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La Rivista Pedagogica (1908-1939)
di Marco Antonio D'Arcangeli |
3. I Direttori Locali della "Rivista". Il periodico nel contesto della
pubblicistica pedagogica e scolastica del primo 900
A
fianco della Redazione, con un ruolo differenziato ma complementare e tutto sommato
essenziale per laffermazione della nuova pubblicazione, nella stessa occasione in
cui si era proceduto alla nomina del Comitato (la Rivista - come si vedrà nel
prosieguo - dipendeva strettamente dai vertici dellA.N.S.P.), si stabilì di
istituire un nucleo di Direttori Locali del periodico la cui funzione sarebbe stata quella
di curarne la diffusione e di raccogliere elementi validi per renderne più ricca e valida
la contenenza[34], mansioni che ciascuno di costoro
avrebbe dovuto svolgere nella particolare regione che sarebbe stata affidata alla sua
competenza. Un ruolo, questo, al quale furono chiamati (evidentemente previo antecedente
accordo) personaggi di un certo rilievo nel panorama filosofico (e pedagogico) del
periodo.
Per
la Sicilia lincarico spettò a Giovanni Antonio Colozza(Frosolone, 1857-1943) [35], allievo di Angiulli, positivista, il
quale, attraverso una ricerca imperniata sui problemi dellimmaginazione e
dellattività infantile[36],
venne articolando una pedagogia di stampo herbartiano connotata dalla valorizzazione dello
sforzo che approfondiva il rapporto educativo in termini di interiorità
mettendo laccento sulla autorità dominatrice degli ideali[37]; nella revisione della
impostazione filosofica cui pure faceva riferimento, pur mantenendosi lontano dal
pragmatismo, considerò linteresse speculativo strettamente coordinato a quello
pratico; sostenne il concetto di una filosofia dellesperienza ma conservò il
carattere oggettivo del sapere[38].
Per
le province del Napoletano il compito di Direzione fu affidato invece a Nicola Fornelli
(Bitonto, Bari, 1843 - 1915)[39]. Di
orientamento positivista, Fornelli, contemporaneamente a Credaro, si dedicò alla
diffusione dellherbartismo pedagogico nel nostro Paese [40]; sostenne - ancora in piena sintonia col
pedagogista valtellinese - la necessità che lo Stato assumesse la diretta gestione
dellistruzione elementare, ed un modello educativo schiettamente laico imperniato
sul valore formativo del metodo scientifico, concepito come essenziale strumento (stante
la possibilità di promuovere attraverso la sua diffusione una visione autenticamente
critica del reale) per la costituzione di una nuova moralità da sostituire a quella
fondata sul dogma religioso. Il suo orientamento anti-determinista gli fece prendere
costantemente le distanze da tutti coloro che intendevano interpretare il processo
educativo in base alle leggi dellevoluzione [41].
Mentre
lincarico per il Piemonte risultava affidato al già menzionato P. R. Trojano, per
le province venete il delicato compito direttivo spettò a Giovanni Marchesini (Noventa
Vicentina, 1868 - Padova, 1931)[42],
autore della teoria di stampo pragmatistico delle finzioni[43] (che richiamava quella di
Vaihinger del come se) con la quale intendeva integrare, legando la alle
esigenze della dimensione valutativa, la lezione ricevuta in gioventù da Roberto Ardigò[44].
Ma
fu senzaltro la Toscana a beneficiare del Direttore locale di maggiore caratura
scientifica: si allude a Francesco De Sarlo (San Chirico Raparo, Potenza, 1864 - Firenze,
1937) [45]. Partito da una formazione di carattere
scientifico[46] e oltrepassate le giovanili
posizioni di carattere positivistico per il tramite della successiva ricezione delle tesi
del Bonatelli, approdò infine - ponendosi in costante riferimento alle problematiche ed
agli esiti dellindagine psicologica, la quale costituì il terreno privilegiato
della sua attività di ricerca - ad un peculiare spiritualismo (realistico [47], o realismo psicologistico[48], nelle definizioni degli
interpreti) che sarà esaminato durante lesplorazione dellesperienza della Rivista
- come del resto il finzionalismo di Marchesini: entrambi si riveleranno, infatti, dei
collaboratori se non fra i più assidui senzaltro fra i più rappresentativi del
periodico.
