizie sociali e quindi di combatterle. In un articolo scritto in carcere nel 1907, ma pubblicato nel 1909[60], Ferrer si faceva sostenitore del Razionalismo umanitario, in quanto esso avrebbe permesso di combattere lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la schiavitù della donna, i nemici dell’armonia umana, l’ignoranza, il vizio, la cattiveria. In questo modo la scienza positiva avrebbe trasformato l’educazione in fatto rivoluzionario. Nella mente di Ferrer convivevano due filoni: il razionalismo del libero pensiero e lo scientismo positivista che era alimentato dalle teorie evoluzionistiche di Spencer, di Reclus e di Hackel. La ragione naturale e la scienza, infatti, guidavano il suo razionalismo educativo che si differenziava e si opponeva all’insegnamento religioso. Gli uomini educati con quest’impostazione pedagogica si sarebbero dovuti aspettare niente da nessuno tranne che da se stessi. Solo una scienza neutra, libera da ogni dogma e conforme alla natura, avrebbe garantito una coincidenza tra quest’ultima e la ragione. Ferrer sosteneva che bisognava seguire attentamente gli studi sul bambino condotti dagli scienziati, sforzandosi di ricercare i mezzi per applicare le esperienze di questi ultimi all’educazione che si voleva instaurare, al fine di raggiungere una liberazione sempre più completa degli individui.

Per rinnovare la scuola bisognava:

a)   studiare il bambino, in modo da dimostrare l’inadeguatezza della scuola preesistente;

b)   migliorare la scuola progressivamente, oppure fondare scuole alternative.

La prima strada era utile e positiva per promuovere la coscienza scientifica degli studi sui bambini e sul loro processo evolutivo. Ferrer denunciava il ruolo ideologico d’asservimento e di condizionamento che la scuola svolgeva nei confronti delle nuove generazioni. Se lo stato investiva molto sulla scuola, ciò dipendeva dal fatto che essa era ritenuta il mezzo più efficace per garantire il consenso e reprimere il dissenso. Da qui l’importanza di considerare l’aspetto politico e sociale della questione e prodigarsi per fondare scuole libere e diverse. Secondo Ferrer bisognava garantire la libertà dell’insegnamento e preoccuparsi non tanto di cosa insegnare ma di come farlo. Le modalità da seguire per insegnare qualsiasi materia erano due: o irrobustire il giudizio oppure atrofizzarlo. Nel primo caso si aiutava l’alunno a fissare l’ordine delle nozioni che si presentavano al suo esame per la prima volta, nell’altro caso invece, lo si sarebbe disgustato per sempre. A parere di Ferrer l’insegnante doveva provocare l’allievo al fine di far emergere i suoi interessi e le sue emozioni, in un clima positivo. L’insegnante non doveva impartire agli alunni la verità degli altri, ma far scoprire all’allievo le sue verità per mezzo di un metodo che andava perfezionato un po’ alla volta. Ferrer in un suo scritto[61], affermava che l’allievo doveva possedere la libertà di mostrarsi com’era e di progredire verso il sapere secondo la propria legge e le proprie forze, non sotto la soffocante autorità di un ordine imposto da una formula stabilita in nome della perfezione e dell’assoluto. La libertà doveva essere anche dell’insegnante al fine di garantirgli la possibilità di ricorrere a tutti i mezzi necessari per interessare l'allievo. L’autore, infatti, sosteneva che bisognava lasciare al corpo insegnante l’iniziativa di fare ciò che gli sembrava più opportuno, considerando che questi conosceva i suoi allievi meglio di qualsiasi burocrate e ministro. Inoltre, bisognava differenziare gli interventi educativi per favorire la crescita dei bambini. La pedagogia ufficiale doveva quindi cedere il posto all’individualità cosi come avevano insegnato Montaigne, Rousseau e Spencer. La “Escuela Moderna” doveva negare la scuola del passato ed incentivare, sviluppare, dirigere le diverse attitudini d’ogni bambino al fine di contribuire all’arricchimento dell’intera società. Era anche necessario che i locali della scuola rimanessero aperti anche di domenica per favorire gli incontri con l’intera comunità sociale. La “Escuela Moderna” doveva ricercare la continuità con quest’ultima e non con il sistema educativo tradizionale e con i valori autoritari dello stato.

