Cap. V

VITA DI CONSACRAZIONE

 
I - Consacrati alla gloria di Cristo crocifisso
conquistati dallo Spirito ci consacriamo a Dio 89. Consacrati dal Padre, che nel battesimo ci ha resi suoi figli, conquistati dallo Spirito alla gloria di Cristo crocifisso, con la professione religiosa ci consacriamo a Dio in modo speciale, per essere più conformi al Figlio suo.
Vivendo per Dio solo, ci abbandoniamo completamente alla sua volontà, fino alla morte, per il bene del corpo sofferente del Signore, non cercando di compiacere noi stessi, ma il nostro prossimo per edificarlo.
Cristo, nostra vita 90. Cristo, primo consacrato del Padre, è la nostra via: la sua conoscenza anteposta ad ogni altra, la sua dedizione alle cose del Padre, il suo stesso sentire, particolarmente la sua compassione per i poveri e l'accoglienza dei piccoli, diventano la nostra stessa vita.
Egli prolunga così in noi la sua incarnazione ed il suo mistero di morte e risurrezione, e si manifesta nostra speranza di gloria.
morti al peccato, viventi per Dio 91. Solo però se siamo morti al peccato potremo essere viventi per il Signore. La nostra vocazione richiede distacco da quanto non è Dio, per impegnare tutto quanto siamo e abbiamo soltanto per Lui. Annunciamo così la pienezza del Regno che deve venire.
 
II - ...nella Chiesa
la nostra vita come culto spirituale 92. Attraverso la professione dei voti di povertà, castità e obbedienza la nostra vita diventa a nuovo titolo culto spirituale nella Chiesa che, mediante la sua accettazione, benedizione e pubblica preghiera l'associa all'oblazione del sacrificio eucaristico.
consacrati nella comunità 93. Lo Spirito di Cristo, rivelato sulla croce, mentre ispira la nostra rinuncia alla ricchezza, alla famiglia, alla stessa vita, ci spinge a vivere in comunione con Dio e coi fratelli, uniti nello stesso amore, condividendo i nostri beni e nella ricerca comunitaria della volontà del Padre. E ci congiunge in modo speciale alla Chiesa e alla sua missione.
La nostra consacrazione, infatti, ci rende segno dell'amore generosissimo del Signore e della sua sollecitudine verso i più poveri e i più piccoli.
abito religioso 94. Tutto in noi e nel nostro comportamento esprima la gioia di appartenergli. Anche l'abito religioso sia segno della nostra consacrazione al Signore, del coraggio di testimoniarLo e della povertà professata: lo indosseremo a norma del diritto comune.
tutta la nostra vita diventa Eucaristia 95. Uniti così nell'offerta totale di noi stessi a Dio e agli uomini celebriamo la nostra Eucaristia nella lode e nella vita di ogni giorno.
 
III - ...a servizio dei poveri
a immagine di Cristo servo 96. Consacrati a immagine di Cristo servo ci consacriamo come Lui a servizio dei poveri.
a Dio attraverso i poveri 97. La nostra offerta a Dio passa per le loro mani quando, accettando di seguire Gesù che umiliò se stesso fino alla morte di croce, doniamo ad essi con generosità i nostri beni, il nostro amore e la nostra stessa vita. Anche la loro offerta giunge a Dio attraverso la nostra consacrazione quando sappiamo accogliere nel nostro cuore vergine ogni sofferenza umana, perché venga redenta.
vita offerta a Dio per il mondo 98. Chiamati a vivere solo per Iddio siamo da Lui mandati ad annunciare quell'amore al quale ci consacriamo, perché la nostra vita, nell'umiltà e nel nascondimento, sia tutta offerta al Padre per il mondo, come quella del Figlio.
segno del Regno 99. Il nostro primo servizio ai poveri e a chi soffre sarà allora la testimonianza concreta e visibile dello spirito delle beatitudini, perché anche loro lo vivano e si sentano beati, partecipi del Regno che sta per venire e che la nostra consacrazione indica già presente. Finché si manifesterà Cristo, nostra vita.
 
