Gli Appellativi Regali

 

 

La figura del sovrano è in Egitto riconducibile al mito della creazione del cosmo ordinato, che si oppone al disordine del non-creato. RA e AMON-RA, gli dei che la cosmogonia locale ricorda come i demiurghi, si incarnano in questa figura sociale, che in terra è colui che ha l'incari­co di assicurare l'armonia, la sola legge in grado di perpe­tuare la ripetizione ciclica dei fenomeni cui il Paese deve la propria esistenza.


Più avanti nel tempo, all'epoca del Nuovo Regno, narra­zioni mitiche elaborate ad hoc descriveranno i segni pre­monitori che precedono la nascita di un re, ne legittime­ranno insomma l'incarico inserendolo in un disegno uni­versale, espressione di una precisa concezione del mon­do.

 

La scelta del dio Sole e le amorevoli cure delle nutrici celesti simboleggeranno cioè una predestinazione iscritta in un progetto e tale da rendere facilmente riconoscibile il futuro sovrano prima ancora della sua nascita in questo mondo.

 

I reperti

 

Dall’alto: Cartiglio di Amentotep II. Gli egizi definivano universo come  “ciò che il Sole circonda “ e simboleggiavano questo concetto con un anello di corda chiuso alla base da un nodo: forse per questo il nome del faraone era inscritto in un ovale ,il cartiglio appunto, che a questo simbolo si ispirava.

Prezioso vaso in vetro recante il cartiglio di Tuthmosi III.

 

Tracce evidenti del legame tra la regalità e le sue radici mitologiche si trovano negli appellativi della regalità, nei molti nomi del faraone.

Più precisamente, al momento dell'incoronazio­ne il cartiglio del re comprende cinque nomi che ne definiscono identità e funzioni e che già nell' Antico Regno acquistano una stabilità che ci consente di descrivere la sua titolatura com­plessiva con una certa esattezza.

Fin dall'epoca predinastica, il faraone è identifi­cato con HORUS, il falco simbolo del figlio di Osiride, il vincitore del terribile Seth,l'uccisore del padre. Le ali o la testa di questo uccello si aggiungono spesso o si sostituiscono alle fattez­ze fisiche del sovrano di cui alla morte si dice:

«Il falco è volato in cielo».

 

Il secondo elemento della titolatura è NEBTI, al­la lettera le due signore, le due divinità protet­trici dell'Alto e del Basso Egitto. Sono NEKH­BEI, la dea-avvoltoio, e UTO, la dea-cobra e non fa meraviglia che il loro essere donne si connetta con l'essere uomo del faraone.

 

Il mito egizio tende infatti alla conciliazione dei contrari e nel dualismo, come nella molteplicità delle forme ri­conducibili però a un'unica sostanza, si riconosce uno dei suoi tratti peculiari.

Il terzo titolo è il cosiddetto nome d'oro, con probabile al­lusione al minerale caro agli dèi e alla loro raffigurazione carica del 'giallo' della luce.

Il quarto è il nome del tro­no, Nesut-biti o re dell'Alto e Basso Egitto, perché è a parti­re dall'unificazione territoria­le del Paese che si considera iniziare la sua storia.

Questo è anche il nome generalmente racchiuso dal cartiglio, l'ovale annodato alle due estremità che protegge gli appellativi del sovrano.

Facilmente iden­tificabili per il loro distin­guersi all'interno dei testi i cartigli hanno dato un contri­buto notevole alla decifrazione della scrittura geroglifica.

 

Comunemente, infine, un altro cartiglio racchiude il nome di nascita del faraone cui si associano generalmente la definizione di 'figlio di Ra' o di altre divinità, oppure la menzione dei meriti di cui ha dato prova in vita, come per esempio 'Signore della rinascita o colui che fa vivere la verità e distrugge la menzogna.

Quanto alla dicitura 'faraone', essa entrò nell'uso solo nel Nuovo Regno. La troviamo riportata nell'Antico Testa­mento e nei testi del Cristianesimo copto egizio: significa la grande casa e, per metonimia, sta a indicare la persona attraverso l'istituzione fisica che la rappresenta

 

 

 

 

Il Potere

 

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