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SOMMARIO: b) Controversie; c) In genere; e) Portineria e alloggio del portiere; f) Pulizia; Carattere precipuo del
contratto di portierato, quale emerge dalle disposizioni legislative e dalle
norme corporative tuttora vigenti (L. 9 aprile 1952 n. 401; L. 31 marzo 1954
n. 109; CCNL 30 aprile 1938) è una prestazione di vigilanza e di custodia al
servizio di stabili con le loro relative pertinenze, destinati ad uso
esclusivo o prevalente di abitazione di più nuclei familiari. Va, pertanto,
riconosciuta la qualifica di portiere — con la conseguente applicazione della
normativa relativa (L. 21 marzo 1953 n. 215, sulla corresponsione della
gratifica natalizia ai lavoratori addetti alla vigilanza, custodia e pulizia
degli immobili urbani; L. 4 febbraio 1958 n. 23, sul conglobamento e
perequazione dei salari dei portieri) — a chi svolge le anzidette mansioni al
servizio di un parco destinato a distinti condominii — tutti solidalmente
responsabili per il pagamento della retribuzione, per essere il parco
destinato a loro servizio e per il fatto di giovarsi delle prestazioni
lavorative del portiere — mentre è irrilevante, al fine di escludere
l’esistenza di un contratto di portierato, la circostanza che ogni edificio
condominiale abbia un proprio portiere. Il rapporto di portierato
è caratterizzato, rispetto al normale rapporto di lavoro subordinato (della
cui realtà normativa partecipa), da aspetti particolari, connessi alla natura
(non imprenditoriale) del datore di lavoro ed al tipo di servizio (pulizia,
custodia e vigilanza) affidato al lavoratore, ed è disciplinato, quanto ad
alcuni istituti, da leggi speciali come la L. 21 marzo 1953, n. 215 sulla
gratifica natalizia, la L. 26aprile 1954, n. 111 sull’estensione delle feste
infrasettimanali e la L. 16 maggio 1956, n. 526 sul trattamento eco-nomico
del lavoro prestato nei giorni festivi. Pertanto, attese le peculiarità del
rapporto predetto, che spiegano anche la previsione della figura del
"sostituto" (da nominarsi, secondo la disciplina collettiva, dal
portiere, il quale lo retribuisce direttamente in proporzione del servizio
prestato), va escluso che la clausola dell’art. 36 del Ccnl di categoria del
24 febbraio 1978 — la quale, in caso di morte del portiere, prevede la
prosecuzione per tre anni del godimento dell’alloggio di servizio da parte
delle persone con lui conviventi e, per lo stesso periodo, la corresponsione
del salario e di eventuali indennità supplementari alla persona designata
come "sostituto" che abbia continuato a disimpegnare il servizio di
portierato — con-figuri un rapporto di lavoro a termine suscettibile di
conversione, in quanto illegittimo, in rapporto di lavoro a tempo
determinato, ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 230, e quindi risolvibile
soltanto con le modalità e nei casi previsti dalle leggi n. 604 del 1966 e n.
300 del 1970. Nello speciale rapporto
di portierato, la somministrazione dell’alloggio costituisce una prestazione
del datore di lavoro fornita della connotazione della alternativa (onde la
validità delle clausole individuali o collettive, che la contemplino, in
riferimento all’art. 1285 cod. civ.) rispetto all’"indennità
sostitutiva", nella quale si identifica il valore convenzionale
dell’alloggio, per la determinazione della retribuzione, ai fini del computo
degli istituti legali e contrattuali, con la conseguenza che nel caso di
impossibilità della somministrazione dell’alloggio (per la mancanza dello
stesso nell’edificio in cui deve essere prestato il servizio) l’obbligazione
del datore di lavoro viene a concentrarsi a norma dell’art. 1288 cod. civ.