IV - ...camminando nella fedeltà
…sino alla fine 100. La nostra consacrazione è un cammino davanti a Dio vissuto nella fedeltà sino alla fine. Beati noi se ci troveremo tra quei servi che il Signore al suo ritorno troverà fedeli e vigilanti! Egli stesso passerà a servirci.
Dio sostegno della nostra fedeltà 101. Se sperimentiamo nella nostra strada la difficoltà delle scelte, l’incertezza del domani, il dubbio, l’incostanza, lo scoraggiamento o anche la nostra infedeltà, abbandoniamoci alla fedeltà di Dio. Egli infatti è fedele. I suoi doni e la sua chiamata sono senza pentimento. Per primo si è promesso a noi nella fedeltà e in essa noi Lo conosceremo.
Anche se oscura e imprevedibile è la via, Egli ce la farà conoscere. Noi abbiamo solo bisogno di costanza, nell'attesa fiduciosa della sua manifestazione e nell'adesione generosa al suo Spirito, che ci fa esser fedeli ai doni di Dio nella concretezza della nostra vita.
fedeli a Dio e all’Istituto 102. La nostra fedeltà al Signore passa infatti attraverso la fedeltà all'Istituto e alla Regola. È il Padre che ci chiama a far parte di questa famiglia religiosa; è dalle sue mani che riceviamo la Regola.
uscita dall’Istituto 103. E se qualcuno, dopo matura riflessione e debitamente consigliato, dovesse scoprire, pur con sofferenza, d'essere chiamato per altra via, cerchi solo di aderire al disegno di Dio su di lui.
Se ciò avvenisse durante il periodo di professione temporanea, il religioso attenda la scadenza dei voti oppure ottenga dal Preposito generale col consenso del suo consiglio l'indulto di lasciare l'Istituto. Allo scadere della professione temporanea il religioso può essere escluso per giuste cause dalla successiva professione dal Preposito generale udito il suo consiglio, a norma del diritto comune.
Il professo di voti perpetui non chieda l'indulto di lasciare l'Istituto se non per cause gravissime ponderate davanti a Dio. Nel caso di esclaustrazione o di dimissioni si osservi fedelmente quanto è prescritto dal diritto comune.
verità nella carità 104. Pur aiutando con amore l'inserimento nella vita sociale ed ecclesiale del religioso che esce, salvaguardando l'equità, l'Istituto non è tenuto ad alcun compenso retributivo per il lavoro svolto.
I disagi, le possibili incomprensioni, le incertezze di questi momenti non ci impediscano tuttavia di essere vicino a questi fratelli, aiutandoli a tutto risolvere nella verità e nell'amore, nel rispetto delle norme della Chiesa, madre prudente. Non condanniamo nessuno, perché giudice è il Signore.
fedeltà nella malattia, nella vecchiaia, nella morte 105. Serviamo il Signore con tutto il cuore e nella letizia dello spirito.
Nulla ci potrà mai separare dall’amore di Cristo, né la malattia, né la vecchiaia, ma tutto ci unisce ancor più a Lui per il bene dei fratelli, quando rende in noi manifesta l immagine di Colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi.
La morte poi sarà l'estrema offerta d'una vita progressivamente diventata dono, consacrata per sempre all'amore del Padre. Se saremo fedeli a Dio, vivremo presso di Lui nell'amore.
 
V - Formula di consacrazione
  106. A te, Padre Santo, che mi hai tanto amato
e hai effuso su di me lo Spirito di Cristo Gesù,
io ..., già tuo figlio nel Battesimo,
per rispondere più generosamente al tuo amore
voglio donare la mia vita tra i Figli della Carità
ed avere in me gli stessi sentimenti di Cristo.
Per seguire Lui, che spogliò se stesso
e assunse la condizione di servo,
con tutto il cuore voglio cercare Dio solo
nella lode, nella comunione e nel servizio,
e condividere la vita dei poveri, dei piccoli, degli umili,
camminando con loro verso la gioia del Regno.
Ora ti prego, Padre:
lo Spirito Santo santifichi questa mia offerta.
E nella memoria dell'ora
in cui Cristo amò i suoi sino alla fine
ti consacro la mia vita
e faccio voto di povertà, castità e obbedienza per ...
Mi offro a te, Padre, e a voi, fratelli,
per le mani del Preposito generale ...
impegnandomi a seguire la via evangelica
tracciata dalla Regola dei Figli della Carità.
Signore mio Dio, che mi dài questo nome,
aiutami a viverlo nella missione che ora mi affidi.
Vergine Addolorata, insegnami l'amore
che ti ha resa nostra Madre sotto la croce.
Maddalena di Canossa,
comunicami la tua passione per Cristo crocifisso.
E voi, fratelli, aiutatemi,
perché continui ad offrire con amore sempre nuovo
il dono consacrato in piena libertà
affinché si estenda il Regno e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore
a gloria di Dio Padre. Amen.
   

