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La Rivista Pedagogica (1908-1939)
di Marco Antonio D'Arcangeli |
È
forse il caso di ribadire come il tracciare una storia della Rivista sotto
lesclusivo profilo del dibattito teoretico-pedagogico e dunque dei contributi dei
grandi nomi rischia di fornirne unimmagine alquanto parziale. La
relazione concernente landamento della Rivista presentata da Della Valle in
sede di Consiglio Generale dellA.N.S.P. nel 14[175] ci fornisce
uninteressante documentazione sulla composizione dellorganico dei
collaboratori del periodico. Abbiamo 26 Professori Universitari (F. Masci, N. Fornelli,
G.A. Colozza, G. Marchesini, R. Benzoni, G. Calò, R. Mondolfo, A. Piazzi, F. Orestano, G.
Tarozzi, G. Vidari, B. Varisco, P. Vecchia, G. C. Ferrari, Agostino Gemelli, L. Limentani,
G.B. Grassi-Bertazzi, Amilda Pons, Ettore Patini, R. Resta, P. Romano, G. Tauro, E.
Troilo, Paolo Bellezza, U. Saffiotti e Quintilio Tonini), tre Alti Funzionari del
Ministero della P.I. (T. Armani, C. Trabalza e P. Pagni), uno degli Affari Esteri (A.
Namias) ed uno dellAgricoltura-Commercio-Industria (G. Castelli). Ma la
rappresentanza dellistruzione secondaria era assai più consistente, con ben 19
insegnanti provenienti dagli Istituti Classici e Tecnici (P. Buffa, . Carassali, T.
Cifarelli, A. De Benedetti, Giovanni Ferretti, Guido Fornelli, . Grande, I. Raulich, A.
Lantrua, . Paggi, E. Pangrazio, A. Marucci, G. Mazzalorso, P. Peola, F. Rivelli, E.
Vagaggini, A. Poggiolini, T. Vallese, G. Zamboni) e 21 Professori delle Scuole Normali (E.
Brenna, A. Cano-Lintas, L. Clerico, Giuseppe Ferretti, L. Ciulli-Paratore, E. Di Carlo, G.
Francia, M. Galli, E. Imperatore, M. A. Maccagno, M. Maresca, E. Nobile, A. Pagnone, E.
Santamaria-Formíggini, M. G. Settignani, G. Tinivella, L. Ventura, L. Visconti, A.
Schenardi, C. Viviani, G. Sapienza-Castagnola). È qui ribadito che lautorità
del grado accademico ricoperto era ben lungi [...] dal costituire un principio
direttivo rispetto alla richiesta od alla accettazione degli articoli, essendo
sempre stato e rimanendo come unico criterio [...] il valore scientifico degli
scritti. Questo per introdurre la citazione dei collaboratori della Rivista
provenienti dallambito dellistruzione primaria: 7 fra Ispettori e Direttori
Didattici (N. Calì Di Falco, G. Matarollo, B. Rinaldi, G. C. Pico, A. Bianchessi, G.
Pizzigoni e L. Neretti) e 10 insegnanti elementari (R. Costanzo, D. De Cristo, I.
Fornasari, F. Contini, A. Martelli, I. Benso, C. Pellegrino, L. Majoli, L. Molino, M.
Valenzano)[176]. Nove erano inoltre i
collaboratori che il periodico aveva raccolto [...] anche fuori degli studii
filosofici e pedagogici (G. Del Vecchio, A. Monti, G. Mortara, G. Pasquali, E.