nella corresponsione della detta indennità, senza che ne derivi una riduzione
della retribuzione, ovvero una lesione della sua proporzionalità e
sufficienza ex art. 36 Cost. (Nella specie, la sentenza impugnata —
confermata dal S.C. — aveva escluso che un portiere, trasferito con le stesse
mansioni, a prestare servizio in altro stabile, appartenente al medesimo
proprietario e privo di alloggio di servizio, avesse diritto a conservare il
precedente alloggio, in luogo dell’offerta indennità sostitutiva). Il contratto di
portierato ha per oggetto una prestazione di vigilanza e di custodia al
servizio di stabili destinati ad uso, esclusivo o prevalente, di abitazione
di più nuclei familiari. Dalle disposizioni legislative e dalle norme
corporative vigenti è, infatti, conside-rato portiere solo colui che presta
la propria opera per la vigilanza, la custodia ed, eventualmente, la pulizia
degli stabili, oltre alle mansioni accessorie di cui alle consuetudini locali
e non anche il lavoratore che, con rapporto continuativo, presta la propria
opera per la pulizia dell’androne, delle scale e degli accessori, ed,
eventualmente, anche per la accensione e lo spegnimento della luce, per
l’apertura e chiusura del portone, con esclusione del servizio di vigilanza e
custodia. Nel rapporto di
portierato, in cui la subordinazione deve essere ravvisata
nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro,
esercitato anche mediante il controllo dei singoli condomini, la
somministrazione dell’alloggio ubicato nell’edificio condominiale, ove non
risulti giustificata da un diverso titolo, deve presumersi effettuata, in
favore del lavoratore che vi dimora, al fine di svolgervi il servizio di
portierato, che implica l’attività di vigilanza e custodia, alla prestazione
delle quali è finalizzata la suddetta somministrazione. In tema di rapporto
giuridico anomalo, che non trovi disciplina nell’ordinamento, il giudice
chiamato a risolvere una controversia ad esso relativa, deve fare ricorso ai
principi generali dell’ordinamento stesso a norma dell’art. 12 disp. prel. al
codice civile. Fra questi principi generali, nel campo dei rapporti
patrimoniali vi è quello che si racchiude nell’espressione rebus sic stantibus,
cui si ispira l’art. 1467 cod. civ., in forza del quale un rapporto giuridico
patrimoniale, ove non altrimenti disciplinato, non può essere mantenuto in
vita quando siano venute meno, in misura notevole, le condizioni di
equilibrio sulle quali esso è sorto. (Nella fattispecie, trattavasi di un
onere reale, tale qualificato con sentenza passata in giudicato,
rappresentato da un vincolo di perpetua destinazione di una unità
condominiale a servizio di portierato, anomalo sia in quanto pressoché
esaustivo dei poteri di godimento del titolare del bene gravato, sia perché
ricollegato ad una controprestazione economica a carico del condominio
beneficiario dell’onere stesso fissata nel 1903 e divenuta affatto simbolica
non esprimendo alcun valore economico degno di considerazione). In materia di
impugnazione di delibere dell’assemblea dei condomini ex art. 1137 cod. civ.,
il sindacato del giudice è di mera legittimità, ma ciò non esclude la
possibilità, anzi la necessità, di un accertamento della situazione di fatto
che è alla base della determinazione assembleare, allorquando tale
accertamento costituisca il presupposto indefettibile per controllare la
rispondenza della delibera alla legge. (Nella specie, la delibera aveva per
oggetto l’assunzione di un secondo portiere nel complesso condominiale, ed
occorreva stabilire se si fosse in presenza di una innovazione non
consentita, oppure di un semplice adeguamento alle necessità obiettive del
servizio di portierato già esistente; la Suprema Corte ha annullato la
decisione del merito per una insufficiente valutazione al riguardo). Deve ritenersi lecita
l’attività di mediazione in relazione ai rapporti di portierato, trattandosi
di una categoria di lavoratori non inserita nelle liste di collocamento e di
cui la disciplina speciale, rinviata a successiva regolamentazione dalla L.
29 aprile 1949, n. 264, non è stata neppur attuata con la successiva legge n.
339 del L’art. 659 cod. proc.
civ. — per il quale "se il godimento di un immobile è il corrispettivo
anche parziale di una prestazione d’opera, l’intimazione dì licenza o di
sfratto... può essere fatta quando il contratto viene a cessare per qualsiasi
causa" — non si riferisce alle sole ipotesi di custodia, portierato e
guardiania, ma a tutte quelle di concessione in godimento di un immobile
funzionalmente collegata con un rapporto di prestazione d’opera in modo da costituirne,
anche parzialmente, il corrispettivo. La mancanza di
un’autorizzazione amministrativa, prescritta per lo svolgimento di una
determinata attività lavorativa, non comporta l’illiceità dell’oggetto o
della causa del contratto di lavoro agli effetti dell’art. 2126 cod. civ.;
pertanto, in tema di rapporto di portierato, la mancata iscrizione del
lavoratore nel registro previsto dall’art. 62 del T.U. delle leggi di PS.
