Il
sogno di DIO
Questa sera vorrei ricominciare a sognare insieme a voi partendo
dalla Parola. Vorrei partire da questo sogno, che è il sogno di Dio, e
raccontarlo in profonda solidarietà con voi ed in massima libertà. Pertanto, se
faccio questo discorso, non è per convertire qualcuno. In questi giorni ho
utilizzato un testo che mi da fatto molta impressione, un testo del vescovo
Claverie, vescovo dell'Algeria che è stato ucciso l'anno scorso mentre entrava
nella sua casa.
Era uno dei vescovi che io stimavo di più, insieme a Tessier. Un
anno prima di morire, si trovava in Francia e, raccontando la sua vita, disse:
«Nella mia esperienza della chiusura, della crisi e poi dell'emergere
dell'individuo sono giunto alla convinzione personale che non c'è umanità se
non plurale; e che quando pretendiamo (e all'interno della Chiesa ne abbiamo
triste esperienza nel corso della nostra storia) di possedere la verità e di
parlare a nome dell'umanità, cadiamo nel totalitarismo e nell'esclusione.
Nessuno possiede la verità».
Che bello sentire un vescovo dire certe cose! «Nessuno possiede la
verità, ognuno la ricerca: ci sono certamente verità oggettive, ma che vanno al
di là di noi tutti alle quali non si può accedere se non attraverso un lungo
cammino, ricomponendole poco a poco, prendendo da altre culture e da altri
gruppi umanitari, quello che altri hanno acquisito, hanno cercato nel loro
cammino verso la verità. lo sono credente. Credo che ci sia un Dio, ma non ho
la pretesa di possederlo; neppure attraverso Gesù, che me lo rivela, né
attraverso i dogmi della Chiesa. Dio non si possiede, non si possiede la
verità. lo ho bisogno della verità degli altri». Ed è in questo spirito che io
vorrei raccontarvi il mio sogno. Che è il sogno di Dio. Ce lo stiamo raccontando
io e padre Antonio, rileggendo il Vecchio ed il Nuovo Testamento. Per voi, per
molti di voi, risuonerà quasi strano. Martin Luther King lo usava: «I dream» -
io sogno.
II sogno di Dio è quello che noi chiamiamo la Bibbia - essa non è
che un sogno. Molto di quello che vi dico è dovuto al nostro cammino, ma anche
alla ricerca di questi ultimi dieci anni sull'Antico e sul Nuovo Testamento.
Penso
che ci possano dare una ricchezza incredibile, soprattutto ci terrei a
ricordare le comunità ecumeniche del nord America, nel mezzo dell’impero, che
ci stanno dando uin esempio di resistenza incredibile e capacità di rilettura
della Bibbia.
Il
sogno di Dio nelle mani di un uomo
Cosa è il sogno di Dio? Un sogno che è affidato ad un uomo, a
Mosè.
Mosè
è uno come noi. Il nome Mosè non è ebraico, egli è cresciuto nel Palazzo, è un
intellettuale venduto. E' cresciuto con una cultura egiziana e del suo popolo
non sapeva nulla. Un giorno ha scoperto che il suo popolo soffriva, ed ha
tentato di difendere uno dei suoi fratelli, uccidendo un egiziano. Iniziava a
capire che questo per lui era un problema ed è scappato.
Scappato
nel deserto, dove ha trovato una bellissima ragazzina, si è fatto tre figli,
con buoi, pecore. Ecco, quello siamo noi. Ma ecco Jahvè - il cuore della Rivelazione.
Jahvè ascolta il grido del suo popolo oppresso. E' il Dio delle vittime di ogni
sistema e spedisce di ritorno Mosè con un programma.