Presutti, L. Raggi, F. Ribezzo, L. Di San Giusto - pseudonimo della Prof. Luisa Macina
Gervasio - e B. Allason) e sei quelli provenienti dallestero (E. Peeters, A. Egner,
E. Lippert, F. Watson, con i triestini M. Graziussi e F. Pasini). Emerge chiaramente da
queste cifre come il ruolo della cultura accademica nel periodico, per lo meno da un punto
di vista quantitativo, benché rilevante, non si possa definire preponderante: ed è
considerazione che viene confermata e rafforzata dellElenco dei collaboratori
che appare nel gennaio 1924, in calce alla nota di Credaro Il XVII anno della
Rivista Pedagogica [177]: documento questo chè ancor più
essenziale al nostro discorso, in quanto contenente i nominativi di tutti coloro che dal
1908 avevano partecipato alla redazione del periodico (mentre il precedente si riferisce
alle collaborazioni degli anni immediatamente precedenti) - fornendoci dunque una visione
dassieme, un colpo docchio sulla storia della Rivista dal
punto di vista della ripartizione in categorie professionali dei suoi collaboratori. Senza
inoltrarci nuovamente in unanalisi di carattere quantitativo, si può comunque
notare come si ribadisca, qui, il fatto che la categoria dei professori universitari
rappresenti in sostanza una sia pur non esigua minoranza, mentre notevole è il numero dei
maestri e degli Ispettori Didattici per la scuola elementare - e come, fra
glinsegnanti medi, vi sia una netta prevalenza di quelli provenienti dalla Scuola
Normale (lattuale Magistrale). Questo per ribadire che, senzaltro con piena
consapevolezza, la Rivista cercò di porsi come voce di tutti
glinsegnanti italiani, privilegiando le opinioni e le proposte di chi operava
concretamente, sul campo - come per stabilire un collegamento reale con la
prassi educativa. Non sapremmo dire se questo comportò un abbassamento del
tono del periodico: senzaltro ne fece però la cassa di risonanza
dei problemi della nostra scuola, a tutti i suoi livelli. Certamente, poi, questa funzione
dovette tendere a restringersi, fino a venir meno, quando gli spazi di critica e di
discussione reale divennero sempre più esigui. Non va comunque sottaciuto come interventi
di tal genere presentassero il più delle volte una certa ristrettezza di prospettive,
oltre che tematica, essendo legati a specifici aspetti di natura didattica, visti
nellottica del particolare ordine o grado o ambito distruzione in cui
operavano gli autori; siamo spesso di fronte ad un materiale che sembra guidato dal fine
di una riforma esclusivamente tecnica degli Istituti in esame, correzioni o
integrazioni o modifiche tutto sommato parziali delle strutture esistenti, senza una
visione più ampia, realmente pedagogica, delle problematiche esaminate[178]. Tale
didatticismo va connesso con la posizione governativa (pur nel suo
riformismo) di Credaro, che fa il paio con la stessa ricezione della pedagogia
di Herbart chegli promosse: tutto sommato scolastica, cioè scarsamente
problematica, senza lintenzionalità di un approfondimento degli aspetti più
complessi che pur sono intimi alla teoresi educativa del grande filosofo tedesco (valga
qui il fine della libertà delleducando che una meccanica psicopedagogica volta a
far interiorizzare dei valori prefissati in pratica finisce per sconfessare). Ad ogni modo
la Rivista offre allanalisi storica, proprio per le caratteristiche
specificate più sopra, uno spaccato senzaltro non privo dinteresse delle
reali condizioni in cui versava la nostra istruzione (fatto salvo il periodo fascista, in
cui son numerosi i panegirici retorici delle istituzioni scolastiche promosse dal Regime),
comprendendo naturalmente in ciò la preparazione professionale e lideologia di
fondo del nostro corpo insegnante. Va anche aggiunto, sulla contenenza della Rivista,
come sia possibile reperire in essa una ricca saggistica di carattere storico-critico
(concernente non soltanto pedagogisti ed educatori noti e meno noti, ma anche, come da
programma, le istituzioni scolastiche, generalmente nostrane): firmati, il più delle
volte, da insegnanti medi, tali contributi son giudicati dalla critica ancor oggi
consultabili con profitto.