Riassumendo si può affermare che le caratteristiche della “Escuela Moderna” erano le seguenti:

a) era una scuola a pagamento, anche se ognuno contribuiva secondo le sue possibilità, in modo da favorire l’educazione dei ricchi e dei poveri; >

b) era mista, al fine di contribuire alla coeducazione dei sessi;

c) aveva un atteggiamento razionale nei confronti della religione, nel senso che contrapponeva ad essa lo spirito scientifico. La scienza rappresentava una fonte di valori per l’intera vita;

d) non esistevano premi e punizioni, in quanto, secondo Ferrer, l’insegnamento razionale era innanzitutto un metodo di difesa contro l’errore e l’ignoranza. Essi causavano divisioni in classi e l’antagonismo di interessi;

e) non esistevano neppure esami o forme di valutazione, ma solo semplici registrazioni dei progressi compiuti dagli allievi dal punto di vista di un’educazione e di un’istruzione permanente e ricorrente[62]. In seguito alle richieste frequenti, da parte dei genitori dei nuovi alunni, di correggere gli errori dei loro figli, utilizzando le valutazioni tradizionali, Ferrer rispose con uno scritto che pubblicò nel Bollettino. In esso l’autore considerava gli esami classici non efficaci, perché non davano alcun risultato, costituendo delle torture nei confronti dei bambini. La valutazione serviva solo per soddisfare l’amor proprio, malsano, dei genitori. Gli insegnanti si servivano degli esami per dimostrare ai genitori che gli alunni avevano imparato molto sotto la loro guida . Tutto ciò avveniva a scapito della vita morale e fisica dell’alunno.

f) Nella “Escuela Moderna”, infine si dovevano rispettare i tempi e le modalità d'apprendimento d'ogni bambino; perciò era necessario lasciare libero l’insegnante da qualsiasi imposizione burocratica, al fine di regolare l’istruzione a piacere suo e di quello dei suoi discepoli. Non bisognava pertanto applicare una regola uniforme per tutti gli allievi. La stessa azione, compiuta da bambini diversi, poteva essere ispirata, secondo Ferrer, da motivi opposti. Era pertanto necessario conoscere tutti gli allievi per operare con efficacia su ognuno di essi.

Da quanto si è detto finora, si può sostenere che la scuola di Ferrer, rispetto a quella di Tolstoj, aveva le caratteristiche di una vera e propria scuola. Inoltre, l’attenzione che Ferrer ha mostrato nei confronti dei contenuti scientifici e della connaturata potenzialità rivoluzionaria, facevano della sua esperienza un modello adatto ad un sistema scolastico, ancor più di quelle di Robin e di Faure. In una circolare del 1908, Ferrer comunicava che si era costituita una Lega Internazionale per l’educazione razionale in cui ritornavano i suoi principali enunciati. Essi erano:

1) l’educazione dell’infanzia fondata su una base scientifica e razionale;

2) l’istruzione come parte dell’educazione;

3) la necessità che i programmi e i metodi d’insegnamento fossero adattati alla psicologia del bambino.

Questo era ciò che Ferrer scriveva prima di tornare in Spagna, nel 1909, dove fu accusato di essere un cospiratore della Semana trágica di Barcellona. A causa di essi, Ferrer fu fucilato, nonostante un’enorme e diffusa protesta si levasse in tutto il mondo. La sua fucilazione ha evidenziato come la questione della formazione scolastica era altrettanto pericolosa per i regimi conservatori delle lotte operaie e democratiche, analizzate nel corso del primo capitolo. Nel libro da lui scritto, La Escuela Moderna, in un rifugio clandestino e pubblicato per la prima volta dopo la sua morte, si possono ritrovare il fascino delle battaglie del passato e l’esposizione di valori e proposte di assoluta attualità.

5.2 I caratteri della “Escuela Moderna”

La prima “Escuela Moderna” fu inaugurata a Barcellona l’8 settembre 1901 e furono illustrate le sue finalità in un programma. In esso i propositi rivoluzionari non furono né taciuti e neppure esposti in modo aggressivo e polemico. Tina Tomasi[63]analizzando le finalità della “Escuela Moderna”, ritiene che essa intese formare delle persone libere da ogni pregiudizio, utilizzando un programma di studi razionali e scientifici, che si propose di stimolare l’alunno al fine di farne un membro utile della società e di dare un notevole rilievo alla salute fisica.

