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IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE NELL'OPERA DI JOHN DEWEY
di  Giordana Szpunar

5. CAPITOLO V: IL RAPPORTO INDIVIDUO-AMBIENTE IN CONOSCENZA E TRANSAZIONE

5.2 NOTA CONCLUSIVA

Data spiegazione del concetto di transazione e della sua applicazione alle operazioni di indagine, concludiamo la nostra perlustrazione di Conoscenza e transazione riportando un brano in cui Dewey spiega brillantemente il concetto di transazione attraverso una metafora assai pertinente.

Questa transazione fa di uno dei partecipanti un compratore e dell’altro un venditore. Nessuno dei due è un compratore o un venditore se non in una transazione e a causa di una transazione in cui l’uno e l’altro siano impegnati. E questo non è tutto: certe particolari cose diventano dei beni o dei servizi perché sono impegnate in certe transazioni. Non esiste alcuna transazione commerciale senza delle cose che siano, sempre soltanto in una transazione e a causa di essa, beni utilità o servizi. Inoltre, a causa dello scambio o del trasferimento, entrambe le parti (nome idiomatico per partecipanti) subiscono un mutamento; e i beni subiscono, per lo meno, un mutamento di luogo in conseguenza del quale essi acquistano o perdono certe relazioni o “capacità” connettive, rispetto a quelle che possedevano prima.

E ancora: nessuna particolare transazione commerciale sta da sola. Essa è intessuta in un corpo di attività, fra cui quelle della produzione, sia essa agricola, mineraria, ittica o manifatturiera. E questo corpo di transazioni (che potrebbero chiamarsi industriali) è a sua volta innestato in transazioni che non sono né industriali, né commerciali, né finanziarie; ad esse si dà spesso il nome di “intangibili”, ma si possono certo più correttamente designare specificando le regole e i regolamenti che provengono dal sistema di usi e costumi in cui esistono e operano altre transazioni[29].

Questa lunga definizione, sintetizzando le principali argomentazioni sviluppate nel corso della nostra analisi sul rapporto individuo-ambiente, mette in luce gli aspetti più importanti della nostra ricerca.

Elenchiamoli brevemente:

1. La transazione fa di un partecipante il compratore e dell’altro il venditore.

2. Nessuno dei due partecipanti è rispettivamente compratore o venditore se non in una transazione e a causa di essa.

3. Determinati oggetti assumono la valenza di beni o servizi, o comunque acquistano una certa utilità, in quanto impegnati e coinvolti nella transazione.

4. A causa dello scambio insito nella transazione compratore e venditore subiscono dei mutamenti. Anche i beni escono modificati dal trasferimento: essi acquistano o perdono alcune relazioni, rispetto a quelle che possedevano prima dello scambio.

5. La singola transazione è inserita in un corpo più ampio di transazioni, e queste sono integrate, a loro volta, in un insieme ancora più ampio.

L’intera vita del singolo, considerata in tutti i suoi aspetti, compresi quelli meramente fisici e fisiologici, dipende in modo essenziale dalla partecipazione dell’individuo a transazioni in cui sono impegnati naturalmente sia altri esseri umani sia oggetti propri dell’ambiente circostante[30].

La vita umana stessa, individualmente quanto collettivamente considerata, consiste in transazioni alle quali prendono parte degli esseri umani insieme con un milieu di cose non-umane insieme con altri esseri umani, così che senza questa congiunta partecipazione di esseri umani e non-umani non potremmo neanche vivere, per non parlare della impossibilità di mandare ad effetto qualcosa[31].

Nella sua attiva partecipazione alle transazioni, ogni individuo apporta la propria esperienza, il proprio vissuto, insomma la propria caratteristica individualità che influenza le transazioni stesse, le determina e le modifica.