Lespansione
dellAssociazione proseguì, almeno per quanto concerne i suoi primi tre anni
desistenza, in modo capillare su tutto il territorio nazionale, con una prevalenza
abbastanza netta di diffusione, però, nelle regioni settentrionali. Non è disponibile un
elenco completo delle Sezioni dellA.N.S.P. costituitisi in questi anni, ma dagli
Atti dellAssociazione ..., sulla Rivista, è possibile appurare la nascita di
nuclei anche in centri minori del meridione come Altamura (Puglia) o (in seguito, però)
Noto (Sicilia). A parte una certa pausa fra la fine del 1910 e linizio del 1911, la
frequenza della rubrica dedicata al sodalizio sul periodico di Credaro fu praticamente
regolare almeno fino a tutto il 1913. A partire dal 14, però, lapparizione
degli Atti dellAssociazione ... si fece intermittente, e tale carattere conservò
nel 1915. Per quanto riguarda le annuali Adunanze del Consiglio Generale, che ci possono
fornire un termometro della coesione ed efficienza dellAssociazione,
sappiamo già chesse ebbero regolare svolgimento fino al 1912 mentre nel 1913 il
Consiglio, previsto al termine del II Congresso di Pedagogia, non si svolse come non si
tenne quello. A tale proposito va rammentato come non fosse affatto semplice allora
organizzare consessi di questo genere, viste le difficoltà nelle vie di comunicazione
soprattutto con le zone meridionali della penisola (e cerano anche non trascurabili
problemi di carattere economico). Ma lA.N.S.P. cominciava in ogni caso a registrare
una fase di arresto e contrazione: dal Consiglio del 12 emerge come molte
Sezioni si andassero sciogliendo, essendone in pratica restate in attività soltanto
otto (Alessandria, Milano, Napoli, Perugia, Roma, Rovigo, Sondrio, Torino)[179].
Nel
1914 lAdunanza si svolse regolarmente [180]. LAssociazione, da quanto è
chiaramente affermato in questa sede, era riuscita a recuperare, in questi anni,
consistenza raddoppiando il numero delle Sezioni [181]. In tale occasione si registrano anche
delle modificazioni sostanziali nella composizione dellUfficio di Presidenza:
accanto a Vecchia la Vice-presidenza venne assunta da Sante De Sanctis, mentre fra i
Consiglieri fecero il loro ingresso Francesco Orestano e Giovanni Vidari [182]. Nel 1915, allindomani
dellintervento dellItalia nel conflitto mondiale, si riunì lUfficio di
Presidenza che deliberò, su proposta della Sezione di Torino, ladesione
dellAssociazione alla Unione Generale deglInsegnanti Italiani per la guerra
nazionale presieduta dallon. Vittorio Scialoja; mentre auspicava che Scuola e
Patronati scolastici fossero messi in grado di svolgere unopera di
assistenza sociale coordinata, spirituale e pratica, lUfficio di Presidenza
dellA.N.S.P. si propose di raggiungere la cifra di £. 1000 da devolvere
per le famiglie di combattenti bisognose [183].
La
guerra inflisse senzaltro il colpo decisivo allAssociazione, che indubbiamente
aveva già perso, con la nomina di Credaro a Ministro della P. I. e la sua lunga
permanenza alla Minerva, fra il 1910 e il 14, colui che grazie al suo carisma
ed a unindubbia capacità di mediazione distanze diverse e di coordinamento
organizzativo avrebbe potuto consentirle una più solida coesione ed uno sviluppo più
duraturo. Nel 1916 la rubrica Atti dellAssociazione ... non è presente; dal 1917
sul frontespizio dei fascicoli della Rivista non apparirà più la dicitura
Organo (in precedenza: Pubblicazione mensile)
dellAssociazione Nazionale per gli studi pedagogici - e qualche scarno
dato riguardante lAssociazione lo potremo reperire, da questo anno in poi,
principalmente nella rubrica Notizie, da cui apprendiamo che il 9 aprile del 1917 si era
nuovamente tenuta (fu probabilmente lultima) lAdunanza del Consiglio Generale [184]. Ancora qualche citazione
dellA.N.S.P. è presente nel 1918 [185], e nel 19[186]: da questa data, però, non
più un cenno è possibile reperire riguardo allAssociazione, mentre sempre nelle
Notizie si rileva come altri sodalizi (lU.M.N., la F.N.I.S.M. ecc.) avessero ripreso
in pieno la propria attività una volta terminato il conflitto. Nel già citato Piccole
polemiche del marzo-aprile 1921, firmato dalla Redazione[187], occasionato
dallattacco alla Rivista da parte dellEducazione Nazionale,
possiamo leggere - ed è unammissione significativa in questo contesto, in cui è da
ritenere che nulla più del dovuto si intendesse concedere allavversario - che
lAssociazione durò poco; mentre Credaro, nel gennaio 1923, nel pure in
precedenza esaminato fondo Lultima tappa, affermò in primo luogo
che la sua riassunzione della Direzione del periodico era seguita ad una deliberazione in
tal senso espressa dal Consiglio Direttivo dellAssociazione, ed inoltre, in risposta
alla proposta dei dimissionari Resta e Formíggini-Santamaria, che invocavano un
nuovo corso del periodico con decisa assunzione di una prospettiva filosofica
realista, che ciò - a parte le considerazioni da noi riportate in precedenza - non
sarebbe neppure permesso, perché la Rivista è lorgano di una Associazione,
che non respinge dal suo seno i rappresentanti di alcuna scuola[188].
