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Brevi considerazioni sul III rapporto sulla formazione nella
Pubblica Amministrazione 1999: maggiore attenzione ai contenuti dei programmi
di Renzo Remotti |
1. Riforme amministrative e formazione
Nel
Maggio del 2000 è stato pubblicato il III Rapporto sulla formazione nella pubblica
amministrazione a cura del Dipartimento per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
La
lacuna principale riguarda i contenuti che dovrebbe offrire questa nuova formula
formativa. Anzi questo aspetto viene addirittura considerato di secondaria importanza:
"Lanalisi di queste iniziative (che coprono variabilmente dal 10 per le
Regioni al 30 per cento per le PA Centrali del tempo formativo
globale) non presenta in questa sede particolare interesse di dettaglio. Si tratta in
generale di azioni multidisciplinari tese a creare professionalità atte al migliore
inserimento nellamministrazione riformata con attenzione ai parametri manageriali e
tecnici più avanzati. Lo sforzo più importante in questarea come risulta dalle
esperienze più qualificate il corso concorso della Scuola Superiore, il corso
concorso dellIstituto Tagliacarne e il progetto Ripam gestito dal Formez è
quello di arricchire e aggiornare il curriculum formativo, incentivando i processi di
responsabilizzazione gestionale e di attrezzaggio tecnologico e combinando la formazione
daula con lesperienza diretta nei contesto lavorativo cui i formandi sono
destinati."
Ci
sono altri problemi che devono essere affrontati. Con l'attuazione delle riforme
amministrative si sono introdotte categorie economiche (efficienza, efficacia,
programmazione etc.) nel linguaggio giuridico. Non si deve, tuttavia, dimenticare che
l'amministrazione pubblica non potrà essere equiparata mai completamente a un'azienda
senza che venga meno il suo fine primario che consiste nella realizzazione dell'interesse
pubblico. Come si può, allora, predisporre una formazione in grado di far interiorizzare
questi due valori all'apparenza tanto diversi e, almeno per una parte della dottrina
giuridica, quasi opposti? Un altro aspetto deve essere preso in considerazione. La
pubblica amministrazione è stata investita da un profondo mutamento con l'introduzione
dell'informatica. La diffusione dei personal computer ha creato una serie di aspettative
che non possono essere tradite a causa di un deficit formativo. Del resto sarebbe anche
una grave perdita di un'opportunità non utilizzare tutti i vantaggi di questo mezzo.
Spesso il computer viene visto solo come un aiuto a diminuire la fatica e la noia
dell'attività ripetitiva. Non viene invece utilizzato come gestore di informazioni.
Infatti la memorizzazione dei dati è solo un aspetto dell'informatizzazione.
L'informatica è invece un mezzo molto potente di gestione dell'informazione. Lo scopo
dell'informatizzazione è piuttosto favorire lo scambio di dati attraverso reti aperte,
creando spazi pubblici di discussi e mutevole aiuto tra le varie amministrazioni locali e
centrali. Pensare di realizzare progetti tanto ambiziosi senza un'adeguata formazione è
illusorio.
Non
vi può essere alcun dubbio che nella pubblica amministrazione oggi, anche dopo un
ulteriore tornata di riforme, siano ancora valide queste considerazioni: "Quello che
è strano in tutto questo è che a ben pochi sia venuto in mente il fatto che non esiste
alcun motivo reale per cui la pubblica amministrazione non possa essere, anche nel suo
nucleo centrale, "agile ed efficiente" o almeno molto più agile ed efficiente
in quanto non lo sia oggi e, se è vero quanto siamo venuti via via affermando, il primo
passo in tale direzione dovrebbe consistere nell'abbandonare la concezione della pubblica
amministrazione come mera esecutrice della legge per vederla invece come produttrice di
beni e servizi nell'ambito della legge. La differenza appare piccola e addirittura
trascurabile, ma l'adottarla aprirebbe spazi enormi di miglioramento che oggi appaiono
preclusi. Ma, ovviamente i mutamenti di natura simbolica, quelli che alterano concezioni
profondamente radicate nella cultura di un Paese, sono quelli più difficile da conseguire
[
]"
Ma
allora qual è l'approccio teorico migliore per pianificare un programma completo per la
formazione nella pubblica amministrazione? Certamente la teoria del curriculum offre un
utile ausilio in tal senso. L'idea del curriculum, infatti, ha il vantaggio di mettere in
primo piano prima di tutto gli obiettivi da raggiungere e poi, in stretto collegamento con
questi ultimi, i contenuti dei programmi. Si potrà così, attraverso un ordine quasi
assiomatico, predisporre un curriculum generale per ciascun tipo di pubblica
amministrazione (Enti culturali, previdenziali etc.), un curriculum medio rivolto a
ciascun profilo professionale operante in seno a ciascun Ente (Dirigenza, Direttivi etc.)
e, infine, un curriculum individuale, che dovrà rappresentare la storia individuale di
ciascun operatore amministrativo. Al termine si potrà predisporre un'attività di
formazione dinamica e aderente alla realtà eterogenea della pubblica amministrazione. E'
naturale, inoltre, che un tale processo di programmazione, se è finalizzato a rispettare
i reali bisogni formativi, non potrà prescindere da un ampio dibattito, in seno a cui
dovranno essere coinvolti tutti i soggetti operanti nel settore pubblico.
