Le Maledizioni
Sebbene generalmente si creda il contrario, non c'è niente di più estraneo alla fede religiosa egizia del concetto di maledizione.
La definizione stessa di maledizione ha per l'egizio duplice valenza; sta ad indicare infatti beneficio o maleficio invocato secondo le circostanze quale manifestazione della potenza protettrice degli dei.
Rari sono i casi di iscrizioni tombali in cui il defunto invoca la punizione delle divinità contro chi oserà disturbare il suo riposo.
gli egizi preferiscono piuttosto affidare la protezione del morto a complicati labirinti architettonici che, all'interno della piramide, hanno la funzione di deviare e vanificare i tentativi d'irruzione dei malintenzionati.A chi dobbiamo allora la leggenda della “ maledizione dei faraoni '?
Il primo a parlarne è Artur Conan Doyle, il noto giallista padre di Sherlock Holmes, l'investigatore protagonista di una fortunata serie di “ detection stories “. Alludendo alla morte di Lord Carnavon, finanziatore della spedizione che ha consentito all'archeologo Howard Carter la scoperta della TOMBA DI TUTANKHAMON, lo scrittore inglese avanza la tesi della punizione di cui, per volere del faraone, questi sarebbe stato vittima.
I reperti
Dall’alto: Amuleti vari. Si riconoscono il fiore di loto, il djed, simbolo di stabilità e durata, e statuette raffiguranti, da sinistra a destra, gli dei Anubi, Horus e Thot.
Illustrazione di un sarcofago di un faraone che riposa su un catafalco con fattezze leonine.
La stampa dell'epoca, convinta dall'opportunità di uno scoop sensazionale, si guarda bene dall'indagare sulle reali cause del decesso del Lord, del tutto naturale considerata l'età e le sue già da tempo precarie condizioni di salute, e amplifica il parere.
A dargli forza sono utili la circostanza del decesso, la puntura di una zanzara che si è infettata per una rasatura mal eseguita e le argomentazioni più pretestuose: si allude all'esistenza di una maledizione scritta all'entrata del sepolcro che nessun ritrovamento ha confermato.
Quanto agli altri autori della scoperta, lo stesso Carter e il grande egittologo Alan Gardiner, muoiono a distanza di anni e tutti nel loro letto. Eppure si parla di vendetta del faraone e, prendendo a pretesto lontani rapporti di parentela e in qualche caso addirittura cadendo in grossolani errori di omonimia che osservatori attenti riescono successivamente a smascherare, i giornali arrivano a contare venti vittime tra i partecipanti all'impresa.
Esagerazioni comprensibili se si considera che la scoperta e la pubblicità che ne è stata data hanno suscitato nell'opinione pubblica un clamore senza precedenti nella storia dell' Egittologia.
In tempi più recenti, scoperte scientifiche condotte nelle celle funerarie interne alle piramidi hanno consentito la scoperta di un fungo che, a contatto con l'aria, sprigiona esalazioni tossiche che varrebbero a spiegare i disturbi lamentati da alcuni addetti alle operazioni di restauro.
Come era prevedibile, i mass media hanno presentato la notizia come la spiegazione definitiva delle conseguenze della maledizione dei faraoni, a negarne l'esistenza ci sono però già da tempo i numeri. La cifra dei morti tra gli addetti ai lavori e i turisti che hanno visitato le tombe dei faraoni è, dal punto di vista statistico, assolutamente irrilevante.
Definitiva è dunque solo la certezza che noi tutti, indipendentemente dal fatto che in vita avremo visitato una piramide, parteciperemo prima o poi della stessa fine.
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