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La filosofia dell'educazione di John Dewey dalle lezioni del
1899 a Democrazia e Educazione
di Maria Francesca Picella |
3. Filosofia dell'educazione: differenze tra 1899 e 1916
3.3 La critica a Herbart
La
dottrina pedagogica di Herbart
In
Germania si crearono dapprima le due scuole herbartiane rispettivamente di Karl V. Stoy
(1815-1885) a Jena e di Tuiskon Ziller (1817-1882) a Lipsia; in seguito Otto Willmann
(1839-1920) si occupò di teoria della didattica, proseguendo la tradizione herbartiana e
neo-kantiana anche nel Novecento.
In
Italia Antonio Labriola (1843-1904) e Luigi Credaro (1860-1939) rappresentano
senzaltro le principali figure legate allherbartismo pedagogico.
Negli
Stati Uniti, infine, allievi di Jena e di Lipsia organizzarono un Herbart
club, prima a New York e poi a Denver, e nel periodo dal 1892 al 1901 presero il via
studi e traduzioni sullopera di Herbart.
Nel
1899, dunque, quando Dewey sta svolgendo le sue lezioni universitarie di filosofia
delleducazione, il settore pedagogico è fortemente caratterizzato da una vera e
propria egemonia del movimento ispirato alle idee di Herbart. Inevitabile allora
linfluenza di queste ultime anche sulla concezione pedagogica del giovane Dewey,
che, non a caso, proprio in questo periodo viene a porre la sua attenzione alle teorie del
filosofo e pedagogista tedesco, criticandole.
Innanzitutto
occorre ricordare che la pedagogia di Herbart si fonda sostanzialmente sulla
multilateralità degli interessi, che vanno equilibrati e armonizzati. In un simile
contesto, fondamentale è il ruolo che viene a giocare la psicologia, intesa come scienza
che offre i mezzi alleducazione per raggiungere i propri fini, che a loro volta le
derivano dalletica.
Nelle
lezioni, infatti, come vedremo, è soprattutto alla psicologia herbartiana che Dewey fa
riferimento.
Per
Herbart poi il punto di partenza di ogni analisi filosofica e di ogni elaborazione di
concetti è lesperienza, che, però, ci fornisce i tre concetti contraddittori di
cosa, di cangiamento e di io. Il concetto di cosa implica, infatti, contemporaneamente
lunità e la molteplicità: lunità è la cosa cui si fa riferimento; la
molteplicità le qualità che le si attribuiscono. Quello di cangiamento comporta il
succedersi di diversi stadi o proprietà di uno stesso oggetto come nel caso del seme che
si trasforma in albero, fiore, frutto. Lio, infine, è essenzialmente autocoscienza,
cioè principio che conosce sé stesso, il che comporta che essendo il sé stesso oggetto
dellautocoscienza, lio è nello stesso tempo soggetto e oggetto
dellautocoscienza stessa.
Più
che risolvere, queste contraddizioni si possono spiegare.
Ciascuna
cosa ha qualità sue proprie; considerata in sé stessa essa è immutabile, sempre
identica a sé. Le sue variazioni qualitative dipendono dalle relazioni accidentali che
essa ha con le altre cose.
Queste
cose sono per Herbart i reali, che entrano in contatto tra loro in maniera fortuita. In
questo scontro casuale, ci spiega Dewey nelle sue lezioni, ciascun reale subisce un
perturbamento al quale risponde con un atto di autoaffermazione per conservare inalterate
le proprie caratteristiche. Ogni reale, infatti, ha una tendenza ben precisa
allautoconservazione.
Dalla
spiegazione che Dewey ci offre, emerge poi che anche lanima, centro della psicologia
herbartiana, è un reale semplice e immutabile. Nel momento in cui essa subisce
lurto di un altro reale, reagisce con un atto di autoconservazione, che Herbart
definisce come rappresentazione. Se lanima non cambia sono invece mutevoli gli stati
psichici che variano in rapporto alla molteplicità delle rappresentazioni da cui
scaturiscono i sentimenti e la volontà.
Alla
luce di quanto detto finora, quali sono, dunque, i contenuti della psicologia di Herbart?