Ma
sul frontespizio della Rivista la dicitura Organo... non riapparse:
appare probabile che le precedenti espressioni di Credaro testimonino di un sodalizio
ancora formalmente esistente ma in pratica destituito di reale consistenza e vitalità, e
di una sua volontà di tentarne, in questa occasione, una riproposta ed un rilancio [189] - del resto, fra lincarico alla Minerva,
la guerra e il Commissariato in Alto Adige, soltanto ora, dopo ben 12 anni, il pedagogista
valtellinese poteva tornare a dedicare a tempo pieno le proprie attenzioni
allAssociazione. Questo tentativo non riuscì, e forse Credaro seriamente nemmeno
lintraprese. Certo non dobbiamo sottacere che le circostanze che precedettero,
accompagnarono e seguirono un evento della portata del primo conflitto mondiale
senzaltro non erano, visto il radicalizzarsi delle posizioni e linasprirsi
delle divisioni fra gli animi, le più favorevoli per il prosperare di un sodalizio
animato da intenti scientifici da perseguire nel sereno confronto collegiale e portatore
di un messaggio di riforma intellettuale, morale e pratica della nostra scuola del tutto
alieno dagli estremismi ed entusiasmi combattentistici che nel periodo
finirono per pervadere lopinione pubblica. Ma ad un più attento esame le crepe
dellA.N.S.P. si erano fatte evidenti già in prossimità del conflitto - anche se fu
questo, con gli anni immediatamente successivi, a minarne definitivamente la consistenza.
Strutturata gerarchicamente, con una duplicità di organi direttivi che però, tutto
sommato, mentre sembrava assicurare una certa sostanziale decisionalità alla periferia,
ne determinava la gestione in senso centralistico, lAssociazione avrebbe avuto
bisogno, per continuare fruttuosamente ad esistere, oltre che di particolari, favorevoli
condizioni storiche e sociali, di un ben più saldo collante sia teoretico ed ideologico,
che non fosse da un lato un herbartismo poco approfondito e scarsamente problematizzato
nei suoi nuclei nevralgici (che così organizzato da un punto di vista teorico non poteva
resistere agli attacchi dellidealismo) e, dallaltro, un vago
riformismo sostanzialmente istituzionale e
ministeriale che ne legava le possibilità alla congiuntura della politica
giolittiana, rendendola del tutto inadatta a fronteggiare situazioni diverse. Allineata,
tutto sommato, allunanimismo patriottico durante il conflitto a livello
dei suoi organi direttivi, lAssociazione qui venne probabilmente a perdere le
simpatie alla base di quei settori più marcatamente progressisti delle nostre classi
insegnanti che pure, bene o male, erano presenti nel suo seno (come del resto le
incertezze del Ministro Credaro, specie nei confronti deglIstituti confessionali, e
del problema dellinsegnamento della religione, linsufficienza e parzialità di
certe sue misure legislative, la sua sotterranea polemica con glinsegnanti medi non
dovettero giovare già dal 1910 in poi alla popolarità dellA.N.S.P.,
senzaltro dai più identificata con la sua persona). LAssociazione non ebbe la
capacità e forse anche la volontà, la forza ed il coraggio, nei suoi dirigenti, di
assumere posizioni più chiare e marcate, certo anche estreme, come forse il periodo
avrebbe richiesto, non soltanto perché non cera, come già detto, una esauriente
auto-chiarificazione delle proprie posizioni teoretiche, ed anche, conseguentemente,
ideologiche, ma anche perché ciò avrebbe implicato che i vertici
dellorganizzazione, e Credaro in particolare, rinnegassero quel carattere di
sodalizio precipuamente di studio, imperniato cioè su un programmatico,
fiducioso accoglimento di tutte le opinioni sinceramente professate per il
