La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Ruolo e funzioni del tutor nei processi formativi e nel reinserimento sociale di persone svantaggiate (in particolare tossicodipendenti che partecipano a programmi riabilitativi)
di  Simonetta Ferri

2 Analisi della figura professionale

2.1 Il ruolo ed il contesto

Parte costitutiva e fondante del ruolo è il contesto nel quale si svolge il tutoring. Esso è definito da tre coordinate essenziali che si intersecano influenzando l’azione formativa: la tossico­dipendenza, l’adultità ed il progetto educativo di riabilitazione. L’esperienza della tossico­dipendenza rende necessaria, da parte del tutor, l’assunzione di un ruolo identificato dagli utenti come un punto di riferimento forte. Spesso questo è indicato come un “fungere da contenitore”, come un “dare struttura”, a chi non ha una personalità in grado di far fronte ad un percorso formativo, con tutte le fatiche ed i cambiamenti che questo comporta. L’apprendi­mento, definito da molti autori come un processo straordinariamente complesso[23], porta con sé un cambiamento profondo ed un ampliamento delle potenzialità e delle capacità.

Implica un coinvolgimento personale del discente sia a livello affettivo che cognitivo. Anche se l’impulso parte dall’es­ter­no, il senso della scoperta, della possibilità di progredire, afferrare o comprendere viene dall’interno”[24].

Un processo, quindi, molto delicato e problematico, che viene vissuto da soggetti impegnati in un momento di cambiamento radicale: il recupero dalla tossicodipendenza. Per punto di riferimento forte, si intende una presenza definita e reale, in grado di attivare dinamiche positive e funzionali al processo di crescita e di promuovere e curare la motivazione e lo sviluppo dell’autostima. Un portatore di equilibrio tra l’esperienza personale e l’apprendimento dei contenuti, in grado di rispettare e valorizzare le forme nuove ed uniche che ogni utente darà ai contenuti appresi filtrandoli con la propria esperienza. Punto di riferimento forte significa essere, in modo consapevole, una parte costitutiva del sistema in cui l’utente è inserito: “la sua figura, il suo modo di mettersi in gioco, di agire, di comunicare sono sempre fattori di formazione[25]. La sua presenza, le condizioni che essa produce, le azioni volte a sostenere il soggetto, costituiscono uno dei materiali generativi dei processi di formazione ed apprendi­mento[26]. Considerando l’età e l’esperienza dei discenti, ci si può riferire ad un contesto educativo adulto, ossia che presenta tutti i presupposti per l’applicazione del modello andragogico descritto da Knowles[27].

Gli utenti infatti possiedono:
il bisogno di conoscere i motivi dell’utilità del percorso formativo e la conseguente esigenza di collegare alla vita reale gli obiettivi della formazione;
il concetto di sé come persone responsabili delle loro decisioni e la necessità di creare delle esperienze di apprendimento che aiutino nella transizione dalla dipendenza al­l’auto­nomia;
il ruolo dell’esperienza nella quale risiedono le maggiori risorse di apprendimento e che necessita della valorizzazione e del rispetto delle differenze individuali;
la disponibilità ad apprendere legata ad esigenze di evoluzione e sviluppo dei percorsi di crescita personali;
l’orientamento verso l’apprendimento di abilità, valori ed atteggiamenti centrati sulla vita reale;
le motivazioni forti dovute a pressioni interne come il desiderio di una maggiore soddisfazione nel lavoro e nella vita, l’autostima, il desiderio di un cambiamento significativo.

Il tutor è, a pieno titolo, un formatore, anche se la definizione di questo ruolo è al centro di controversie nel mondo accademico[28]. Controversie relative ad un quadro di competenze e funzioni che sarebbe opportuno ricomporre, come propone Quaglino, contestualizzandole nel progetto educativo: “D’altro canto il formatore non può che trovare identità di ruolo rispetto a compiti, obiettivi e responsabilità inerenti il progetto educativo: la sua realizzazione così come il suo disegno. Differenze di ruolo saranno semmai riconducibili ad altrettante differenze di disegno e di modalità di realizzazione: ad altrettanti tipi di progetto educativo[29]. Ed è proprio il forte nesso tra il progetto educativo ed il tutor a costituire una caratteristica tipica ed una delle maggiori potenzialità di questo formatore. Infatti, grazie al lavoro di équipe ed alla struttura dove avvengono i corsi di formazione, egli rimane inserito e vincolato ad un progetto educativo globale che riguarda il recupero ed il reinserimento sociale.

Un progetto educativo centrato sul soggetto che intraprende il percorso formativo, nel quale la formazione si differenzia dall’addestramento, nel senso di “dare le basi per capire perché e come ciò che di nuovo è stato appreso è collegato a quello che si sapeva già, e rassicurare (anche sul piano emotivo) sulla capacità del discente di usare le conoscenze ap­prese in contesti diversi[30], dove il riferimento contestuale dell’azione educativa si sviluppa nei tre ambiti differenziati, sempre riferiti al soggetto, del lavoro, del ruolo e del sé[31], ed infine, dove l’apprendimento è considerato come una modificazione di significato che il soggetto dà alla propria esperienza[32]. Per concludere le definizioni di ruolo di questo tutor, si potrebbe usare l’espressione, di matrice “rogersiana”, di “facilitatore dell’apprendimento[33], ossia di quella persona (da Rogers indicata come l’insegnante) che si preoccupa di agevolare e potenziare la capacità di apprendimento del singolo e del gruppo coinvolgendosi sia nel contesto che nelle relazioni, che diventa una risorsa flessibile ed utilizzabile inserita nel gruppo stesso, in grado di partecipare in prima persona al processo e alle dinamiche dell’apprendimento. Un ruolo chiave rispetto alla formazione, ma anche rispetto al recupero ed al reinserimento degli ex-tossicodipen­den­ti e che racchiude in sé, come abbiamo visto, le caratteristiche essenziali del formatore per un’utenza adulta.