Lincarico
per lEmilia fu affidato a Giuseppe Michele Ferrari[49], Prof. di Pedagogia
allUniversità di Bologna e direttore della Scuola Pedagogica dello stesso Ateneo -
da non confondere con Giulio Cesare Ferrari, uno studioso che ritroveremo sulle pagine del
periodico con significativi contributi e che è legato anchesso ai primi passi mossi
dalla Rivista di Credaro, anche se in un modo diverso. Nato nel 1869, alienista,
sostenitore dei metodi della psicologia individuale nel trattamento delle malattie
mentali, traduttore di molte opere di W. James, G. C. Ferrari fondò (1905) e diresse la Rivista
di psicologia applicata[50], una
pubblicazione con la quale la Rivista, oltre ad aver stabilito uno stretto legame
di carattere economico (labbonamento cumulativo) aveva instaurato programmaticamente
già dai suoi esordii una stretta collaborazione scientifica [51].
Una
simile, intima cooperazione fu instaurata anche con la Rivista di pedagogia correttiva
del Dr. Prof. M. Carrara[52].
Son dati non trascurabili, per comprendere la larghezza dintenti e di prospettive
con le quali era sorta la Rivista. Essa si poneva, inoltre, consapevolmente, alla
testa, in una funzione di raccordo e di sostegno, di quella grande fioritura di periodici
scolastici che si andava sviluppando in quegli anni nel nostro Paese. Il periodico
prevedeva, infatti, la possibilità di contrarre abbonamenti cumulativi con numerose
pubblicazioni di questo tipo: esattamente quattro di Milano (Il corriere delle maestre,
La tribuna scolastica, La scuola e La voce delle maestre dasilo), due di
Torino (LUnione dei maestri elementari e La staffetta scolastica), la
fiorentina Rassegna scolastica ed i palermitani La settimana scolastica ed Il
risveglio magistrale, oltre alla ben nota I diritti della scuola di Roma)[53].
La
puntualizzazione geografica è essenziale al fine di ricostruire lestensione
effettiva della base sulla quale si costituì (ed operò) la Rivista - è per
questo che vi si insiste: emerge con evidenza la sua dimensione di carattere compiutamente
nazionale, fin dal principio. Il che significa chessa non era prodotto artificiale,
ma veniva incontro e scaturiva da un moto ideale diffuso e consistente - lo stesso che si
manifestava nellexploit delle pubblicazioni consorelle.
A
proposito della nascita di nuove pubblicazioni nel mondo pedagogico e scolastico italiano,
nel quadro del fermento innovativo che lo percorreva, non va dimenticato come dal 1907
avesse iniziato le sue pubblicazioni Nuovi doveri di Giuseppe Lombardo-Radice,
destinata a divenire lorgano della pedagogia attualistica. Si può già qui
anticipare che la nostra Rivista non assunse, inizialmente, né nei confronti di
tale periodico, né del pensiero idealistico in generale, un atteggiamento votato allo
scontro di pregiudiziale chiusura; del resto il comportamento dalla controparte, in questo
periodo, non fu recisamente bellicoso. Ne sono testimonianza da un lato i ripetuti cenni e
le frequenti menzioni dedicate dal periodico di Credaro[54], alle pubblicazioni di carattere
non soltanto pedagogico provenienti dal concorrente ambito filosofico, e dallaltro
la presenza - sia pure saltuaria - di alcuni esponenti di quello nei fascicoli della Rivista
(Fazio-Allmayer, Codignola, Spirito oltre a Gentile stesso). Ma a tale clima di
coesistenza (quasi) pacifica seguì, allindomani del primo
conìflitto mondiale, ed a seguito dello sconvolgimento da questo indotto nella vita del
Paese e conseguentemente nelle sue idealità, una brusca radicalizzazione delle posizioni,
causata però - va precisato - essenzialmente dallatteggiamento degli idealisti,
tesi alla conquista definitiva dellegemonia culturale attraverso il sistematico
smantellamento delle posizioni avversarie. Il gruppo della Rivista si troverà,
quindi, costretto a difendersi, ma lo farà rigettando comunque quelle esasperate
modalità di confronto non di rado privilegiate dagli attualisti.