La scuola era strutturata come un centro comunitario che nei giorni festivi funzionava da università popolare e da luogo di ritrovo: essa ebbe a disposizione oltre alle normali aule, una biblioteca, un vasto salone e sale adibite alle conversazioni ed occupazioni ricreative[64]. La scuola si articolò in un asilo infantile, in un corso elementare inferiore e superiore e in una sezione per adulti. Accolse alunni di entrambi i sessi, appartenenti a tutte le classi sociali e di età compresa dai cinque anni in poi. La scuola organizzò oltre alla normale attività didattica, corsi di igiene, di ginnastica e di educazione sessuale. Un notevole margine di tempo fu dedicato al lavoro manuale e alle attività ricreative (giardinaggio, canto e gioco). Agli alunni non furono imposti né il silenzio né l’immobilità, fu concesso loro di uscire liberamente dalle aule se stanchi o annoiati. La disciplina e l’ordine derivavano da un clima disteso e sereno dove erano bandite le punizioni e le competizioni; gli insegnanti erano esortati ad instaurare rapporti umani diversi da quelli gerarchici, a farsi amare, a rispettare la personalità degli alunni. Inoltre a loro si richiedeva di perfezionare continuamente i metodi didattici secondo i risultati delle scienze psicologiche.

Analizzando i programmi dei singoli anni attuati nella “Escuela Moderna” riportati da Ferrer, le seguenti caratteristiche sembrano essere i fondamenti del suo operare:

L’igiene scolastica assunse un ruolo molto importante. Alcune figure dello stesso cattolicesimo spagnolo, San Alejo e San Benito Labra, furono, a parere di Ferrer, «due dei più popolari tra gli immondi e numerosi maestri di sporcizia»[65]. Seguendo il loro esempio, molti bambini non curavano molto la pulizia fisica e intellettuale. Essi, infatti, vivevano in un ambiente ricco d’ignoranza, perpetuata dal clero, dalla tradizione, dalla borghesia liberale e democratica di quel tempo. La “Escuela Moderna” combatteva sistematicamente questo «sudiciume atavico», dimostrando l’enorme ripugnanza che ispirava ogni persona, oggetto, animale sudicio. La pulizia al contrario suscitava piacere e simpatia. Si dimostrava che stare vicino a una persona pulita era più facile al contrario un soggetto maleodorante si evitava con disprezzo. Gli esponenti della scuola inoltre, ritenevano la sporcizia una fonte di malattia e portatrice di infezioni. La pulizia invece, avrebbe reso possibile il mantenimento dello stato di salute. In questo modo, si cercò di orientare la volontà dei bambini verso la pulizia e si predispose la loro intelligenza alla comprensione scientifica dell’igiene. I bambini con quest’insegnamento contribuirono a cambiare le abitudini igieniche della famiglia, sollecitandola alla pulizia. L’insegnamento impartito ai bambini avrebbe permesso loro di far trionfare nel tempo le idee acquisite circa l’importanza dell’igiene. A proposito di quest’ultima Ferrer fece riferimento a due articoli apparsi sul “Bollettino della Escuela Moderna”. In essi si sostenne che l’analfabetismo (su diciotto milioni di spagnoli dieci erano analfabeti) rendeva necessaria l’obbligatorietà dell’istruzione; a tal fine era necessario che la scuola rispettasse alcune condizioni: offrire sufficienti protezioni per evitare che il bambino si ammalasse. Non era raro assistere al dolore dei genitori di fronte alla perdita di un figlio a causa di una malattia contratta a scuola. La rosolia, la tosse canina, la “rogna” ed altre malattie trovavano negli istituti scolastici ufficiali un terreno fecondo a far scoppiare vere e proprie epidemie, in quanto i bambini che si ammalavano, contagiavano gli altri membri della loro famiglia. Alle malattie citate si aggiungevano la “tigna”, le deformazioni della spina dorsale, tutte provenienti dalla scuola. A causare queste malattie contribuirono alcuni fattori: l’uso di un solo gabinetto, degli stessi bicchieri, lo scambio di quadri e matite. Pochi edifici scolastici presentavano una situazione igienica accettabile. Il rimedio proposto da Ferrer era l’introduzione dell’istruzione igienica nelle scuole, le quali dovevano essere dotate di sale ampie, con aria e luce in abbondanza. Ferrer considerò necessario per il risanamento delle deficienze esistenti nelle scuole spagnole, ricorrere alle iniziative dei privati, alla collaborazione tra corpo docente e medici per una corretta prevenzione. Tutto questo avrebbe influito positivamente sul bilancio scolastico. L’organizzazione del servizio era affidato ad un medico, si basava sui seguenti punti:

1- salubrità dell’edificio, grazie alla ventilazione, al riscaldamento, all’installazione di gabinetti;

2- profilassi delle malattie contagiose con l’allontanamento momentaneo del bambino che avrebbe presentato sintomi di malattia al fine di evitare il contagio. Su questo punto si confidava sulla collaborazione della famiglia;

3- controllo del peso, della vista, della misurazione dell’altezza, che sarebbero dovuti avvenire ad intervalli periodici, al fine di verificare il procedere dello sviluppo per poi intervenire in casi di scoliosi o di altre imperfezioni;

4- educazione fisica e adattamento degli studi alla capacità intellettuale del bambino. Con l’aiuto del maestro si cercò di graduare l’esercizio fisico e il lavoro intellettuale al fine di evitare ai bambini il dolore di testa, gli “sfinimenti”, ecc.

5- educazione ed istruzione sanitaria. Attraverso conferenze settimanali si cercò di abituare il bambino alle pratiche igieniche (lavaggio delle mani, della bocca, bagni, nuoto, pulizia delle unghie).

Ferrer cercò di attuare questo programma igienico all’interno della sua scuola, invitando molti medici stranieri, con la speranza che i suoi allievi trasmettessero ai genitori, ai fratelli ed in seguito ai loro figli, le informazioni impartite ad essi. Il medico, il Dr. Martinez-Vargas, che formulò i precedenti punti programmatici, propose ai responsabili della “Escuela Moderna” di redigere un quaderno di “biologia” dove annotare lo sviluppo degli alunni e le malattie da questi contratte in modo che chi era immune dalla malattia, in caso qualcuno si ammalasse, poteva continuare a frequentare la scuola, senza il rischio di contagiare i compagni; quelli che non l’avevano avuta ancora potevano essere soggetti a misure preventive, le quali avrebbero permesso di non interrompere la vita normale delle famiglie e delle scuole.

Area giochi. Il gioco fu ritenuto all’interno della “Escuela Moderna” molto importante al fine di salvaguardare la costituzione, la salute, lo sviluppo fisico del bambino. Il gioco non doveva essere considerato importante solo per i suoi effetti sullo sviluppo fisico. Quest’opinione condusse in molti casi, nelle scuole ufficiali, a sostituire la ginnastica al gioco, che invece era ritenuto da alcuni studiosi del tempo, come Spencer, molto importante per il benessere del bambino. Gli esperti inoltre, dimostravano che il gioco aveva delle conseguenze positive sulla salute in generale e su quella mentale in particolare. Dal punto di vista pedagogico il gioco permetteva al bambino di affermare i propri desideri e per questo molti Paesi lo introdussero nelle loro scuole. Accettando questi principi, Ferrer si opponeva all’insegnamento cristiano che considerava la vita una croce ed un fardello. Secondo il Nostro la vita doveva essere vissuta e goduta, mentre andava respinto tutto ciò che arrecava dolore e tormento. In questo modo Ferrer si avvicinava alle impostazioni di Fröebel, che considerava ogni gioco ben fatto un lavoro e ogni lavoro un fine. Osservando il bambino mentre giocava, i maestri, i pedagoghi avrebbero potuto conoscere il carattere del fanciullo. La preferenza che il bambino esprimeva nel gioco fu ritenuta dalla “Escuela Moderna” un valido indicatore delle predisposizioni del bambino, in base alle quali si poteva indirizzarlo anche verso le professioni future. Inoltre il gioco serviva a far sviluppare nell’allievo il sentimento altruista, dimostrando i vantaggi della solidarietà.