oppure

   
  Io..., a gloria di Dio,
nella ferma volontà di consacrarmi più intimamente a Lui
e di seguire più da vicino Cristo in tutta la mia vita,
nelle mani di ...
faccio voto di povertà, castità e obbedienza per ...
secondo la Regola di Vita dei Figli della Carità,
per vivere nella perfetta carità
al servizio di Dio e della Chiesa,
con la grazia dello Spirito Santo,
l'aiuto della Vergine Addolorata
e della Fondatrice Maddalena di Canossa.
Amen.
 
VI - Poveri al seguito di Cristo crocifisso
Cristo, nostro bene supremo 107. Con la povertà c'impegniamo a seguire Cristo, nostro bene supremo, lasciando tutto per servirlo nei poveri Noi conosciamo infatti la generosità del Signore Gesù Cristo, che per amor nostro da ricco si è fatto povero, fino allo spogliamento totale della croce, per farci ricchi con la sua povertà. Per quanto poco penetriamo questo mistero troveremo che la nostra povertà è sempre lontana da quella del Crocifisso.
una povertà da condividere 108. Chiamati per amor suo a servire i poveri, scopriremo spesso i disagi e le privazioni di chi è ben più povero di noi. Ci sentiremo allora stimolati a vivere con coerenza e nella verità il nostro impegno di povertà evangelica. Non possiamo infatti esser servi dei poveri, se non cerchiamo di condividere la loro stessa vita.
oggetto del voto 109. Per questo vogliamo metterci in cammino, per arricchirci sempre più di quell'amore che ci spinge a liberarci dai beni.
Col voto di povertà rinunciamo al diritto di disporre e usare dei beni temporali e del denaro senza il consenso dei superiori. Quanto possiamo acquistare direttamente o indirettamente come frutto del nostro lavoro o come sussidio, pensione, assicurazione, appartiene all'Istituto.
Conserviamo la proprietà dei nostri beni e la capacità di riceverne altri. Avanti la prima professione ne cediamo l'amministrazione e disponiamo liberamente del loro frutto e usufrutto e almeno prima della professione perpetua facciamo il testamento, valido anche civilmente.
Possiamo pure rinunciare a tutti i nostri beni o a parte di essi dopo quindici anni dalla professione perpetua, secondo le norme del Regolamento. Con maggiore libertà potremo così dedicarci alla realizzazione del Regno, a fianco dei poveri, primi destinatari e al seguito del Signore, nostra unica eredità.
liberi nel cuore e attratti dal tesoro 110. Le nostre scelte di povertà, piccole e grandi, ci aiuteranno ad essere distaccati dai beni della terra, liberi nella profondità del cuore sia nell'abbondanza che nell'indigenza e sempre più attratti dal tesoro che abbiamo trovato: la gioia della scoperta ci darà la forza per la rinuncia.
Per vivere autenticamente lo spirito di povertà della nostra famiglia religiosa dobbiamo quindi stabilire tutta la nostra vita in Dio solo, raccogliendo la preziosa eredità dei nostri primi padri, ricchi del Signore e poveri di beni, per amare e cercare solo la sua gloria e il suo Regno. Lui è il tesoro dell'Istituto.
 