Il
programma di Mosè
II programma può essere riassunto - secondo uno dei migliori
biblisti americani - in tre parole:
a) Dio sogna una economia - e sottolineo «economia» - di uguaglianza,
dove i beni di questo mondo vanno a beneficio di tutti. Ma per avere una
economia di uguaglianza, occorre avere una politica di giustizia. E per avere
questo abbiamo bisogno di una esperienza religiosa in cui Dio non è il Dio del
sistema, ma è II dio delle vittime. E Mosè è l'inviato da Jahvè per andare in
Egitto. L'Egitto è il simbolo di ogni impero. Guardate che le differenze fra
l'impero del denaro e quello egiziano non sono molte. In Egitto costruivano
piramidi, ed il sistema faraonico imperiale era piramidale. In cima alla
piramide vi era un 10% composto da faraoni, sacerdoti, principi - un 10% di
pance piene - a spese di un 90% di pance vuote. Guardate che le piramidi non le
hanno costruite i faraoni, ma il 90% formato dagli schiavi.
b) b) Ciò demanda ad una politica di oppressione: una economia di
opulenza, dove il 10% delle persone vive da nababbi, demanda necessariamente ad
una politica di oppressione. Non ci si scappa. Era così per i faraoni, era così
Babilonia, era così Roma. La Roma imperiale era guidata dal 10% degli abitanti.
Nel momento d'oro c'era un milione di abitanti - ed il 90% erano schiavi. Una
economia di opulenza demanda sempre ad una politica di oppressione.
c) c) E questo demanda ad una religione in cui Dio è prigioniero del
sistema, degli dei e dei faraoni. Una religione che è funzionale al sistema,
che ci convince che il nostro mondo sia il migliore, il più bello. Mosè arrivò
con un sogno, di una economia di uguaglianza, una politica di giustizia, una
religione in cui Dio è libero. E proprio perché è libero non può essere il Dio
del sistema ma è il Dio nomade, il Dio delle vittime. Nasce uno scontro
inevitabile fra il sogno di Dio e il sogno del faraone.
L’esodo ci proclama che Dio ha vinto, con toni epici. Dio vince il
faraone, vince il mare – simbolo del caos, delle forze caotiche – vince
l’esercito del faraone.
E questo piccolo clan di Mosè va verso una esperienza nuova.
Questo popolo unendosi facilmente ad altre tribù che si erano ribellate alle
città stato, ha visto in questa esperienza mosaica, che si era purificata nel
deserto, in questa esperienza di Jahvè, il Dio delle vittime, il Dio delle
vedove; un Dio che viene in questa terra e tenta di riesprimere questo sogno in
termini concreti, con una economia di uguaglianza. Tutta la terra è divisa
equamente fra le famiglie: la terra non si capitalizza. Come la manna nel
deserto simbolo di Mosè - se tu raccoglievi troppo cibo, esso marciva.
I beni di questo mondo sono al servizio di tutti e non di pochi.
E' una economia di uguaglianza che demanda ad una economia di giustizia. Nella
lega delle 12 tribù non c'era un potere centrale, non c'era un re. La politica
era fatta alla base, dal consiglio di anziani, era un potere che nasceva dal
basso.
C'era
una esperienza religiosa essenzialmente vissuta: una volta all'anno si
celebrava la Pasqua, con la promessa dell'Alleanza del sapere che questo Dio è
il Dio dei poveri, dei miserabili, delle schiave, delle vedove. E' il Dio della
vittima di questo sistema. Ecco il cuore dell'esperienza.
Ritorno
all' opulenza
Verso l'anno mille si arriva alla monarchia. Con Salomone ritorna
il tradimento, ritorna l'Egitto. Gerusalemme è la capitale, una città pagana,
palazzi giganteschi costruiti già da Davide. Salomone davanti al palazzo del
Re, costruirà il palazzo di Dio, il tempio, così che il re potrà uscire dal
palazzo, entrare nel tempio e dire: «Eccomi Jahvè».
Ma
Jahvè non c'è più, Dio è altrove.
Perché Salomone per fare quello ha dovuto usare una politica di
oppressione, schiavizzare le genti per farli lavorare in opere pubbliche e così
via.
Salomone ritorna ad una politica di opulenza, dove pochi hanno
molto a spese di molti morti di fame. Questo demanda ad una politica di
oppressione, che demanda ad un Dio prigioniero del sistema. Jahvè prigioniero
di Salomone. Jahvè è il Dio di Salomone
e degli altri re.
I profeti gridano il nome di Dio per i poveri, per tutta la gente
martoriata da questo sistema economico. I profeti si riallacciano al grande
sogno mosaico. Ecco la memoria, la profezia in fondo è memoria. « Ricorda
Israele» - dice il Deuteronomio. Ricorda il sogno tradito. Quel tradimento, i
profeti diranno, porta al fallimento, al crollo di tutto. Ma Dio non si stanca,
rilancia il sogno. Finisce la profezia in Israele, inizia l’apocalittica.