(r.d. 18 giugno 1931, n. 773) non esclude il diritto alla retribuzione per
l’attività concretamente esercitata. La clausola del
regolamento di condominio istitutiva del servizio di portierato, in quanto
non attribuisce ai condomini diritti soggettivi, ma riguarda
l’amministrazione della cosa comune, può essere abolita o modificata col voto
favorevole della maggioranza dei condomini, senza che occorra l’unanimità dei
consensi. In caso di scioglimento
totale di un condominio, qualora residuino beni in comune — ed in assenza di
un titolo che disponga diversamente — deve farsi luogo all’applicazione delle
norme sul condominio allorquando le cose o i servizi appaiano legati ai
singoli edifici in un rapporto di "necessarietà ed accessorietà"
(es. gli impianti idrici, di riscaldamento, di illuminazione, il servizio di
portierato, gli accessi, il parcheggio per le automobili); soltanto per il
caso si tratti di cose non necessarie per l’esistenza delle costruzioni (es.
piscine, campi da tennis, negozi, ristoranti, parchi, ecc.) si applicano le
norme sulla comunione, trattandosi di beni e servizi che sfuggono al richiamo
dell’art. 1117 c.c.. Singoli edifici
costituiti in altrettanti condomini vengono a formare un
"supercondominio" quando talune cose, impianti e servizi comuni
(viale d’ingresso, impianto centrale per il riscaldamento, parcheggio, locali
per la portineria o per l’alloggio del portiere, ecc.) contestualmente sono
legati, attraverso la relazione di accessorio a principale, con più edifici,
appartengono ai proprietari delle unità immobiliari comprese nei diversi
fabbricati e sono regolati, se il titolo non dispone altrimenti, in virtù di
interpretazione estensiva o analogica, dalle norme dettate per il condominio
negli edifici. Ne consegue che le disposizioni dettate dall’art. 1136 ce. in
tema di convocazione, costituzione, formazione e calcolo delle maggioranze si
applicano con riguardo agli elementi reale e personale del supercondominio,
rispettivamente configurati da tutte le unità abitative comprese nel
complesso e da tutti i proprietari. (Nella specie, il servizio di portierato
era destinato al servizio degli edifici "A" e "B",
costituiti in condomini autonomi; l’assemblea del condominio del solo
edificio "A" deliberò la divisione del servizio di portierato ed il
licenziamento del portiere. La S.C., in applicazione dell’enunciato principio
di diritto, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato la
nullità della predetta deliberazione, per non essere stati convocati a partecipare
alla assemblea in cui essa fu assunta anche i condomini dell’edificio
"B. Nel caso in cui un
dipendente di una impresa di assicurazione sia addetto quale portiere ad uno
stabile dì proprietà ditale impresa, solo parzialmente dalla stessa adibito a
propria sede e relativamente alle altre parti beato a terzi, ai finì
dell’individuazione del contratto collettivo applicabile al rapporto di
lavoro deve innanzitutto accertarsi se l’attività del datore dì lavoro di
gestione dì immobili abbia autonomia tecnica e dì produzione, o invece natura
complementare o accessoria, poiché, in caso di attività plurime svolte dallo
stesso datore di lavoro, a norma dell’art. 2070, comma 2, c.c. solo per le
attività complementari ed accessorie sussiste la possibilità di fare
riferimento al contratto collettivo disciplinante l’attività principale.