L’insegnamento laico. All’insegnamento religioso e a quello politico Ferrer contrapponeva l’insegnamento razionale e scientifico. Un esempio dell’insegnamento religioso proveniva dalle congregazioni monastiche di tutte le nazioni, le quali impartivano poche conoscenze utili e molti principi appartenenti alla dottrina cristiana. Dal punto di vista politico Ferrer considerava il caso dell’insegnamento in Francia dopo la caduta dell’Impero, volto ad esaltare il patriottismo e a presentare l’amministrazione pubblica di allora come uno strumento di buon governo. Con l’insegnamento razionale proposto da Ferrer si cercò di eliminare ogni oppressione politica e religiosa. Utilizzando il metodo proveniente dalla scienza, definita dall’autore come l’esclusiva maestra di vita, si cercò di dimostrare all’infanzia che alla maggiore conoscenza dei prodotti della natura, delle loro qualità e della maniera di utilizzarli corrispondeva maggiore quantità di prodotti alimentari, industriali, scientifici ed artistici. In altri termini, solo attraverso il lavoro umano si potevano soddisfare i bisogni dell’uomo e non ricorrendo ad un “Dio” immaginario. Era, pertanto, inutile chiedere ad altri ciò che si poteva ottenere da noi stessi. Scopo della “Escuela Moderna” era quello di far capire ai bambini che ad un maggiore impegno nello studio, fin da piccoli, ne sarebbe conseguita la stessa quantità di benessere da grandi. Si poteva sperare, inoltre, di raggiungere la felicità, se ci si fosse liberati dalle superstizioni religiose. Queste ultime, infatti, da sempre erano causa di disagio morale e materiale. Ferrer scriveva: « L’insegnamento razionale e scientifico deve persuadere i futuri uomini e donne, che non devono attendersi nulla da nessun essere privilegiato (fittizio o reale), ma che devono aspettarsi tutto il razionale da loro stessi e dalla solidarietà liberamente organizzata ed accettata»[66].

5.3 L’aritmetica >

Ferrer ritenne che lo studio dell’aritmetica fosse il mezzo usato tradizionalmente per inculcare nei bambini le false idee del sistema capitalistico e per attribuire al denaro un alto valore. La “Escuela Moderna” indisse un concorso per il rinnovamento dello studio dell’aritmetica basato sulla risoluzione di problemi pratici, non attinenti né al denaro, né al risparmio, né al guadagno. Piuttosto gli esercizi avrebbero riguardato la produzione agricola e manifatturiera, la ripartizione delle materie prime e degli oggetti fabbricati, i mezzi di comunicazione e di trasporto delle mercanzie. La matematica in questo modo fu considerata la scienza dell’economia sociale, dove per economia si intendeva la giusta distribuzione delle ricchezze. Gli esercizi si basarono sulle quattro operazioni fondamentali (tenendo presenti i numeri relativi, quelli interi, i decimali e le frazioni), sul sistema metrico decimale, sulle proposizioni, sui quadrati, sui cubi, e sulle estrazioni delle radici quadrate e cubiche.

5.4 L’insegnamento della geografia

Questa disciplina fu oggetto di un articolo di Reclus che Ferrer pubblicò nel Bollettino n.6 del secondo anno, trattandola in stretta relazione con il concetto complessivo che Reclus sosteneva dell’insegnamento razionalista. In geografia e nello studio della natura terrestre il metodo proposto dall’autore era l’osservazione diretta della terra. Purtroppo, secondo Reclus, le scuole ufficiali preferivano ripetere i nomi di località, dei golfi, degli stretti, ecc., mnemonicamente, senza far riferimento a nessuna realtà precisa, perché all’alunno non erano mai presentati realmente gli elementi oggetto di studio. Il rimedio, secondo Reclus, consisteva nell’evitare di far studiare sui libri e sulle mappe, chiusi in edifici (ufficiali e privati), e nel far compiere ai bambini lunghe passeggiate collettive.

Il motto fu: «Torniamo dunque alla natura!»[67].La descrizione di oggetti e paesaggi nei primi anni di studio rese necessario differenziare il linguaggio secondo la provenienza dei bambini. Ogni luogo (pianura, montagna, località di mare) fu oggetto di osservazione per gli allievi. I risultati di queste osservazioni potevano permettere delle comparazioni con altri elementi presenti in altre località. Tramite l’osservazione fu possibile esaminare il tipo di terreno (sabbioso, argilloso, calcareo, ecc.) e la varietà dei fenomeni idrologici. Osservando il cielo si poté studiare la serie infinita dei movimenti della Terra e degli astri, che seguendo un cammino prestabilito offrivano l’occasione di studiare e riconoscere i punti cardinali e i diversi punti dello spazio. L’osservazione fu utile anche per effettuare viaggi con metodo, evitando le pedanterie e permettendo al bambino di divertirsi. In questo modo l’allievo era invogliato a saperne sempre di più. Reclus rifiutava di utilizzare gli atlanti per una questione di logicità. A parere dell’autore non si poteva, infatti, prima, spiegare la terra come una palla sospesa nello spazio, per poi presentare la sua immagine sotto forma di un foglio di carta quadrangolare, con figure colorate. Le mappe, le scale, le proiezioni erano dannose per i bambini, in quanto confondevano le idee.

