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IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE NELL'OPERA DI JOHN DEWEY
di Giordana Szpunar |
2. CAPITOLO II: IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE IN COME PENSIAMO
2.2 DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI PENSIERO RIFLESSIVO
Loggetto
fondamentale dellopera del 1910 è il pensiero riflessivo, del quale Dewey fa
unanalisi molto dettagliata, esponendone le singole fasi e le varie funzioni. Il
pensiero riflessivo è, secondo Dewey, «il miglior modo di pensare» ed è «quel tipo di
pensiero che consiste nel ripiegarsi mentalmente su un soggetto e nel rivolgere ad esso
una seria e continuata considerazione». In tal modo lautore
fornisce, già dalle prime pagine dellopera, una prima definizione del pensiero,
anche se piuttosto generica e parziale; definizione che verrà, poi, ampliata e completata
nel corso dellanalisi stessa.
I
primi elementi che ad essa vanno aggiunti, emergono, per contrapposizione, da un confronto
del pensiero riflessivo con altri tipi di processi mentali che vengono definiti
comunemente pensiero. In particolare, Dewey prende in considerazione tre di
questi, comparandone gli aspetti peculiari con quelli del pensiero riflessivo.
Il
primo tipo è il cosiddetto flusso di coscienza (che il traduttore del testo
in italiano traduce, malamente a nostro parere, con corrente della coscienza)
e consiste in un «corso non controllato di idee», «automatico e privo di regola», in
un «inconseguente trastullarsi con figurazioni mentali, reminiscenze casuali, speranze
gradevoli ma senza fondamento, impressioni rapide e appena abbozzate».
Si tratta di una successione più o meno lunga di idee priva di un ordine particolare, nel
corso della quale le singole idee sono sì collegate luna allaltra, ma senza
seguire un principio unificatore che fornisca un criterio alla sequenza.
Il
pensiero riflessivo, a differenza del flusso di coscienza, non consiste in una disordinata
sequenza di idee, ma è una conseguenza di idee, un ordine consecutivo
siffatto che ognuna di esse determina la successiva come il proprio risultato e, a sua
volta, ciascun risultato si appoggia o si riferisce a quelli che lo precedono.
Il
pensiero riflessivo è «una serie ordinata o una catena» in cui, però, sia possibile un
controllo sulla sequenza, in grado di trasformare questa in una successione ordinata che
conduca a «una conclusione contenente in sé la forza intellettuale delle idee
precedenti».
Il
secondo significato di pensiero viene ridotto alle «cose non direttamente percepite o
sentite, alle cose non viste, ascoltate, toccate, odorate, assaporate».
In tal senso, «un pensiero o unidea è una raffigurazione mentale di qualcosa non
attualmente presente e il pensare è la successione di tali rappresentazioni».
Il
pensiero riflessivo, invece, mira ad una conclusione, nel senso che:
La
catena dei pensieri deve dirigersi verso qualche punto; deve tendere ad una conclusione,
che deve essere stabilita al di fuori del mero corso delle immagini. [...] Questo elemento
di differenza è probabilmente meglio espresso dallespressione corrente in inglese:
Think it out, nel senso di pensarci su, di
risolvere una questione. La frase suggerisce un imbroglio in cui bisogna
mettere in ordine, qualcosa di oscuro che deve essere chiarito attraverso
lapplicazione del pensiero. Vi è un risultato da raggiungere e questa meta finale
costituisce un compito che controlla la sequenza delle idee.
La
terza definizione di pensiero è più ristretta rispetto alle due precedenti ed è
assimilabile a quella di credenza. Questo tipo di pensiero è sostanzialmente
un atto di fede:
Una
credenza fa riferimento a qualcosa che va oltre di essa e che attesta il suo valore;
asserisce qualcosa circa una data materia di fatto, o un dato principio, o una data legge.