(Nella specie, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata perché il
giudice di merito aveva omesso la verifica, ai finì indicati, della struttura
organizzativa della società nel quadro delle plurime attività dalla stessa
esercitate, attribuendo erroneamente valore assorbente, ai finì della
ritenuta applicabilità del contratto collettivo per i dipendenti di imprese
dì assicurazione, invece che di quello per i dipendenti da proprietari di
fabbricati, alla affermata prevalenza quantitativa e qualitativa delle parti
immobiliari direttamente utilizzate dalla impresa assicuratrice, trascurando
inoltre di dare rilievo al tenore letterale della clausola del contratto
collettivo del settore assicurativo prevedente la applicabilità del medesimo
ai lavoratori addetti ad attività di portierato o di custodia del palazzo
adibito a sede della Compagnia solo in caso di esclusività di tale
destinazione e altresì omettendo di accertare quale fosse stata la volontà
delle parti in merito alla qualificazione e disciplina del rapporto, benché
il mancato coordinamento tra le due contrattazioni collettive in questione,
dipendente dal fatto che quella per i dipendenti da proprietari di fabbricati
a sua volta escludeva la sua applicabilità per i rapporti relativi a stabili
destinati prevalentemente a sedi di ditte industriali e commerciali, poteva
abilitare le parti del singolo rapporto di lavoro ad avvalersi della loro
autonomia contrattuale anche ai fini di un’opzione per la seconda di dette
discipline collettive). L’istituzione del
servizio di portierato, non previsto dal regolamento di condominio, che
comporti la destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà
comune aventi in precedenza una diversa funzione, e la soppressione del
medesimo servizio, nell’opposta ipotesi in cui questo sia previsto dal
regolamento anzidetto con destinazione ad alloggio del portiere di locali di
proprietà comune, configurano (derivandone, rispettivamente, la nascita e
l’estinzione di un vincolo di destinazione pertinenziale a carico di parti
comuni) atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, per la cui deliberazione
— attesa l’equiparazione ditale categoria di atti alle innovazioni disposte
dal secondo comma dell’art. 1108 cod. civ. (applicabile al condominio per il
rinvio operato dall’art. 1139 dello stesso codice) — è necessaria la
maggioranza qualificata (che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al
condominio e due terzi del valore dell’edificio) prevista dal quinto comma
dell’art. 1136 cod. civ., il quale non esaurisce la disciplina delle
maggioranze in relazione a tutte le deliberazioni assumibili dall’assemblea
dei condomini. e) Portineria e alloggio del portiere. Ai sensi degli artt. 1130
e 1131 cod. civ., all’amministratore del condominio spetta per legge la
disciplina della gestione ed uso delle cose comuni e della prestazione dei
servizi e così dell’esercizio del servizio comune di portierato ed il potere
di risolvere il rapporto di lavoro fra il portiere ed il condominio. Di
conseguenza l’amministratore può, anche senza deliberazione dell’assemblea
dei condomini, agire per il rilascio dell’alloggio detenuto senza titolo dal
portiere licenziato (cui l’alloggio stesso era stato concesso ad integrazione
della retribuzione), dipendendo tale rilascio dalla risoluzione di un
rapporto obbligatorio assunto per la gestione del servizio comune ed essendo
il recupero di detto alloggio essenziale per l’ulteriore espletamento dello
stesso servizio. L’obbligazione avente ad
oggetto il pagamento di una pigione, di canone o di altro corrispettivo
periodico del godimento di un bene ha natura di debito pecuniario ove sia
stato preventivamente determinata in una somma fissa di denaro e, pertanto,
essendo soggetta al principio nominalistico, non è suscettibile di
rivalutazione. Tale principio è applicabile anche al canone fissato in danaro
in corrispettivo dell’onere reale posto a carico di uno dei condomini di un
edificio e consistente nell’obbligo di conservare, nell’interesse del
condominio, l’originaria destinazione dell’appartamento di sua esclusiva
proprietà (nella specie, locali di portierato). La concessione in uso
dell’alloggio per l’espletamento delle mansioni di portierato o di pulizia
dello stabile costituisce una prestazione accessoria del rapporto, la quale
perde automaticamente la sua obbligatorietà e non è più dovuta con la
cessazione del rapporto dì lavoro che ne è il necessario presupposto. Il rapporto avente ad
oggetto l’abitazione del portiere viene definito come contratto atipico, non
configurabile come locazione, sicché non si applica a simili rapporti la
legge sull’equo canone e il diritto al godimento della casa di abitazione
