dalle origini alla caduta dell'impero romano
La
Sicilia fu abitata dall'uomo fin dal paleolitico inferiore. Più
diffusamente testimoniata è la civiltà neolitica che ha lasciato
tracce importanti nei siti di Stentinello, di San Cono e
di Villafrati, (rispettivamente nei pressi di Siracusa, Caltagirone
e Palermo). L'età del bronzo è caratterizzata da tombe
scavate nella roccia, con un'ampia cella preceduta da un vano d'accesso,
come a Pantalica (Siracusa) e a Monte Sant'Ippolito
(Caltagirone). Dell'età del ferro rimangono tracce di villaggi
di capanne, come a Monte Finocchito (Noto); ceramiche e oggetti
metallici indicano già scambi commerciali con i popoli ellenici.
In questo periodo, inoltre, la Sicilia era abitata dagli Elimi e dai Sicani,
nella parte occidentale , e dai Siculi, in quella orientale. Questi popoli
erano ancora presenti al momento della colonizzazione fenicia e greca (IX
e VIII sec. a.C.). Erano prevalentemente dediti all'agricoltura, e di loro
conosciamo alcuni centri di culto religioso le cui tracce più notevoli
sono visibili a Palagonia (Catania) e ad Ibla (Ragusa).
Si deve alla colonizzazione fenicia, inoltre, la fondazione di alcune importanti
città come Panormo (l'attuale Palermo) e Solunto.
La svolta storica, però, inizia con la colonizzazione greca, a partire
dal 753 a.C. circa, quando i Calcidesi fondarono la prima colonia, Nasso,
nei pressi dell'attuale
Taormina. Ad essa seguirono le fondazioni
di altre città, come Catania, fondata dagli abitanti della
stessa Nasso, Siracusa, fondata dai Corinzi,
Leontinoi
(l'attuale Lentini, nei pressi di Siracusa), Zancle
(l'attuale
Messina), Megara Iblea, Gela; a loro volta,
gli abitanti di Megara Iblea fondarono Selinunte e quelli
di Gela fondarono Agrigento,
l'ultima delle grandi colonie greche (582 a.C.). La civiltà creata
dai discendenti dei colonizzatori greci ( detti Sicelioti), fu perfettamente
analoga a quella della madrepatria. La struttura fondamentale, infatti,
era costituita dalla polis; anche quando si formarono degli "stati" più
vasti, essi erano sempre degli aggregati di città. I profondi conflitti
sociali portarono alla nascita di numerose tirannidi che, intorno al 500
a.C., troviamo in quasi tutte le città della Sicilia. In questi
secoli l'isola fu un centro di fiorente cultura: basti ricordare Stesicoro,
Epicarmo, Sofrone, Gorgia, Empedocle; oppure basti osservare la splendida
fioritura artistica, specialmente nell'architettura religiosa.
Fin
dalla fine del VII sec. sorsero, ad Agrigento
a Selinunte e a Siracusa, i primi semplici templi, preludio
agli splendidi edifici dorici del V-VI sec. a.C. Con la costruzione di
questi edifici si sviluppò anche una raffinata decorazione sculturale
che raggiunse l'apice nelle metope di Selinunte. Ebbe larghissimo
sviluppo anche l'arte industriale: di grande valore estetico, ad esempio,
sono le monete delle città siceliote. Tutte queste colonie furono
turbate da conflitti sociali che diedero origine a diverse tirannidi. Perennemente
divise e gelose della propria autonomia, le città siciliane riuscirono
a trovare una temporanea unità nella lotta per l'indipendenza sia
dai Cartaginesi (sconfitti ad Imera nel 480 a.C.) sia dagli Ateniesi
durante la guerra del Peloponneso (415-413 a.C.). Raggiunsero il massimo
splendore nel v secolo a.C. in concomitanza con la supremazia di Siracusa.
