Il 24 ottobre 1917 l’offensiva lanciata dagli
Imperi Centrali nella zona dell’Alto Isonzo, nel settore compreso fra Pieno e
Tolmino, porta allo sfondamento delle linee italiane e all’inizio di un
movimento di ripiegamento generale che, secondo le iniziali disposizioni dei
Comandi Italiani, avrebbe dovuto arrestarsi sulla linea costituita dal Fiume
Tagliamento.
In ottemperanza agli ordini ricevuti, la
mattina del 30 ottobre, sulla riva destra del tratto di Fiume che va da
Preone fino a Peonis, si trovano schierate la 36ª, scesa dalla zona della Val
Raccolana, oltre che della Val Resia, e la 63ª divisione di fanteria, in
ripiegamento dalla zona di Gemona e Venzone.
Le due divisioni, prive di ordini precisi,
impossibilitate a comunicare con le altre unità e ignare della progressiva
avanzata del nemico che nel frattempo aveva forzato il Tagliamento nella zona
di Cornino, si trattengono sulle loro posizioni fino aI 4 di novembre, quando
ha inizio il deflusso verso la Vai d’Arzino, e il concentramento a S. Francesco.
Da S. Francesco, le due grandi unità, riunite
sotto il comando del generale Francesco Rocca, avrebbero dovuto muoversi
verso Pielungo e quindi, seguendo i due itinerari costituiti dall’attuale
strada per Pradis di Sopra e dalla vecchia mulattiera, raggiungere la valle
di Pradis attraverso Forno.
Il piano del comando italiano, a cui era
legata ogni speranza di salvezza per migliaia di soldati, prevedeva di
raggiungere la pianura, da dove sarebbe stato più agevole proseguire la
ritirata verso il Piave, attraverso due itinerari: A (Paludon - Gerchia - Col
Manzon - Travesio) e B (Orton - Clauzetto - Paludea).
Avviate le salmerie verso la VaI Tramontina
attraverso la tortuosa ma più rapida via del Canal di Cuna, la mattina del
giorno 5 novembre ha inizio da S. Francesco I’incolonnamento verso gli
itinerari stabiliti.
Un primo scontro, nella stessa mattinata.
avviene attorno all’abitato di Pielungo, dove i reparti italiani respingono
l’attacco della 2ª Compagnia del Garde Reserve Jäger Battaillon, reparto
dell’avanguardia prussiana giunto in zona seguendo il percorso della Forchia
a nord del Monte Pala.
Nella stessa giornata, nelle ore del
pomeriggio, ha luogo a Forno un ulteriore combattimento, nel quale le
avanguardie italiane si trovano a fronteggiare l’intero Garde Reserve Jäger
Battaillon, appena giunto in zona attraverso l’attuale strada che da
Clauzetto conduce a Pielungo.
I reparti italiani hanno ancora una volta la
meglio e respingono i germanici oltre il torrente Foce, dopo avergli inferto
pesanti perdite, fra le quali lo stesso comandante del battaglione, Maggiore
Von Stülpnagel, caduto in quello scontro.
A Forno, gli italiani apprendono per la prima
volta di avere di fronte l’intera Deutsche Jäger Division, un rinomato
reparto dell’esercito prussiano, tanto da far provare ai nostri persino un
certo grado di soddisfazione. Scesa l’oscurità, la calma è assoluta su
entrambe i versanti della valle, gli italiani sono concentrati dietro la
stretta di Forno, la prima linea è costituita dal I° e 2° battaglione del 36°
reggimento fanteria, quelli che nel pomeriggio erano stati impegnati nel
combattimento.
Giunto sulle posizioni di Forno, il generale
Rocca si rende immediatamente conto della necessità di riprendere il
movimento verso sud.
Ordina quindi al 49° reggimento fanteria di
scavalcare il 36° e di iniziare il movimento lungo l’attuale strada per
Pradis di Sopra.