L'apocalittica
non ha più a che fare con i re, con i sacerdoti: ha a che fare con l'impero, i
grandi imperi. Israele è una piccola comunità che vive all'ombra di questi
grandi imperi.
Nasce
l'apocalittica.
La
resistenza alle Bestie
Ricordo
Daniele: egli rilancia il grande sogno, in termini apocalittici, di codice.
Nel
capitolo settimo Daniele vede nel grande mare bestie, grandi bestie che escono
dal mare: sono gli imperi. Un impero più bestiale dell'altro, fino all'ultimo,
quello greco sotto cui sta Daniele.
Ma l'importante è capire una cosa: questi imperi, che
rappresentano Babilonia, Persia, ect, sono già stati condannati da Dio. Dio è
più grande degli imperi. È il profeta che usa il linguaggio apocalittico,
rilancia il grande sogno con l’immagine del figlio dell’Uomo.
Un
figlio dell’Uomo, cioè quello che l’uomo sogna, uno che nasce dal basso.
Qualcuno
che ci faccia respirare. Guardate che non è una figura singola: in Daniele è
una comunità di resistenza, nonviolenta. Che rifiuta i Maccabei che lottano con
le armi in mano. Anche questa è resistenza: sono le comunità che sognano che
finalmente possa nascere dal basso un potere nuovo, un potere dell'Uomo.
Gesù riprenderà questo sogno e lo rilancerà nella Galilea.
Guardate che Gesù non è vissuto per caso. II potere romano nella Galilea era
qualcosa di bestiale. L'Apocalisse racconta di Roma come la bestia delle
bestie.
Gesù
ha accolto la bestialità di Roma e ha visto la collisione di Roma con il
tempio. I sommi sacerdoti pagavano Roma per essere sommi sacerdoti. E poi
collaboravano con Roma per opprimere la gente: la zona più repressa era la
Galilea.
In Galilea Gesù rilancia un movimento: il movimento del Figlio
dell'Uomo. E' un titolo apocalittico, di speranza, di rilancio per piccole
comunità fatte di lebbrose, prostitute, samaritani.
Gesù ha spaccato tutti i limiti, ha messo insieme gente che si
volesse bene. Ecco il sogno. E nasce la speranza che un Figlio d'Uomo
finalmente arrivi. Gesù è l'emblema di questo. II potere romano, e soprattutto
la violenza romana, erano terribili.
Dieci anni prima di Gesù, i romani avevano crocifisso lungo le
strade 4000 ebrei, per una lunghezza di chilometri e chilometri.
Era
il supremo ammonimento: chi muoveva un dito contro Roma, finiva così.
Gesù
ha capito che davanti alla violenza romana si innescava la controviolenza
ebraica. L'inizio della lotta armata. Gesù ha capito che se il suo popolo avesse
intrapreso questa strada, sarebbe stato schiacciato dalla potenza di Roma.
La
nonviolenza: una verità evangelica
Ed inizia il processo di nonviolenza. Per favore, la non violenza
non l'ha inventata Gandhi. L’ha inventata Gesù di Nazareth. Ma è possibile che
abbiamo cardinali come Biffi che ci dicono che la nonviolenza non è una virtù
evangelica?!
lo davvero non capisco più nulla. Perché davvero questo è il cuore
di Gesù, è questo grido per i poveri, è questa buona novella, è questo rilancio
del movimento di comunità.
Che
vive all'interno questa speranza. Guardate che il cuore è l'economia in Gesù.
In Kenya si sta andando verso una violenza incredibile. Hanno
fatto venire una équipe dalle Filippine ed una dagli Stati Uniti di esperti per
questo problema: hanno detto che è incredibile che nella Chiesa ci sia una
teologia perfezionatissima della guerra, ma non esiste una teologia della pace.
Gesù rilanciava il sogno di Mosè: una economia di uguaglianza che demanda ad
una politica di giustizia, che demanda ad un Dio libero. II Dio delle vittime
del sistema. E Gesù, dopo aver lavorato in Galilea, ha capito che il problema
era a Gerusalemme. Ed inizia quel cammino, quella grande marcia. La marcia dei
poveri: Gesù vuole andare nel cuore del potere per dire ai capi queste due
cose: il grido dei poveri e la dinamica della violenza. Roma ed il tempio.