La sua ascesa risale al principio del V sec. sotto il tiranno Gelone, vincitore
dei Cartaginesi a Imera, mentre il fratello e successore Gerone
sconfisse gli Etruschi a Cuma (474). Dopo la morte di lui si ebbe
a Siracusa una rivoluzione in senso democratico e, contemporaneamente,
il ristabilimento dell'indipendenza delle città siciliane, precedentemente
assoggettate dai tiranni siracusani. Si ebbe ora in Sicilia un tentativo
dei Siculi di liberarsi dal dominio greco e di costituire un regno proprio
sotto Ducezio, tentativo che finì per fallire (460-440). Nella seconda
metà del V sec., Atene venne a contrastare la potenza di
Siracusa; ma la grande spedizione ateniese del 415-413 a. C. finì
in un disastro. Di questo indebolimento dei Greci approfittò Cartagine,
occupando nel 409 a. C. Selinunte, nel 405 a. C. Agrigento.
Siracusa reagì all'avanzata cartaginese sotto il tiranno
Dionigi il Vecchio (405-367), che però non portò fino in
fondo la guerra contro i Cartaginesi perché impegnato nella sottomissione
delle città siceliote e nei tentativi d'espansione in Italia, ove
si spinse fino nell'Adriatico superiore. Dopo la sua morte si ebbe a Siracusa
un lungo periodo di sconvolgimenti, terminato nel 343 con il ristabilimento
della libertà per opera di Timoleone. Questi vinse i Cartaginesi,
promosse la liberazione delle città siceliote dai tiranni e la loro
alleanza. Siracusa riprese la politica egemonica intorno al 316
a. C. Sotto la guida di Agatocle, che sottomise le altre città greche,
assunse il titolo di re (305) e combatté contro Cartagine.
Premuta nuovamente dai Cartaginesi, Siracusa, insieme ad Agrigento,
invitò Pirro re d'Epiro. Dopo i suoi iniziali successi contrasti
con i suoi alleati provocarono il suo ritorno sul continente. I Cartaginesi
ristabilirono la loro potenza nell'isola, mentre Siracusa doveva
difendersi dai Mamertini, mercenari campani impadronitisi di Messina.
Durante la guerra contro di essi si ebbe la costituzione a Siracusa
della nuova tirannia di Gerone II (270) e l'intervento dei Romani, chiamati
dai Mamertini. Di qui l'inizio della prima guerra punica. Questa (264-241)
portò all'assoggettamento dell'isola a Roma, che ne fece la sua
prima provincia.
Durante
la seconda guerra punica (218-201 a.C.) vi furono ribellioni siceliote
contro i Romani, principalmente di Siracusa e Agrigento.
Le misure di rigore che seguirono recarono un grave colpo alla Sicilia.
Siracusa fu fatta tributaria, la cittadinanza di Agrigento
fu venduta schiava e sostituita con siciliani più vicini al potere
romano. Le larghe confische di territorio portarono allo sviluppo del latifondo,
alla diminuzione degli abitanti, alla decadenza economica dell'isola e
a una moltiplicazione di schiavi che generò le guerre servili, di
cui una abbastanza importante si ebbe circa il 138 a.C. Dopo d'allora la
storia dell'isola nel periodo romano è quasi totalmente silenziosa.
Ricordiamo solo che, dopo la morte di Cesare, la Sicilia fu tenuta per
alcuni anni, insieme con la Sardegna, da Sesto Pompeo, finché la
flotta di Ottaviano, sotto il comando di Agrippa, vinse nel 36 a. C. quella
avversaria. L'isola ebbe allora lo stanziamento di molti veterani dotati
di terre, ciò che ne promosse la latinizzazione. Essa tuttavia,
nell'ordinamento delle regioni augustee, è considerata come non
facente parte dell'Italia. La concessione generale della cittadinanza romana
che era stata fatta da Antonio non fu mantenuta da Augusto, il quale però
concesse alle principali città i diritti di municipio romano o di
colonia latina. La Sicilia partecipò al processo di decadenza economica
e politica dell'impero. Con l'ordinamento dioclezianeo - costantiniano
essa venne, insieme con le altre due grandi isole, a far parte dell'Italia.
Ma alla metà del sec. V d. C. i Vandali, stabilitisi in Africa,
s'impadronirono di essa e della Sardegna.
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