Sono circa le 23 del 5 novembre quando il 2°
battaglione del 49°, in riga per quattro e a baionetta inastata, inizia la
discesa sotto Forno, ma deve ben presto arrestarsi poiché il ponte è stato
fatto brillare, a quanto si venne poi a sapere da reparti italiani in
transito la mattina dello stesso giorno.
Grazie ad alcune persone pratiche del luogo
viene immediatamente individuata, quale via alternativa, la vecchia
mulattiera per Clauzetto che valica il torrente Foce nel tratto a monte, dove
assume il nome di Rio di Molin, con un ponticello ancora oggi esistente.
Una volta individuato il nuovo itinerario,
verso l’una di notte il 2° battaglione si mette in movimento, seguito dal 3°
e dal btg. alpini VaI Fella, supportati da 2 compagnie di mitragliatrici e
dalla 2I° batteria da montagna.
Superato il ponte, il percorso si apre in due
distinte mulattiere: quella di destra, attraverso la borgata Fumatins arriva
fin sotto la colletta della VaI da Ros, l’altra, verso sinistra, porta a
risalire verso l’attuale strada.
Il 2° battaglione, prendendo l’itinerario di
destra, ha come obiettivo la VaI da Ros, il 3° battaglione, seguendo il
percorso di sinistra, punta sulla vicina borgata Tascans.
Le colonne in avvicinamento vengono
immediatamente fatte segno di tiro di fucileria e di mitragliatrici appostate
nel bosco, il comandante del reggimento, col. Zampieri, ordina che si
attacchi alla baionetta.
Questo primo attacco avviene fra le 2 e 30 e
le 3 e 30 del 6 novembre. L'attacco riesce, ma il maggiore Sisto Frairia,
comandante del 3° battaglione alla cui testa si era lanciato in avanti, cade
colpito a morte.
Sulla destra, la 2ª compagnia del 2°
battaglione giunge ad occupare le alture attorno all’attuale rifugio ANA, che
vengono definite come colletta di VaI da Ros. Nell’oscurità, prosegue
l’avanzata anche sulla sinistra, verso Tascans e verso le alture sopra
l’attuale strada, i progressi sono particolarmente difficoltosi per la
continua presenza di elementi nemici nascosti nella boscaglia.
Sul far del giorno, lo schieramento si estende
ad anfiteatro lungo la linea che va dalla colletta di VaI da Ros, alla
Borgata Tascans e fino all’altura che sovrasta l’attuale bivio Orton, dove la
strada che sale da Clauzetto attraversa il costone e inizia la discesa verso
il canale di Foce.
La linea nemica è concentrica rispetto a
quella italiana, spesso a stretto contatto con quest’ultima, ma in generale
in posizione più favorevole poiché la luce del giorno precedente aveva
consentito ai germanici una buona scelta delle posizioni su cui attestarsi.
Gli attaccanti si trovano schierati di fronte
due reggimenti tedeschi. Il reggimento Bettendorf (11° Jäger) occupa la linea
nel tratto che va dalla borgata Tascans e fino alla quota della Casera
Polpazza sul Monte Pala, il reggimento Bibra (13° Jäger), con il comando a
Cerchia, tiene la Val da Ros e le retrostanti borgate di Paludon e Blanchs,
sull’itinerario verso Campone. All’alba, anche il 1° e il 2° btg. del 36°
fanteria, insieme alla 56ª batteria da montagna, da Forno vengono avviati
oltre il torrente, lungo la mulattiera che sale verso i Fumatins.
Alle sei, il generale Rocca attraversa il
ponte per recarsi in ispezione alla linea di combattimento, per la mulattiera
di sinistra risale verso la strada e, trovando su questa un carro ambulanza
abbandonato, vi fissa una specie di comando avanzato.
Alle sette la situazione della linea è la
seguente: sulla destra, il 2° btg. del 49° , al comando del magg. Morelli,
tiene le alture della VaI da Ros, l’unico tratto in cui gli italiani sono
riusciti a conquistare la sommità del ciglio che li separa dalla valle di
Pradis.