Dalla nascita alla morte, ogni essere umano è una parte, così che né esso, né qualsiasi cosa fatta o subita, può mai esser compreso quando venga separato dalla sua effettiva partecipazione ad un vasto corpo di transazioni - alle quali ogni particolare essere umano può contribuire e che ogni particolare essere umano modifica, ma soltanto in virtù del suo prendervi parte[32].

A conclusione dell’accurata analisi intrapresa su alcune delle opere più importanti e significative del filosofo americano, si può legittimamente affermare che il concetto di transazione non costituisce una nuova elaborazione filosofica, ma è un punto di vista sempre presente nel pensiero di Dewey, almeno a partire dal noto articolo del 1896 The Reflex Arc Concept in Psychology[33].

In questo scritto Dewey critica l’analisi dell’arco riflesso secondo cui ad uno stimolo dell’ambiente corrisponde una reazione la quale è mediata dall’attività di un centro nervoso localizzato nel midollo spinale dell’organismo. Secondo tale concezione, dunque, in ogni processo comportamentale, da quello più semplice a quello più complesso, il meccanismo di base è sempre lo stesso: stimolo-centro nervoso-reazione.

La teoria dell’arco riflesso, con la relativa concezione dualistica di stimolo-risposta che presenta l’arco stesso come un mosaico di parti giustapposte, non è altro che un residuo della tradizionale distinzione filosofica corpo-anima. Secondo Dewey, invece, l’intero arco è un’unità organica, esso è l’unità minima della vita sensoriale. Sia la sensazione che lo stimolo, infatti, esistono per l’atto e perdono ogni significato se vengono considerati isolatamente. L’unica distinzione che può sussistere tra stimolo e risposta è una distinzione teleologica, cioè di funzione, del ruolo svolto per il raggiungimento di un fine e la sua conservazione.

E’ chiaro che tale concezione deweyana ha come presupposto di partenza l’esistenza di un rapporto necessario tra coscienza ed ambiente e, dunque, una formulazione del rapporto tra organismo e ambiente che non sia intesa come un’interazione meccanica fra elementi irrelati, ma come un condizionamento reciproco e continuo tra parti strettamente connesse tra loro, cioè come una transazione.

Il concetto di transazione dunque, come ripensamento del rapporto organismo-ambiente, permea l’intera riflessione di Dewey e, anche se negli scritti precedenti all’opera del 1949 non viene delineato in modo sistematico, in alcuni di essi se ne trova già anche l’anticipazione terminologica.

Probabilmente non è un caso che in un passo di Democrazia e educazione l’autore, per spiegare il modo in cui va inteso l’ambiente sociale, faccia ricorso ad una metafora ripresa dal campo del commercio, campo da cui poi deriva il termine transazione, che secondo il significato comune rappresenta un “affare” concluso tra due o più attori.

Come non si può immaginare un uomo di affari che faccia da solo i suoi affari, che compri e venda, così è impossibile definire le attività di un individuo nei termini delle sue azioni isolate[34].

In Intelligenza creativa, esponendo il problema della conoscenza in generale e cercando di chiarire la questione con un esempio concreto ripreso dal processo digestivo, Dewey usa già il termine transazione e lo usa, a nostro parere, in senso pregnante. Egli infatti presuppone che tra cibo e stomaco non sussista una semplice interazione, ma una vera e propria transazione, della quale non è possibile rendere conto se si considerano stomaco e cibo come due esistenze separate e indipendenti l’una dall’altra.

Il problema della conoscenza überhaupt esiste perché si assume che vi sia un conoscente in generale, che è fuori del mondo che si vuol conoscere, e che è definito in termini antitetici ai caratteri del mondo. Con presupposti analoghi, noi potremmo inventare e discutere un problema della digestione. Occorrerebbe soltanto che si concepisse lo stomaco e il cibo come risiedenti in mondi diversi. Un’ipotesi simile ci porrebbe il problema della possibilità, estensione, natura e genuinità di ogni transazione fra lo stomaco e il cibo[35].