VII - ...nella comunità
ricchezza delle nostre origini 111. Il nostro Istituto ha vissuto le sue origini nella povertà sofferta e nel duro lavoro, nell’incertezza del domani e nell’assenza di umane garanzie. Ma fin dagli inizi ha ancor più sperimentato, come la prima comunità cristiana, la forza e la ricchezza dello stare insieme nella comunione di cuore e d'ideali, d'energie e d'apostolato, per il bene dei poveri e con un totale abbandono in Dio.
comunione dei beni e comunità 112. Anche noi siamo chiamati a questa comunione fraterna: i beni materiali e spirituali, i frutti del nostro lavoro e i regali che riceviamo, i nostri talenti e capacità non sono proprietà nostra, ma doni che Dio ci ha dato per il bene di tutti.
Condividiamoli generosamente, in piena solidarietà con tutti i fratelli dell’Istituto. Se ogni cosa è tra noi comune, saremo sempre più un cuor solo e un'anima sola e la nostra comunità diverrà segno del Regno.
Usiamo, in particolare, i beni temporali nella dipendenza dal superiore. Ma ricordiamo che le richieste di radicalità del Cristo possono andare al di là dell'eventuale permesso ricevuto, e impegniamoci dunque responsabilmente in scelte personali e proposte comunitarie, per vivere la povertà nello spirito e nella vita concreta ed essere così disponibili alle necessità dei poveri. Cerchiamo di agire sempre in armonia con la comunità.
poveri per sperimentare la provvidenza del Padre 113. Poniamo attenzione tutti, non solo i superiori, perché non manchi il necessario ai fratelli, specie se malati, anziani o in qualsiasi modo bisognosi, procurando che tutto in casa e nella vita risponda alla povertà di chi è servo.
Se poi manchiamo di qualche cosa o soffriamo per la dura legge del lavoro, sappiamo allora di condividere realmente la situazione dei poveri, e ci rallegriamo perché si avvicina a noi il Regno di Dio. Non affanniamoci troppo per quel che mangeremo e vestiremo: Dio Padre sa di cosa abbiamo bisogno. E noi sperimenteremo la sua provvidenza.
 
VIII - ...tra i poveri
apostolato povero perché l’amore sia credibile 114. Cristo, ai discepoli che invia in missione, chiede una totale povertà e gratuità, come garanzia di generosità. Anche noi, da Lui mandati, siamo chiamati a vivere ed agire in povertà, perché l'amore sia credibile.
Accettiamo le fatiche d'un apostolato generoso come modo di condividere la. comune legge del lavoro; preferiamo le strutture e i mezzi modesti, che non ci distolgano mai dall’attenzione alle persone cui siamo inviati; abbiamo il senso della provvisorietà e della relatività del nostro apostolato e delle nostre istituzioni, perché la nostra fiducia sia solo in Dio, e la gloria totalmente sua.
apostolato gratuito perché Dio sia l’unica ricompensa 115. Nel dono di noi stessi non pretendiamo ricompensa alcuna, ma gustiamo l'intima gioia di chi agisce del tutto gratuitamente e solo per amore del Signore. Siamo prudenti nell'accettare doni che possono appesantire il cuore e togliere la libertà di testimoniare il Vangelo.
Il Signore, unico sostegno dell'Istituto vuole che ci fidiamo di Lui solo, gettando in Lui ogni nostra preoccupazione e paura.
testimonianza coraggiosa e lieta 116. Non vergogniamoci della nostra povertà personale e di quella del nostro minimo Istituto, perché Cristo non si vergogni di noi. Anche attraverso il disagio della privazione il Signore ci dispone ad una più generosa donazione ai fratelli.
Compiamo quindi il nostro servizio senza tristezza e rimpianti, né per forza né per umana compiacenza, perché Dio ama chi dona con gioia.
poveri per arricchire molti 117. Se ci offriamo completamente al Signore e ai fratelli sentiremo che, nella fatica della rinuncia e nella tribolazione d'una vita povera, la nostra gioia e la nostra povertà diverranno ricchezza per molti.
 