Tutto
ciò può rappresentare un notevole miglioramento per programmi, che in re ipsa
sono rivolti a persone adulte con un proprio bagaglio culturale.
2. Per un percorso curriculare
Senza
dubbio non è facile costruire un percorso curricolare, adatto per gli adulti. Come è
noto nel 1918 F. Bobbit, con il testo The curriculum, ha introdotto la definizione
di curricolo, che ancora oggi è valida per molte ricerche in questa particolare area
della ricerca pedagogica. Secondo l'autore per curriculum bisogna intendere una
successione intenzionalmente strutturata delle azioni didattiche o formative che la scuola
adotta esplicitamente per completare e perfezionare lo sviluppo delle abilità di un
soggetto." La caratteristica, pertanto, principale di ogni curriculum è la
struttura, ovvero l'idea che ciascuna unità si ricollega a tutte le altre per formare
un'unica unità.
Il
vantaggio di tale strumento è allora costituita dall'offrire all'insegnante o meglio
all'intero ente didattico (scuola etc.) uno strumento-guida, capace di orientare la
didattica verso ben precisi obiettivi.
Il
curriculum pertanto non è tanto uno strumento di analisi di efficacia del prodotto
didattico, quanto mezzo di programmazione e pianificazione. Perciò l'idea di curriculum
è particolarmente utile da utilizzare per costruire il processo didattico dei nuovi
burocrati. L'obiettivo dovrà essere formare i burocrati in direzione di questa nuova
cultura volta alla realizzazione razionale del servizio pubblico nel rispetto del
principio della legalità.
L'altro
aspetto che è interessante sottolineare nella definizione del Bobbit è l'intenzionalità
dell'elaborazione curricolare. Il curriculum è un processo artificiale, costruito da
esperti per pianificare un'azione didattica a beneficio di una realtà preesistente. Lungi
dall'essere tale processo elaborativo privo di vincoli chi predispone il curriculum deve
conoscere molto approfonditamente la realtà, a cui si rivolge. In ciò consiste
l'intenzionalità. Programmare un processo educativo consiste in buona sostanza iniziare
dalla realtà dell'amministrazione con tutte le sue manchevolezze e punti di forza e,
soltanto in un secondo momento, tentarne un mutamento verso determinati obiettivi.
A
questo punto emerge il problema principale delle riforme amministrative in relazione al
processo didattico, problema che non è affrontato dal rapporto. Spesso il riformatore
immagina la pubblica amministrazione come un oggetto manipolabile. Secondo questa
concezione ingenua è sufficiente modificare una legge per modificare il comportamento
amministrativo. Si nega così la cultura di ciascun ufficio. Conseguentemente il processo
di formazione potrebbe risultare alla fine inadeguato se non controproducente.
3. Considerazioni conclusive
Il
curricolo, in sintesi, come processo organizzato, integrato e complesso, di apprendimento
e di insegnamento insieme, implica la responsabilità e la decisionalità di tutti gli
operatori su:
a) l'individualizzazione degli obiettivi educativi e didattici,
diventando perciò particolarmente adatto per la didattica degli adulti, che in questo
senso possono essere coinvolti nell'elaborazione dei curricula;
b) l'articolazione dei metodi e delle procedure di insegnamento;
c) la selezione dei materiali, dei testi e dei sussidi e il loro
adattamento alla situazione didattica specifica;
d) l'osservazione dei livelli di apprendimento in entrata degli
studenti, relativamente a conoscenze, atteggiamenti, interessi; la partecipazione
all'organizzazione didattica generale e alle dinamiche psico-sociali delle istituzioni
formative;
e) la ponderazione delle norme, dei valori, delle attese dei
protagonisti rispetto all'insegnamento, alla valutazione, all'innovazione educativa e
didattica;
f) la correzione degli obiettivi, revisione delle procedure,
allargamento del consenso all'interno della comunità amministrativa interessata alla
pianificazione del curricolo;
E'
naturale che tale approccio è solo una proposta e molte altre potrebbero essere
elaborate. Tuttavia si ritiene che l'adozione della tecnica curricolare possa
rappresentare un importante strumento di effettiva attuazione del coordinamento affidato
alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione dall'art. 3, comma 3, lettera d) del
Decreto Legislativo 30 - 7 - 1999, n. 287, qui in appendice
riportato.
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