In un brano di Esperienza e natura fa di nuovo la sua esplicita comparsa il termine transazione, il quale, a riprova della sua decisiva importanza, viene indicato come la chiave per intendere la caratteristica essenziale della conoscenza così come questa si configura nella scienza moderna.

Nella scienza moderna imparare è trovare ciò che nessuno ha mai saputo prima. E’ una transazione in cui la natura è l’insegnante e in cui l’insegnante raggiunge la conoscenza e la verità solo attraverso il lavoro di apprendimento compiuto dallo studente che ricerca[36].

La natura è l’insieme dei campi di studio a cui si riferiscono le moderne scienze della natura. La sua funzione è quella di insegnante in quanto è da essa che vengono colte le conoscenze che vanno a costituire il sapere di tali scienze. Tuttavia, questo ruolo di insegnante è possibile solo a patto che vi siano studenti, vale a dire scienziati, che si dedichino a trar fuori dalla natura le conoscenze che vi sono racchiuse.

La relazione tra insegnante e studente, dunque, prende la forma di un reciproco condizionamento, o meglio di una transazione, di modo che un termine della relazione è possibile solo in virtù dell’altro e viceversa.

D’altra parte, sempre restando a Esperienza e natura, un altro brano lascia intendere come in generale quando Dewey usa il termine interazione si riferisce ad una relazione di natura transazionale.

Ancora una volta la regola giuridica implica la giurisdizione; un particolare corpo di persone nell’ambito di un certo territorio al quale essa si applica. Il significato legale di un atto dipende dal luogo in cui esso avviene. Eppure un atto è un’interazione, una transazione, non è isolato e autosufficiente[37].

Tralasciando la spiegazione di questo passaggio per evitare di uscire fuori tema, conviene sottolineare soltanto come in esso i termini interazione e transazione siano proposti tout court come sinonimi.

Conoscenza e transazione, quindi, non risulta essere un’opera innovativa né sul piano teorico né su quello strettamente terminologico. Da un lato, infatti, abbiamo brevemente dimostrato in questa sede, e diffusamente confermato in tutta la nostra indagine, che il punto di vista transazionale costituisce il fondamento teorico attorno a cui il pensiero maturo di Dewey ruota sin dalle origini. Dall’altro, abbiamo rintracciato dei passaggi in cui compare esplicitamente proprio il termine transazione.

Riconoscere che non è innovativo, però, non vuol dire misconoscere il valore del lavoro compiuto dal filosofo in Conoscenza e transazione. Esso, infatti, rappresenta una imprescindibile opera di sistematizzazione della prospettiva transazionale, in cui vengono delineati i tratti complessi del concetto di transazione e le sue sorprendenti possibilità di applicazione.

In tale testo è come se il filosofo, per richiamarci al tema della nostra indagine, si sia volto indietro e abbia riconosciuto come motivo fondante della sua autobiografia intellettuale il punto di vista transazionale. Conoscenza e transazione, perciò, è l’opera in cui Dewey, nel regalare la cifra del suo pensiero, dona ai posteri il proprio testamento filosofico.

Proprio nel solco di questa eredità si è voluta porre la nostra indagine, la quale, esplicitando la teoria della biografia deweyana, non ha fatto altro che portare in luce una dei possibili sviluppi della prospettiva transazionale.

Sintetizzando rapidamente i risultati più significativi della nostra ricerca, occorre infatti mettere in luce quanto segue. Concretamente, il lavoro di ricostruzione biografica deve incentrarsi sullo studio di tutto quel materiale difforme e eterogeneo che possa chiarire il rapporto tra l’individuo intorno a cui si scrive e l’ambiente in cui si è sviluppata la sua esistenza. Solo in tal modo, infatti, può emergere l’irripetibile individualità del singolo. Il concetto di transazione costituisce, perciò, il fondamento teorico della ricostruzione biografica: l’individuo non è più il soggetto precostituito della tradizione, ma prende forma solo in rapporto al suo ambiente, che, a sua volta, non è una dimensione data una volta per tutte, ma è piuttosto il risultato dell’azione individuale.