Vedono in Gesù un elemento molto più pericoloso di Barabba, che lotta con le
armi in mano.
Rilasciano Barabba, ma Gesù deve morire. Caifa dice una frase
terribile, che esprime il meccanismo del capro espiatorio: è meglio che muoia
un uomo solo, piuttosto che tutta la nazione. Ecco l'uomo muore, fuori dalle
mura, come un criminale. Non dimentichiamo la dimensione politica di Gesù.
Solo
gli schiavi venivano crocifissi, e solo chi era un sobillatore veniva
crocifisso.
Gesù muore fuori dalle mura, come un criminale, come tutti i
criminali e criminalizzati della storia. L'Abbà, la grande scoperta di Gesù.
Che Dio è padre e madre. Che gli rimane fedele. Perché Dio non è il Dio di
Roma, Dio è il Dio di quel crocifisso fuori dalle mura e rimane fedele a tutti
i crocifissi della storia.
Il
sogno oggi
Se sono qui questa sera è per rilanciare a voi questo sogno.
Guardate che Mosè siamo noi. Quel Gesù che ha fatto questo in Galilea siamo
noi. Ognuno di noi ha delle potenzialità enormi. E' quello che Gandhi chiamava
la «satyagraha» la forza della verità. Gesù è la forza dell'amore. Ognuno di
noi è una bomba atomica in quello che può fare, nel bene come nel male. lo sono
qui davvero per chiedere a voi di rilanciare questo sogno, davanti ad un mondo
che ammazza. lo sono per chiarirvi la globalizzazione.
Globalizzazione
Se voi venite a Korogocho, capite cosa sia la globalizzazione.
Capite cosa siano i riaggiustamenti strutturali. Già in sé Korogocho è una
bolgia, è peccato. Ma un peccato mortale, davvero. Nessuno sapeva che io
partivo, lo hanno saputo solo nelle ultime ore e durante l'incontro finale mi
hanno detto, con le mani sulla testa: «Alex va, e parla a nome nostro». Ed io
parlo a nome loro. Korogocho è già in sé peccato. E' peccato perché è peccato
tenere delle persone in condizioni assurde, neanche le bestie feroci vengono
trattate così.
E'
inconcepibile come si possono mettere due milioni di persone su tre nell' 1 %
del territorio. I baraccati, circa due milioni, occupano l'1,5% della terra
disponibile.
Questo 1 ,5% di terra appartiene al governo: i baraccati possono
essere sbattuti fuori quando e come vogliono. E lo hanno fatto due anni fa per
far posto ad un miliardario. Con l'aiuto della polizia hanno bruciato 2000
baracche, sbattendo fuori tutti.
Questa è la logica, la logica del peccato, la logica del mercante.
È la logica della capitalizzazione. Già
a Korogocho sono messi 100.000 abitanti su un pezzettino di terra lungo al più
23 km. Ogni baracca è 3 metri per 3, dove ci vivono il papà, la mamma e 5 0 6
figli. Tutti lì.
Se voi vedeste quello che questo sistema sta facendo ed io ormai
sto vivendoci dentro da 7 anni - vedreste la sofferenza incredibile. Vedete ad
occhio nudo quello che questo sistema fa. Tre semplici esempi, che ci danno una
idea in chiave sociale di quello che sta avvenendo. II fatto emblematico e
sconcertante della sanità. Fino a tre anni fa la gente poteva andare al Keniota
Hospital, l'ospedale di Nairobi, che era in condizioni spaventose. Se andavate
all'ospedale vi trovavate anche tre persone nello stesso letto, ma almeno era
un posto dove si poteva andare. Oggi, se non hai mille scellini keniani, non
puoi entrare all’ospedale. Pertanto i poveri sono costretti a rimanere fuori,
anche se in gravi condizioni.
Sta diventando sempre più costoso anche seppellire i morti. Sono
molti i poveri che abbandonano i corpi nelle mani del governo per seppellirli
in fosse comuni. Perché per seppellire un morto a Nairobi, occorrono circa 6-7
mila scellini. Ed è una somma grande per i poveri che vivono in baracca. E
guardate che per gli africani questo va contro tutta la loro cultura,
soprattutto perché poi temono che questi siano spiriti e vengano disturbati.