Torniamo
ai Direttori locali del periodico e passiamo alla Lombardia, ove toccò ad Alfredo Piazzi
(1865-1922)
[55] ricoprire limportante
funzione. Allievo di Cantoni, e dunque di matrice neokantiana, Piazzi si era concentrato
sulle tematiche pedagogiche mostrando di condividere un orientamento di tipo herbartiano.
Ma più che allapprofondimento delle questioni teoretiche egli rivolse la sua
attenzione alle problematiche didattiche relative alla riforma dellinsegnamento
medio[56] ed alle implicazioni sociali e
politiche delleducazione[57] -
oltre che dedicarsi, con pregevoli studi, alla storia della pedagogia[58].
A
completare lelenco dei direttori locali della Rivista manca ancora Roberto
Benzoni (1860-1944), Prof. di Pedagogia allUniversità di Genova (1920-1934) [59] ed ivi Direttore della Scuola
Pedagogica, al quale venne affidato lincarico per la Liguria. Se a questo punto si
potrebbe concludere per quanto concerne la definizione dellorganico direttivo della Rivista
al momento del suo costituirsi, dal punto di vista di una ancora più circostanziata
ricostruzione dellinsieme degli indirizzi che venivano a confluire in essa occorre
ancora menzionare Giuseppe Tarozzi (Torino, 1866 - Padova, 1958)[60], autore del primo articolo apparso
sulla pubblicazione, nel gennaio 1908, dopo la nota programmatica di Credaro[61], Roberto Ardigò pedagogista;
assiduo collaboratore della Rivista per lintero corso delle sue
pubblicazioni, Tarozzi è da considerare forse il principale esponente di quella tendenza
revisionistica interna al positivismo ardigoiano [62] nella quale vanno collocati anche - a
precisare così i nostri brevi cenni - Colozza, Marchesini e Tauro[63].
Era
un positivismo in crisi[64] in
quanto i paradigmi della scienza ottocentesca evidenziavano in misura sempre maggiore le
loro inadeguatezze ed insufficienze, soprattutto nella comprensione del mondo umano e
della vita spirituale. Ma i nostri post-positivisti, pur intenzionati a salvaguardare un
ambito di legittimità per la conoscenza empirica, risentirono non poco del clima
irrazionalistico che pervase la nostra cultura allinizio del nuovo secolo, finendo
per avventurarsi, nella maggior parte dei casi, su sentieri che condussero quasi
inevitabilmente alla riaffermazione di verità trascendenti lesperienza -
trascurando la possibilità di effettuare un rinnovamento del proprio indirizzo di
pensiero che ne conservasse al tempo stesso limpostazione di fondo per il tramite di
un serio approfondimento, da un punto di vista logico e metodologico, delle strutture del
sapere scientifico-sperimentale.
La
parabola percorsa da Tarozzi esemplifica perfettamente il quadro testé tracciato e può
definirsi emblematica: dalla critica del determinismo[65] sviluppata sul finire del secolo [66], da cui derivò laffermazione
dellautonomia dello spirito e della volontà rispetto alla causalità fisica[67], egli giunse successivamente ad
ammettere una realtà trascendente il pensiero e quindi lesperienza [68], ed a postulare il carattere di
contingenza della conoscenza, approdando così sul terreno dello spiritualismo e
della fede[69].