D’altra parte, se la nostra modesta ricerca ha individuato nella prospettiva transazionale la condizione di possibilità teorica della ricostruzione biografica, occorre anche riconoscere che tale prospettiva, a testimonianza della sua significatività, costituisce, pur se in modo implicito e non diretto, il quadro teorico che attualmente si sta affermando in molte discipline. A questo proposito si sono già citati a titolo di esempi la sociologia e la filosofia della mente. In questa sede si può far riferimento brevemente anche alla biologia contemporanea.

L’organismo e l’ambiente, in realtà, non sono determinati separatamente. L’ambiente non è una struttura imposta agli esseri viventi dall’esterno, ma è in realtà una loro creazione. L’ambiente non è un processo autonomo, ma è un riflesso della biologia della specie. Proprio come non esiste un organismo senza un ambiente, così non c’è un ambiente senza un organismo[38].

La riflessione svolta in questo brano dall’evoluzionista marxista Richard Lewontin fa pendant con la teoria dei sistemi autopoietici di altri due biologi contemporanei, Maturana H. e Varela F., la quale esalta la capacità delle organizzazioni biologiche di produrre l’ambiente circostante, di informarlo nel senso di conferire ad esso forma e ordine, piuttosto che limitarsi a rifletterlo passivamente.

È interessante, inoltre, mettere in luce che, come era già accaduto a Dewey con la formulazione del concetto di transazione, la scoperta della biologia dell’interrelazione tra organismo e ambiente mette capo ad una critica dell’astrattezza insita nei punti di vista idealistici e realistici. Tale conseguenza è ben rilevata da Silvano Tagliagambe in un suo recente lavoro:

I sistemi autonomi [...], non si rappresentano il mondo come qualcosa dotato di proprietà prestabilite, ma “producono” un mondo come dominio inscindibile dalla loro organizzazione incorporata e dalle diverse e mutevoli strutture in cui essa si articola. Di qui l’indicazione di una via di mezzo della conoscenza, una prospettiva che rompa con la contrapposizione realismo-idealismo e che cerchi di liberarsi dalla secolare “ansia cartesiana”, dall’oscillazione continua tra soggettivismo e oggettivismo, legata al concetto di rappresentazione[39].

Compiuto questo rapido excursus, occorre sottolineare ora come il punto di vista transazionale trovi una profonda consonanza non solo con il quadro teorico di alcune scienze contemporanee, ma anche con concetti fondamentali sviluppati in ambiti di pensiero diversi da quelli di Dewey. A questo proposito abbiamo citato, da un lato, Dilthey e Weber, dall’altro, Heidegger e Gadamer.

In particolar modo la vicinanza tra Dewey e Heidegger appare veramente eccezionale. Oltre alle indicazioni già fornite, basti per ora lasciarla trasparire dalla formulazione di Tagliagambe della distinzione heideggeriana tra vedere e guardare.

Non è il vedere in se stesso ad avere un senso e soprattutto a dare un senso alle cose, ma il guardare, che significa inquadrare un oggetto come funzione del mio mondo, che ha senso in relazione al mio vivere. Quando guardo nel senso heideggeriano guardo sempre una funzione, cioè considero un oggetto in quanto utilizzabile da me all’interno dello specifico ambiente in cui vivo.

Il senso dipende dunque in modo essenziale dal contesto, in quanto il guardare è contestualmente determinato. [...] Essere nel mondo è essere e agire in un contesto, ma non come soggetto passivo, bensì come agente capace di progettare in vista di determinati fini che ci si propone di conseguire[40].

Le consonanze tra questa descrizione e lo strumentalismo deweyano sono evidenti, tanto che uno studioso come Chiodi arriva ad affermare che in tutta la problematica heideggeriana dell’oggetto come utilizzabile vi sono decisivi influssi pragmatistici.