Pensate in Kenya, che sforna ogni anno 200.000 studenti delle
secondarie, arriveremo probabilmente fra cinque anni ad avere il 50% dei
ragazzini di Nairobi che non entreranno in prima elementare, perché i genitori
non si potranno permettere il lusso di mandare i figli a scuola. II 50%. Questo
me lo diceva la responsabile del comune di Nairobi.
Le
vittime degli aggiustamenti strutturali
Perché tutto questo? Perché gli aggiustamenti strutturali tagliano
tutti i servizi. I governi tagliano tutti i servizi sociali. E chi paga? I
poveri. E' chiaro che i ricchi continuano ad essere trattati come nababbi, ma
chi paga è la povera gente. Io non volevo venire via perché stavo male, molto
male. Mi sentivo male dentro, perché quando voi vedete certe cose non capite
più nulla. Pochi giorni prima di partire ho visto una ragazzina di nome Anne,
con la mamma morta di Aids due anni fa.
Questa
ragazzina di 17-18 anni ha dovuto sobbarcarsi il peso di 5 bambini. Si è
prostituita, ma non è servito a niente - non ce l'ha più fatta. E' stata rapita
ed ha subito molestie sessuali.
Un giorno sento parlare di lei: «guardate che sta per suicidarsi».
Allora
mi ha chiamato la responsabile della comunità e mi ha detto: «Alex, guarda che
è grave la condizione di Anne. E' disperata». «Mandamela» - le dico.
Pochi
giorni prima che io partissi Anne è arrivata.
E le dico: «Anne, sento che. . . ».
E'
vero», aveva la faccia tesa, tirata, «ieri mi sono comprata il veleno. Lo prenderò
io e i miei cinque bambini. Per farla finita » .
Quando
una ragazzina di 17 anni ti dice questo è ovvio chiedersi «dove siamo
arrivati». Non ci si capisce più nulla.
Proprio
due giorni prima di partire, mentre stavo andando a pregare per una donna,
sento la voce di una ragazza che mi dice: «Non ce la faccio più Alex; sono due
giorni che ho vomito, diarrea, sono sfinita».
Si
è seduta in mezzo alla strada. Non ce la faceva nemmeno a reggersi in piedi.
«Sono due giorni che non mangio». Avevo appena comperato del pane per dire
Messa, e gliel'ho dato. «Prendilo».
Non
riusciva neanche a prenderlo. Poi ha sfilacciato uno straccio, ha avvolto il
pane e mi ha detto: «Alex, non lasciarmi. lo ho bisogno della tua preghiera».
E
l'ho vista sparire nell'oscurità.
Mi
è venuto una rabbia dentro immensa. « Verrò domani nella tua baracca» - le ho
detto. L'indomani, alle nove di sera, giungo nella sua baracca: eravamo solo in
due.
Proviamo
ad entrare ma non riusciamo; sfondiamo la porta, perché aveva messo uno sperone
del letto in modo tale da bloccare la porta. Lei viveva con due bambini
piuttosto grandi che erano scappati. Lavoravano alla discarica e avevano
lasciato la mamma da sola totalmente incapace di fare nulla. La baracca era
sporchissima: sul pavimento e sul letto c'erano vomito e diarrea da parecchi
giorni.
Riusciamo
a pulire, a buttare via i pagliericci sporchi; alla fine riusciamo a recuperare
un pezzo di tavolo, vi poniamo la tovaglia e celebriamo l'eucarestia.
Ritengo
che quei gesti siano importanti. Prima di tutto per dare dignità a gente che
I'ha persa totalmente. Per dargli la possibilità, almeno vicino alla morte, di
dirgli «Anche tu hai un Abbà, anche tu sei un Figlio di Dio». Quella sera sono
rimasto esterrefatto dalla preghiera che quella donna ha fatto: aveva una
capacità ed una lucidità di mettersi nelle mani dell'Abbà incredibile.
Questi
sono i volti delle vittime: non sono numeri o statistiche. E' la mia gente, la
gente per cui soffro, in cui vivo, lotto. Sono i volti di persone conosciute.
Non
volevo andare via, perché temo che quando tornerò molti amici saranno morti.
Perché quando si ha un legame d'amicizia di questo tipo, credo che almeno per
il rispetto verso questi poveri occorra fare questi gesti fondamentali.