conseguimento del fine della verità scientifica, con il quale essi lavevano
concepita. In tale intenzionalità, senzaltro idealmente apprezzabile, poteva però
nascondersi una perniciosa e letale, proprio perché inconsapevole, auto-illusione, oltre
che evidenziarsi il notevole limite insito nella concezione della possibilità di una
verità neutra - in particolare educativa - cioè non influenzata
ideologicamente (e qui giocò il mito dellassolutezza dei valori). Tale
incondizionata apertura, infatti, mentre disorientava chi faceva parte
dellAssociazione, che non si trovava mai a registrare posizioni chiaramente
delineate, quando ve nera indubbio bisogno, poteva in realtà significare, o
quantomeno essere interpretata, a parte come rifiuto di un impegno reale e conseguente in
una ben definita direzione, ancor più come una involontaria confessione dinteriore
incertezza derivante dalla precarietà della propria posizione, bisognosa di ricevere
lumi dallesterno per chiarificarsi, e come espressione di una sensazione
dincapacità a procedere innanzi in modo autonomo. Sta di fatto che oltre alla
debolezza reale o presunta implicita in tale impostazione, il gruppo che guidava
lA.N.S.P. non seppe sviluppare a fondo la propria impostazione teorica - e venne a
perdere credito nei confronti degli altri sodalizi, che quantomeno nella pur ristretta
finalità professionale detenevano e fornivano un definito punto di riferimento. In fondo
lA.N.S.P. si mantenne in un troppo artificiale equilibrio fra il fine scientifico e
quello senzaltro politico per i quali era nata, non li chiarificò a fondo, nessuno
dei due, rivelandosi alla fine troppo asettica ideologicamente ed affatto definita
teoreticamente (non dimentichiamo che al suo interno, pur nella comune accettazione del
paradigma herbartiano dellautonomia e scientificità della pedagogia, convivevano
anime ben differenziate, quantunque tese ad incontrarsi, e quantunque, come già detto, vi
fosse una sorta di tendenza comune a nascondere le difficoltà teoretiche nel
rifugio pedagogico - il che, poi, non consentiva anche qui di calarsi alle
dovute profondità).
LA.N.S.P.
muore, ma quella che inizialmente era semplicemente una sua creatura, ovverosia la Rivista
Pedagogica, continuerà la sua esistenza per ben un ventennio ancora. È una
circostanza che va chiarita. La Rivista continuò ad esistere perché, a parte le
circostanze pratiche, il progetto ideale di una scienza delleducazione o
comunque di una pedagogia autonoma dalla speculazione filosofica continuava anzitutto a
sussistere nel gruppo intellettuale che animava il periodico. E nel 1923 esso può ancora
ritenere di poter recuperare posizioni sia teoreticamente che politicamente,
per ricondurre a sé il corpo insegnante italiano - anche se non sembrava aver preso
esatta consapevolezza degli errori e delle insufficienze del passato (prima fra tutte la
già sottolineata indeterminatezza delle prese di posizione mascherata dietro una
auto-illusoria tolleranza scientifica di tutte le impostazioni) anche se, a
dire il vero, non avrà nemmeno il tempo di farlo: di lì a poco sarà impossibile
esprimersi con più nettezza, anzi un linguaggio volutamente cifrato diverrà
una necessità, a prescindere da ogni possibile (ma per noi estremamente improbabile)
presa di coscienza da parte di questi intellettuali. Ad ogni modo essi operano negli anni
20 il loro massimo sforzo teorico (anche se non è possibile dire quanto, col
passare degli anni, essi credessero ancora, almeno i più coerenti e fedeli
allimpostazione iniziale, di poter riconquistare il terreno perduto). Ma se la Rivista
continuò ad esistere fu perché in qualche modo i suoi lettori non labbandonarono.