Il mondo non è originariamente il luogo in cui si incontrano soggetti e oggetti, cose pensanti e cose estese, ma l’orizzonte in cui un ente (l’uomo), dominato dalla Cura, utilizza ciò che incontra. Qui è evidente un’influenza pragmatistica, non sufficientemente rilevata[41].

Dewey, dunque, appare pienamente inserito in quel filone della filosofia contemporanea che, a dispetto di un’apparente incommensurabilità, trova la sua ragion d’essere e il suo compito precipuo nel tentativo di realizzare una profonda riforma del pensiero tradizionale, in cui venga infine superata l’unilateralità propria di quegli opposti estremismi in cui la filosofia classica si è da sempre trovata imbrigliata. La sua riflessione, infatti, mira a costituirsi come “ricostruzione filosofica” che, facendo suoi i contributi dell’idealismo e del realismo, del razionalismo e dell’empirismo, li oltrepassi in una nuova cornice di senso.



[29] J. Dewey, Conoscenza e transazione, cit., pp. 311-312.

[30] «Quel che si chiama ambiente è ciò in cui le condizioni cosiddette fisiche sono intessute in condizioni culturali, e son quindi più che “fisiche” nel senso tecnico di questa parola. “Ambiente” non è qualcosa che sta intorno e presso le attività umane, nel senso di star fuori di esse; esso è il loro elemento, o milieu, nel senso per cui un elemento è un intermediario nell’esecuzione o nell’espletamento delle attività umane, così come è il canale attraverso il quale esse si muovono e il veicolo con cui esse procedono» (J. Dewey, Conoscenza e Transazione, cit., p. 313).

[31] Ivi, p. 312.

[32] Ibidem.

In questo brano viene confermata la definizione della vita come dialettica di azione e passione che si è proposta nella parte relativa a Intelligenza creativa, secondo cui l’uomo subisce le condizioni che l’ambiente gli impone e, al tempo stesso, tenta di modificarle a suo vantaggio (sul tema della partecipazione attiva dell’individuo al suo ambiente si veda anche capitolo II, nota n. 27).

Ciò vuol dire, sotto il profilo culturale, che egli, ereditato un insieme di credenze dalla sua comunità, alcune le fa sue, altre le rigetta, altre ancora le riformula. Così, sotto l’aspetto sociale, questo significa che egli, inserito in precise strutture sociali, le interiorizza e le personalizza, rapportandocisi in modo del tutto originale.

Della dialettica di azione e passione la ricostruzione autobiografica deve saper dar conto, muovendosi circolarmente tra il momento della ricezione e quello della trasformazione. Si veda a questo proposito in questo capitolo la nota n. 24, in cui la dialettica tra azione e passione è interpretata come dialettica tra il momento dell’universalità e quello dell’individualità.

[33] J. Dewey, The Early Works. 1882-1898, Carbondale and Edwardsville, Southern Illinois University Press, 1969, vol. 5 (1895-1898), pp. 96-109.

[34] J. Dewey, Democrazia e educazione (1949) [Democracy and Education, 1916], traduz. di E. Enriques Agnoletti e P. Paduano, introduz. di A. Granese, Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 55.

[35] J. Dewey, Intelligenza creativa, cit., p. 68.

[36] J. Dewey, Esperienza e natura [Experience and Nature, 1925], traduz. di Piero Bairati, Milano, Mursia, 1973, p. 122.

[37] Ivi, p. 152.

[38] Richard Lewontin, The organism as the subject and object of evolution, Scientia, 118, pp. 75-76.

[39] Silvano Tagliagambe, Epistemologia del confine, Milano, il Saggiatore, 1997, p. 68.

[40] Ivi, pp. 73-74.

[41] M. Heidegger, Essere e tempo, cit., p. X.

 

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