viene meno con la ces-sazione del rapporto di portierato. L’amministratore del
condominio, a cui spetta ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. la disciplina
della gestione e dell’uso delle cose comuni, nonché dell’esercizio del
servizio comune di portierato, può, anche senza deliberazione dell’assemblea
dei condomini, agire per il rilascio dell’immobile adibito ad alloggio del
portiere, che sia deceduto, da parte del coniuge del medesimo, che detenga
l’immo-bile senza titolo. Qualora il portiere sia
sostituito con lavascale e sia stato in tal modo istituito un nuovo e diverso
rapporto per la pulizia dell’androne, delle scale e degli altri luoghi comuni
di passaggio dello stabile, il criterio di ripartizione delle spese relative
tra i condomini non può più identificarsi con quello stabilito dal
regolamento per le spese del ben diverso rapporto di portierato. E qualora
nel regolamento dì condominio manchi un’esplicita disciplina per la predetta
sostituzione, l’adozione di un nuovo criterio di ripartizione delle spese
rispondenti alla nuova situazione può fissarsi con deliberazione a
maggioranza dei condomini, non risolvendosi nella menomazione di alcun loro
diritto risultante dagli atti di acquisto o da altra convenzione. (Nella
specie: il giudice dì merito aveva ritenuto ripartibili le spese per il
lavascale a norma dell’art. 1124 cc. che disciplina la manutenzione delle
scale giusta la delibera dell’assem-blea condominiale la quale — sostituito
il servizio di portierato con quello di lavascale — aveva modificato la norma
del regolamento secondo cui le spese di portierato dovevano essere divise in
base al valore millesimale degli appartamenti). Le spese di portierato in
un edificio condominìale, trattando-si di servizio per sua natura tale da
assicurare la custodia - vigilanza dell’intero fabbricato, vanno ripartite
tra i condomini alla stregua del criterio dettato dall’art. 1123 primo comma,
cod. civ., la cui applicabilità può essere legittimamente negata solo se
risulti una contraria convenzione oppure se si accerti che il servizio, per
parti-colari situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso
nell’in-teresse di tutti i condomini. (Nella specie, il S.C., enunciando il
sur-riportato principio, ha ritenuto che la corte del merito aveva
erro-neamente sostituito al criterio di cui al primo comma dell’art. 1123
cod. civ., il diverso criterio basato su una ritenuta maggiore utiliz-zazione
del servizio da parte di alcuni condomini). Le spese di portierato in
un edificio condomìniale, trattando-si di servizio per sua natura tale da
assicurare la custodia - vigilanza dell’intero fabbrjtuito, vanno ripartite
tra i condomini alla stregua del criterio dettato dall’art. 1123, primo
comma, cod. civ., la cui applicabilità può essere legittimamente negata solo
se risulti una contraria convenzione (come espressamente previsto
dall’indicata norma) oppure se si accerti che il servizio, per particolari
situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso nell’interesse dì
tutti i condomini. (Nella specie, il S.C., enunciando il surriportato
princi-pio, ha ritenuto correttamente applicato l’art. 1123, primo comma,
citato dai giudici del merito, che avevano accertato trattarsi di ser-vizio
di portierato notturno reso nell’interesse comune, e non dei soli condomini
proprietari di autorimesse). Le spese necessarie per
la prestazione del servizio di portiera-to in un edificio composto da più
unità immobiliari vanno poste a carico di tutte queste in misura
"proporzionale alloro valore", ai sensi dell’art. 1123 cod. civ., a
meno che risulti che il servizio non sia svolto nell’interesse comune di tutti
gli immobili ovvero alcuno. di essi sia stato convenzionalmente esonerato
dall’onere. L’applica-zione ditale criterio di ripartizione delle spese non è
esclusa dal diverso grado di "utilità" che ciascuna unità
immobiliare può trarre Allorquando una clausola
di un regolamento di condominio di natura contrattuale stabilisca, senza
distinzioni, che le norme contenute nel medesimo "sono revocabili e
suscettibili di modifiche ed aggiunte, purché queste risultino approvate
dall’assemblea con le maggioranze necessarie per legge", il giudice del
merito, chiamato ad accertare se sia legittima una delibera assembleare
maggioritaria con la quale le spese di portierato siano state poste anche a
carico dei condomini proprietari dei locali esterni e interrati dell’edificio
che una norma di detto regolamento esoneravàThvece dal concor-rere a tali
spese, non può risolvere il problema, nel senso della ille-gittimità,
esclusivamente sulla base del principio generale secondo cui le norme
condominiali sorte per contratto possono essere modi-ficate solo col consenso