Un
dato emerge senzaltro, da questa ricognizione allinterno del Comitato di
Redazione (Direttori locali compresi) della Rivista: la forte rappresentanza dei
tardo/ex-positivisti (assieme ad un certo numero di positivisti tout court) [70]. Accanto a loro, oltre a scienziati come
Sante De Sanctis, comunque non distanti dalle posizioni della filosofia
positiva, e senza dimenticare la presenza di una figura di sicuro peso
come De Sarlo, una ridotta schiera di neokantiani, o meglio di allievi di Credaro[71], e di alcuni dei padri
ottocenteschi di questo orientamento di pensiero [72]. Mentre della filosofia
positiva non mancava in sostanza allappello alcuna generazione, il
neokantismo era rappresentato, nel periodico, quasi esclusivamente dai suoi più giovani
esponenti [73]. In ogni caso la nascita della Rivista
evidenziava la realizzazione di una significativa convergenza di queste due correnti
filosofiche - oltre che delle due tradizioni del Ritorno a Kant nostrano
- quantomeno sul piano dellimpostazione della problematica pedagogica.
Ma
è giunto il momento di definire sia pure brevemente latmosfera culturale che si era
andata delineando nel nostro Paese in quegli anni - il primo decennio del nuovo secolo -
che avevano preceduto la fondazione della Rivista, per ricostruire con maggiore
puntualità origini, finalità e collocazione del nascente periodico.
[34] Cfr. Atti
dellAssociazione ..., in Riv. Ped., luglio-agosto 1908, cit.
[35] Prof. di Pedagogia
allUniversità di Palermo dal 1903 al 27. Fra le sue opere rammentiamo La
meditazione (1903) e Questioni di Pedagogia (1911).
[36] Risale al 1895 il suo Il
gioco nella psicologia e nella pedagogia.
[37] Cfr. F. Cambi, Leducazione
tra ragione e ideologia, cit., p. 40. Per Calò, citato da Cambi, lopera matura
del Colozza è pervasa da questo fascino deglideali [...] dallattrattiva di
questo mondo di valori che si rivela essenza e ragione finale, cioè costitutivo, dello
spirito.
[38] Cfr. M. F. Sciacca, Il
secolo XX, cit., p. 90. Su Colozza è da vedere il recentissimo volume di Letterio
Todaro, Giovanni Antonio Colozza e la crisi del positivismo pedagogico , Catania,
c.u.e.c.m., 1999.
[39] Insegnò Pedagogia prima
allUniversità di Bologna (in qualità di Prof. straordinario, dal 1886), ove
successe a Siciliani ed in seguito a Napoli (raggiunse lordinariato nel 1894), con
landata a riposo di Angiulli
[40] Già dal 1886, con due
saggi che apparvero sulla Rivista italiana di filosofia di Ferri
[41] Cfr. Riv. Ped., n.
6, 1915, - nel quale sono dedicati a Fornelli, appena scomparso, numerosi contributi, fra
cui quello di Credaro, Nicola Fornelli, pp. 495-498.
[42] Titolare dal 1902 della
cattedra di Filosofia Morale allUniversità di Padova, Marchesin passò nel
22, nello stesso Ateneo, allinsegnamento della Pedagogia, incarico che detenne
fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1931. Fondò e diresse la Rivista di Filosofia e
scienze affini (1899-1908).
[43] Organicamente formulata
in Le finzioni dellAnima. Saggio di etica pedagogica, del 1905, ed in Dottrina
positiva delle idealità, 1913. Ne La finzione delleducazione, La
pedagogia del come se (1925) Marchesini sviluppò le implicazioni
pedagogiche della sua impostazione filosofica.
[44] Revisione che prese
avvio dal suo La crisi del positivismo ed il problema filosofico, del 1898.
[45] Detenne dal 1900 al 1933
lincarico di Filosofia Teoretica allIstituto di Studi superiori di Firenze,
presso il quale nel 1903 fondò, con il patrocinio di P. Villari e lappoggio di F.
