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IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE NELL'OPERA DI JOHN DEWEY
di Giordana Szpunar |
3 CAPITOLO III: IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE IN INTELLIGENZA CREATIVA
3.1 NOTA INTRODUTTIVA
Intelligenza
creativa, il cui titolo originale è The Need for a Recovery of Philosophy,
costituisce uno scritto elaborato da Dewey nel 1916 e pubblicato nel 1917 in un volume
miscellaneo, intitolato Creative Intelligence. Essays in the Pragmatic Attitude. Il
saggio consiste in una discussione sullimpegno dellintellettuale e sulla
funzione della filosofia allinterno della società.
Il
testo si compone di unalternanza continua di due momenti fondamentali: da una parte,
lelaborazione di una critica radicale alla filosofia moderna e alle relative
concezioni di esperienza e di conoscenza, che lhanno condotta a percepire se stessa
come lunica forma di vera conoscenza; dallaltra, la formulazione di nuove
definizioni di esperienza e di conoscenza e la derivazione da esse di una originale
configurazione della filosofia.
La
filosofia tradizionale, fin dal pensiero greco classico, assume come presupposto teorico
la contrapposizione tra soggetto e oggetto. Si afferma, in altri termini, lesistenza
di un soggetto conoscente separato e antitetico rispetto alloggetto conosciuto o da
conoscere. Il soggetto e loggetto rappresenterebbero, così, due entità diverse fra
loro ed esistenti in mondi separati.
Questa
assunzione conduce, in modo naturale, ad una concezione dellesperienza come puro
fatto conoscitivo e ad una concezione della conoscenza come mera contemplazione.
Lesperienza, quindi, sarebbe prodotta da un soggetto quale portatore o centro
desperienza che vive in un mondo diverso rispetto al mondo in cui si trova
loggetto esperito o da esperire. La conoscenza consisterebbe invece nel contemplare il
mondo reale, la realtà, o meglio la Realtà. Il soggetto diventerebbe,
insomma, spettatore passivo di qualcosa che accade esternamente. Tale configurazione della
conoscenza come contemplazione passiva sfocia inevitabilmente nellessenzialismo: per
conoscere veramente loggetto reale, il soggetto deve cogliere la sua essenza ultima.
Il
soggetto fu concepito come al di fuori del mondo, di modo che lesperienza consisteva
nel fatto che il soggetto era affetto da una specie di operazioni che non si trovano in
alcuna parte del mondo, mentre la conoscenza consiste nellesaminare il mondo, nel
guardare ad esso, nel conseguire il punto di vista di spettatore.
Queste
assunzioni conducono la filosofia a rivolgere il proprio interesse verso la realtà
suprema, e a discriminare la conoscenza filosofica dalle altre forme di conoscenza in
virtù di un presunto rapporto privilegiato che essa intratterrebbe con la realtà ultima,
vera, con loggetto reale.
Dewey
sottrae legittimità alle dottrine tradizionali dellesperienza e della conoscenza,
mostrando linsostenibilità del loro presupposto.
Le
conquiste e i progressi ottenuti in campo scientifico, in modo particolare gli sviluppi
della biologia, dimostrano, infatti, la fallacia e larbitrarietà di
unoperazione di separazione del soggetto dalloggetto. Venendo meno la
possibilità di assumere tale presupposto, non è più possibile neanche continuare a
proporre le concezioni di esperienza e di conoscenza da esso generate. E giunto,
allora, il momento di prendere in seria considerazione la preziosa lezione
dellevoluzione organica e di applicarla anche alla filosofia.
Dewey,
assumendo come valida la dottrina della continuità biologica, dimostra lesistenza
di uninterazione continua tra lorganismo e il proprio ambiente naturale e,
quindi, tra luomo e lambiente naturale sociale e culturale che lo circonda. A
partire da questi risultati egli propone, dunque, di considerare lesperienza come la
modalità di interazione tra lorganismo e le condizioni ambientali che lo
circondano, e il conoscere come un modo di esperire e, più in particolare, come un modo
di impiegare gli accadimenti fisici allo scopo di aumentare il potere di dirigere i
mutamenti delle circostanze esterne. La filosofia, allora, essendo considerata
come una forma o un modo di conoscere, va intesa, a suo avviso, come «una prospettiva su
possibilità future in vista di conseguire il meglio e di allontanare il peggio».
Iniziamo
con lesaminare le argomentazioni deweyane relative al concetto di esperienza.
In
opposizione a questa impostazione, Heidegger afferma che lesserci, vale a dire il
soggetto della tradizione inteso finalmente in modo corretto, è già da sempre presso il
mondo, è, cioè, costitutivamente in rapporto con una totalità di significati già da
sempre compresa, o meglio pre-compresa.
In
questo senso, né lesistenza reale del mondo necessita di alcuna dimostrazione, né
la conoscenza rappresenta qualcosa di misterioso in quanto fondata sullenigmatica
proprietà della trascendenza.
Oltre
a ciò, per Heidegger occorre considerare che la tradizione ha sempre ridotto luomo
a mero essere pensante, a soggetto esclusivamente teoretico. Si rende necessario, quindi,
restituire alluomo la complessità della sua esistenza, riconoscendo che
latteggiamento teoretico proprio degli scienziati o dei filosofi è in realtà un
modo di comportamento unilaterale e parziale.
Per
risolvere questo problema Heidegger sottolinea in primo luogo che lesserci ha a che
fare innanzi tutto e per lo più non con oggetti teoretici, ma con utilizzabili, vale a
dire con mezzi che acquistano il loro significato in relazione ai nostri progetti, in
funzione dei fini che noi ci proponiamo. In secondo luogo, egli mette in luce che
luomo costituisce una totalità unitaria in cui, accanto alla componente più
propriamente comprendente, vi è quella più strettamente emotiva.
La
trasformazione del soggetto, tuttavia, non si esaurisce in questi cambiamenti. Occorre
ancora riconoscere come lesserci non sia affatto il soggetto isolato della
tradizione, il quale, originariamente chiuso nella sfera privata dei suoi vissuti, entra
in contatto con gli altri solo in un secondo momento. Al contrario, lesserci è sin
dallorigine stretto in una relazione permanente con gli altri, tanto che il suo
essere è un con-essere e il mondo è un con-mondo.
Questa
rapida perlustrazione di alcuni aspetti della filosofia heideggeriana rende chiaro come
lesserci di Heidegger sia molto simile al soggetto di Dewey. Ciò dipende dal motivo
che lessere-nel-mondo apporta alla figura classica del soggetto le stesse
trasformazioni causate dal concetto di transazione. Sia lessere-nel-mondo sia la
transazione, infatti, mettono in luce che una autentica comprensione filosofica non può
più fondarsi sullidea che vi sia un soggetto in se stesso precostituito, il quale
sia connesso alloggetto da una tardiva relazione posticcia.
Dunque,
in virtù dellelaborazione dei fondamentali concetti di essere-nel-mondo e di
transazione, Heidegger e Dewey pervengono ad un radicale, e parallelo, rinnovamento della
filosofia. Le classiche opposizioni tra idealismo e realismo, tra razionalismo ed
empirismo vengono così definitivamente superate, e ciò che di significativo racchiudeva
ciascuna opposizione, inserito in un nuovo quadro teorico, acquisisce un senso diverso e
più pregnante.
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