di tutti i contraenti stessi, ma si deve inda-gare se la surriferita clausola
non deroghi a questo principio, avva-lendosi, a tal fine, degli strumenti
interpretativi offerti dal codice civile e, in particolare, dall’art. 1367
che impone, nel dubbio, di in-terpretare le singole clausole "nel senso
in cui possono avere qual-che effetto, anziché in quello secondo cui non ne
avrebbero alcu-no", oltre che della valutazione del comportamento
complessivo delle parti (art. 1362, secondo comma, cod. civ.) in relazione al
pre-gresso pagamento di quelle spese da parte dei condomini origina-riamente
esclusi. In tema di condominio
degli edifici, la deliberazione assem-bleare, la quale, con riguardo alla
ripartizione delle spese di portie-rato, le estenda anche ai proprietari dei
vani terranei senza ingresso dall’androne, deve ritenersi affetta da nullità,
non mera annullabi-lità, con conseguente proponibilità della relativa
impugnazione in ogni tempo, anche dopo il termine di decadenza fissato
dall’art. 1137 cod. civ., qualora, adottata a maggioranza, risulti integrare
un riparto di dette spese difforme da quello fissato con regolamento condominiale
di natura contrattuale, quale quello predisposto dall’unico originario
proprietario dell’edificio e poi di volta in volta accettato dagli acquirenti
delle singole porzioni, atteso che le dispo-sizioni ditale regolamento sono
modificabili solo attraverso una nuova convenzione conclusa dalla totalità
dei condomini. Il giudice può stabilire
criteri dì ripartizione delle spese di portierato diversi da quello di cui
all’art. 9, secondo comma, della I. n. 392/1978 (900/o a carico del
conduttore) nel caso di servizio di portineria espletato — anche per la
confermazione dell’immobile al quale esso è destinato — in modo inadeguato e
in misura ridotta. In tema dì condominio
negli edifici le spese di portierato che siano previste nel regolamento tra
quelle di carattere generale, vanno ripartite tra tutti i condomini ai sensi
dell’art. 1123 c.c. in misura proporzionale al valore della proprietà di
ciascuno e indipendentemente dalla maggiore o minore utilizzazione del
servizio da parte di condomini proprietari di unità immobiliari site in
posizione particolare (nella specie negozi), senza che ne sia configurabile
una deroga con riguardo alla mera esistenza di una tabella, allegata al
re-golamento, per la ripartizione di spese particolari di pertinenza dei soli
appartamenti. In caso di risoluzione di
contratto atipico di locazione per servizio di portierato, il relativo
provvedimento è immediatamente È legittima la delibera
condominiale avente ad oggetto la revoca di una precedente delibera che,
senza il consenso unanime dei condomini, modificava le quote millesimali
relative alla ripartizione delle spese del servizio di portierato e contenute
in un regolamento contrattuale. Dal momento della
costituzione del cosiddetto "condominio di gestione" tra gli
assegnatari di alloggi economici e popolari, spetta all’assemblea
condominiale il potere di deliberare sull’uso e godimento delle cose comuni e
sulla ripartizione delle relative spese, nel rispetto delle norme di legge e
di regolamento, con la conseguenza che ove detto condominio assuma
direttamente la gestione dei servizi di portierato e di riscaldamento oltre
l’ordinaria manutenzione delle parti comuni dell’edificio, la quota variabile
di spesa relativa a tali servizi viene legittimamente determinata dagli
stessi assegnatari riuniti in assemblea e deve essere corrisposta
all’amministratore, anziché all’ente proprietario, con esclusione di
eventuali spese generali (come l’assicurazione od altro) ancora sostenute da
detto ente. La norma contenuta in un
regolamento condominiale per la quale "le spese di portierato, luce
scala e manutenzione delle mede-sime sono accollate ai condomini dei
laboratori, magazzini, garage, negozi, solo in ragione di un terzo della
rispettiva quota millesimale di proprietà" è applicabile anche nei
confronti di un istituto di ere-dito. In virtù dell’istituto
della prorogatio l’amministratore dì un condominio di un edificio, cessato
dalla carica per scadenza del termine previsto dall’art. 1129 cc. o per
dimissioni, continua ad esercitare tutti i poteri previsti dall’art. 1130
cc., attinenti alla vita normale ed ordinaria del condominio, fino a quando
non sia stato sostituito con la nomina di altro amministratore. Pertanto,
l’amministratore deve continuare a provvedere, durante la gestione
interinale, all’adempimento delle incombenze ed attribuzioni previste
dall’art. 1130 c.c. e così a riscuotere i contributi condominiali e ad erogare
le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni
dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni, compreso quello di
portierato, con la conseguenza che, in caso di ritardata presentazione delle
denunce contributive e di ritardato pagamento dei contributi previdenziali
dovuti per il portiere, l’amministratore è tenuto a rivalere il condominio
delle somme da questo versate all’Inps a titolo di sanzioni amministrative. In tema di locazione di
alloggi di edilizia economica e popo-lare, le modalità di determinazione
delle spese per i servizi, come previste dall’art. 19, D.P.R. n. 1035 del
1972 — secondo il quale il canone è costituito, tra l’altro, di una quota per
i servizi di custodia e portierato, di pulizia, di riscaldamento, di
ascensore e degli altri eventuali servizi derivanti da usi e consuetudini
locali, nonché per consumi d’acqua ed energia elettrica relativi alle parti
comuni, per contributo fognatura e per l’asporto dei rifiuti solidi; quota
fissata dall’Istituto autonomo per le case popolari in relazione ai servizi
prestati ed al costo degli stessi calcolato sul complesso degli immo-bili
gestiti — non possono assurgere a linee essenziali caratterizzanti la materia
delle locazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica. La norma in
oggetto, infatti, non costituice precetto fondamentale, attinente alla
configurazione essenziale del rapporto, bensì a disposizione di dettaglio,
concernente aspetto specifico della discipli-na del rapporto stesso. Ne
consegue che, correttamente, il giudice coneiliatore, nell’esercizio del suo
potere equitativo, può disattendere la suindicata disposizione, sul rilievo
che la volontà delle parti, emergente dal contratto di locazione, appare
inequivocabilmente diretta a sostituire al criterio legale della quota fissa
proporzionale il diverso criterio convenzionale della quota variabile
commisurata all’effettivo importo delle spese di gestione. Siffatta
operazione er-meneutica, siccome ispirata a criteri equitativi, si sottrae al
sindaca-to di legittimità. Dal momento della
costituzione del cosiddetto (condominio di gestione" tra gli assegnatari
di alloggi economici e popolari, spetta all’assemblea condominiale il potere
di deliberare sull’uso e godimento delle cose comuni e sulla ripartizione
delle relative spese, nel rispetto delle norme di legge e di regolamento, con
la conseguenza che ove detto condominio assuma direttamente la gestione dei
servizi di portierato, di riscaldamento oltre l’ordinaria manutenzione delle
parti comuni dell’edificio, la quota variabile di spesa relativa a tali
servizi viene legittimamente determinata dagli stessi assegnatari riuniti in
assemblea e deve essere corrisposta all’amministratore, anziché all’ente
proprietario, con esclusione di eventuali spese generali (come
l’assicurazione od altro) ancora sostenute da 4etto ente. Le spese di portierato in
un edificio condominiale sono a ca-rico di tutti i condomini in misura
proporzionale al valore delle singole unità immobiliari, compresi i
proprietari di negozi o magazzini con ingresso diretto dalla pubblica via,
salvo diversa convenzione. Agli obblighi, gravanti
sul locatore ai sensi dell’art. 1575 n. 2 e.c., di mantenere l’appartamento
locato in istato da servire all’uso convenuto è da riportare l’obbligo,
assunto per contratto, di assicurare il servizio di portierato (da cui nasce
una responsabilità del locatore per fatto dell’ausiliario: art. 1228 cc.),
giacché la nozione di "cosa beata" non può essere ristretta alla
singola unità dell’edificio ma va estesa alle pertinenze, agli accessori ed
ai servizi. È tuttavia valido il patto che esonera il locatore dalla
responsabilità per danni (ed è incensurabile l’interpretazione del giudice
del merito che ritiene trattarsi di responsabilità non solo aquiliana ma
anche contrattuale) derivati da fatto del portinaio o di un terzo, poiché
tale patto preventivo di esonero non contrasta con obblighi derivanti da
norme di ordine pubblico (art. 1229 cpv. c.c.), ossia con l’obbligo del
portinaio di dispiegare la necessaria vigilanza e di opporsi efficacemente alla
consumazione di azioni delittuose sancito dall’art. 113 del regolamento per
l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nè
l’interpretazione che ne conserva la validità svuota di contenuto l’obbligo
di assicurare il servizio di portierato, ponendosi così in contrasto col
principio di buona fede. La forma scritta
costituisce requisito necessario dei contratti risolutori del diritto di
proprietà sui beni immobili, dovendo dai medesimi trarsi con sufficiente
certezza tutti gli elementi del negozio cui le parti abbiano inteso dare
vita, quali l’indicazione del bene ritrasferito e del prezzo, nonché la
manifestazione dell’effettiva volontà di operare il nuovo trapasso del bene.