Al centro, il 3° btg. del 49°, al comando del
capitano Pollio, rafforzato dalla 269ª compagnia alpini del VaI Fella, tiene
i Tascans e il gradino sotto il ciglio del costone oltre l’avvallamento che
parte dall’attuale cimitero di guerra; sulla sinistra, una compagnia dei 49°
fanteria tiene l’altura sopra l’attuale bivio di Orton, appoggiata anche
dalla 21 a batteria da montagna. In riserva sta il battaglione alpini VaI
Fella.
Il colonnello brigadiere Petracchi, comandante
della brigata Parma e quindi di tutta l’avanguardia, nel mentre ispeziona il
terreno per decidere il da farsi, si avvede che il nemico si sta muovendo in
forze verso le alture della VaI da Ros e fa quindi avanzare le compagnie del
VaI Fella a rinforzare le difese italiane.
Il generale, percorrendo la linea di
combattimento fra i Tascans e l’altura sul bivio di Orton si rende conto
dello stato di sfinimento delle truppe impegnate, valutata l’impossibilità di
disporre dell’artiglieria da campagna, rimasta bloccata a Pielungo, ritiene
opportuno concentrare gli sforzi per uno sfondamento in direzione di Campone.
Spingendo l’attacco sulla destra, cioè in
corrispondenza dell’attuale rifugio, si sarebbe dovuta imboccare l’agevole
mulattiera che scendeva verso Paludon e i Blanchs e quindi verso Campone:
manovra particolarmente rischiosa in quanto avrebbe dovuto svolgersi sotto la
pressione laterale dei tedeschi che tenevano tutto il versante di Cerchia
nella valle di Pradis.
Da Campone, avrebbero deciso se proseguire per
Meduno oppure per la Forcella Clautana. Alle 7 e 35, daI carro ambulanza
sulla strada poco a valle del cimitero, il generale emana l’ordine per
l’avanzata dei reparti rimasti a Forno e per la concentrazione dell’attacco
verso la Val da Ros.
I tedeschi non sono però colti alla
sprovvista, il loro comando, dimostrando quasi doti di preveggenza, nelle
prime ore della notte, da Travesio, aveva emanato un ordine che prevedeva
proprio il rafforzamento delle difese in direzione di Campone, in previsione
di un concentramento degli sforzi italiani in quella direzione.
Alle 8 e 30, mentre il movimento italiano sta
per avere inizio, si verifica quell’episodio che risulterà decisivo per le
sorti della battaglia: il nemico attacca con violenza le posizioni sulla
colletta della Vai da Ros e riesce a ributtare gli italiani sul versante
verso il cimitero.
Il contrattacco italiano, nel quale si
distinguono gli alpini della 270ª e 271ª compagnia del VaI Fella e la 6ª
compagnia deI 49° fanteria, riesce a ristabilire una linea di difesa più
arretrata e a impedire che i tedeschi tengano il ciglio superiore della VaI
da Ros.
Durante questa azione, è l’artiglieria tedesca
a far sentire la sua voce, probabilmente posizionata nella zona di Rope,
concentra il tiro sui reparti che nel frattempo stanno giungendo da Forno.
A questo punto, il generale deve suo malgrado
constatare che anche la via per Paludon è preclusa, per cui non resta che
ripiegare verso S. Francesco e la via del Canale di Cuna.
Mentre sulla Val da Ros gli italiani
arretrano, nella zona dei Mineres e dei Zattes, il battaglione alpini
Pinerolo, alle 8 e 45 lancia un deciso attacco contro i Garde Schätzen
appostati sul Cuel d’Orton.
Si tratta di una azione di cui l’avanguardia
che combatte lungo l’anfiteatro attorno al cimitero non ha percezione, il
btg. Pinerolo è infatti separato dal grosso delle divisioni italiane, ha
infatti raggiunto autonomamente la zona dei Mineres dopo essere stato
inviato, assieme ad altri reparti, per la via di Fruinz verso il monte Pala.