La
nostra bestia
Ecco il sistema, ecco la globalizzazione, ecco l'economia, le
regole del mercato.
E’ questo. A Korogocho non capita più nulla, perché davvero non ci
si può capire più nulla. Ed ecco il mio grido a voi, quello che grido a voi è
quel sogno di Dio che cozza contro questa realtà imperiale. Altro che faraoni,
oggi abbiamo i grandi faraoni di turno che dominano il mondo ammazzando e
uccidendo. Korogocho è solo una piccolissima cosa per loro. Di Korogocho ce ne
sono a migliaia, a milioni. La Banca Mondiale stima che ci sono 800 milioni di
persone al mondo che non hanno cibo a sufficienza, che abbiamo il coraggio di
ammazzare 40 milioni di persone all'anno per fame.
Ma finché sono statistiche non soffrite, ma se lo vivete sulla
vostra pelle, se lo vivete con loro allora sono drammi sconcertanti. Ed allora
si pone la domanda: «Come è possibile continuare con un sistema del genere?
Come è possibile che non crediamo?». Continuiamo ad urlare per l'Olocausto, in
Germania - e dobbiamo farlo - Auschwitz e altri Auschwitz hanno posto il
problema di Dio. Ma cosa facciamo allora dei milioni e milioni di poveri che
ammazziamo? Oggi Dio non pone più nessun problema. A me lo pone: ed è per
questo che molto spesso dico che la mia fede è una lotta, perché è impossibile
continuare cosi.
Morti
di una economia virtuale
E' una economia assurda, virtuale. Ho sentito dire che
proporzionalmente l'economia concreta é solo 1 e quattro è quella astratta,
virtuale, di carta.
L'economia reale è uno su cinque. II resto è carta. E' possibile
continuare ad ammazzare gente per una economia virtuale, dove soldi fanno
soldi.
E' davvero possibile che i soldi non siano un problema etico? II
primo che I'ha detto è stato Enrico CHIAVACCI, e
quando l’ha detto, a Merano, metà sala è uscita per protesta.
Perché non volevano porsi il problema di fondo, un problema
evangelico.
E chiedo a voi, questa sera, di domandarvi cosa sia la moralità,
l'etica. Ma come faccio io a dire ad una ragazzina che va a prostituirsi che è
peccato.
Non riesco più a capirci nulla.
Mi
dice: «Ma Alex, dimmi tu come faccio a vivere; dimmi un altro modo, ed io lo
faccio». Non ce n'é.
Pochi giorni prima una prostituita mi ha portato una ragazzina
dicendomi: «Guarda, questa ragazza tutte le notti esce con un coltello ed
accoltella tutti» .
Allora
ci siamo seduti, abbiamo bevuto un tè insieme, e le ho detto: «Ma è vero?» «Sì
è vero. lo non ho nessuno. Non ho un papà, una mamma, nessun fratello. Sono
sola. Accoltello solo per rubare i 20 scellini che mi servono per mangiare.
Alex, tu penserai che ti stia mentendo. Vieni con me». E sono andato. Entro
nella sua baracca. C'è un letto con tre cartoni, un pezzo di nylon per coprirsi
dal freddo della notte. Non c'era nient'altro.
«Alex,
io non ho mai derubato nessuno. Mi servono solo un po' di soldi per tirare
avanti».
Moralità
borghese
Questo è peccato? E quelli che hanno miliardi nascosti in banca
non sono peccatori?
Quella
non può andare a fare la comunione tranquillamente e gli altri sì. Ma guardate
che la nostra moralità è una moralità borghese. Non è vangelo, non è etica.
lo non contesto l'insegnamento della Chiesa ma se la Chiesa è dura
sul sesso, allora deve essere dura anche sull'economia. E' possibile che
abbiamo costruito una casistica sessuale incredibile su tre detti di Gesù nel
Vangelo, e non sull'economia che è il cuore stesso del Vangelo. Ad una donna
che prende la pillola, io devo dirle di non fare la comunione. Ad un uomo che
ha un miliardo in banca, questi può andare tranquillamente a farsi la
comunione. Perché quelli sono soldi suoi, guadagnati col sudore della fronte.
Questa è una presa in giro autentica.