(Nella specie, si è ritenuto che sia insufficiente a determinare il
ritrasferimento del diritto di comproprietà, sui locali destinati al servizio
di portierato, dai condomini al venditore costruttore, il generico richiamo
contenuto nei singoli contratti di vendita delle unità immobiliari a una
clausola del regolamento del condominio predisposta dal venditore nella In tema di condominio
negli edifici, il dovere dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1130 n. 2
cod. civ., di controllare e disciplinare il godimento di locali comuni (nella
specie, locali destinati ad alloggio del portiere dopo la soppressione del
servizio di portierato), implica, in mancanza di diverse disposizioni
dell’assemblea, il diritto di detenere le chiavi dei suddetti locali, per
assicurarne l’uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità. La soppressione (come la
istituzione) del servizio di portierato, comportando il venir meno (od il
sorgere) di un vincolo di destinazione di una parte comune del condominio,
configura un atto di straordinaria amministrazione. Pertanto, tale
innovazione deve essere deliberata dalla maggioranza qualifieata dei due
terzi del valore del condominio, a tutela degli eventuali pregiudizi sul
patrimonio degli amministrati, connessi alla particolare rilevanza del
medesimo atto. L’assemblea del
condominio con la maggioranza prevista dall’art. 1136 comma 5 e.e. può
deliberare la modificazione (o anche la soppressione) del servizio di
portierato, sempre che vengano osservati i principi in materia di innovazioni
posti dall’art. 1120 e.e. e non ne derivino per taluno dei condomini vantaggi
o svantaggi diversi rispetto agli altri. Pertanto, è nulla per violazione
dell’art. 1120 citato, la deliberazione assunta a maggioranza che,
conservando la proporzionalità di spesa sulla collettività condominiale,
attui in un condominio costituito da più edifici la "eentralizzazione"
del servizio di portierato, in guisa da lasciare immutata la situazione per i
condomini dell’edificio presso il quale il servizio viene svolto, mentre i
condomini degli altri edifici vengono a trarre dal servizio una utilità
minore. Qualora un servizio
condomrniale (nella specie: portierato) sia previsto nel regolamento di
condomanio, la sua soppressione comporta una modificazione del regolamento
che deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza stabilita
dall’art. 1136, eomma 2, cc. (maggioranza degli intervenuti che rappresenti
almeno la metà del valore dell’edificio) richiamato dall’art. 1138, comma 3. Il servizio di
portierato, come ogni altro di interesse comune, deve essere disciplinato a
norma dell’art. 1130, n. 2 cc. e può ritenersi ben assicurato, sempre che sia
diligentemente svolto, anche se sussista reciproca antipatia ed insofferenza
personale tra l’addetto al servizio ed alcuno dei condomini, sempre che
l’incolumità personale non si traduca, da parte del primo, in un persistente
contegno incivile e scorretto o addirittura in manifestazioni ingiuriose. Ove il servizio di
portierato non venga svolto dal relativo incaricato in maniera conforme alle
prescrizioni e con la diligenza dovuta, il conduttore dì un appartamento sito
nell’edificio, cui quel servizio si riferisce, può eccepire, nei confronti
del proprietario locatore, la sua inadempienza in relazione a quel servizio e
chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese. |