5.5 L’escursione scolastica verso il mondo dell’industria

Frequenti erano le visite che gli allievi della “Escuela Moderna” effettuavano nelle fabbriche, dove si intrattenevano con operai ed operaie, accolti da loro con simpatia e rispetto. Le visite nelle fabbriche tessili, ad esempio, furono finalizzate a far conoscere da vicino ai bambini le tecniche e le varie fasi di lavorazione della lana. Si spiegò agli allievi, ad esempio che l’uso della filanda aveva contribuito al passaggio da una società di tipo nomade a quella urbana. Si voleva anche dimostrare che la scienza unita all’industria aveva avvantaggiato solo alcuni. Gli operai ad esempio dovevano sopportare quotidianamente gravose condizioni: salari minimi, morti premature. Al contrario i proprietari delle macchine avevano potuto arricchirsi e godere con i loro familiari di molti vantaggi.

Nel programma relativo all’anno scolastico 1903-1904, Ferrer, dopo aver evidenziato con soddisfazione i successi ottenuti negli anni precedenti dalla “Escuela Moderna”, riaffermò l’importanza delle finalità che quest’ultima si era posta fin dall’inizio, ossia la liberazione dai dogmi. In particolar modo, egli teneva presente la tipologia dei dogmi presentata da Hackel. Essa contestava:

- Il dogma antropocentrico, che riteneva l’uomo il centro di tutta la vita terrestre. Questo errore stimolava l’egoismo umano individuale.

- Il dogma antropomorfico, che comparava la creazione dell’Universo e del governo del mondo da parte di Dio alla creazione di un abile tecnico.

- Il dogma antropolatrico, che risultava dalla comparazione delle attività umane e divine, culminando nel delirio di grandezza dal quale derivava la credenza nell’immortalità dell’anima.

La pedagogia positiva si proponeva di abbattere l’ignoranza sottostante questi dogmi, insegnando le verità da cui far derivare un’autentica giustizia pratica. Essa inoltre, si poneva gli obiettivi di sistematizzare le conoscenze positive della natura, di proporre all’infanzia gli elementi di una società più giusta, finalizzati al benessere di tutti gli associati. Era necessario che Mosé cedesse il posto a Copernico, che aveva dimostrato il doppio movimento dei pianeti, a Galileo, con la sua scoperta che il sole e non la luna è al centro dell’universo e a Colombo, che aveva cercato di percorrere la terra in tutti i sensi, a Darwin, l’autore della teoria dell’evoluzione della specie. Per lottare contro i mali prodotti dall’errore e dalla superstizione, bisognava educare e istruire le nuove generazioni, alla luce dei principi razionali e positivi della natura. Si sarebbero formate in questo modo madri che avrebbero insegnato ai loro figli l’integrità della vita, la dignità della libertà, la solidarietà sociale e uomini emancipati dal timore del mistero, dalla credenza nei miracoli, dalla sfiducia in loro stessi.

Ferrer alla fine del suo lavoro, mentre si trovava in carcere, valutando i risultati della sua scuola, ritenne che l’esperimento effettuato fosse felicissimo, per due ordini di motivi:

- aveva dato la norma di quello che dovrebbe essere l’insegnamento nella società rigenerata;

- aveva fornito impulso creativo a quest’insegnamento.

In epoche precedenti l’insegnamento era ricco di errori e di pregiudizi dogmatici, di carattere autoritario. Il vero insegnamento era invece quello che prescindendo dalla fede, illuminava l’evidenza, grazie all’utilizzo dell’esperienza. Nella “Escuela Moderna”, in cui era stato attuato questo tipo di insegnamento si erano ottenuti molti benefici: il bambino a contatto con i suoi compagni cambiava le sue abitudini, dando importanza alla pulizia, evitando di fare il camorrista; di perseguitare gli animali, elevando la sua mente e purificando i sentimenti, incominciò a protestare contro le ingiustizie sociali e a detestare la guerra, non potendo ammettere che la gloria nazionale si basasse sulla conquista, sulla dominazione e sulla più ingiusta violenza.