Lanima
ha una vita che si articola attraverso rigide leggi meccaniche. Herbart elabora pertanto
un tipo di psicologia che ha i caratteri della scienza: rappresentazioni simili si
associano tra loro e restano nella coscienza; si elidono depositandosi nel subcosciente se
sono dissimili, mantenendo, però, intatta la tendenza a tornare coscienti quando si siano
rapportate nel contatto con altre rappresentazioni simili.
Le
rappresentazioni consolidate nella coscienza sono dette da Herbart appercepienti nel senso
che possono cogliere nuove rappresentazioni, dette perciò appercepite.
Lio
diviene, così, il centro o il punto di contatto tra appercepiente e appercepito. Per
questo motivo, esso non è fisso, ma fluttuante; il che gli consente di arricchirsi di
continuo di nuove rappresentazioni.
Il
complesso delle rappresentazioni già consolidate, cioè le più forti, prendono il
sopravvento su quelle non ancora consolidate, cioè le più deboli. Ciò determina
sentimenti particolari e particolari volizioni.
Ricordato
tutto ciò, soprattutto in riferimento alla lezione XXIII, in cui Dewey si concentra più
nello specifico sulla teoria psicologica di Herbart (e più in particolare, come abbiamo
avuto modo di notare, sui concetti di associazione delle idee, di appercezione e di
correlazione), passiamo ora a considerare quelle parti in cui, invece, emerge con forza la
sua personale critica alla teoria stessa.
Innanzitutto,
Dewey sottolinea laspetto peculiare della psicologia di Herbart, che, come ricordavo
più sopra, viene essenzialmente ad assumere i caratteri della scienza. Essa rappresenta,
infatti, afferma Dewey:
una
forma alquanto estrema della dottrina dellatomismo e dellassociazione in
psicologia
Certo
è che per il filosofo americano, laver introdotto la necessità di correlazione tra
le varie idee, che di per sé sono entità del tutto autonome, rappresenta un grande
merito della psicologia herbartiana.
Agli
herbartiani va anche riconosciuto il merito di aver formulato le varie fasi di
preparazione, presentazione oggettiva, confronto, generalizzazione, percezione ed
applicazione
Tuttavia,
sottolinea Dewey, ci sono anche:
due
punti dai quali la moderna psicologia si discosta ampiamente da quella herbartiana
(
.)
(a)
il fatto che questultima dia eccessivo rilievo allaspetto intellettuale più
che a quello istintivo;
(b)
e che la correlazione tra le varie idee non sia stata considerata da essa come un qualcosa
di naturale, una forza intrinseca, ma sia stata posta su basi del tutto artificiali.
Per
quanto riguarda il primo punto, Dewey afferma, infatti, che:
la
psicologia herbartiana mette veramente troppo in evidenza laspetto intellettuale e
sottovaluta quello istintivo (
.)
Quanto
questo aspetto della critica sia importante per Dewey, si capisce daltra parte anche
dalla frequenza con la quale egli vi torna su.
Perfino
nella sua penultima lezione, non mancherà di ricordarci, sempre a proposito della teoria
herbartiana dellappercezione, che:
la
teoria sottovaluta limportanza dellabitudine e sopravvaluta limportanza
di unidea conscia
Conclude,
infine, Dewey, generalizzando questa critica con le seguenti parole:
in
generale il punto debole (della teoria herbartiana) sembra essere la poca
insistenza su lelemento inconscio, gli istinti e le abitudini, e leccessiva
insistenza su laspetto intellettuale delle idee consce
Per
quanto riguarda, invece, il secondo punto, esso rappresenta evidentemente una diretta
conseguenza del primo. Gli herbartiani, infatti, trascurando completamente:
questo
naturale legame di unione, questa forza intrinseca di correlazione, hanno dovuto occupare
il suo posto in gran misura su una base artificiale
Una
grossa difficoltà, inoltre, allinterno della teoria herbartiana dei reali, è
rappresentata dal fatto che il filosofo-pedagogista tedesco finisce col considerare i
reali stessi come inconoscibili, riprendendo così la concezione kantiana del noumeno, la
cosa in sé, che la sensazione non può rivelarci.
Daltra
parte, la conoscenza fenomenica che non ci consente di pervenire allessenza delle
cose, ma di coglierne solo lapparenza, attraverso i perturbamenti e il principio di
autoconservazione, fa presupporre lesistenza dei reali.