Tocco [...] un Gabinetto di Psicologia sperimentale, il primo del genere in Italia e il
migliore (cfr. M. F. Sciacca, Il secolo XX, cit., p. 59). Nel 1907 fondò la
rivista La cultura filosofica, che diresse fino al 1917. Opere principali: Saggi
di filosofia (1896), Metafisica, scienza e moralità (1898), I dati
dellesperienza psichica (1903), Principi di scienza etica (in
collaborazione con G. Calò, 1907), Il pensiero moderno (1915), Filosofi del
tempo nostro (1916), Psicologia e filosofia (1918), Introduzione alla
filosofia (1928), Vita e psiche. Saggio di filosofia della biologia (1935).
[46] Studiò medicina a
Napoli, dove ascoltò anche lo Spaventa e il Vera (M. F. Sciacca, Il secolo XX,
cit., p. 59).
[47] Cfr. M. F. Sciacca, Il
secolo XX, cit., p. 59.
[48] Cfr. E. Paolo Lamanna, Il
realismo psicologistico nella nuova filosofia italiana, in Logos, 1924, cit., pp.
121-153.
[49] Nato nel 1862. Non è
stato possibile reperire la data della sua scomparsa.
[50] Luogo dedizione
Imola-Bologna.
[51] Comè
esplicitamente documentato dalle copertine dei primi fascicoli della Rivista Pedagogica.
È da queste che son tratti tutti i dati qui di seguito riportati concernenti le
collaborazioni di carattere economico e scientifico del periodico di Credaro
[52] Che si pubblicava a
Torino.
[53] Cfr. copertina della Rivista
Pedagogica, a. I, n. 4, aprile 1908.
[54] In particolare nella
rubrica Tra libri e riviste (poi Recensioni) e nei Sommari di riviste.
[55] Nellunica fonte
dalla quale è stato possibile attingere notizie sullo studioso in questione, si accenna
allorigine valtellinese di Piazzi senza precisare questo dato biografico, né quello
del luogo della sua scomparsa. Insegnò allAccademia scientifico-letteraria di
Milano, per poi passare alla cattedra di Pedagogia allUniversità di Pavia.
[56] Questioni urgenti
della scuola media, 1906.
[57] La scuola media e le
classi dirigenti, Milano, Hoepli, 1903.
[58] Leducazione
filantropica nella dottrina e nellopera di G. B. Basedow, 1916. Per le
informazioni biobiblografiche su Piazzi qui riportate cfr. Luigi Credaro, La Scuola di
Pavia di C. Cantoni e G. Vidari, cit., pp. 517-518.
[59] Benzoni aveva insegnato,
in precedenza, Pedagogia allUniversità di Napoli. Trasferito allateneo
genovese, in un primo tempo ebbe la cattedra di Filosofia Teoretica.
[60] Insegnò dapprima
allUniversità di Palermo (1902) per poi passare a quella di Bologna (1906-1936).
Non cè accordo nelle fonti sugli incarichi ricoperti da Tarozzinel corso della sua
lunga carriera accademica. Più esattamente, mentre sembra assodato che a Palermo
insegnasse Filosofia morale, per quanto concerne il lungo periodo bolognese è menzionato
lincarico precedente (nella maggior parte dei casi) e quello di Filosofia Teoretica.
Nel frontespizio del fascicolo dellottobre-dicembre 1921 della Rivista Pedagogica
(numero in cui è presente il suo La lettura del Paradiso, pp. 437-441)
Tarozzi è qualificato come ordinario di filosofia morale nella R. Università di
Bologna. Sembra probabile che lo studioso torinese sia passato successivamente da
questo allaltro incarico (che, al limite, li abbia ricoperti, da un certo periodo in
poi, congiuntamente) - e che sia riportato unicamente il secondo in quanto più
prestigioso.