La “Escuola Moderna” estese la sua influenza su molte altre scuole sostenute dai centri e dalle società operaie ed entrò nella famiglie grazie ai bambini divenuti a loro volta maestri dei loro stessi genitori. L’odio dei gesuiti era stato la causa, a parere di Ferrer, della chiusura della “Escuela Moderna”, che nel frattempo era riuscita comunque a perfezionare il suo progetto e ad acquistare la forza necessaria per realizzarlo.

5.6 Il culto di Ferrer e la Scuola Moderna in Italia

Dopo la morte di Ferrer , molti furono i seguaci dell’anarchico spagnolo sia in Europa che in America, in cui sorsero anche delle scuole che si basarono sull’esempio della “Escuela Moderna” sorta in Spagna.

Gli anarchici italiani, in particolare, s’impegnarono a continuare l’opera di Ferrer, il quale divenne oggetto di un vero e proprio culto. Tutto ciò è spiegabile, secondo Tina Tomasi[68], considerando oltre alla presenza di affinità ideologiche anche al carattere settario del movimento anarchico, il quale benché operante in una cerchia ristretta, ebbe un carattere culturalmente attivo, ma portato a conservare i ricordi e a “dimenticare” gli errori.

Già nel 1906 la scuola di Barcellona fu elogiata come l’unica istituzione capace di realizzare completamente l’ideale educativo anarchico, in grado di sradicare fin dall’infanzia i dogmi e i pregiudizi inculcati dall’istruzione statale, e di attuare la finalità di formare uomini liberi, forniti di spirito critico, di senso di responsabilità e di solidarietà.

Nel 1907 si ebbe a Roma un congresso anarchico all’interno del quale un esponente del movimento, Fabbri, invitò tutti i suoi aderenti a cooperare per l’istituzione di scuole razionaliste.

Tre anni dopo, a causa dell’indignazione e della commozione che l’uccisione di Ferrer provocò, l’idea fu rilanciata e raccolta con entusiasmo da più parti, nonostante la difficoltà del reperimento dei fondi e l’impossibilità pratica di trovare un lavoro per gli ex allievi. Questi ultimi, infatti, furono ritenuti sprovvisti di titoli legalmente validi.

Molti pensarono che l’idea di istituire una scuola sull’esempio di quella di Ferrer in Spagna, pur essendo utopica in quel momento, avrebbe garantito in futuro una «gloria feconda». Era necessario, infatti, nel presente non disperdere le forze ed impiegarle a dare ai genitori la consapevolezza dell’asservimento delle coscienze operato dalla scuola statale.

Altri, invece, considerando la situazione italiana diversa da quella spagnola, ritennero necessario per il nostro popolo ricorrere alla lotta rivoluzionaria al fine di abbattere istituzioni decrepite.

Luigi Molinari[69], il direttore di L’università popolare s’impegnò a realizzare una Scuola Moderna sull’esempio di quella di Barcellona. Egli infatti, sostenne coraggiosamente la necessità di creare una scuola unica, non governativa, fino a tutto il corso medio inferiore, fondata sulla cultura positivista.

Molinari, inoltre si fece promotore delle trasformazioni delle carceri e dei riformatori in autentici istituti d’educazione.

Per raggiungere tale scopo egli promosse una vigorosa azione propagandista, pur essendo consapevole che le autorità governative, generose ed indulgenti nei confronti delle istituzioni confessionali si sarebbero opposte al tipo di iniziative da lui progettate. Queste ultime invece ricevettero l’appoggio dei socialisti isolati, da camere del lavoro e da liberi pensatori.

Nel progetto che s’ispirava a Molinari, elaborato da un’apposita commissione, la scuola ebbe come primo obiettivo l’affrancamento del proletariato dalle «catene spirituali». Essa si sarebbe dovuta articolare in un asilo infantile, in un corso elementare e in un collegio. All’interno della scuola i figli degli atei, costretti a frequentare fino ad allora le scuole pubbliche, che si rifacevano agli ideali confessionali, avrebbero ricevuto un’educazione conforme alla libertà di coscienza.