E
come dire che noi non possiamo conoscerli direttamente, ma presumiamo che esistano sulla
base di come essi si manifestano. Essi, infatti:
si
mostrano normalmente solo nei loro effetti e noi siamo generalmente
consapevoli di (questi) effetti
Un
altro elemento della teoria herbartiana dal quale Dewey si discosta notevolmente riguarda
poi il tema delle emozioni.
Herbart,
infatti, volle considerare il solo aspetto introspettivo della vita emotiva, definendo
lemozione come la coscienza della situazione emozionante, per cui la
gioia ad esempio doveva corrispondere alla mera rappresentazione di idee in conflitto.
Un
carattere praticamente opposto assume, invece, la teoria (accolta pienamente da Dewey)
enunciata nello stesso periodo da James e Lange.
Essi,
infatti, probabilmente indipendentemente luno dallaltro, presero in
considerazione gli aspetti comportamentali ed organici correlati agli eventi emotivi,
finendo con laffermare che lemozione nascerebbe dallauto-percezione
delle modificazioni corporee (ad esempio il dolore consisterebbe nellauto-percezione
dellattività delle ghiandole lacrimali impegnate nel pianto; la paura dipenderebbe
dallauto-percezione del proprio tremore e delle proprie azioni di fuga, etc.).
Queste,
dunque, le critiche principali che Dewey muove nelle sue lezioni alla teoria psicologica
herbartiana.
In
realtà la critica si estende allintera teoria delleducazione di Herbart. Per
il filosofo americano, anzi, è la sua stessa definizione di educazione che non regge.
Herbart,
infatti, prima afferma che:
listruzione
dovrebbe essere sicuramente educativa
non
cè educazione se non per il tramite dellistruzione
Innanzitutto,
il discorso, sottolinea Dewey, è evidentemente tautologico; inoltre, definendo così
leducazione, riducendola cioè alla pura istruzione, Herbart trascura del tutto il
suo aspetto informale.
Dewey,
invece, da parte sua, rivendica lesistenza di quel processo di learning by
experience, che costituisce lessenza delleducazione prescolastica, e
che viene conservata attraverso la vita indipendentemente dalleducazione scolastica,
learning by experience è il termine generale che includerebbe i vari processi
di diretta stimolazione, suggestione (
.)
Per
Dewey, però, ciò non deve suggerire lidea di una netta distinzione tra educazione
formale ed informale, come se nel momento in cui iniziasse la prima, la seconda finisse.
Un posto per questultima dovrebbe essere sempre mantenuto. Anche allinterno
della vita scolastica, il bambino dovrebbe continuare ad imparare innanzitutto attraverso
i modi diretti di esperienza.
In
questottica deweyana, dunque, il processo distruzione viene visto
semplicemente come una sistemazione graduale di questi modi più diretti di
esperienza
Il
filosofo americano non dimentica, infine, di ricordarci il pericolo che si possa
verificare un isolamento del processo di istruzione, come se esso fosse un qualcosa di
altro dalla nostra vita. Lesempio che Dewey ci porta nelle lezioni del bambino che
non sapeva che il fiume Mississippi che stava studiando a scuola fosse lo stesso fiume che
vedeva ogni giorno della sua vita, illustra lidea della separazione del
processo di istruzione dalle cose di ordinaria esperienza
Per
tutta questa critica non cè, invece, quasi più posto in Democrazia e educazione,
opera che nasce proprio in un periodo di profonda crisi del movimento herbartiano.
In
questopera, Dewey sottolinea come le prime esperienze di ogni individuo (preso,
dunque, allinizio della propria vita, quando egli è sostanzialmente ancora un
essere immaturo) non vengano offerte dallesterno. Esse derivano piuttosto da un
rapporto dinterazione fra le attività innate dellindividuo stesso e
lambiente circostante; interazione dalla quale, come abbiamo avuto già modo di
notare, entrambi escono modificati (per questo motivo si era detto che la vita stessa già
di per sé educa, perché produce cambiamento e, quindi, sviluppo e crescita).
Per
il filosofo americano, la teoria herbartiana della formazione per mezzo della
rappresentazione fa principalmente lerrore di dare poca importanza a questo rapporto
dinterazione costante tra il singolo individuo e lambiente.