IX - Casti per amare Cristo crocifisso
l’amore di Dio fondamento della nostra castità 118. L'amore del Padre, rivelato nel Cristo crocifisso e infuso in noi dallo Spirito Santo, ci chiama a offrire i nostri corpi e i nostri cuori mediante il voto di castità, quale sacrificio vivente e dono totale a Dio e ai fratelli.
oggetto del voto 119. Ci consacriamo a Dio nella castità perfetta perché il suo Regno, inaugurato sulla croce e presente in noi, ci spinge ad essere esclusivamente suoi, e a dedicare tutto quanto è nostro, affetti e desideri, tempo ed energie, alla sua gloria e alla salvezza delle anime.
Da Lui chiamati lasciamo il padre, la madre, i parenti, e rinunciamo, tramite il voto, a costruirci una nostra famiglia, vivendo celibi in perfetta castità, per stare con Lui e con quelli che ha chiamato assieme a noi.
Dio, il più grande amore 120. Animati dalla certezza che nessuno ci ha amati né ci potrà amare come il Padre, poniamo ogni attenzione perché Dio resti sempre il più grande amore della nostra vita, e non vi siano altri affetti invadenti, che attraggono il nostro cuore distraendolo da Lui.
realtà della croce nella nostra castità 121. Scegliendo d'amare Cristo al di sopra di tutto e di vivere in castità perfetta per il Regno, scegliamo anche la sua croce nella rinuncia ai desideri della carne e nella volontaria mortificazione dei sensi e del cuore, nella coscienza serena della nostra povertà e nella disponibilità ad amare tutti senza legarci a nessuno.
Con la castità della nostra vita annunciamo il Regno che sta per venire.
soli con Dio per crescere nell’amore 122. Chiamati dal Signore a stare con Lui, accettiamo liberamente la solitudine, come conseguenza inevitabile della nostra scelta esclusiva. Pur soffrendola umanamente, viviamola come momento di purificazione del nostro amore da ogni egoismo e di crescita nella nostra intimità con Dio, per essere sempre più generosi nel donarci ai fratelli.
casti per amare come Cristo crocifisso 123. Il nostro celibato per il Regno allora ci rende ancor più capaci d'amare. Quel che Dio ha chiesto in sacrificio ce lo ridona arricchito e fatto nuovo.
Quando il Signore, infatti, diventa l’unico vero oggetto del nostro amore, il nostro cuore umano si trasforma e diventa capace di amare alla maniera divina. È Gesù stesso, in quel momento, che ama con il nostro cuore.
 
X - ...nella comunità e nell’apostolato
l’amore di Dio ci consacra… 124. L'amore al quale consacriamo la nostra vita non viene da sangue e carne, ma da Dio. Ne siamo testimoni quando decidiamo che tale amore ci basti e lo annunciamo con tutto il nostro essere.
…crea il nostro stare insieme… 125. Consapevoli che tale scelta tocca le inclinazioni più profonde della nostra natura, non presumiamo delle nostre forze ma fidiamoci dell'aiuto divino.
La preghiera personale e l'ascolto della Parola, l'Eucaristia e l'intima familiarità con Cristo ci aiuteranno a portare un dono così prezioso nei nostri fragili vasi di creta.
Così l'armonia comunitaria e l’impegno apostolico, la profondità dei rapporti e la sincerità dell'amicizia saranno sostegno e stimolo per tutti a vivere fedelmente la propria consacrazione.
Ma se dovessimo constatare la nostra debolezza, ricordiamoci che Dio è più grande del nostro cuore, e rende grande il cuore d'ognuno nel perdono e nella comprensione dell'altro.
La nostra comunità diverrà allora segno luminoso della fecondità dell'amore di Dio per la sua Chiesa: è Lui, infatti, che crea e alimenta il nostro stare insieme.
…rende feconda la nostra castità 126. Amando Dio con tutto il cuore impariamo ad amare i fratelli con tutto noi stessi, donando ai poveri e a chi soffre il nostro affetto di predilezione, ai giovani la nostra amicizia, ai piccoli il calore della nostra umanità, a tutti la nostra benevolenza e comprensione, segno dell’amore del Padre.
Se vivremo nella gioia il nostro celibato per il Regno, testimonieremo che solo Dio può colmare le profondità del cuore e rendere fecondo l'amore, come un tempo rese fecondo l’amore e il sacrificio del Figlio. Sulla croce, infatti, dall’amore vergine di Cristo nacque un popolo di credenti. E sotto la croce Maria Addolorata e l'apostolo Giovanni, per la forza del loro amore verginale divennero segno della fecondità della redenzione.
Presso la croce anche noi abbiamo ricevuto una missione: far nascere la Chiesa tra i poveri e i piccoli, lasciando trasparire nella nostra vita quell'amore puro e fecondo che ci rende simili a Cristo crocifisso, come Lui innamorati di Dio e appassionati per l'uomo.
 