L'attacco è violentissimo, gli Schützen
avrebbero probabilmente ceduto se non fossero intervenuti gli Jäger del 20°
btln. Il Pinerolo lascia sul campo 12 alpini, di cui 2 ufficiali, oltre a 15
feriti. Alle 10, il generale Rocca rientra a Forno, dal posto di comando
presso la cappelletta che ancora oggi è visibile sulla strada, purtroppo in
stato di abbandono, compila l’ordine di ripiegamento che invia al colonnello
brigadiere Petracchi.
Il comandante la brigata Parma riceve l’ordine
alle 11 e 30 e convoca al posto di comando dei Fumatins i suoi subalterni
impegnati in linea e impartisce le disposizioni per il ripiegamento in direzione
di Forno, che avrebbe dovuto iniziare alle 15, con l’arretramento del gruppo
Cantoni, i due reparti misti ultimi arrivati in avanguardia. Dispone affinché
sulla linea vengano mantenute postazioni di mitragliatrici al fine di
mascherare al nemico l’arretramento.
Dopo le 13, la pressione tedesca si fa meno
intensa, sulla linea di combattimento scende una relativa calma: è
probabilmente una calma apparente collegata al fatto che gli Jäger hanno già
notizia dell’avvicinamento dei reparti austroungarici che stanno scendendo
dalla Carnia per la Valle d’Arzino, alle spalle dei nostri.
Anche il generale Rocca è ormai persuaso che
la via di arretramento per S. Francesco non è più praticabile, alle 15 e 25,
da Forno, compila l’ultimo ordine diretto al comandante della brigata Parma.
Il fonogramma non giunse mai a destinazione, fu raccolto da un abitante di
Forno, tale Antonio Marin, il giorno dopo i combattimenti:
"Ritirata per S. Francesco non è più
sicura. Mi segua per sentiero che possa o nord dì Monte Rosso. Comand. 15°
bersaglieri appostato a Forno per proteggere sua ritirata le indicherà /a
strada.
Generale Rocca".
Compilato l’ordine, il generale si avvia sul
sentiero che da Forno conduce alla malga Jovet. Fatte poche centinaia di
metri, quasi colto da un richiamo istintivo, rientra alla cappelletta di
Forno da dove segue le sorti dell’avanguardia in ripiegamento dalla VaI da
Ros.
Il secondo e terzo scaglione non riusciranno a
ripiegare. Oltre al fuoco che proviene dal costone della VaI da Ros e a quello
sulla sinistra, in progressivo avvicinamento dalla zona dei Zattes e dei Minerei,
si aggiunge anche la minaccia del Reserve Jäger Battaillon 21° che ha
raggiunto nel frattempo le stalle di Palamaior risalendo da Pradis attraverso
il Cuel da la Siere, dietro il Monte Dagn e batte la valle del Rio di Molin
da quella posizione elevata.
Il comando della brigata Parma, il 49°
fanteria, il btg. VaI Fella, una parte del gruppo Cantoni e le due batterie
da montagna sono sopraffatti e perduti, presi da tre lati e con il quarto
chiuso dal fuoco incrociato fra le posizioni di Palamaior e dei Zattes e
Mineres. La battaglia di Pradis è finita.
Alle 16 e 30 il generale Rocca, con il comando
della 63ª divisione, lascia definitivamente Forno, per la via del Monte
Tajet.
Assieme ad un nucleo sempre più ridotto
giungerà fino a Selis, nell’alta VaI Meduna. dove si svolgerà, il 9 novembre,
l’ultimo combattimento.
Sfuggito alla cattura insieme a pochi altri,
vagherà per i nostri monti e poi verso la pianura in cerca di una via per
ricongiungersi alle truppe italiane oltre il Piave fino a quando, il 18
dicembre, sarà arrestato dai gendarmi austriaci nei pressi di Cesarolo.
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