Non è difficile ipotizzare che la qualità del periodico, la molteplicità dei temi
trattati con indubbia competenza e sobrietà, la ricchezza del suo contenuto anche
meramente informativo legato senzaltro alla felice impostazione delle sue rubriche,
ne facesse in ogni caso uno strumento utile e valido, apprezzato anche da parte dei suoi
avversari (Gentile, labbiamo potuto constatare, era in possesso di tutte le sue
annate).
Numerosissimi
furono fra laltro glistituti educativi di ogni ordine e grado di tutta la
penisola per i quali labbonamento alla Rivista era entrato ormai, per così
dire, nella tradizione. In ogni caso, poi, non è da credere che, a parte le delusioni
dellA.N.S.P., tutti quegli insegnanti che si erano formati sullidea di una
pedagogia scientifica, strettamente legata alla psicologia ed alle scienze sociali,
improvvisamente si legassero al paradigma idealistico gentiliano che aveva preso il
sopravvento. Nonostante tutti gli errori commessi e le incertezze manifestate, i nomi
tutelari del periodico non potevano non rimanere dei simboli per quelle generazioni che
erano cresciute sotto il loro magistero; senza contare che lesplicita lotta condotta
contro la Riforma Gentile e le polemiche con lattualismo pedagogico e gli ambienti
clericali (più provocate da questi che ricercate dalla Rivista, va specificato)
finirono per conferire al periodico di Credaro una sembianza di pubblicazione
dopposizione al Regime (mai espressa con chiarezza, tranne qualche caso che
esamineremo a suo tempo) che poté senzaltro fargli recuperare consensi o
conquistare nuove simpatie in tutti coloro che nel mondo educativo nostrano rifiutavano il
Fascismo. Del resto non crediamo non fosse noto, in genere, il fatto che Credaro non si
era iscritto al P.N.F. Col progressivo appiattimento della Rivista sulle posizioni
del Regime, anche se il periodico non ne divenne compiutamente mai una cassa di risonanza
propagandistica, venne meno progressivamente anche questa sua attrattiva di
tipo tutto sommato politico - del resto lo spirito dopposizione si era
molto affievolito anche nel Paese. Come del resto mostreremo, la Rivista esauriva
la sua funzione con la scomparsa progressiva dei suoi maggiori e più rilevanti
protagonisti, mentre i più giovani sembravano definitivamente conquistati
dallideologia dominante - o comunque si trinceravano dietro problematiche settoriali
ed un linguaggio asetticamente tecnico. Era una pedagogia che aveva detto tutto quello che
aveva avuto da dire, e quei piccoli indizi del nuovo, che pure possiamo
cogliere anche nelle ultime annate del periodico, erano troppo fuori dalla capacità
dellambiente culturale di recepirli, troppo, forse, in anticipo sui tempi per essere
sviluppati.
[175] Cfr. Atti
dellAssociazione ..., Riv. Ped., dicembre 1914, pp. 1043-1045.
[176] Ed a proposito di
questi è aggiunto che spianare la via a giovani di valore è stata sempre una delle
più simpatiche finalità della nostra Rivista.
[177] In Riv. Ped.,
gennaio 1924, cit.
[178] E questo vale anche
quando, come vedremo in seguito, introducendosi il tema del metodo attivo o
della scuola attiva, sembra emergere lintenzionalità di una revisione
radicale delle strutture dellistruzione pubblica.
[179] Cfr. Atti
dellAssociazione ..., in Riv. Ped., novembre 1912, cit. Questi dati sono
reperibili a p. 229.