2.2 Le funzioni

La funzione del tutor è riconosciuta da Contessa come “la più importante nel processo di apprendimento, in quanto rappresenta la continuità e l’unità […] che può venire a mancare solo nei casi di uno staff molto integrato e collaudato che può garantire la continuità e l’unitarietà del processo formativo[34]. L’autore identifica due funzioni essenziali svolte dal tutor, riconducibili alla figura che stiamo analizzando:

· manutenzione del gruppo

· integrazione delle fasi del processo.

La prima riguarda gli aspetti relazionali ed emotivi del gruppo di apprendimento, dal cui funzionamento dipende molta parte dei risultati formativi. La seconda riguarda la ricomposizione e la garanzia dell’integrazione del processo formativo, qualora si presentassero contraddizioni o distonie tra i vari interventi dei docenti e dei referenti educativi che guidano il percorso formativo: in questo caso il tutor dovrebbe intervenire sia verso il gruppo, stimolando la discussione su contraddizioni e lacune per cercare un’integrazione, sia verso le altre figure dello staff per un’unificazione dei comportamenti e delle direttive in aula[35].

Ma vediamo, nello specifico, quali sono stati i compiti svolti dal tutor nelle esperienze descritte in precedenza. Per analizzare con maggiore chiarezza le funzioni, dividerò l’operato del tutor in tre ambiti spazio-temporali: nel­l’aula durante le lezioni, nell’aula durante i gruppi di lavoro e fuori dall’aula. Questo con la premessa che, nell’esperien­za concreta, così come non esiste un uso rigido e differenziato dei vari ambienti fisici da parte delle persone coinvolte nella forma­zione, altrettanto non c’è una differenziazione rigida di ambito e di realizzazione delle varie funzioni tutoriali, tanto più che, come si è visto, ogni esperienza fa caso a sé ed è portatrice di innovazioni e di peculiarità specifiche.

2.3 Il tutor in aula durante le lezioni

Il contesto delle lezioni si presenta, in genere, come strutturato in precedenza, o in forma di lezione frontale o come lezione di tipo esperienziale o partecipativo; in tutti e due i casi il tutor assume un ruolo di osservazione inserendosi di fatto nel gruppo/classe. Il docente, infatti, si pone come leader attivo della situazione che, in qualche caso, può far assumere al tutor un ruolo di ausilio nelle esercitazioni didattiche.

Monitoraggio: questa funzione riguarda l’osservare tutto ciò che avviene in aula, con particolare attenzione a:

· il clima emotivo del gruppo-classe;

· la difficoltà delle materie;

· il comportamento degli studenti;

· la relazione docente/discenti.

Può essere svolta facendo parte del gruppo classe, ossia adottando dei comportamenti tipici degli studenti come seguire le lezioni, prendere appunti e fare domande,

Referente del materiale didattico ed amministrativo e degli aspetti organizzativi del corso: questa funzione riguarda sia la responsabilità della gestione del materiale didattico ed amministrativo come fotocopie, schemi degli studenti, materiale di cancelleria utile allo svolgimento delle lezioni, registri che attestano la presenza degli alunni ed i programmi svolti dai docenti e quant’altro riguarda questo aspetto, sia il fare da tramite per le comunicazioni riguardanti l’organiz­zazione del corso stesso come i cambiamenti rispetto all’ora­rio, alle materie, ai docenti o tutto ciò che può accadere in sede di svolgimento delle attività.

Mediazione tra docenti e discenti: funzione che si esplica nel prendere parte alle discussioni in aula conservando un ruolo attivo di mediazione tra docente e discenti, rispetto all’uso del linguaggio, alla relazione che si crea, alla comprensione dei contenuti e a quanto emerge in quel contesto.>

Animazione: funzione che si esplica nello stimolare i partecipanti alla discussione in aula, a fare domande che chiariscano o approfondiscano i contenuti.

 

 

[23] Cfr. Knowles Malcom, The adult learner, Huoston, Texas, USA, Gulf Publishing Company, 1990. Traduzione italiana di Laura Colombo, Quando l’adulto impara, Milano, Franco Angeli, 1993.

[24] Rogers Carl R., Freedom to learn, Merril, Colombus, Ohio, 1969. Traduzione italiana, Libertà nell’apprendimento, Firenze, Giunti e Barbera, 1973, pag. 10.

[25] Bertolini Piero, Caronia Letizia, Ragazzi difficili, Firenze, La Nuova Italia, 1993, pag. 149.

[26] Cfr. Morelli Ugo, Weber Carla, Passione e apprendimento, Milano, Raffaello Cortina, 1996.

[27] Op. cit. Knowles Malcom, Quando l’adulto impara, pag. 77 e segg.

[28] Cfr. Quaglino Gian Piero, Fare formazione, Bologna, Il Mulino, 1985.

[29] Ibidem, pag. 170.

[30] Novak D. Joseph, Gowin D. Bob, Learning how to learn, Cambridge, Cambridge University Press, 1984, Traduzione italiana, Imparando ad imparare, Torino, SEI, 1989, pag. 15.

[31] Cfr. op. cit. Quaglino Gian Piero, Fare formazione.

[32] Op. cit. Novak D. Joseph, Gowin D. Bob, Imparando ad imparare.

[33] Op. cit. Rogers Carl R., Libertà nell’apprendimento.

[34] Contessa Guido, La formazione, Milano, Città studi, 1993, pag. 111.

[35] Cfr. ibidem.

 

wpeD.jpg (2693 bytes)