XI - Obbedienti come Cristo servo
Cristo obbediente per amore 127. Cristo, obbediente al Padre per amore, ispira la nostra obbedienza, perché si compia il disegno divino di salvezza.
In Lui tutto è ascolto, accoglienza e dono, fino ad assumere la volontà paterna come cibo quotidiano.
il sacrificio della nostra obbedienza 128. Con l'offerta della nostra volontà rendiamo a Dio un sacrificio perfetto a Lui gradito, ponendoci alla sequela totale di Cristo.
Egli ha assunto la condizione di servo e si è fatto obbediente fino alla morte di croce, insegnandoci ad offrire liberamente la nostra vita al Padre che ci ama.
Dalla sua volontà siamo stati santificati e solo aderendo ad essa, in Cristo Gesù, diventiamo causa di salvezza per coloro che Gli obbediscono, realizzando il disegno del Padre nella Chiesa che cammina verso il Regno.
obbedienti a Dio per conoscere il mistero del suo volere 129. A Dio solo dobbiamo obbedire nel totale abbandono alla sua volontà, perché Lui soltanto è maestro, guida e Padre. In questo abbandono vivremo la povertà più radicale quando ci chiederà di lasciare le nostre idee, i nostri progetti e la volontà di gestire da soli la vita e l'apostolato.
E sarà un bene per noi se talvolta dovremo anche soffrire l’incertezza o l'incapacità di conoscere il mistero della volontà di Dio e le vie per cui realizzarla nelle situazioni concrete. Accettiamo umilmente a allora di non capire.
Ma impariamo ad obbedire al Signore, nell'attesa paziente e piena di speranza della sua Parola rivelatrice; nella disponibilità piena e generosa a compiere la sua volontà, qualunque essa sia, e non la nostra; nello sguardo di fede che ci fa scoprire la sua presenza nelle mediazioni umane, specie nella Regola, nei superiori, nella comunità, nei segni dei tempi.
Se in quei momenti chiederemo con insistenza il suo Spirito, il Signore ce lo darà e ci guiderà alla verità tutta intera.
Attraverso l'obbedienza conosceremo la verità e la verità ci renderà liberi.
la Regola, via per discernere la volontà di Dio 130. Grande è la vocazione a cui Dio ci chiama, ma la nostra fragilità ci espone quotidianamente al pericolo di deviare dallo spirito dell'Istituto e di conformarci alla mentalità di questo secolo.
La Regola è attualizzazione del Vangelo per il singolo e per la comunità, è la via per rinnovare continuamente la nostra mente e per poter così discernere la volontà di Dio, ciò che a Lui è gradito e perfetto.
oggetto del voto 131. In forza del voto, perciò, obbediamo ai comandi dei legittimi superiori, quali rappresentanti di Dio, in tutto ciò che direttamente o indirettamente riguarda l'osservanza dei voti e della Regola di Vita, come via evangelica propostaci dal Crocifisso.
il disegno del Padre 132. Saremo servi fedeli e vigilanti se attraverso la nostra obbedienza riusciremo a far trasparire nel mondo il piano salvifico del Padre, il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose.
 