Il progetto però non fu mai attuato, a causa del sopraggiungere della guerra, in quanto molti collaboratori si distaccarono da Molinari, essendosi quest’ultimo schierato a favore della neutralità. Il terreno che fu acquistato per costruire l’edificio scolastico fu adibito a ritrovo domenicale. Con la morte di Molinari, avvenuta nel 1918, caddero tutte le speranze di realizzare il progetto di istituire una scuola moderna.

Anche a Bologna un gruppo anarchico, di cui fecero parte Luigi Fabbri, Pietro Gori, Domenico Zavattaro, Angelo Toniello e Adele Santini, progettò una scuola moderna, ma la scarsissima quantità di fondi raccolti bastò solo a pubblicare qualche fascicolo di una rivista omonima. Il gruppo sopra citato, dubbioso di riuscire nel suo proposito, considerò la famiglia il soggetto principale per attuare una formazione razionalistica e libertaria dei giovani, essendo impossibile farlo nelle scuole statali.

Solo a Clivio, un paese in provincia di Varese, il progetto riuscì. La scuola fu voluta ed aperta da poveri lavoratori locali.

Secondo Tina Tomasi la scuola di Clivio ha costituito un episodio molto importante per una storia dell’autoeducazione popolare italiana, che è ancora tutta da scrivere.

Un bollettino[70], pubblicò in sette fascicoli la cronaca della scuola , illustrandone il programma libertario e pacifista e documentando i generosi sacrifici dei lavoratori locali per mantenerla in vita e difenderla dalla calunnia.

La scuola fu aperta nel 1909 e chiusa nel 1914, riprese le attività nel 1920 solo per pochi mesi a causa della revoca definitiva dell’autorizzazione da parte del ministero, che accusò l’istituzione di essere centro di una propaganda sovversiva e non di educazione. Il nome di Ferrer, che fu oscurato da altri avvenimenti, riemerse in Italia ed in altre parti d’Europa in occasione della guerra civile spagnola. In occasione del centenario della nascita di Ferrer avvenuta nel 1959, solo poche voci estranee alla cultura ufficiale lo hanno commemorato.

[56] MICHAEL P. SMITH, Educare per la libertà, Milano , Eléuthera, 1990, pp. 57 - 58.

[57] FERRER,  L’ideale in Bollettini dell’Escuela Moderna, a III, n. 6, Barcellona, 29 febbraio 1904 (cfr Ferrer cit. p. 115).

[58] DOMMANGET  cit. p. 21.

[59]  FERRER, l’Escuela Moderna, in Bollettini della Scuola Moderna, a I, n. 1 , Barcellona, 30 ottobre 1904 (cfr Codello cit. p. 116).

[60] FERRER, Razionalismo scientifico, in Il risveglio socialista anarchico, Ginevra, 5 dicembre 1909 (Cfr. A. CAPPELLETTI, Francisco Ferrer Y Guardia la pedagogia libertaria, Madrid, la Piquete,1980, pp. 48 – 49).

[61] FERRER, La libertà e l’insegnamento, in Bollettino della Scuola Moderna, a 1 ,  n. 6 , Barcellona 30 aprile 1902 (Cfr. CODELLO cit. p. 120).

[62] L’Educazione permanente era un obiettivo molto sentito dai liberali perché rifletteva sia la convinzione che l’educazione dovesse far parte della vita, e non essere riservata all’ambito scolastico, sia la convinzione che si potesse giungere all’emancipazione operaia attraverso l’istruzione. (SMITH, cit. pp. 59 - 62).

[63] TINA TOMASI, Il contestatore Francisco Ferrer, in: “Scuola” e città,  S.A, ottobre, 1970,  p. 447

[64] Cfr. Documenti sulla scuola moderna di Barcellona, in Il Pensiero, Roma, 1-16 novembre 1909, p. 338

[65] FRANCISCO FERRER Y GUARDIA, La scuola moderna, cit. p.45

[66]  FERRER Y GUARDIA, op. cit. p. 79

[67]  FERRER Y GUARDIA, op. cit. p. 81.

[68] T. TOMASI, Ideologie libertarie e formazione umana, cit. pp. 266-269

[69] Su Luigi Molinari cfr. GIUSEPPE V. CALLIGARI, Luigi Molinari educatore, «L’Università popolare», S.E, 1918, p. 60.

[70] La Scuola Moderna di Clivio. Rivista mensile per gli atti e la cultura razionalista; uscì dal  1ºmaggio al  1ºdicembre 1922.

   

 

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