Essa sta a significare che uno specifico stato di fatto o una legge è accettata o
respinta, che vi è qualcosa da affermare o almeno con cui consentire. [...] Essa riguarda
tutte le faccende di cui non abbiamo una conoscenza sicura e con cui tuttavia abbiamo
abbastanza confidenza per agire secondo esse; come pure quelle faccende che attualmente
accettiamo come veramente vere o come conoscenze ma che nondimeno possono essere messe in
dubbio nel futuro.
Il
pensare come sinonimo di credere è unoperazione decisamente passiva: lidea
non viene accettata come valida dallindividuo dopo un processo di ragionamento
composto da prove e confutazioni.
La
sua è unidea presa dagli altri ed accettata perché è unidea generalmente
corrente, non perché lindividuo ha esaminato la questione o perché la sua mente ha
avuto una parte attiva nel raggiungere e concepire quella credenza.
Idee
di questo tipo, definite comunemente pregiudizi, nel senso di giudizi prematuri, non
raggiunti con losservazione e lanalisi dei dati, si insinuano nella mente e
diventano senza che noi ce ne accorgiamo parte del nostro equipaggiamento mentale. Ne sono
responsabili la tradizione, listruzione, limitazione, ognuna delle quali cose
o dipende da una qualche autorevole fonte o fa appello ad un nostro personale vantaggio, o
coincide con qualche nostra passione.
Il
pensiero riflessivo, al contrario, consiste in un processo attivo, «comporta un esame,
una ricerca attenta, unindagine personale», ed è costituito da una
«attiva, costante e diligente considerazione di una credenza o di una forma ipotetica di
conoscenza alla luce delle prove che la sorreggono e delle ulteriori conclusioni alle
quali essa tende».
Dewey
giunge così ad una seconda, ma ancora parziale, definizione di ciò che egli intende per
pensiero riflessivo, definizione che verrà delineata, con completezza e
precisione, attraverso lanalisi dettagliata delle varie fasi del processo in cui si
sviluppa il pensiero riflessivo e lesame della funzione che esso assume nella vita
dellindividuo. Volgiamoci, allora, allo studio di questi due aspetti.
Uno
dei fattori fondamentali del pensiero, è il fatto che le cose con le quali si hanno dei
contatti, in genere, non rimangono stimoli fini a se stessi, ma richiamano alla mente
altre cose, conducono il pensiero ad altri oggetti. Infatti, afferma Dewey:
Niente
nellesperienza è assolutamente semplice, singolo e isolato. Qualsiasi cosa
sperimentata ci giunge insieme a qualche altro oggetto, qualità o evento. Qualche oggetto
è focale e più o meno distinto, ma esso tosto sfuma via in altre cose.
Questo
processo viene definito suggestione: ogni cosa, ogni situazione che noi
sperimentiamo, ne suggerisce unaltra; questa a sua volta ne suggerisce una ulteriore
e così via. Ed è proprio grazie alle suggestioni che le idee ci vengono in
mente.
Per
esporre il funzionamento della suggestione, Dewey riporta lesempio, piuttosto
banale, ma in questo caso illuminante, di un bambino che osserva un uccello: una simile
esperienza può sembrare, ad unanalisi superficiale, una singola sensazione priva di
ulteriori connessioni e conseguenze. In realtà la semplice contemplazione
delluccello implica tanti altri elementi, come per esempio le cose che circondano
immediatamente luccello, o le azioni delluccello stesso. Considerato ciò,
tale osservazione risulta essere non più una sensazione isolata, ma unesperienza
complessa nella quale sono presenti diverse qualità in relazione.
Il
bambino guarda luccello, osserva la situazione e penserà, con tutta probabilità, a
qualcosa daltro che non figura nella circostanza osservata.
Quella
porzione della sua esperienza presente, cioè, che è simile a una esperienza precedente
richiamerà o suggerirà qualche cosa o qualità
connessa alla totalità della esperienza precedente; quella cosa o qualità a sua volta
può suggerire qualche altra cosa in connessione con essa; e non soltanto può, ma farà
effettivamente così, a meno che qualche nuovo oggetto di percezione non dia lavvio
ad un nuovo processo di suggestioni.