XII - ...nell'amore del Padre e dei fratelli
famiglia di Dio 133. Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio costoro sono figli di Dio; noi siamo dunque fratelli nella misura in cui Dio è il Padre che guida con il suo Spirito la nostra comunità e la dirige verso l’attuazione del suo piano d’amore.
chiamata a discernere la sua volontà 134. Un’uguale chiamata di Dio, infatti, ci ha radunati assieme; un’unica volontà continua a guidarci attraverso la Regola; lo stesso Spirito è particolarmente presente in mezzo a noi, riuniti nel nome del Signore.
La comunità diventa così luogo privilegiato per meglio discernere ed accogliere la volontà di Dio e per camminare insieme, come fratelli, verso un'adesione filiale e generosa al Padre.
in obbedienza allo Spirito 135. Lo Spirito rende ciascuno disponibile per il Regno, pur nella diversità dei doni e dei ruoli. L'obbedienza alla sua azione unifica la comunità nella testimonianza della sua presenza, come nelle attività e nelle finalità dell'apostolato, rende gioiosi i nostri passi, è la forza e la santità dell'Istituto.
il superiore mediatore della volontà di Dio 136. Noi dobbiamo obbedire anche ai fratelli quando in essi si manifesta la volontà di Dio; Egli infatti si serve della mediazione degli uomini per farcela conoscere.
Tutti siamo egualmente impegnati a ricercarla ed eseguirla, ma nella articolazione della comunità vari ruoli impegnano con responsabilità diverse: è compito del superiore mediare la volontà di Dio indicandola alla comunità, è suo servizio unificare le volontà finché siamo una cosa sola come Cristo con il Padre.
obbedienza libera e responsabile, dettata dall’amore 137. Anche nelle forme in cui si realizza, la nostra obbedienza si ispira al rapporto tra Cristo e il Padre. Per amore Egli inviò il Figlio nel mondo, per amore Cristo diede la vita fino alla croce. Solo l'amore ci farà obbedire in modo libero e responsabile.
Sia nella ricerca di ciò che Dio vuole, come nel momento della decisione e della esecuzione, educhiamoci a questa obbedienza cosciente, ma non dimentichiamo che la ragione ultima è data sempre dalla fede.
disponibilità nei compiti comunitari 138. Nell'affidare i diversi incarichi il superiore tenga conto della personalità d’ogni fratello delle sue difficoltà e predisposizioni e, nel rispetto della libertà di tutti, dia modo a ciascuno, per quanto possibile, d'esprimere i propri doni.
Accettiamo con spirito di fede e dalle mani del Padre l’incarico affidatoci, anche quando non è conforme ai nostri desideri e aspettative, o al nostro modo di intendere la volontà di Dio.
Pur potendo esprimere le nostre difficoltà, rimettiamoci alla decisione finale del superiore: gusteremo così la beatitudine promessa da Gesù a chi fa la volontà del Padre suo, e daremo in quei momenti un contributo prezioso alla edificazione del Regno.
obiezione di coscienza 139. Non si ammetta facilmente che ci sia contraddizione tra il giudizio di coscienza e quello del superiore. Non esiste l'obbligo di obbedire solo di fronte a un ordine manifestamente contrario alle leggi di Dio o alla Regola, o che implica un male grave certo.
obbedienza come offerta totale di noi stessi 140. Nel compimento dell'obbedienza doniamo generosamente tutto noi stessi, mettendo a disposizione le energie della mente e della volontà, i doni di grazia e di natura, la capacità di dare e di ricevere amore.
Potremo così favorire in noi e in tutti un'obbedienza pronta e semplice, umile e universale nel riconoscere il volere di Dio in qualunque persona, in ogni regola e in qualsiasi momento ci venga proposta.
obbedienza alle esigenze dei poveri 141. Ponendo la nostra vita nelle mani del Padre, diveniamo più attenti e sensibili alle esigenze di coloro che Egli predilige: più grandi sono la povertà e il dolore che scopriamo attorno a noi, maggiori devono essere la fiducia, la speranza e la stessa obbedienza per leggere nei poveri e nei sofferenti l’appello che Dio ci rivolge.
obbedienti come Cristo crocifisso 142. L'offerta della nostra volontà ci rende simili a Cristo crocifisso e partecipi della potenza della sua risurrezione.
Spesso l'obbedienza potrà crearci difficoltà interiore, rinunce e disagi, dandoci la sensazione di perdere la nostra vita: Cristo ci chiede allora di imparare come Lui l'obbedienza dalla sofferenza.
E la croce diverrà per noi la prova del vero amore, di una vita che partecipa alla realizzazione del Regno per la gloria del Padre.