La
spiegazione di ciò si trova nel significato che viene ad assumere la parola
formazione nella pedagogia di Herbart. Ci spiega, infatti, Dewey che essa
acquista con Herbart:
un
senso tecnico, connettendosi allidea di qualcosa che agisce dallesterno
Herbart,
infatti, prosegue Dewey, nega completamente lesistenza di facoltà innate (come
abbiamo avuto già modo di notare dalle lezioni deweyane). Per lui, la mente ha la
facoltà di produrre qualità solo dopo aver reagito alle realtà esterne che su di essa
agiscono. Si formano così delle rappresentazioni in modo tale che, in definitiva, il
carattere peculiare della mente viene ad essere rappresentato dai vari adattamenti
formati dalle varie rappresentazioni nelle loro diverse qualità
Certo
è che per Dewey, che in questo periodo si mostra molto più docile e pacato nei suoi
giudizi sulla teoria herbartiana delleducazione, Herbart ha reso da parte sua
un gran servizio in quanto ha avuto il merito di sottrarre
lazione educativa alla routine e al caso, trasferendola nella
sfera del metodo cosciente con uno scopo e un procedimento determinati invece di essere un
miscuglio di ispirazione casuale e di assoggettamento alla tradizione
Sempre
secondo Dewey, Herbart ha anche esercitato indubbiamente maggior influenza di
qualsiasi altro pedagogista
In
cosa consiste allora ciò che Dewey definisce, invece, come il difetto teorico
fondamentale
Precisamente
nellaver evidenziato con tanta forza limportanza dellinfluenza
dellambiente esterno sulla mente, e, al contempo, nellaver ignorato del tutto
lesistenza nel singolo individuo di facoltà innate, trascurando così un dato
fondamentale:
il
fatto che lambiente implica una partecipazione personale alle esperienze
comuni
Dewey
denuncia poi un altro errore da parte dei seguaci di Herbart.
Questi
ultimi, sulla base dellidea che lontogenesi ripete sempre la filogenesi,
sostengono un tipo di educazione che sia essenzialmente retrospettiva, che si rivolga
cioè principalmente al passato.
Questo
discorso viene da loro applicato soprattutto alla produzione letteraria del passato. Essi
affermano, infatti, che poiché il bambino, da un punto di vista mentale, è come un uomo
allo stato selvaggio, in preda ai suoi istinti, il materiale che più gli si addice è lo
stesso prodotto dallumanità al medesimo stadio di sviluppo, quello infantile,
primordiale (dove linfanzia di ogni singolo individuo corrisponde allinfanzia
dellumanità): il materiale letterario dei miti, delle leggende popolari e delle
canzoni.
Ma
per Dewey le cose non vanno esattamente così.
Innanzitutto
perché se il corso degli eventi si limitasse semplicemente a ripetersi immutato negli
anni, non si avrebbe alcun progresso, ma solo una sterile ripetizione.
Se
vi fosse una rigida legge della ripetizione, lo sviluppo evolutivo evidentemente non
avrebbe luogo
In
secondo luogo, Dewey ci ricorda che la letteratura del passato fa parte indubbiamente del
nostro patrimonio culturale tanto che noi ancora oggi ce ne serviamo; ma dobbiamo fare
molta attenzione a non confondere ciò che è realmente presente, con ciò che è un
passato che può fungere da modello ancora nel presente.
La
letteratura prodotta nel passato fa parte, in quanto gli uomini ne sono ora in possesso e
ladoperano, dellambiente presente dellindividuo; ma vi è unenorme
differenza fra ladoperarle come risorse presenti e il prenderle come norme e modelli
nel loro carattere retrospettivo
Per
questo motivo, il passato rappresenta senzaltro una grande risorsa per la vita
presente; perché non è un qualcosa di altro dal presente, ma è sempre il passato del
presente; anche se, dunque, il passato, in quanto tale, non include ciò che è
caratteristico del presente esso è pur sempre incluso nel presente in
movimento
Sarebbe,
però, un grande sbaglio, avverte Dewey, considerare i documenti del passato il materiale
principale delleducazione perché, così facendo, si tenderebbe a fare del
passato un rivale del presente, e del presente unimitazione più o meno futile del
passato
Anche
questultimo aspetto era stato già affrontato da Dewey nelle lezioni, in maniera,
però, più ampia. Qui, infatti, egli ci ricorda che la posizione della teoria sviluppata
dalla scuola herbartiana in Germania è che:
il
bambino riproduce nel suo processo di crescita gli stadi capitali che sono stati compiuti
attraverso levoluzione della razza umana
La
questione è sempre, dunque, quella del parallelismo tra sviluppo individuale e sviluppo
storico dellumanità tutta.