La
mera suggestione, tuttavia, è qualcosa che semplicemente accade,
manifestandosi come funzione della nostra esperienza passata; non è affatto un processo
diretto ad una conclusione che lindividuo gestisce intenzionalmente e
volontariamente. E, spiega Dewey, come quando si guarda una nuvola e la si associa
ad una figura, ad un oggetto o ad un volto umano: la forma della nuvola ricorda, richiama
alla mente, suggerisce la forma di una certa altra cosa. Il processo, in tal caso,
si ferma a questo punto, non si presentano ulteriori connessioni. La riflessione è
assente.
Un
ulteriore esempio, apparentemente simile, illustra il caso in cui nel processo di
suggestione si affaccia, invece, il pensiero riflessivo. Una persona cammina in una calda
giornata di pieno sole; improvvisamente si accorge del fatto che laria si è
rinfrescata e le viene in mente che possa cominciare a piovere da un momento
allaltro. Allora, alza lo sguardo al cielo, osserva che una nuvola ha coperto il
sole e accelera il passo. Anche in questa circostanza, come in quella descritta
dallesempio precedente, la nuvola osservata suggerisce qualcosa.
Fino
ad un certo punto la situazione è la stessa di chi, guardando una nuvola, si rammenta di
una figura o di un volto umano. Il pensiero, nelluno e nellaltro caso (il caso
della credenza e della fantasticheria) implica il notare o il percepire un fatto, seguito
da qualche altra cosa che non è osservata, ma che si presenta alla mente dietro il
suggerimento della cosa vista.
Le
analogie, però, terminano qui. Infatti, nel secondo caso ci si trova di fronte ad una
serie di suggestioni che vengono governate dallindividuo che esperisce. Egli
possiede il controllo delle condizioni che determinano il sorgere delle suggestioni e lo
utilizza in modo da impadronirsi delle loro conseguenze. La persona in questione
percepisce la sensazione di fresco; pensa alle nuvole; poi osserva il cielo e le vede;
infine, pensa ad un qualcosa che al momento è assente, e cioè la pioggia. La
possibilità suggerita è lidea, il pensiero.
Dunque,
confrontando con una certa attenzione i due casi esemplificati, oltre agli elementi
comuni, si possono notare aspetti essenziali nettamente differenti. Nel primo caso,
nellosservare la nuvola, si ha unimpressione immediata, o una serie di
impressioni, comunque prive di conseguenze e di implicazioni sulla realtà che si sta
vivendo: la nuvola ricorda, somiglia, riporta alla mente un altro oggetto, e
loperazione si ferma qui.
Nel
secondo caso, invece, il processo è di tipo diverso, o meglio, è simile al primo fino ad
un certo punto, ma poi se ne differenzia in modo significativo: la presenza della nuvola,
associata ad altre qualità della realtà, rappresenta la prova della possibilità del
verificarsi, in un prossimo futuro, di un evento non ancora presente; la nuvola, associata
al rinfrescarsi dellaria, significa che probabilmente pioverà.
Noi
non guardiamo alla nuvola come a qualcosa che significa o indica un volto, ma a qualcosa
che lo suggerisce, mentre, invece, consideriamo che il fresco può significare pioggia.
Nel primo caso, nel vedere un oggetto, ci capita, come appunto si suol dire, di pensare a
qualcosa daltro; nel secondo, noi consideriamo la possibilità e la natura della
connessione tra loggetto visto e loggetto suggerito. La cosa vista è
considerata in qualche modo come il fondamento o la base della credenza nella cosa
suggerita; essa possiede la qualità dellevidenza.
Come si era già anticipato:
Il
fattore centrale, allora, di ogni pensiero riflessivo e specificatamente intellettuale è
questa funzione per cui una cosa ne significa o indica unaltra, inducendo così ad
esaminare fin dove luna può essere considerata come garanzia della credenza
dellaltra.
Tuttavia,
la riflessione non si riduce semplicemente al fatto che una cosa ne richiama alla mente
unaltra. Come abbiamo visto, infatti, anche la semplice suggestione può essere
intesa in questo modo, pur non essendo affatto caratterizzata dalla presenza di un qualche
tipo di pensiero riflessivo.
