La Scrittura Egizia

 

Durante la campagna militare di NAPO­LEONE in Egitto, nel 1799, viene per caso scoperta un'iscrizione su pietra ripor­tante, lo si saprà in seguito, il testo di un decreto emanato da sacerdoti egizi in onore di un sovrano dell'Età Ellenistica, Tolomeo V Epifane. È la Stele di Rosetta, così chiamata perché rinvenuta in prossimità dell'omoni­ma località nella zona del DELTA del Nilo. Si tratta di un'iscrizione in tre lingue: gero­glifica, demotica, greca. Altri documenti nel­l'antica lingua egizia si sono conservati fin qui, ma ogni traccia di memoria linguistica sembra persa e su quei lontani testi regna il mistero più assoluto dai primi secoli dell'e­ra cristiana. 1114 settembre 1822, il giovane francese JEAN FRANCOIS CHAMPOL­LION annuncia al mondo di essere pervenuto alla solu­zione dell'enigma. Partendo dal testo in greco, è riuscito a capire che il valore fonetico di alcuni ge­roglifici è riferibile non solo ai nomi propri, tra cui ha ri­conosciuto per primi quelli di Tolomeo e Cleopatra, ma anche ai nomi comuni.

 

Gli stessi segni, inoltre, possono avere, all'interno di un identico testo, sia valore ideografico sia fonetico; scoprirne le regole d'uso è stato come arrivare a decifrare la chiave di lettura di un compli­cato e ingegnoso rebus. Le basi per la nascita di una mo­derna scienza dell'egittologia sono poste.

Il geroglifico, parola che significa ' carattere sacro inciso ' è la più antica delle tre scritture egizie.

 

I reperti


Dall’alto: Il dio falco Horus circondato da caratteri geroglifici sulla facciata del tempio di Iside a File.

Geroglifici scritti lungo la parete interna di un tempio. 

La compongono pittogrammi e ideogrammi che traducono oggetti, esseri vi­venti, azioni, sentimenti.
E tuttavia difficile esprimere in questo modo concetti complicati e astratti, per di più le possibili combinazioni di segni non sono infinite dato lo scarso numero dei significanti di partenza.
Di qui la ne­cessità di associare al sistema sopra descritto quello fone­tico in virtù del quale al disegno si attribuisce non solo un significato, ma anche un suono.

 

Se consideriamo inoltre che ai segni così formulati se ne aggiungono altri con la funzione di specificare la posizione, il colore o lo stato dell'oggetto, la categoria grammaticale del nome, eccete­ra, i cosiddetti segni determinativi, le difficoltà dell'uso e della decifrazione dei geroglifici risultano evidenti.

Usati erano inoltre lo ieratico, una sorta di scrittura sti­lizzata, cui ricorrono soprattutto i sacerdoti quando si trat­ta di vergare su papiri testi rituali e il demotico o neo egi­zio, la scrittura popolare, il dialetto, semplificato per ra­gioni d'uso quotidiano, necessità della corrispondenza o dell'amministrazione per esempio, e popolare.

 

Una curiosità: l'antica scrittura egizia non annovera tra i propri segni le vocali che vengono aggiunte secondo complicate procedure grammaticali.

Insomma, se un uo­mo del nostro tempo volesse conversare nella lingua di quel Paese, non potrebbe farlo poiché molti dei suoi si­gnificati, ambigui per assenza delle vocali, potrebbero precisarsi solo contestualmente.
Così per un italiano NV potrebbe significare neve o nave !

 

 

Si ricordi infine che i geroglifici indicanti i nomi dei so­vrani e delle regine sono sempre racchiusi entro un carti­glio in cui sono compresi due segni che non vengono letti, quello determinativo che indica la categoria, maschile o femminile, cui il nome appartiene e la desinenza dello stesso e che un testo può essere letto da sinistra a destra, dall'alto in basso o viceversa. Gli Egizi sono soliti raggrup­pare la parole in modo ta­le da evitare inestetici vuoti e non usano la pun­teggiatura. Per capire da dove bisogna incomincia­re, basta osservare la posi­zione degli ideogrammi; sempre gli uomini o gli animali sono rivolti nella direzione da cui incomin­cia l'iscrizione. Bisogna leggere quindi come se si andasse incontro a questi segni particolari.

 

 

 

Civiltà

 

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