[61] Giuseppe Tarozzi, Roberto
Ardigò pedagogista, in Riv. Ped., a. I, n. 1, gennaio 1908, pp. 3-7. Già per
la sua collocazione tipografica, nonché per largomento cui si fa riferimento nel
titolo, questo contributo sembrerebbe rappresentare, se non ad un secondo
programma della Rivista Pedagogica, quantomeno una precisazione o uno
sviluppo di quello formulato, appena innanzi, da Credaro l analisi delle prime
annate del periodico, che sarà condotta nel prosieguo, confermerà questimpressione
(che poi legittima linserzione di Tarozzi in questo contesto).
[62] DellArdigò
Tarozzi è stato considerato il più valoroso discepolo - discepolo nel senso vero
di continuatore e rinnovatore della dottrina del maestro: cfr. M. F. Sciacca, Il
secolo XX, cit., p. 99.
[63] È il gruppo definito da
Cambi (Leducazione tra ragione e ideologia..., cit., p. 39) dei
tardo/ex-positivisti: sarà usata però anche la denominazione di
post-positivisti, che appare altrettanto esplicativa. Non va dimenticato che
nella Rivista non marginale era la presenza di studiosi ancora sostanzialmente
legati al patrimonio concettuale ottocentesco proprio di questa visuale filosofica: tale
sembra ad esempio il caso di Fornelli, che per tale motivo non è stato inserito fra i
tardo/ex-positivisti. Mancano ancora allappello, comunque, qui, positivisti in
crisi di primo piano come Erminio Troilo e Ludovico Limentani, che faranno però di
lì a poco il loro ingresso sui fascicoli della Rivista, ingrossando le già
consistenti fila degli epigoni (critici) della filosofia di Ardigò nel periodico di
Credaro.
[64] Altra definizione di F.
Cambi (Leducazione tra ragione e ideologia..., cit., p. 40) di significato
equivalente a quella menzionata precedentemente.
[65] Così sintetizzata da M.
F. Sciacca in Il secolo XX, cit., pp. 106-107: La natura è accadere, fatto,
ma il fatto, per il Tarozzi è ciò che occupa un momento della coscienza.
Ogni fatto è singolo e perciò un fatto non è mai un altro. Il determinismo
delluniformità naturale risulta, come obiettivazione metafisica, unillusione.
La realtà è, invece, varietà infinita di fatti, fluenti nel divenire, che si integrano
nella continuità e di cui lunità è nella coscienza.
[66] Giuseppe Tarozzi, Della
necessità nel fatto naturale e umano, 1896-1897.
[67] Cfr. F. Cambi, Leducazione
tra ragione e ideologia..., cit., p. 40.
[68] Cfr. M. F. Sciacca, Il
secolo XX, cit., p. 111 (nota 56).
[69] Cfr. F. Cambi, Leducazione
tra ragione e ideologia..., cit., p. 40. Di fondamentale importanza fu, nella parabola
di Tarozzi, il volume Lesistenza e lanima, del 1930. Tutti i suoi
scritti fino al 1936 sono elencati in La libertà umana e la critica del determinismo
(1936). Da ricordare anche Linfinito e il divino (1951) che racchiude gli
ultimi esiti della sua ricerca teoretica.
[70] Studiosi come, di nuovo,
Fornelli. Ma non si trattava di un caso isolato, come si potrà verificare nel prosieguo
della trattazione.
[71] Il quale neokantiano, in
realtà, da tempo non si professava più.
[72] Si allude a Della Valle
ed a Piazzi, discepoli rispettivamente di Masci e di Cantoni.
[73] Ma saranno proprio i
giovani neokantiani, come si vedrà, i reali protagonisti della storia della Rivista.
Quelli che sono stati in precedenza definiti gli intellettuali organici del periodico
provennero quasi esclusivamente da tale indirizzo di pensiero - pur sviluppandone ciascuno
in modo assai differente, per la verità, il patrimonio concettuale.
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