In
breve, ci spiega Dewey, per gli herbartiani:
dovremmo
innanzitutto studiare il bambino per trovare in quale fase di sviluppo si trovi;
secondariamente, dovremmo studiare levoluzione storica dellumanità per vedere
qual è la corrispondente epoca dello sviluppo del mondo; e in terzo luogo, dopo aver
deciso questi due punti, dovremmo trovare le grandi creazioni fatte in quel periodo dello
sviluppo del mondo; e poi, introdurle al centro delleducazione del bambino
(
.)
Si
tratta, in particolare, della linea della ricapitolazione:
lo
sviluppo ontogenetico ricapitola quello filogenetico
Per
Dewey, comunque, noi non dovremmo prendere questa teoria troppo alla lettera per varie
ragioni: innanzitutto, infatti, collocheremmo il singolo individuo su un piano in cui non
debba compiere alcuno sforzo se non quello di accogliere i benefici dei precedenti sforzi
già compiuti dallumanità; inoltre, non possiamo prescindere dal fatto che viviamo
in un periodo che non viene semplicemente dopo altri periodi, ma che li ha anche
profondamente modificati, per cui noi oggi diamo a certi eventi un significato ben diverso
da quello che potevano dar loro i nostri avi; infine, non possiamo nemmeno basare
completamente leducazione attuale sulle storie del passato perché il bambino impara
molto di più dallesperienza.
Per
quanto riguarda questultimo punto, in particolare, secondo Dewey, gli herbartiani
non hanno fatto altro che subordinare lintero mondo naturale ai materiali derivanti
da storie e poemi, la scienza alla letteratura, come se la natura non avesse già di per
sé un significato poetico e questo le dovesse pervenire dalle emozioni e dai sentimenti
umani. Conclude, invece, Dewey, che:
la
natura ha essa stessa i suoi aspetti estetici, le sue bellezze della forma e del colore.
Non esiste idea più poetica (
.) che lidea di crescita, di vita, del mistero
del cambiamento e dellincessante sviluppo
Tornando,
infine, allopera del 1916, Dewey conclude ponendo ancora laccento sul fatto
che gli herbartiani, insistendo così fortemente sul passato, finiscono col trascurare
ciò che si presenta come schiettamente nuovo, imprevedibile
Da
qui lesigenza, secondo il filosofo americano, di fare sempre nuove esperienze per
aggiungere, dunque, nuovi elementi alle conoscenze già raggiunte dallumanità
attraverso i secoli e non limitando queste ultime ad una semplice ricapitolazione del
passato.
Solo
nel primo caso si otterrà, infatti, reale crescita e sviluppo:
lideale
della crescita si mostra meglio inquadrato nel concetto che leducazione è la
continua riorganizzazione o ricostruzione dellesperienza
Così
Dewey perviene ad una definizione tecnica delleducazione come ricostruzione o
riorganizzazione dellesperienza, tale da accrescere il significato
dellesperienza stessa e da aumentare la capacità a dirigere il corso
dellesperienza seguente
Arrivati
al termine di questo confronto tra le lezioni del 1899 e lopera del 1916, a chi
scrive sembra che la critica deweyana alla pedagogia di Herbart si sia negli anni
notevolmente ridotta, non solo per i fatti contingenti già ricordati (egemonia e poi
declino delle idee di Herbart), ma anche perché è proprio la sua funzione a risultare
ormai modificata.
Sembra
quasi che, mentre nelle lezioni ci troviamo di fronte ad una reale critica ad Herbart e ai
suoi seguaci, in Democrazia e educazione la critica stessa sia semplicemente il
pretesto da cui Dewey parte per offrirci la sua personale definizione di educazione.
Nelle
lezioni, la critica è, dunque, il fine; nel 1916 essa diventa il semplice mezzo per
raggiungere un altro scopo: la definizione di educazione, per lappunto, non più
come semplice ricapitolazione e retrospezione, ma come vera e propria ricostruzione.
[14] J.Dewey, Lectures in the philosophy of education, 1899,
cit., p. 82: illustrates the idea of the separation of the process of instruction
from the things of ordinary experience.
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