Tratto da HISTOIRE D'O N°2________Capitolo 6
O e Jane avevano giocato per un'ora in pieno sole. O si
accontentava di respingere le palle da fondo campo, con un'abilità che non
si smentiva mai. Jane correva sulla linea di fondo, si gettava a rete,
lanciava ogni tanto un grido di rabbia quando falliva un lob o restava di
sasso sul posto per un passante rapido e preciso della sua avversaria. O
la osservava dimenarsi, le guance rosse, i capelli scarmigliati e la
camicetta bagnata di sudore. Poteva immaginare da lontano le gambe umide e
il respiro affannato della ragazza. Quando l'ebbe stancata ben bene,
propose: "Una pausa?" "Volentieri" accettò Jane ansimando. Andarono a
sedersi all'ombra di una quercia, su una panchina riservata agli
spettatori. Jane faceva fatica a ritrovare un ritmo di respirazione
normale. O la contemplava con una tenerezza mescolata a desiderio. Era
così che guardava le compagne, una volta, al college. Jane aveva seni
piccoli, molto distanziati, e cosce larghe e solide da ragazza troppo ben
nutrita. I capelli biondi brillavano al sole. Come la neve, pensò O. Aveva
voglia di strapparle la camicetta e di morderle quei seni troppo lontani,
di avvicinarli tra i palmi, di stringerne le punte che immaginava rosa
pallido. A O erano sempre piaciute le donne. Non per scandalizzare, anche
se le piaceva baciarle in bocca per strada o al ristorante. Non per il
gusto della caccia in se stessa, per quanto divertente o appassionante
fosse. Ma piuttosto per la libertà perfetta di cui questa tendenza era
sinonimo, libertà che lei assaporava al più alto grado. C'erano poche
donne che non trovasse belle. Moltissime le sembravano di una bellezza
superiore alla sua. Ciò che le piaceva soprattutto era tenere allacciato
un corpo di donna nudo e procurare del piacere, senza prendersi nemmeno la
briga, lei, O, di spogliarsi a sua volta. Da molto tempo aveva imparato
che il piacere non risiede necessariamente nella reciprocità. Lasciava
agli autori di libri erotici quelle estasi coordinate in cui gli amanti si
abbandonano in contemporanea. Fortunatamente le leggi del piacere sono più
incerte, più fantastiche, ma anche più costrittive. Jane si portò la mano
alle labbra per asciugare qualche gocciolina di sudore che le imperlava. O
le trattenne la mano, si piegò verso la bocca della ragazza e la sfiorò
con le labbra: Jane non si mosse. Sentiva una grande emozione stringerle
il ventre, un emozione più forte di quella che provava quando i ragazzi la
spingevano negli angoli, nel momento in cui si mettono dei lenti sul
giradischi e si spengono le luci. Era ancora più intensa di quella che
procuravano le carezze vespertine prima di dormire, con una mano ripiegata
contro il suo sesso biondo. "Sai di buono," disse O. "So di sudore,"
protestò la giovane americana. "Piuttosto disgustoso". "Ma assolutamente
no! Tu non sai ancora niente. Ogni pelle ha il suo odore. E tu hai
questo". O nascose il viso nei riccioli caldi di sole di Jane. Annusò a
lungo la nuca della ragazza, poi la sua bocca scese lungo il collo,
scivolò verso la spalla per posarsi sulle ascelle. Delle macchie umide
comparivano sulla camicetta, Jane avrebbe voluto respingerla. Ma O ordinò:
"Non muoverti". Jane ebbe la tentazione di alzarsi e andarsene. Dopotutto
non intendeva lasciarsi intimidire da quella O che sembrava trattare tutti
da padrona. Ma una forza più sottile la trattene. Era qualcosa di meglio
del fascino o della tenerezza, un desiderio, che non avrebbe mai
confessato, di sottomettersi e di fare qualunque cosa pur di far piacere
ad O. "Il tuo odore mi dice tutto di te", spiegò O. "Leggo il tuo corpo
come fosse un libro aperto". E mentre pronunciava queste parole posò la