La
riflessione si manifesta propriamente nel momento in cui si comincia ad indagare sul
valore di una certa indicazione:
Quando
ci sforziamo di vedere quali garanzie essa offre che i dati esistenti conducano realmente
allidea suggerita, in modo da giustificare laccettazione di questultima.
La riflessione implica dunque che qualcosa sia accettata (o non accettata) non per se
stessa, ma tramite qualcosaltro che sta come testimonianza, evidenza, prova,
attestazione, garanzia; ossia, che sta come fondamento della credenza.
Ed
ecco una definizione ulteriore del pensiero riflessivo fornita da Dewey, alla luce di
questi nuovi elementi, che si aggiunge a quelle date precedentemente:
Il
pensiero si può definire come quella operazione in cui i fatti presenti suggeriscono
altri fatti (o verità) così da indurre la credenza in ciò che viene suggerito sulla
base di una relazione realmente esistente tra le cose stesse, una relazione tra la cosa
suggerita e quella che è fonte della suggestione.
E
evidente che una simile operazione, per essere compiuta in modo corretto, necessita di una
certa scorta di significati già acquisiti nel corso dellesperienza passata
(personale o riferita da altri) e relativamente stabili, dei quali ci si possa servire per
valutare la situazione presente:
Una
volta noi percepiamo effettivamente o sperimentiamo direttamente la pioggia; unaltra
volta inferiamo che è piovuto, direttamente dallaspetto dellerba e degli
alberi, o che sta per piovere, dalle condizioni dellaria o dallo stato del barometro.
In
questo senso lesperienza assume unimportanza fondamentale per il pensiero
riflessivo e, quindi, più in generale, per la vita dellindividuo. Le suggestioni,
infatti, come punto di partenza del pensiero, nascono dallesperienza passata e dal
deposito di conoscenza che ogni individuo possiede.
Se
in passato si è avuta una qualche familiarità con situazioni del genere, se si è avuto
a che fare con materiali della stessa specie, suggestioni più o meno appropriate e capaci
di venire in aiuto non mancheranno di presentarsi. Ma se non vi è stata una qualche
esperienza analoga, la confusione rimane confusione.
Ammesso
ciò, e considerando, inoltre, che ogni individuo possiede sicuramente un bagaglio di
esperienze e di conoscenze diverso da quello di tutti gli altri individui, si può
affermare che il tipo di suggestioni che si presenta varia da persona a persona. Allora,
il tipo di suggestione dipende da due fattori: prima di tutto dallesperienza
personale dellindividuo, la quale è strettamente connessa alle condizioni culturali
del tempo in cui lindividuo vive; in secondo luogo, e di conseguenza, aggiungeremmo
noi, dagli interessi dellindividuo stesso.
Linferenza
avviene per mezzo e attraverso la suggestione che emerge da cose viste o ricordate. Ora,
mentre tutte le suggestioni ci saltano spontaneamente in mente, il tipo di suggestione che
affiora dipende dallesperienza della persona. Questa, a sua volta, dipende dallo
stato generale della cultura del tempo; per esempio, suggestioni che ai giorni nostri
emergono spontaneamente non potrebbero affiorare nella mente di un selvaggio. In secondo
luogo, le suggestioni dipendono dalle preferenze proprie di una persona, dai suoi
desideri, dai suoi interessi, come dal suo immediato stato emotivo.
Eccoci
dunque tornati al tema della nostra indagine, linterrelazione tra lindividuo
ed il proprio ambiente, considerato, però, questa volta, a partire dal modo in cui
pensiamo, vale a dire in base alle modalità fondamentali attraverso cui si sviluppa la
nostra esperienza conoscitiva: la suggestione e la riflessione.
Se
dal punto di vista biologico si è già messa in chiaro la dipendenza dellorganismo
dal suo ambiente fisico, da questo angolo visuale si fa evidente come lindividuo sia
il prodotto del mondo storico-sociale in cui vive. Le sue esperienze, infatti, sono a tal
punto marcate culturalmente che addirittura qualcosa di così immediato come le
suggestioni ha le sue condizioni di possibilità nella cultura.