[180] Cfr. Atti
dellAssociazione ..., Adunanza del Consiglio Generale - 1° novembre 1914, in
Riv. Ped., dicembre 1914, pp. 1042-1051.
[181] Ivi, p.
1043. Fra le nuove Sezioni costituitesi (o ricostituitesi) a partire dal 1913 sono qui
menzionate quelle di Cagliari, Udine, Belluno, Noto, Arezzo e Lucca.
[183] Cfr. Atti
dellAssociazione ..., LUfficio di Presidenza e la guerra nazionale, in Riv.
Ped., giugno 1915, p. 618. Erano presenti alla riunione il Presidente Credaro (in
verità, noto come anti-interventista) ed i Proff. Vecchia, De Sanctis, Orestano,
Sferra-Carini, Grossi e Cabrini.
[184] In Riv. Ped.,
marzo-aprile 1917, pp. 313-316.
[185] Cfr. nelle Notizie,
La riforma della scuola normale secondo il progetto Credaro-Berenini discusso
dallAssociazione nazionale per gli studi pedagogici e dallAssociazione
nazionale fra glinsegnanti delle Scuole normali e complementari, e ordine del giorno
dellassemblea dei professori delle Scuole normali e complementari di Napoli, e La
Sezione di Chieti, in Riv. Ped., marzo-aprile 1918, pp. 256-287; ed inoltre
Note e discussioni, G. Tarozzi, Associazione Nazionale per gli studi pedagogici,
Sezione di Bologna, in Riv. Ped., luglio-dicembre 1918, pp. 575-577.
[186] Cfr. nelle Notizie,
in Riv. Ped., marzo-aprile 1919, pp. 205-216, La Sezione Bolognese
dellAssociazione Nazionale di Studi Pedagogici (menzionata, dunque, una seconda
volta, il che fa supporre fosse tra le pochissime ancora in attività). Ancora nelle
Notizie, in Riv. Ped., ottobre-dicembre 1919, pp. 566-571, v. Associazione
nazionale per gli studi pedagogici, p. 566 (lincertezza sulla stessa
denominazione del sodalizio, fra i due fascicoli del 19, sembra testimoniare di una
certa evanescenza del medesimo). È qui riportato il verbale della riunione
dellUfficio di Presidenza in data 28 luglio 1919. Risultano presenti Credaro, il
cassiere dellAssociazione Prof. Grossi, ed i Consiglieri Armani (Segretario),
Cabrini, Evaristo Marsili e Sferra-Carini. Armani ritirò in questa occasione, sotto la
pressione dei colleghi, le sue dimissioni da Consigliere (ricordiamo che nello stesso
periodo, per motivi di lavoro, aveva abbandonato la mansione di Redattore-capo della Rivista);
Credaro diede invece lannunzio della sua partenza per il Trentino. A seguito di
ciò, su proposta dello Sferra-Carini, venne nominato in questa sede, alla direzione della
Rivista Pedagogica, il Comitato di Redazione (Resta, Marsili, Benetti-Brunelli,
Santamaria-Formíggini) che la guiderà fino a tutto il 1922.
[187] La Redazione, Piccole
polemiche, in Riv. Ped., marzo-aprile 1921, pp. 168-169.
[188] L. Credaro, Lultima
tappa, cit., p. 2.
[189] In effetti qualche
tentativo in questo senso ci fu. Ne abbiamo notizia in Movimento della scuola e della
pedagogia e scienze affini, Lassociazione per gli studi pedagogici a Napoli,
in Riv. Ped., maggio-giugno 1923, pp. 407-415,. È qui riportato il verbale di una
assemblea svoltasi il 24 maggio di quellanno nellAula magna
dellUniversità partenopea, che si concluse con la riaffermazione, da parte della
Sezione napoletana, della volontà di riorganizzare e operare fortemente il
progresso degli studi pedagogici e della scuola italiana. Nelloccasione si
ebbero i discorsi dei Proff. Giovanni Perna(di carattere patriottico), Guido Della Valle e
Leonardo Bianchi (definito qui principe degli alienisti italiani).
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