Globalizzazione:
gli effetti
Questi sono i problemi morali fondamentali che dobbiamo porci. Se
voi vivete dentro queste situazioni, vi salta tutto: salta la teologia, la
morale, l'immoralità.
La
globalizzazione è incredibile ed ha una capacità organizzativa notevole.
A
Trento abbiamo citato la Nike. In questo libro: «Contro il capitale globale»
(edito da Feltrinelli) si afferma che «Nella Corea del Sud e a Taiwan, la
crescita economica, le riforme democratiche, la sindacalizzazione stanno
producendo un aumento di salario, così che la Nike chíude 20 fabbriche in Corea
e a Taiwan e apre un negoziato per produrre le sue scarpe in Cina, in Thailandia
ed in Indonesia - i nuovi paradisi economici.
In quest'ultimo paese le ragazze e le giovani donne ricevono una
paga minima giornaliera di 1.35 dollari. Da uno studio fatto in Indonesia
risulta che l'88% delle donne indonesiane che lavora nelle fabbriche, soffre di
malnutrizione.
Nel 1992 l'ammontare totale del salario pagato nelle fabbriche
indonesiane è stato inferiore del
compenso dato a Michael Jordan per fare pubblicità alle scarpe, dichiarato in
20 milioni di dollari». Semplicemente per mettersi le scarpe e farsi
fotografare.
«Michael
Jordan ha ricevuto di più che non tutte le donne che fanno quelle scarpe in un
anno in Indonesia. Per produrre un paio di scarpe in Indonesia la Nike spende
circa 5 dollari» - qui le paghiamo intorno alle 150.000 lire.
Questo è un semplicissimo esempio per farci capire cosa è la
globalizzazione.
Ecco il problema, ecco il sistema. Ed è sistema che funziona
davvero, e chi lo paga sono i poveri.
lo vorrei ricordarvi una cosa che mi sembra importante e che sta
diventando sempre più sconcertante: questo sistema, che permette al 20% di
questo mondo di sfruttare I'80% delle risorse di questo mondo, a spese dell'80%
delle persone di questo mondo, sta
inquinando la terra in una maniera talmente forte da bloccare il futuro.
Questo è il problema grave. Gli scienziati ci danno al massimo 50-60 anni e
poi, futuro e generazioni non potranno più vivere su questo mondo. II sistema
che abbiamo messo insieme è un sistema di morte.
Nel libro «Passion for the earth», scritto da un missionario, si
citano varie statistiche: tra di esse, quella relativa ai rifiuti americani.
Parla di 16 milioni di pannolini - ma a questo mondo siamo sempre vissuti senza
pannolini! Vengono buttati tutti al macero.
220 milioni i copertoni di auto che l'America ogni anno butta.
Mi
ha .fatto molta impressione, trovare in un documento del Vaticano sulla fame -
che doveva essere una enciclica, ma dati i toni forti I'hanno ridotta solo a
pia esortazione - queste statistiche. «A mero titolo di esempio, le 500.000
tonnellate di prodotti mortali in grado di distruggere 60 miliardi di uomini,
di cui dispone oggi ancora l'Unione Sovietica, hanno avuto un costo di
produzione di 200 miliardi di dollari USA e altrettanto costerà distruggerle».
Questo è il problema; Turrini, uno degli inventori del Phoenix francese, ora
pentito, dice che le scorie atomiche durano 200.000 anni. Di fatto non sappiamo
più come distruggerle.
«Si
tratta di risorse reali e dunque di una perdita secca per il pianeta, questa
avventura perversa si traduce in abbassamento del tenore di vita degli uomini,
non solo dell'Unione Sovietica, e addirittura in fame per numerose famiglie che
altrimenti non l'avrebbero conosciuta». Questo sistema ha dell'inconcepibile.
Davvero ha ragione don Milani: «L'obbedienza non é più una virtù».
Finiamola, smettiamola. Ma è ora di gridare, di urlare,
perché
davvero viviamo dentro sistemi che ci ammazzano, ci stritolano, uccidono
milioni di persone.
II nostro problema più grosso è la cecità: siamo ciechi, siamo
incapaci di vedere la realtà; i mass media che vediamo ci rendono ancora più
ciechi, sono là nuova religione che ci abbindola facendoci credere che questo è l'unico mondo possibile.
Ma Dio sogna un mondo altro.
p.
Alex Zanotelli