Daltra
parte, così come si è fatto per la sfera più strettamente biologica, non si deve
considerare solo un verso della relazione individuo-ambiente: se lindividuo è un
prodotto storico del contesto culturale in cui vive, è del pari vero che il contesto
culturale altro non è se non il prodotto dellazione individuale.
Proprio
la tematizzazione del pensiero riflessivo ci fa capire meglio questo punto. E,
infatti, in virtù della riflessione che lindividuo può controllare la validità
delle inferenze che compie, non solo limitandosi a giudicare se esse siano conformi ai
modelli di inferenza accettati, ma anche mettendo in questione la verità di questi stessi
modelli. La riflessione, quindi, esercitata in prima istanza sui processi di pensiero del
singolo, può coinvolgere paradigmi culturali che la rendono possibile, in parte o nella
loro interezza.
Riprendiamo
lanalisi che si stava svolgendo. Emerso il concetto di esperienza, conviene a questo
punto anticipare due caratteristiche fondamentali che lo definiscono, la cui analisi
verrà sviluppata estesamente in seguito, con la trattazione di altri argomenti e
lanalisi di altre opere.
Il
primo aspetto che va considerato è la continuità dellesperienza o il continuum sperimentale, come viene definito da
Dewey. Secondo questo principio la vera esperienza non è mai fine a se stessa, non è mai
qualcosa di isolato dal resto. Ogni genuina esperienza deve essere, e di fatto è,
strettamente legata sia allesperienza precedente, sia allesperienza futura:
«ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che lhanno preceduta e modifica in
qualche modo la qualità di quelle che seguiranno».
In
particolare, lindividuo deve basarsi sulle proprie esperienze passate, deve
utilizzare queste come punto di partenza per affrontare le sue nuove esperienze.
Daltra parte le esperienze presenti devono essere condotte in modo da risultare una
promessa per il futuro, vanno, in altre parole, gestite in modo da produrre
ulteriori esperienze educative, utili, a loro volta, per lo sviluppo delle esperienze
successive.
Di
qui la seconda caratteristica dellesperienza: la cumulatività. Lesperienza,
infatti, affiancata dal pensiero riflessivo, da una parte assume come punto di partenza i
significati già acquisiti e stabilizzati; dallaltra si conclude con
lacquisizione di nuovi significati che serviranno poi, a loro volta, per condurre in
modo proficuo le esperienze successive.
Scrive
Dewey:
Questo
è il costante movimento a spirale della conoscenza. Laumento della nostra scorta di
significati ci fa consapevoli di nuovi problemi, ma solo traducendo le nuove perplessità
in ciò che è già piano e familiare, noi comprendiamo e risolviamo questi problemi.
[...] Il nostro avanzamento in conoscenza genuina consiste sempre, da un lato, nello
scoprire qualcosa non ancora compresa in ciò che in precedenza era considerato come
scontato, ovvio, argomento di materia comune; e dallaltro, nel servirsi di
significati direttamente compresi come strumenti per impadronirsi di significati oscuri e
dubbi.
La
cumulatività, naturalmente, funziona a livello personale per ogni individuo, apportando
un aumento progressivo di conoscenza nel singolo, ma anche a livello collettivo per
lintera umanità, producendo il progresso intellettuale del genere umano.
Il
grande vantaggio che proviene dallesercitare la facoltà del pensiero, è che non vi
sono limiti alla possibilità di portare negli oggetti e negli eventi della vita
significati originalmente acquisiti mediante una analisi di pensiero, e quindi neppure
limiti alla continua crescita di significato della vita umana. Un fanciullo può scoprire
oggi nelle cose significati che rimasero nascosti a Tolomeo e Copernico, grazie ai
risultati delle indagini riflessive che si sono verificate nel frattempo.
Posti
in chiaro questi punti, analizziamo ora il meccanismo e le funzioni che Dewey attribuisce
al pensiero riflessivo.
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