mano sulla coscia di Jane, ricoperta da una leggera peluria. "Sei ancora
una ragazzina", proseguì O. "Vergine non è vero?". Le accarezzò il
ginocchio e l'interno delle cosce. Jane avrebbe voluto serrare le gambe ma
con un gesto rapido O la obbligò a restare con le cosce dischiuse. Jane
scoppiò a ridere. "Ma lei è davvero un tipo straordinario! Parla di affari
con mio padre come se fosse un businessman, seduce la mamma con qualche
risposta frivola e con me diventa qualcun'altra ancora. Una donna che non
ha più niente a che vedere con l'amazzone raffinata di colazione". "Ti
faccio paura ?" chiese O. "No, lei non mi fa paura." E aggiunse subito:
"Mi piace avere paura di lei". E rimase con la bocca leggermente
socchiusa. O vi appoggiò le labbra. Jane aveva un gusto salato, un pò
mentolato. Non si ritrasse, ma non rispose al bacio. O la penetrò con la
lingua e, suo malgrado, Jane finì per reagire a quel bacio. Le loro lingue
si urtarono, le loro salive si mescolarono, i loro respiri si unirono. Fu
Jane che, per prima, si liberò. Però non respinse la mano di O che si
faceva avanti sotto la gonna. "Lei ha ragione", confessò. "Sono vergine. E
contenta di esserlo". O rispose unicamente accentuando la pressione sulla
pelle tenera e nascosta. A Jane mancò il respiro quando O le appoggiò le
dita contro lo slip umido di sudore e di desiderio. "non mi dica che ha
indovinato che sono vergine dal mio odore", insistette Jane. "E'
semplicemente assurdo!" Lentamente O passava le dita sullo slip, andando
alla ricerca del solco nascosto, accentuando la pressione e poi
alleggerendola di nuovo, Jane respirava forte. Aveva le guance rosate, ma
tentò di chiudere le gambe sulla mano di O, la quale, con un colpettino,
la mantenne nella posizione che voleva. Jane si sentiva preda di una
voglia irresistibile che O scostasse finalmente le mutandine e cercasse le
sue pieghe più segrete, le sue labbra di carne. Per difendersi da questo
desiderio, precisò, accavallando le parole:"Se-se lei ha preso
informazioni su di noi come ha detto saprà che non c'è niente da
nascondere, la nostra famiglia è conosciuta per la sua onorabilità. Da noi
non ci sono pecorelle smarrite. Noi ci sposiamo onestamente. E anch'io
farò così e ne sono fiera. E quindi quella sua storia che dagli odori...".
"Ma non è una storia", ribattè O. Premette con il dito medio sulle
mutandine di cotone in modo da penetrare nel solco tra le labbra e
irritarle dolcemente. Per un secondo Jane chiuse gli occhi, ma sentì su di
se lo sguardo verde dell'amica. E osò affrontarla. O le indirizzò un
sorriso di approvazione: "Sei ancora una ragazzina, non sai niente. Qui in
Francia gli assaggiatori possono determinare l'origine e l'annata di un
vino semplicemente odorandolo. E' il naso, non il gusto, a guidarli. Ma
noi abbiamo perduto l'uso di questo senso. E la gente si crede obbligata a
utilizzare dei deodoranti. Che errore!" "Anch'io uso deodoranti", ribattè
Jane. "Non voglio sapere di cattivo". "Devi smettere a partire da oggi. E
saprai di buono, non di cattivo: l'odore del tuo corpo, dei tuoi umori,
dei tuoi desideri". Allungò le dita sul petto di Jane e prese a
sbottonarle la camicetta. Contemplò i due seni tondi, lontani. Posò le
labbra sulle punte e con la lingua ne seguì il contorno delle areole.
Contemporaneamente la sua mano accelerava le carezze sotto la gonna. La
giovane americana trasalì e fu inondata da un piacere troppo rapido. O
smise di muoversi, ma lasciò la mano là dov'era. Jane posò la testa sulle
spalle dell'amica. Le sembrava che nonostante il breve sollievo che aveva
appena provato tutto il suo corpo bruciasse. C'erano soltanto la bocca, le
carezze e la presenza di quella donna che avrebbero potuto spegnere
quell'incendio............ |